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La filosofia materialista della natura: 200 anni fa nasceva F. Engels

Ottobre 2020
Roberto G. Timossi
Filosofo e saggista

Per lungo tempo si è ritenuto che Friedrich Engels (1820-1895) come filosofo fosse sostanzialmente vissuto all’ombra del pensiero del suo amico e sodale Karl Marx (1818-1883), a tal punto che in alcune importanti storie della filosofia il suo nome era appena menzionato. Sembrava quasi che il suo unico merito fosse stato quello di aiutare il filosofico di Treviri nei momenti di difficoltà economica e di averne sopportato il carattere scontroso, consentendo così al suo genio di manifestarsi pienamente; infine di essersi preoccupato di pubblicare alcune opere dell’amico rimaste inedite, come ad esempio il secondo e il terzo volume di Das Kapital.[1] Il filosofo della scienza e storico della filosofia Ludovico Geymonat (1908-1991) non ha mancato di far rilevare come questa sottovalutazione dell’apporto filosofico e politico di Engels abbia caratterizzato in modo particolare l’Italia, per giunta negli anni in cui la cultura marxista appariva emergente e in frontale competizione con quella cattolica, dando così forma a una sorta di “marxismo dimezzato” tutto economico e per nulla filosofico-scientifico.[2] Per fortuna dalla seconda metà del secolo scorso l’atteggiamento degli studiosi internazionali è cambiato, specie dopo la pubblicazione nel 1925 di un importante inedito di Engels scritto originariamente nel 1883 e intitolata Dialektik der Natur.[3] Opera questa nella quale si delinea una vera e propria filosofia della natura, su cui presumibilmente Marx avrebbe avuto molto da ridire.

Friedrich Engels era nato il 28 novembre 1820 a Barmen nell’attuale Renania Settentrionale-Vestfalia da una famiglia di industriali tessili, che avevano fabbriche sia in Prussia sia in Inghilterra. La stessa città di Barmen (oggi incorporata in quella di Wuppertal) era allora uno dei principali centri industriali tedeschi e gli Engels potevano permettersi un tenore di vita discretamente elevato, come quello dei buoni borghesi prussiani. La fede pietista e il conservatorismo del padre – anche lui di nome Friedrich – rispecchiano bene la descrizione della borghesia di successo fornitaci da Max Weber (1864-1920) nel suo celebre Die protestantische Ethik un der Geist des Kapitalismus,[4] così come del resto la volontà paterna di fargli apprendere al più presto il mestiere di imprenditore e commerciante, senza farsi scrupolo di costringerlo a interrompere prima del tempo gli studi liceali.

Nel 1838 infatti il giovane Engels si trova già a Brema presso una ditta d’esportazione di proprietà di un amico del padre per un tirocinio commerciale; ma questa svolta esistenziale da lui non molto gradita contribuisce a metterlo in contatto con un ambiente culturale vivace e progressista di stampo liberale, come quello della Junges Deutschland (“Giovane Germania”), nonché a fargli conoscere meglio le misere condizioni della classe operaia, di cui si trova traccia in un suo primo articolo intitolato Briefe aus dem Wuppertal.[5] Nel 1841 si sposta a Berlino per il servizio militare e si appassiona agli studi di strategia militare,[6] mentre nel contempo entra in contatto coi giovani hegeliani e incomincia a imparare la filosofia hegeliana, prendendo innanzitutto le distanze dal Friedrich Schelling (1775-1854) della sua seconda e ultima fase. Viene in questo periodo a conoscenza pure delle idee umanistiche e comunisteggianti che circolavano all’interno del romanticismo tedesco e ne rimane immediatamente affascinato.

Verso la fine del 1842, al termine del servizio di leva, prende la strada per l’Inghilterra per seguire direttamente una fabbrica di Manchester di cui il padre era socio. Tuttavia nel corso del viaggio transita per Colonia e prende contatto con la redazione della Rheinische Zeitung (“Gazzetta Renana”) con la quale ha in mente di collaborare e qui avviene l’incontro cruciale della sua vita: quello con Karl Heinrich Marx. All’inizio tra i due autori del futuro Manifest der Kommunistischen Partei[7] (1848) non pare sussistesse una completa unità di vedute, ma successivamente l’accordo divenne pressoché totale, come forse non si è mai visto nella storia di tante collaborazioni culturali. I frutti di questa specie di simbiosi sono stati diversi scritti importanti, dei quali i più notevoli restano Die helige Familie[8] (1844-1845) e Die deutsche Ideologie[9] (1845 – pubblicata postuma nel 1939). Dopo questa fase ancora giovanile, l’esistenza di Engels si dispiega al fianco di Marx nel sostegno agli studi dell’amico e nella lotta all’interno del movimento operaio e social-comunista internazionale.

