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Il ruolo della ricerca filosofica nella conoscenza del reale

Aristotele di Stagira
347-322 a.C.

Metafisica, II, 1; IV, 1; VI, 1

Il seguente brano, tratto dalla Metafisica, descrive la filosofia come la scienza della ricerca della verità e la ricerca della verità è ricerca delle cause. La metafisica è quella scienza che considera l'essere in quanto essere e le proprietà che gli competono in quanto tale: essa non si identifica con nessuna delle scienze particolari, perché nessuna di queste considera l'essere in quanto essere in universale, ma, dopo aver delimitato una parte di esso, studia le caratteristiche di quella parte. E dell’essere in quanto essere la metafisica cerca le cause primi e princìpi. Tre sono le branche della scienza teoretica: la matematica, la fisica e la teologia.

La filosofia è conoscenza della verità e la conoscenza della verità è conoscenza delle cause

La ricerca della verità sotto un certo aspetto è difficile, mentre sotto un altro è facile. Una prova di ciò sta nel fatto che è impossibile ad un uomo cogliere in modo adeguato la verità, e che è altrettanto impossibile non coglierla del tutto: infatti, se ciascuno può dire qualcosa intorno alla realtà, e se, singolarmente preso, questo contributo aggiunge poco o nulla alla conoscenza della verità, tuttavia, dall'unione di tutti i singoli contributi deriva un risultato considerevole. Cosicché se, relativamente alla verità, le cose sembra che stiano così come si dice nel proverbio: «Chi potrebbe sbagliare una porta?», allora, per questo aspetto, essa sarà facile; invece, il fatto che si possa raggiungere la verità in generale e non nei particolari, mostra la difficoltà di essa. E fors'anche, poiché vi sono due tipi di difficoltà, la causa della difficoltà della ricerca della verità non sta nelle cose ma in noi, Infatti, come gli occhi delle nottole si comportano nei confronti della luce del giorno, così anche l'intelligenza che è nella nostra anima si comporta nei confronti delle cose che, per natura loro, sono le più evidenti di tutte.

Ora, è giusto essere grati non solo a coloro dei quali condividiamo le opinioni, ma anche a coloro che hanno espresso opinioni piuttosto superficiali; anche costoro, infatti, hanno dato un certo contributo alla verità, in quanto hanno contribuito a formare il nostro alito speculativo. Se non ci fosse stato Timoteo, noi non avremmo un gran numero di melodie; ma se non ci fosse stato Frini, non ci sarebbe stato neppure Timoteo. Lo stesso vale anche per coloro che hanno parlato della verità: da alcuni abbiamo ricevuto certe dottrine, ma altri sono stati la causa che permise che quelli si formassero.

E anche giusto denominare la filosofia scienza della verità, perché il fine della scienza teoretica è la verità, mentre il fine della pratica è l'azione. (Infatti, coloro che hanno per fine l'azione, anche se osservano come stanno le cose, non tendono alla conoscenza di ciò che è eterno ma solo di ciò che è relativo ad una determinata circostanza e in un determinato momento). ora noi non conosciamo il vero senza conoscere la causa. Ma ogni cosa che possiede in grado supremo la natura che le è propria, costituisce la causa in virtù della quale anche alle altre conviene quella stessa natura: per esempio, il fuoco è caldo in grado massimo, perché esso è causa del calore nelle altre cose. Pertanto ciò che è causa dell'esser vero delle cose che da esso dipendono, deve essere vero più di tutte le altre. È quindi necessario che le cause degli esseri eterni siano vere più di tutte le altre: infatti esse non sono vere solo talvolta, e non c'è una ulteriore causa del loro essere, ma sono esse le cause dell'essere delle altre cose. Sicché ogni cosa possiede tanto di verità quanto possiede di essere [993a.30 – 993b.31]

Definizione della metafisica come scienza dell'essere in quanto essere

C'è una scienza che considera l'essere in quanto essere e le proprietà che gli competono in quanto tale. Essa non si identifica con nessuna delle scienze particolari: infatti nessuna delle altre scienze considera l'essere in quanto essere in universale, ma, dopo aver delimitato una parte di esso, ciascuna studia le caratteristiche di questa parte. Così fanno, ad esempio, le matematiche.

Orbene, poiché ricerchiamo le cause e i princìpi supremi, è evidente che questi devono essere cause e princìpi di una realtà che è per sé. Se, dunque, anche coloro che ricercavano gli elementi degli esseri, ricercavano questi princìpi (supremi), necessariamente quegli elementi non erano elementi dell'essere accidentale, ma dell'essere come essere. Dunque, anche noi dobbiamo ricercare le cause prime dell'essere in quanto essere [1003a.20 – 1003a.32].

Divisione delle scienze e assoluta preminenza della metafisica intesa come teologia

Oggetto della nostra ricerca sono i princìpi e le cause degli esseri, intesi appunto in quanto esseri.

Infatti, c'è una causa della salute e del benessere; ci sono cause, princìpi ed elementi anche degli oggetti matematici e, in generale, ogni scienza che si fonda sul ragionamento e che in qualche misura fa uso del ragionamento tratta di cause e princìpi più o meno esatti. Tuttavia, tutte queste scienze sono limitate a un determinato settore o genere dell'essere e svolgono la loro indagine intorno a questo, ma non intorno all'essere considerato in senso assoluto e in quanto essere.

