Il libro è un utile spunto per una riflessione sulla filosofia della medicina e in particolare per quanto attiene agli aspetti della bioetica. L’opera di Pellegrino e Thomasma, contemporanea al dibattito sviluppatosi negli anni 1990 in Italia sull’ethos ippocratico, nasce dalla convinzione che l’etica medica tradizionale debba essere ripensata su nuove basi. Gli autori, un medico interessato alla filosofia ed un filosofo interessato alla medicina, propongono il modello di “beneficità nella fiducia” come via intermedia tra paternalismo della medicina ippocratica e autonomismo di quella contemporanea, e come principio ordinatore dell’etica professionale; essi prendono posizione nei confronti delle tendenze a rifiutare il rapporto tradizionale tra medico e malato per promuovere l’autodeterminazione del paziente: guardano con sospetto all’orientamento a fare “il bene del paziente” come espressione di un paternalismo non più conciliabile con l’autonomia che spetta all’individuo anche in condizioni di malattia. Analizzando il concetto di bene del paziente dal punto di vista filosofico e pratico gli autori promuovono il modello di “beneficità” come principio morale centrale dell’etica medica. Il concetto proposto, tuttavia, non è né semplice né univoco e si articola secondo diversi livelli di sensibilità al bene degli altri: dalla non maleficità (il dovere di non fare direttamente male ad un altro) all’impegno a prevenire il male degli altri, sino al dovere di agire nell’interesse del paziente anche dovendo sacrificare comodità, autorità, prestigio. Questo implica un potenziamento di tutti gli elementi che costituiscono il complesso concetto di bene del paziente. Il bene medico e tecnico è un elemento indispensabile, ma la vera guarigione implica anche valori morali e di altro tipo del paziente. Medicina ed etica sono ripensate nella prospettiva di un servizio al malato che veda quest’ultimo protagonista attivo del proprio “bene”. Il paziente deve rimanere detentore di un proprio spazio operativo e di una propria inviolabile autonomia, nei quali possa muoversi per costruire un’interazione “umana” nell’ambito del rapporto terapeutico. Niente può sostituire la compassione umana, il cuore umano, l’iniziativa umana, quando si tratti di farsi incontro alla sofferenza dell’altro. E andare incontro a chi soffre implica anche il riconoscimento e l’accettazione di un movimento del paziente verso l’operatore sanitario, in un’alleanza terapeutica che si collochi a metà strada tra il modello ippocratico-paternalista e quello libertario autonomista. Il volume è indirizzato a tutti coloro interessati al modo in cui filosofia, etica e medicina sono in relazione tra loro, a quelli che riscontrano delle carenze nelle teorie moderne di etica medica, a professionisti sanitari, medici, infermieri, assistenti sanitari, avvocati e a tutti coloro che elaborano direttive nell’ambito della cura delle persone.