Il saggio Antonio Livi, professore presso la Facoltà di Filosofia della Pontificia Università Laterantense di Roma, merita certamente di essere menzionato in una bibliografia di base dedicata al rapporto fra fede e ragione. L’opera presenta la tesi centrale del suo pensiero, che egli ha poi sviluppato fino ad oggi. Alla base della conoscenza umana, secondo l’A., è presente una serie di certezze che si danno con l’esperienza in modo evidente ed irriflesso. Queste certezze sono patrimonio di ogni uomo, e costituiscono la base di ogni conoscenza e di ogni comunicazione. Insieme ai principi logici fondamentali, queste certezze comprendono nell’ordine: l’esistenza di un mondo di cose, dell’io, degli altri, l’esistenza di un ordine morale, di una Causa generale e trascendente dell’essere e dell’ordine del mondo (Assoluto, Dio). Questo insieme organico di certezze costituisce il “senso comune” (termine denso di storia, descritta e discussa nell’introduzione al volume), che funge da base sia per la filosofia, sia per la fede in una Rivelazione divina. Ecco dunque che il legame tra ragione e fede trova nuova luce nel comune riferimento al senso comune, senza il quale la ragione degenera in scetticismo e la fede in fideismo. Per quanto riguarda la filosofia, essa accoglie e riflette scientificamente sulle certezze del senso comune. Ora, è noto che molte filosofie hanno negato e negano tuttora alcune (o tutte) le tesi del senso comune, ma, secondo l’A., da questo ne consegue un’assoluta incoerenza. Livi difende insomma il senso comune con lo stesso procedimento con cui Aristotele difendeva il principio di non contraddizione. Mentre la prima parte del libro è dedicata alla definizione rigorosa del senso comune, la seconda si occupa di dimostrarne l’esistenza, confrontandosi con la logica della comunicazione, della ricerca scientifica e del discorso filosofico. Infine la terza parte si occupa dei legami già accennati tra senso comune, metafisica e fede nella Rivelazione.