Durante i mesi estivi, fra i temi ricorrenti sulla stampa e nelle trasmissioni radiofoniche si è potuto notare un ritorno di fiamma del dibattito fra creazione ed evoluzione, al quale sono stati invitati a partecipare studiosi di varie discipline, spesso con la mediazione, non sempre felice, dei redattori e dei giornalisti. È stata scelta come miccia di innesco un articolo apparso sul New York Times il 7 luglio scorso nel quale venivano riportate, parzialmente estratte dal loro contesto, alcune frasi del card. Christoph von Schönborn (appartenenti ad un documento alquanto anteriore) che si dichiarava critico nei confronti del neo-darwinismo e qualificava l'evoluzionismo affidato al mero caso, senza finalità né disegno, una pura ideologia. Sugli articoli che ne sono seguiti sui maggiori quotidiani italiani (ma anche su organi di informazione stranieri) l'impiego come fossero sinonimi di concetti quali creazione, creazionismo, intelligent design, Chiesa, Dio, da una parte, ed evoluzione, evoluzionismo, darwinismo, scienziati, scienza, dall'altra, hanno contribuito a creare una miscela di difficile digestione, persino per il lettore informato, anche a motivo di quella mediazione giornalistica non sempre adeguata prima menzionata. Lasciata trascorrere qualche settimana, sentiamo il desiderio di suggerire ai lettori del Portale di Documentazione Interdisciplinare qualche riflessione in proposito.
Va subito osservato che il fatto che si parli di questi temi e se ne senta il bisogno di dibattervi anche sulla stampa, è in certo modo un segno positivo. La gente comune, per la quale il racconto biblico della creazione rappresenta ancora in larga parte l'orizzonte di comprensione dell'origine del mondo e della vita, uomo compreso, desidera capire se e in quale misura termini come evoluzione e darwinismo siano compatibili con la visione trasmessa dalla Scrittura. L'esigenza di mettere insieme diverse fonti di conoscenza, o se si vuole di tradizione (anche la scienza ha le sue tradizioni e il darwinismo è una di queste), è innata in ciascuno di noi, a meno che non ci si rassegni a voler vivere da schizofrenici . Ciò che invece sorprende è come mai le risposte che già esistono per inquadrare correttamente il rapporto fra creazione ed evoluzione, che nella sua formulazione moderna è vecchio di 150 anni, ma nella sua veste classica risale ai Padri della Chiesa (i quali non conoscevano il termine evoluzione ma erano sufficientemente accorti da vedere che il mondo materiale soggiaceva a sviluppi e trasformazioni), non siano state ancor oggi assimilate né ben comprese. Come mai non vengono citati con pertinenza a utori come sant'Agostino, san Tommaso d'Aquino, John Henri Newman, o ai nostri giorni Pio XII e Giovanni Paolo II, i quali, su questo tema e con il linguaggio della loro epoca, a quelle risposte avevano già contribuito in modo significativo? Desiderio di rimescolare le carte, di fare notizia? O forse di gettare discredito sulla Scrittura e la fede cristiana che la venera come parola divina? Restiamo con l'impressione che ai precedenti interrogativi si debba rispondere affermativamente. È probabilmente in corso un tentativo di esportare in Italia lo sterile dibattito fra creazionisti ed evoluzionisti che ha luogo da qualche anno in alcuni Stati degli USA. A questo dibattito fra posizioni filosofiche diverse, sulla cui sterilità torneremo fra un momento, se ne cerca di assimilare un altro, che nasce invece in un contesto scientifico e non filosofico: quello fra darwinismo e Intelligent design, a proposito della sufficienza o meno dei meccanismi evolutivi indicati a suo tempo da Charles Darwin (selezione naturale e mutazioni casuali trasmesse ereditariamente) e rielaborati dalla sintesi moderna neo-darwiniana.