La sua fortuna fu di poter beneficiare di una certa autonomia economica che gli veniva dall’aver sostituito nel 1864 il padre nelle proprietà industriali di cui era socio. A questo periodo appartiene anche il suo interesse per gli studi scientifici, in particolare per la fisica e per la biologia; e tra l’altro lesse con grande interesse l’Origine delle specie (1859) di Charles Darwin (1809-1882), accogliendo a dir poco con entusiasmo le sue teorie sulla selezione naturale con sopravvivenza del più adatto. La stessa eccitazione per il darwinismo contagiò pure Karl Marx e spinse entrambe i sodali ad attribuire all’opera del naturalista inglese il merito della definitiva sconfitta di qualsiasi forma di spiritualismo e di creazionismo religioso. Nel contempo i due amici non mancarono di polemizzare vigorosamente e acutamente contro tutti coloro che all’interno dell’Associazione Internazionale dei Lavoratori sostenevano tesi non conciliabili con le teorie del materialismo storico oppure aderivano all’anarchismo. Dopo la morte di Marx avvenuta nel 1883, Engels continuò il suo impegno all’interno dei movimenti socialisti europei e ad aiutare la famiglia dell’amico defunto, cessando a sua volta di vivere, a Londra, il 5 agosto 1895.

Fino al 1883 è difficile scindere nettamente il pensiero di Engels da quella del filosofo di Treviri, non foss’altro perché egli stesso ha dichiarato che la maggior parte delle idee da lui sostenute dipendevano più o meno direttamente da quelle del grande amico. Ma a ben guardare almeno una differenza significativa tra i due pensatori è sempre esistita: Engels era interessato agli studi naturalistici e all’interpretazione filosofica dei fenomeni naturali molto più di Marx. Inoltre non va neppure sottovalutato, come purtroppo è avvenuto, l’influsso esercitato da Friedrich in tema di economia politica sul giovane filosofo di Treviri, che si affacciò dopo di lui al mondo delle teorie economiche e della condizione operaia. Qui restano fondamentali due articoli engelsiani: Umrisse zu einer Kritik der Nationalökonomie[10] del 1844 e Die Lage der arbeitenden Klasse in England[11] del 1845.

La maggior parte degli studiosi pare oggi d’accordo ad attribuire più a Engels che a Marx la sistematica formulazione del cosiddetto “materialismo dialettico”, ovvero l’organizzazione filosofica di una visione del mondo fortemente speculativa e di carattere indiscutibilmente metafisico. È comunque un fatto che subito a ridosso della morte del filosofo di Treviri si collocano le opere di Engels nelle quali emerge finalmente con chiarezza il suo autonomo pensiero, quasi si fosse in quel momento affrancato da un condizionamento psicologico che lo aveva a lungo bloccato. Ci riferiamo in particolare all’Anti-Dühring[12] del 1878, al già menzionato Dialektik der Natur del 1883, al Der Ursprung der Familie, des Privateigenthums und des Staats[13] (1884) e al Ludwig Feuerbach und der Ausgang der klassischen deutschen Philosophie[14] del 1886.