Inoltre, esse non si occupano dell'essenza, ma partono da essa – le une desumendola dall'esperienza, le altre invece assumendola per via di ipotesi – e dimostrano con più o meno rigore le proprietà che di per sé competono al genere che esse hanno per oggetto. E evidente, perciò, che da tale procedimento induttivo non può derivare una conoscenza dimostrativa della sostanza né dell'essenza, ma (che di queste dovrà esserci) un altro tipo di conoscenza.

Parimenti, queste scienze non dicono se il genere di essere del quale trattano esista realmente o no, perché il procedimento razionale che porta alla conoscenza dell'essenza di una cosa è lo stesso che porta anche alla conoscenza della esistenza di una cosa.

Ora, anche la scienza fisica tratta di un genere particolare dell'essere: tratta, precisamente, di quel genere di sostanza che contiene in sé medesima il principio del movimento e della quiete. Ebbene, è evidente che la fisica non è scienza pratica né scienza poietica: infatti il principio delle produzioni è in colui che produce, ed è o l'intelletto o l'arte o altra facoltà; e il principio delle azioni pratiche è nell'agente ed è la volizione, in quanto l'oggetto dell'azione pratica e della volizione coincidono. Pertanto, se ogni conoscenza razionale è o pratica o poietica o teoretica, la fisica dovrà essere conoscenza teoretica, ma conoscenza teoretica di quel genere di essere che ha potenza di muoversi e della sostanza intesa secondo la forma, ma prevalentemente considerata come non separabile dalla materia. E necessario, poi, che risulti chiaro anche il modo di essere dell'essenza e della forma, perché se non è chiaro questo, la ricerca è assolutamente vana. Ora, le cose che sono oggetto di definizione, ossia le essenze, sono, alcune, come il camuso, altre, invece, come la concavità. Queste differiscono tra loro per il fatto che il camuso è sempre unito alla materia (il camuso, infatti, è un naso concavo), mentre la concavità è scevra di materia sensibile. Pertanto, se tutti gli oggetti della fisica si intendono in modo simile al camuso, come per esempio naso, occhio, viso, carne, orecchio, animale in generale, foglia, radice, corteccia, pianta in generale (infatti, non è possibile dare definizione di nessuna di queste cose senza il movimento, ma esse hanno sempre materia), allora è chiaro come si debba ricercare e definire l'essenza in sede di ricerca fisica, ed è chiaro altresì perché sia compito del fisico speculare anche su una parte dell'anima, e precisamente su quella parte dell'anima che non esiste senza la materia. Da tutto questo risulta evidente, dunque, che la fisica è una scienza teoretica.

D'altra parte, anche la matematica è scienza teoretica. Se, però, essa sia scienza di esseri immobili e separati, per ora ci resta oscuro. Peraltro, è chiaro che alcune branche della matematica considerano i loro oggetti come immobili e non separati.

Ma se esiste qualcosa di eterno, immobile e separato, è evidente che la conoscenza di esso spetterà certamente a una scienza teoretica, ma non alla fisica, perché la fisica si occupa di esseri in movimento, e neppure alla matematica, bensì a una scienza anteriore all'una e all'altra. Infatti, la fisica riguarda realtà separate ma non immobili; alcune delle scienze matematiche riguardano realtà che sono immobili ma non separate, bensì immanenti alla materia; invece la filosofia prima riguarda realtà che sono separate e immobili. Ora, è necessario che tutte le cause siano eterne, ma queste in modo particolare: infatti, queste sono le cause di quegli esseri divini che a noi sono manifesti.

Tre sono, di conseguenza, le branche della filosofia teoretica: la matematica, la fisica e la teologia. Non è dubbio, infatti, che se mai il divino esiste, esiste in una realtà di quel tipo. E non è dubbio, anche, che la scienza più alta deve avere come oggetto il genere più alto di realtà. E mentre le scienze teoretiche sono di gran lunga preferibili alle altre scienze, questa è, a sua volta, di gran lunga preferibile alle altre due scienze teoretiche.

Si potrebbe, ora, porre il prob1ema se la filosofia prima sia universale, oppure se riguardi un genere determinato e una realtà particolare. Infatti, a questo riguardo, nello stesso ambito delle matematiche c'è diversità: la geometria e l'astronomia riguardano una determinata realtà, mentre la matematica generale è comune a tutte. Orbene, se non esistesse un'altra sostanza oltre quelle che costituiscono la natura, la fisica sarebbe la scienza prima; se, invece, esiste una sostanza immobile, la scienza di questa sarà anteriore (alle altre scienze) e sarà filosofia prima, e in questo modo, ossia in quanto è prima, essa sarà universale, e ad essa spetterà il compito di studiare l'essere in quanto essere, cioè che cosa l'essere sia e quali attributi, in quanto essere, gli appartengano [1025b.1 – 1026a.33].

da Aristotele, La metafísica, Libri II, 1; IV, 1; VI, 1; intr. e trad. a cura di Giovanni Reale, Rusconi, Milano 1978.