Il libro di Alan Cutler racconta la storia della nascita di una intera branca scientifica: la geologia. Questa storia coincide in gran parte con la vita di un personaggio meno noto di quanto meriterebbe: Niccolò Stenone, scienziato e sacerdote cattolico nato in Danimarca nel 1638 e morto in Germania nel 1686. Infatti, il libro racconta in maniera agile e accattivante le varie tappe della vita di Stenone che lo hanno portato a scrivere il De solido intra solido naturaliter contento dissertationis prodromus (Prodromo ad una dissertazione sui solidi naturalmente contenuti in altri solidi) – ultima sua opera scientifica pubblicata, nel 1669, che infatti costituisce l’atto di nascita della geologia moderna.
Il libro conta 17 capitoli, tutti piuttosto brevi ma incisivi. Il primo capitolo (“Conchiglie”) introduce la domanda di fondo che innescò le ricerche di Stenone: “perché spesso si trovano conchiglie lontano dal mare, a volte incastonate nella roccia sulla cima delle montagne?” (p. 16). Questa domanda, portò Stenone a maturare l’idea che la crosta terrestre fosse la testimone di una lunga storia del pianeta, i cui strati lasciavano evincere una cronologia – idea al cuore della scienza geologica.
Il secondo capitolo (intitolato “Caos”, dal titolo che Stenone stesso diede al diario dove annotò i suoi pensieri nei primi mesi del 1659) chiarisce che, studioso di medicina a Copenaghen, Stenone entrò precocemente in contatto con i fossili e le glossopetrae della collezione del suo maestro Bartholin. Nel diario di Stenone si trovano le seguenti parole: “Conchiglie, lumache, ostriche, pesci e via dicendo rinvenuti nella roccia in luoghi molto distanti dal mare. Sono rimasti lì come vestigia di un antico diluvio, oppure perché il letto degli oceani si è modificato lentamente” (cf. p. 37).
Il capitolo successivo (“L’anatomista”) narra le prodezze di Stenone nella dissezione di vari organi e organismi biologici. La sua carriera scientifica, in effetti, prese il via proprio come anatomista, mostrando attitudini osservative fuori dal comune, che non soltanto lo porteranno a confutare le teorie di Cartesio sulla ghiandola pineale come “sede dell’anima” ma, soprattutto, saranno fondamentali per i suoi lavori in geologia, per almeno due ragioni (l’affinamento delle sue capacità osservative, e l’opportunità di dissezionare la testa di uno squalo, come vedremo).
Il quinto capitolo è intitolato “Lingue di pietra”. Fu proprio la fama di fine anatomista che diede a Stenone – ormai alla corte dei Medici in Toscana – la possibilità di dissezionare la testa di uno squalo bianco. I denti di questo squalo catturarono la sua attenzione perché egli notò la loro estrema somiglianza con le glossopetrae. Queste sono degli oggetti all’epoca noti per le loro (presunte) proprietà curative, ma che Stenone suppose subito potessero essere denti di squalo fossilizzati. Vale a dire, questa osservazione portò Stenone ad ipotizzare che sulla terraferma, incastonati nelle rocce delle montagne, si trovassero parti biologiche di animali acquatici.
Il capitolo sesto (“Nodi segreti”) presenta i ragionamenti a seguito dei quali Stenone non poteva accontentarsi di supporre che quelle forme in tutto e per tutto simili a resti biologici di animali potessero essere spiegati con procedimenti di generazione spontanea all’interno delle rocce – come supponeva, tra gli altri, Athanasius Kircher con la sua teoria dello “spirito plastico” che avrebbe permeato tutta la Terra (cf. p. 75). Stenone consegnò i suoi ragionamenti ad una lunga digressione posta in calce allo scritto in cui riportava i risultati della sua Dissezione della testa di un Canis carcharias (lo squalo bianco “affidatogli” da Ferdinando de’ Medici)
Segue il capitolo “La prova dell’acqua” che offre uno scorcio su come Stenone andò sempre più convincendosi che la chiave per comprendere la presenza di fossili nelle rocce fossero le dinamiche di sedimentazione delle sostanze disciolte nell’acqua. Si fa largo l’idea che i fossili si producono o perché le acque vengono a sommergere la terra, o perché la terra si inabissa. Ancor più rilevante, inizia a prender forma l’idea che il mondo potrebbe non essere così “immutabile” come per secoli si era dato per scontato.
Il capitolo nono (“Strato dopo strato”) si concentra sul quello che è ancor oggi noto come il “principio di sovrapposizione” in geologia, vale a dire, l’idea che gli strati della terra si formano uno dopo l’altro e che – punto cruciale – la loro sequenza fornisce una cronologia.
Con il capitolo dieci giungiamo alla preparazione e pubblicazione del “De solido”. Gli elementi fondamentali erano già stati messi a punto in precedenza, ma con quest’opera Stenone sancisce la nascita della geologia come “storia della Terra” e quindi dell’idea che studiare gli oggetti non serve solamente a stabilirne il loro funzionamento ma può informare anche sulla loro storia, sul processo della loro formazione. Il successivo capitolo viene intitolato “I sei volti della Toscana”, che sono metafora dei sei grafici consegnati da Stenone al De solido con i quali vengono presentati, di fatto, i principi della geologia. Questo sei grafici sono le prime rappresentazioni mai disegnate di sezioni trasversali di natura geologica.
I capitoli successivi, dal dodicesimo al diciassettesimo offrono al lettore un resoconto agile e informato sulla fortuna dell’opera e del pensiero di Stenone, dai dibattiti a proposito delle implicazioni di queste nuove idee sull’interpretazione della Bibbia alle controversie più scientifiche, fino ad arrivare alla “riscoperta” da parte di James Hutton, ormai in pieno ‘700, del contributo di Stenone come quello del fondatore della geologia. La cronologia della Terra, ormai, non aveva più molto a che vedere con le poche migliaia di anni dedotte dell’Antico Testamento ma si contava in milioni, forse miliardi, di anni.
Il libro presenta, dunque, non soltanto una biografia di Stenone e neppure soltanto le vicende che portarono alla nascita della geologia. Di fatto, presentano la storia di un profondissimo cambiamento nel modo di vedere la natura: da qualcosa di statico e immutabile a qualcosa di dinamico, dotato di una vera e propria storia. Il libro, tuttavia, non tralascia alcuni avvenimenti salienti della vita di Stenone non direttamente implicati, ma assolutamente non scissi, dalle vicende più squisitamente scientifiche. Il capitolo ottavo si concentra sulla conversione di Stenone al Cattolicesimo. Il capitolo quindicesimo riporta le sue vicende come Vescovo cattolico "in partibus infidelium" (nella terra degli infedeli – i luterani del nord Europa). L’epilogo, infine, ricorda che nel 1988, Giovanni Paolo II dichiarò Stenone un Beato della Chiesa Cattolica. Lo fece il 23 ottobre di quell’anno. Questa data è significativa, perché secondo James Ussher (arcivescovo anglicano irlandese vissuto tra il 1581 e il 1656), grazie a calcoli fatti sulla base delle genealogie e dei sovrani menzionati nell’Antico Testamento, la Creazione sarebbe avvenuta il 4004 a.C. – esattamente … la domenica 23 ottobre del 4004 a.C. Il contributo di Stenone portò nel giro di meno di un secolo a realizzare che l’età del pianeta era di un ordine di grandezza enormemente maggiore.