Ci pare corretto richiamare innanzitutto l’attenzione sullo scritto engelsiano su Feuerbach, sia perché questo pensatore è determinate tanto per Marx quanto il Nostro, sia perché è qui che il pensiero di Engels si discosta in alcuni punti significativi da quello marxiano. Ci troviamo infatti di fronte a un tipo particolare di ateismo antropologico, che pur proclamandosi antimetafisico in realtà prospetta una metafisica immanentista di tipo materialistico, mentre Ludwig Feuerbach viene presentato come l’artefice della svolta materialistica in filosofia, come il vero liquidatore dello spiritualismo hegeliano. Scrive Engels: «Apparve allora L’essenza del cristianesimo di Feuerbach. D’un colpo essa polverizzò la contraddizione [quella dell’idealismo] rimettendo sul trono, senza preamboli, il materialismo. La natura esiste indipendentemente da ogni filosofia; essa è la base sulla quale siamo cresciuti noi uomini, che siamo pure prodotti della natura; oltre alla natura e agli uomini non esiste nulla, e gli esseri più elevati che ha creato la nostra fantasia religiosa sono soltanto il riflesso fantastico del nostro proprio essere».[15] L’approccio metafisico a una filosofia della natura è dunque chiarissimo: esiste da sempre e per sempre soltanto la materia sotto forma di “Natura”, che non dipende in alcun modo dallo Spirito (Geist), quindi dalla filosofia idealistica tedesca; anche gli esseri umani sono un prodotto della natura e a essi spettano gli stessi attributi assegnati agli dei dalla religione.

Basta d’altronde leggere come Marx interpreta Feuerbach per rendersi conto della differenza col pensiero dell’ultimo Engels: «Feuerbach – scrive Marx nelle sue Thesen über Feuerbach o Feuerbachthese (1845) – risolve l’essenza religiosa nell’essenza umana. Ma l’essenza umana non è qualcosa di astratto [...]. Feuerbach non vede dunque che il “sentimento religioso” è esso stesso un prodotto sociale e che l’individuo astratto, che egli analizza, appartiene ad una forma sociale determinata».[16] Si nota subito come il filosofo di Treviri sia concentrato sul riverbero economico-sociale della filosofia feuerbachiana (l’essenza umana è un prodotto sociale e l’individuo è una forma socialmente determinata), mentre Engels presti attenzione anche agli aspetti naturalistici e ne tragga una filosofia della natura che non riduce l’essere umano ai soli risvolti economico-sociale: la natura è infatti la “base sulla quale siamo cresciuti noi uomini” e “oltre alla natura e agli uomini non esiste nulla”.

Un primo segnale di questa svolta si trova già nell’Anti-Dühring, sebbene si tratti di uno scritto ancora molto condizionato dal pensiero marxista,[17] specie nel ribadire la necessità di capovolgere l’idealismo hegeliano per portare l’uomo coi piedi sulla terra come voleva il filosofo di Treviri. Tuttavia vi si rintracciano pure alcuni concetti di tipo chiaramente logico-metafisico, poiché trattano del rapporto qualità-quantità, della compenetrazione degli opposti e della negazione della negazione. È tuttavia con la Dialektik der Natur del 1883 che Engels precisa meglio la sua filosofia, indicando i tre principi fondamentali che costituiscono la base del materialismo dialettico: 1. la conversione della quantità in qualità e viceversa; 2. la relazione reciproca fra gli elementi di una totalità; 3. la negazione della negazione. Non occorre fare molta fatica per comprendere che ci troviamo indiscutibilmente nel bel mezzo di una metafisica materialistica certamente non presente nel pensiero marxiano originale; e difatti lo stesso Engels spiega che il primo principio significa che aggiungendo o togliendo materia cambia la qualità, il secondo che la materia è continuità e unità nella variazione e il terzo che ogni sintesi è causa di nuove sintesi. In definitiva, il materialismo dialettico engelsiano si configura come una dialettica della natura sulla base del modello idealistico hegeliano; in esso però il processo di tesi-antitesi-sintesi viene calato all’interno dell’evoluzione naturale. Inoltre l’uomo viene individuato come il principale protagonista del divenire della natura, sebbene il suo destino sia comunque quello prefigurato dal materialismo storico marxista: la realizzazione la società comunista.

In conclusione, non si può non accennare brevemente al fatto che Friedrich Engels fu pure uno dei primi cultori degli studi sul cristianesimo delle origini, influenzato chiaramente dalle ricerche sul Gesù storico iniziate nel 1700 (la cosiddetta Old Quest o First Quest), nonché dalle riflessioni di un giovane hegeliano di sinistra come Bruno Bauer (1809-1882), il quale giunge addirittura a porre in discussione l’effettiva esistenza storica di Gesù di Nazaret.[18] I testi engelsiani sul Cristianesimo sono il prodotto di articoli poi ordinati nel libro Zur Geschichte des Urchristentums (1895), nei quali Engels si atteggia con poco costrutto a storico a esegeta neotestamentario, abbandonandosi talvolta a giudizi e interpretazioni a dir poco improbabili.[19]