Il dibattito americano fra creazionismo ed evoluzionismo (vanno qui presi i termini letterali e non i loro sinonimi) concerne un confronto fra una interpretazione fondamentalista e letteralista della Scrittura, sostenuta da alcune correnti minoritarie di chiese riformate, ed una visione scientifica vestita di radicalismo filosofico (in tal senso le dichiarazioni di George Bush di insegnare anche la teoria dell' Intelligent design accanto a quella darwiniana, non vi rientrano direttamente). Per i primi Dio avrebbe creato tutte le specie animali una per una, per i secondi l'unica chiave per capire il mondo è vederlo come risultato di trasformazioni casuali, senza alcuna finalità, né direzione, né scopo. Avviato su questi binari il dibattito, lo si comprende da sé, non porta proprio da nessuna parte. La fede cristiana, in modo particolare quella che si rifà ad una interpretazione della sacra Scrittura oggi conservata dalla tradizione cattolica, di suo non letteralista e sempre attenta al contributo della tradizione e della teologia, non ha mai avuto necessità di affermare la creazione immediata delle specie dei viventi. Farlo sarebbe un'assurdità storica, oltre che scientifica. Cosa fare allora dei nostri fossili che ci descrivono un mondo di viventi diverso da quello che conosciamo? E ci sarebbe stato posto nell'Arca di Noè per tutte le specie di animali come le conosciamo oggi? Il cristianesimo, che ha cercato fin dalle sue origini di mostrarsi rispettoso della ragione, ha già dato una risposta a questi interrogativi. Lo ha fatto nella misura in cui i dati scientifici certi (che per il teologo sono una fonte di conoscenza tanto quanto la Sacra Scrittura, perché appartengono alla ragione) ne andavano sollecitando un chiarimento. Da Steensen a Lazzaro Moro, da Mivart a Buffon, da Wiseman e Teilhard de Chardin, da John Henri Newman a Pietro Maffi, scienziati, preti, vescovi e cardinali non hanno temuto di sostenere la visione di un mondo che si sviluppa nella storia, dove la materia e la vita si trasformano da forme più elementari a forme sempre più complesse e perfezionate. Appena un anno fa, la Commissione Teologica Internazionale, nella parte finale del documento Comunione e servizio. La persona umana creata a immagine di Dio, ha dedicato un'ampia trattazione a come deve essere intesa la verità di fede che Dio ha creato l'essere umano e come questa si armonizzi con i risultati delle scienze (cfr. nn. 61-70). Queste risposte possono ignorarsi o restare nascoste sotto le carte che qualcuno rimescola ad arte , ma ci sono già state e può essere ignoranza colpevole non conoscerle, specie per chi svolge un lavoro intellettuale ...
Proviamo, per quello che ci è possibile in queste righe, a mettere un po' d'ordine. Il creazionismo (Dio creerebbe ogni specie animale simultaneamente) non interpreta la verità più profonda della creazione. Quest'ultima ci dice che il mondo dipende in tutto da un Creatore, che lo ha posto in essere con le sue leggi e i suoi tempi, e lo sostiene in ogni istante. Qualsiasi forma non ideologica di evoluzione non potrà mai contraddire questa verità. Per svilupparsi ed evolversi, infatti, occorre che il mondo esista, e dunque venga creato. La creazione sta nel fondamento della storia, e dunque anche al fondamento dell'evoluzione. Non dimentichiamo poi che evolvere significa letteralmente “lo svolgersi di un rotolo”, ovvero di un libro. Non è un'immagine lontana da quella, di origine prettamente cristiana, della natura come libro, un libro scritto da Dio al pari della Scrittura, un libro le cui pagine sarà l'evoluzione, appunto, a dover sfogliare nel tempo. Evoluzionismo, invece, oggi assume il significato di una visione filosofica, che estrapola e radicalizza quanto sostenuto dalla visione scientifica dell'evoluzione. Per l'evoluzionismo filosofico (ampiamente e pertinentemente citato da Pio XII nell' Humani generis del 1950) non c'è alcuna finalità né intelligenza creatrice, né progetto: tutto avviene a caso perché nel fondamento di questo mondo e della storia non c'è nessuno. Ben diverso da quanto affermato dall'evoluzione biologica. Il fatto che dietro questo mondo ci sia l'intenzionalità creatrice di un Dio provvidente non può essere smontato da alcuna teoria scientifica, ma solo avversato da una posizione filosofica ideologicamente atea. La finalità e l'intenzionalità personale non sono oggetti dell'analisi empirica d elle scienze, né mai potranno esserlo. Ergo, fotocopiare il dibattito fra creazionismo ed evoluzionismo per accendere o illuminare il confronto fra creazione ed evoluzione è semplicemente un non senso, perché le due coppie di termini vogliono dire cose profondamente diverse.
