Un testo classico sulla provvidenza e sull’ordine del cosmo, ove la creazione è vista presente in modo intenzionale nella mente del Creatore, «quando nel suo intimo ne preparava il piano». È falsa l’opinione di alcuni filosofi, afferma Girolamo, che tutto sia cominciato per caso, senza provvidenza alcuna: tutto ciò che è casuale non manifesta né ordine né piano.
Quello che Dio ha creato è in sé compiuto, per la sua sapienza e la sua intelligenza. È falsa l'opinione di alcuni filosofi, che tutto sia cominciato per caso, senza provvidenza alcuna: tutto ciò che è casuale non manifesta né ordine, né piano. Ciò invece che si richiama necessariamente all'arte costruttrice rivelantesi in tutte le cose, dà chiara testimonianza, se ben lo si considera, della sapienza di quell'artefice che agiva non solo quando produceva il mondo, ma anche quando nel suo intimo ne preparava il piano. Per questo da tutto il creato risplende a noi la sapienza di Dio. Nulla di ciò che è stato creato, è stato fatto senza motivo e senza fine utile; il fine utile, poi, ha in se stesso la sua bellezza, e la bellezza viene esaltata dal fine utile. L'unica materia degli elementi assume diverse forme, per illustrare in mille modi la preveggenza divina.
Anche il salmista aveva davanti agli occhi questa verità quando, iniziando la lode a Dio, diceva: Magnifiche sono le tue opere, e io le conosco molto ( Sal 138,14), e il profeta con lui concorda dicendo: Io ho considerato le tue opere e mi sono spaventato ( Ab 3,2 secondo i LXX). Anche la frase della Scrittura: Ecco: tutto era molto buono ( Gen 1,31) ci spinge ad ammettere che il creato non deve la sua origine al caso, perché tutto è stato fatto secondo il sapiente piano di Dio; per questo si rivelano ovunque magnificenza, bellezza e stupenda armonia, nonostante la diversità di tutte le creature. Un santo profeta dice: I cieli narrano la gloria di Dio ( Sal 18,2): non certo che i cieli muovano bocca, lingua e trachea per parlare, ma con la loro armonia e con il loro eterno servizio annunciano la volontà del Creatore. Riflettendo, infatti, dalla grandezza e dalla bellezza delle cose create noi possiamo riconoscerne l'autore: il Dio invisibile si manifesta, fin dalla creazione del mondo, nelle cose create.
Noi dunque non possiamo sapere ciò che Dio è; ma che egli esiste, noi lo sappiamo, - non per le nostre forze ma per la sua misericordia, - considerando nelle sue opere la sapienza del creatore. Di fronte a una nave o a un edificio, non pensiamo noi forse al costruttore o all'architetto, dato che dalle opere noi deduciamo la corrispondente perizia costruttrice? Davanti a tutte le cose realizzabili solo ad opera della ragione, noi ci appelliamo a una mente, anche se non la vediamo. Così Dio è conosciuto nel suo creato e in un certo senso, esce dalla sua invisibilità. Né i cieli, infatti, né i serafini o tutte le altre creature possono coprire Dio o renderlo invisibile. Egli è in tutte le cose e in tutti i luoghi; è al di sopra di tutte le cose e compenetra tutto il mondo visibile e invisibile; egli regge e contiene tutto; egli non passa da luogo in luogo, ma comprende tutto nello stesso modo con la sua mente. In questa vi è la spiegazione perché la massa della terra, rassodata dalla sua volontà, si scuota di nuovo al suo cenno, tanto da riempir d'angoscia i cuori mortali, bisognosi di correzione. In essa vi è la spiegazione perché il mare si dilati quando le acque rompono i loro vincoli, e poi i flutti si infrangano nella risacca e si fermino, quando giungono ai confini da lui stabiliti. E anche perché l'anno si divida in quattro stagioni, perché nel susseguirsi di questi periodi, in seguito ai mutamenti climatici, i semi crescano, i germogli si nutrano giungendo a maturità sotto il raggio del sole. Dio illumina con la sua luce anche le creature intelligenti e invisibili, perché esse restino sempre nel suo amore e non inclinino mai verso i beni terreni.
da Commento ad Isaia, VI, 1-7, tr. it. di Guglielmo Corti in La teologia dei Padri , Città Nuova, Roma 1981, vol. I, pp. 63-64