Più interessante invece quanto scrive nel 1882 per la commemorazione in morte di Bruno Bauer. Qui egli attribuisce al Cristianesimo un’importanza storica e spirituale di tutto rilievo, sottolineando lucidamente come «una religione che ha sottomesso a sé l’impero mondiale romano, e che ha dominato per 1800 anni la massima parte dell’umanità civile, non si liquida spiegandola puramente e semplicemente come un insieme di assurdità originate da impostori». Il Cristianesimo pertanto non è semplicemente il mero prodotto della crisi economico-sociale del mondo tardo-antico come riteneva Karl Marx, bensì pure una suggestiva e a quei tempi impensabile promessa di salvezza per tutti gli uomini senza distinzione di classe. La religione cristiana infatti «offriva, col sacrificio del suo giudice [Cristo], una forma facilmente comprensibile per tutti della sospirata redenzione interiore dal mondo corrotto e della consolazione della coscienza; esso dimostrava la sua capacità di diventare religione mondiale».[20]



[1] K. Marx, Il capitale, Utet, Torino 1974, tre volumi.

[2] Cfr. L. Geymonat, Sulla scarsa fortuna di Engels in Italia, in M. Ciliberto, C. Vasoli (edd.), Filosofia e cultura. Per Eugenio Garin, Vol. II, Editori Riuniti, Roma 1991, pp. 807-809.

[3] F. Engels, Dialettica della natura, Editori Riuniti, Roma 1968.

[4] M. Weber, L’etica protestante e lo spirito del capitalismo, Rizzoli, Milano 1991.

[5] F. Engels, Lettere da Wuppertal, in K. Marx-F. Engels, Opere Complete, vol. 1, Editori Riuniti, Roma 1980.

[6] Engels coltiverà questa passione per “l’arte della guerra” per tutta la vita. In proposito un aneddoto singolare, ma vero, racconta che in occasione della sconfitta degli austro-ungarici nella Seconda Guerra d’Indipendenza italiana (24 giugno 1859), in un articolo suggerì alle truppe dell’imperatore Francesco Giuseppe (1830-1916) che, nel caso avessero dovuto abbandonare il Veneto, avrebbero potuto prendersi una sicura rivincita contrattaccando nella zona di Caporetto, come infatti puntualmente si verificherà nella Prima Guerra Mondiale (24 ottobre 1917).

[7] K. Marx-F. Engels, Manifesto del partito comunista, Laterza, Bari 1992.

[8] K. Marx-F. Engels, La sacra famiglia, Editori Riuniti, Roma 1979.

[9] K. Marx-F. Engels, L’ideologia tedesca, Editori Riuniti, Roma 1979.

[10] F. Engels, Lineamenti di una critica dell’economia politica, I Cento Talleri, Padova 2018.

[11] F. Engels, La situazione della classe operaia in Inghilterra, Lotta Comunista, Genova 2011.

[12] F. Engels, Anti-Dühring, Editori Riuniti, Roma 1968.

[13] F. Engels, L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato, Editori Riuniti, Roma 2005.

[14] F. Engels, Ludwig Feuerbach e il punto d’approdo della filosofia classica tedesca, La Città del Sole, Reggio Calabria 2008.

[15] F. Engels, Ludwig Feuerbach e il punto d’approdo della filosofia classica tedesca, Editori Riuniti, Roma 1950, p. 11.

[16] K. Marx, Tesi su Feuerbach, n. VI e VII, in appendice di F. Engels, Ludwig Feuerbach e il punto d’approdo della filosofia classica tedesca, Editori Riuniti, Roma 1950, pp. 77-80.

[17] Non va infatti dimenticato che l’opera fu pubblicata nel 1878, ossia quando Marx era ancora vivo.

[18] Cfr. B. Bauer, Kritik der Evangelien und Geschichte ihres Ursprungs, Berlino 1850-1851.

[19] Cfr. F. Engels, Sulle origini del cristianesimo, Editori Riuniti, Roma 2018.

[20] F. Engels, Bruno Bauer e il cristianesimo primitivo, in Il Bolscevico, n. 31 del 2009.