Non andrebbe invece assimilata alla posizione dei creazionisti quella dei sostenitori dell'Intelligent design. All'origine storica di questa corrente di pensiero vi sono degli scienziati e non dei teologi o dei predicatori televisivi. All'inizio essi hanno portato l'attenzione degli studiosi sul fatto che la presenza di alcune forme in natura non poteva spiegarsi con i meccanismi del darwinismo classico, ma sembrava richiedere l'idea che esistessero dei processi innati nello sviluppo di alcuni organi e funzioni, che indipendentemente dalle situazioni ambientali o di selezione naturale, erano destinati prima o poi a realizzarsi. Una sorta di terreno naturalmente inclinato a valle, dove si possono dare itinerari diversi, magari in conseguenza dell'azione di fenomeni aleatori, ma lungo i quali si giunge inevitabilmente verso uno sbocco previsto. Se chiamarla “disegno intelligente” può far pensare ad un Creatore che agisce nascosto, ciò dipende solo dall'enfasi data dagli autori al loro suggerimento: di fatto fra i sostenitori di tale corrente vi sono anche scienziati non credenti. Il fatto che in alcuni dibattiti pubblici o in alcuni scritti i creazionsti abbiano strizzato l'occhio ai rappresentanti dell' Intelligent design, o che questi ultimi si siano prestati talvolta al gioco dei primi, fa parte della confusione cui neanche i soggetti in questione, come i pensatori al di quà dell'oceano, sono del tutto esenti. I termini, tuttavia, volevano e vogliono dire cose diverse.
La frase del card. von Schönborn , stigmatizzata come avvio del dibattito giornalistico, va letta in questa ottica. Quando l'arcivescovo di Vienna, a proposito della parentela fra i primati e l'uomo, affermava che “evoluzione nel senso di un comune progenitore potrebbe essere vera, ma evoluzione nel senso neo-darwinista di un processo non progettuale e afinalistico, basato solo su variazioni casuali e selezione naturale, non potrebbe esserlo”, ribadisce semplicemente quanto pacificamente posseduto dalla fede e inattaccabile dalla scienza. La specie biologica umana può tranquillamente derivare da specie biologiche inferiori, ma sostenere che ciò sia il puro risultato del caso non è ammissibile per chi crede nella creazione. E questo per il semplice fatto che il caso e l'assenza di progetto non sono una conclusione scientifica. Un ruolo chiave nella diatriba lo riveste il termine darwinismo. Il fatto che per Darwin la selezione naturale e le mutazioni casuali trasmesse ereditariamente fossero meccanismi sufficienti per determinare l'evoluzione delle specie (oggi sappiamo bene che non bastano più) viene oggi molte volte impiegato — probabilmente assai al di là delle intenzioni dello scienziato inglese — come sinonimo di evoluzione in totale assenza di finalità, favorendone così un'estrapolazione filosofica. Eppure , lo stesso Darwin, che al termine de L'origine delle specie (1859) lodava Dio affermando esservi «qualcosa di grandioso in questa concezione della vita, con i suoi diversi poteri, originariamente impressi dal Creatore in poche forme o in una forma sola» [tr. it. Einaudi, Torino 1959, p. 524], ancora nel 1860 scriveva al suo amico biologo Asa Gray: «Sono propenso a guardare ad ogni cosa come il risultato di leggi progettuali, e che i dettagli, siano essi buoni o cattivi, risultino invece da ciò che noi possiamo chiamare caso... Non posso pensare che il mondo, così come noi lo vediamo, possa essere il risultato del caso» [in Francis Darwin, Life and Letter of Charles Darwin , London 1887, p. 312]
Probabilmente il dibattito fra creazione ed evoluzione è destinato a durare ancora a lungo. Non escludiamo che potrebbe giungere ad interessare anche le nostre scuole, cosa di cui abbiamo avuto qualche avvisaglia alcuni mesi or sono. Possiamo solo sperare che quando dovesse coinvolgere coloro che per mestiere devono usare la ragione, come insegnanti e studenti, la ragione venga applicata anche a capire cosa vogliono dire i vari termini impiegati. Ed anche per capire che lo stesso oggetto di studio — il mondo, la vita e l'uomo— può essere considerato in modo non conflittuale dalla scienza, dalla filosofia e dalla fede, senza diventare schizofrenici. Forse avremo bisogno di un supplemento di riflessione e di razionalità, cosa che, visto i tempi che corrono, non potrà che farci bene.
Letture suggerite:
Giovanni Paolo II, Messaggio alla Pontificia Accademia delle Scienze, 22 ottobre 1996
F. Facchini, Uomo, identità biologica e culturale (dal Dizionario Interdisciplinare)
Commissione Teologica Internazionale, La persona umana creata a immagine di Dio (2004)