Si tratta di uno degli studi basilari dell’A., mediante il quale — insieme alle altre sue opere — egli ha capovolto i luoghi comuni di una storiografia di stampo positivista (spesso ancora influente nella didattica e nella divulgazione) che aveva mitizzato l’osservazione in opposizione alla metafisica, enfatizzando, di conseguenza il ruolo di alcune figure di ricercatori, e lasciandone in secondo piano altre di rilievo. In questo libro l’A. mette a fuoco, principalmente ma non solo, il ruolo avuto da Copernico, Keplero e Borelli nel mutamento di paradigma intercorso nel passaggio dalla concezione classica a quella moderna dell’astronomia. Il metodo seguito è quello di una rigorosa documentazione storica volta a far entrare il lettore nel “modo di pensare” dello scienziato di cui si sta parlando. Nella prima parte, dedicata a Copernico, è al centro il problema della cinematica dei corpi celesti che appare più semplice per l’osservatore eliocentrico piuttosto che per quello geocentrico. La seconda parte, dedicata a Keplero (e al suo maestro Tycho Brahe), mostra il grande rilievo avuto da Keplero nel mutamento dell’astronomia. Egli ebbe un duplice ruolo: dal punto di vista della cinematica celeste quello di giungere a rinunciare al modello del moto circolare in favore delle orbite ellittiche (“rottura del cerchio”); dal punto di vista della dinamica quello di mettersi per la prima volta nell’ottica di unificare la meccanica terrestre e quella celeste (“unificazione delle leggi” e della “natura dei corpi”). Nella terza parte, dedicata ad un personaggio poco noto come Borelli, Koyré evidenzia il ruolo metodologico che egli ha avuto con il suo tentativo di «sviluppare una astronomia teorica o, se si preferisce, una meccanica celeste razionale, che serva di fondamento all’astronomia di osservazione» (p. 395). L’importanza di un tale tentativo sta, per Koyré, nel fatto che, contrariamente a quanto si è comunemente sostenuto prima di lui «nella scienza galileiana, scienza sperimentale e non esperienziale, la teoria precede l’esperienza (experimentum) che la conferma (o la invalida) e le fornisce dati concreti appropriati ai casi in esame» (ibidem).