Il brano, tratto dal volume di David Noble, The Religion of Technology pubblicato nel 1997, mette in luce aspetti inediti della corsa allo spazio negli Stati Uniti degli anni 1960, rivelando come gran parte della spinta ideale verso la “nuova frontiera” era in realtà motivata dallo spirito religioso di molti dei suoi protagonisti. Ciò che a livello di citazioni frammentarie ed episodi circostanziati potevano finora sembrare semplici aneddoti, nel volume di Noble acquistano la fisionomia di un vero e proprio “spirito missionario” che accompagnava i lavori della NASA. Accanto a dichiarazioni e prese di posizione che possono forse far sorridere, il lettore può trovare la testimonianza documentata di un serio senso religioso, cristiano in modo specifico, che aveva nella lode a Dio creatore e nella consapevolezza dell’essere umano creato a sua immagine e somiglianza, e adesso suo testimone nel cosmo, i due suoi punti di forza.
Il progetto militare, per quello che sarebbe diventato il primo volo spaziale guidato del mondo - un volo suborbitale secondo una traiettoria balistica che prevedeva l'uso di un missile Redstone modificato –, fu chiamato progetto Adam (inoltre in quella primavera l'ABMA cominciò a lavorare al lancio di Saturn, che dieci anni dopo avrebbe portato l'uomo sulla luna). Questa volta il progetto militare fu annullato a causa della volontà, da parte dello Stato, di fondare una nuova organizzazione civile per la ricerca spaziale: l'organizzazione nazionale per l'aeronautica e lo spazio (National Aeronautics and Space Agency, NASA), fondata in quella stessa estate.
In breve tempo la NASA programmò la prima missione guidata nello spazio, nominata progetto Mercury. Fin dall'inizio però questo progetto fu modellato sul progetto Adam. La NASA immediatamente trovò un accordo con l'esercito per collaborare con Huntsville e per poter utilizzare il missile Redstone come mezzo di lancio di Mercury. La prima missione Mercury, il volo suborbitale di Alan Shepard del maggio del 1961, era quasi simile a quella presentata nel progetto Adam (infatti a Huntsville quella missione fu ancora chiamata informalmente progetto Adam, con il permesso ufficiale dell' ABMA). A causa di ritardi politici, tuttavia, il volo spaziale umano di Mercury avvenne soltanto dopo il primo volo umano del mondo, quello del sovietico Yuri Gagarin, avvenuto un mese prima. Dunque quello che probabilmente era stato il primo tentativo del mondo - e, a dispetto dei ritardi politici, comunque alla fine di successo - di mandare l'uomo nello spazio si chiamava Adamo.
Come attesta il nome biblico scelto per questa prima ascesa al cielo, l'ispirazione religiosa, unita alla competizione provocata dalla Guerra Fredda, pervase i tentativi del volo umano nello spazio. I veicoli spaziali come l'Explorer, privi di presenza umana, dopotutto, avevano già mostrato le capacità scientifiche e di controllo raggiunte attraverso missili guidati, e con maggiore economia ed efficacia (infatti per i voli umani i costi e gli studi maggiori di ingegneria erano dedicati al modo attraverso il quale mantenere in vita gli astronauti).
Allora perché mandare l'uomo nello spazio? Era volontà divina, scriveva von Braun (che aveva scelto i nomi Adam ed Explorer), «mandare suo Figlio negli altri mondi per portare loro il Vangelo». Von Braun era giunto a considerare il volo spaziale come un millenario «nuovo inizio» per l'umanità, la seconda e ultima fase di un destino divino stabilito. L'astronauta, il rappresentante mortale di questa nuova era «cosmica », era allora un altro Adamo, concepito per diffondere la promessa di redenzione attraverso i mari celesti.
«Soltanto l'uomo – osserva von Braun, riecheggiando Keplero – è stato gravato dalla responsabilità di essere un'immagine di Dio racchiusa nella forma di un animale», un essere sia terreno che celeste. «E soltanto all'uomo è stata concessa un'anima che gli permette di affrontare l'eterno». Nel 1959 – l'anno della proposta del primo volo di Adam, – von Braun suggerì uno scopo apocalittico per l'impresa dell'umanità nello spazio: «Se l'uomo è Alpha e Omega, allora per ragioni religiose è davvero molto importante che egli viaggi in altri mondi, in altre galassie; per questo forse il destino dell'Uomo è quello di assicurare l'immortalità, non soltanto alla sua razza ma anche alla scintilla della vita stessa [ ... ]. Con la grazia di Dio, dovremmo in questo secolo mandare con successo l'uomo nello spazio, sulla luna e sugli altri pianeti, come primo passo del suo ultimo e più grande viaggio [ ... ]».[1]
Come la sua controparte impegnata nella ricerca sulle armi nucleari, von Braun era giunto a considerare i suoi missili letali in termini millenaristici. Egli lavorò a perfezionare i sistemi di lancio delle armi a lungo raggio (il suo Redstone era la prima arma nucleare a medio raggio e il primo a far detonare un'arma atomica nell'atmosfera), e inoltre lodò i vantaggi di una guerra basata su una tecnologia spaziale (a cui «le costruzioni dei satelliti avrebbero fornito i più importanti vantaggi tattici e strategici della storia militare»).
Nondimeno, allo stesso tempo continuò a sostenere fermamente che il vero scopo della conquista dello spazio da parte dell'umanità consisteva nella sua salvezza. «Qui la missione più significativa è viaggiare nello spazio, - dichiarò brevemente subito dopo il suo arrivo a Huntsville. - In quel giorno futuro, quando i nostri vascelli satellitari circumnavigheranno la terra; quando gli uomini guidando una stazione orbitale potranno vedere il nostro pianeta, stagliato nell'oscurità illuminata dalle stelle dell'infinito, se non come un pianeta fra gli altri; in quel giorno, io dico, le guerre fratricide saranno bandite dalla stella su cui viviamo [ ... ]. L'umanità sarà allora preparata a entrare nella seconda fase della sua lunga storia, fino a ora soltanto terrestre, l'età cosmica».[2]
Le basi religiose del millenarismo di von Braun erano esplicitamente cristiane: «Quando all'uomo, circa duemila anni fa, fu data l'opportunità di conoscere Gesù Cristo, di conoscere Dio che aveva deciso per un certo periodo di vivere come uomo in mezzo agli uomini, in questo piccolo pianeta – egli scrisse in seguito – il nostro mondo fu rivoluzionato dalla testimonianza diffusa di coloro che Lo avevano ascoltato e compreso. La stessa cosa può accadere ancora oggi».[3]
Le convinzioni religiose di von Braun furono confermate, non contraddette, dalle sue imprese scientifiche e tecnologiche. Durante la sua carriera americana, egli insistette con forza sul fatto che scienza e tecnologia fossero compatibili ed essenziali al raggiungimento di scopi religiosi. «Nel raggiungere il nuovo millennio con la fede nelle parole di Gesù Cristo, la scienza può costituire un valido strumento più che un impedimento ». «È stato spesso affermato che l'illuminismo scientifico e il credo religioso sono incompatibili, – disse in un discorso inaugurale del 1958. – Che questo errore stupido quanto pericoloso sia cosi ampiamente creduto, lo considero come una delle più grandi tragedie dei nostri tempi». «La scienza e la religione non sono antagoniste, – sostenne in seguito. – Al contrario, esse sono sorelle. Mentre la scienza prova a conoscere meglio la Creazione, la religione prova a capire meglio il Creatore. Parlando di me, io posso soltanto dire che la grandezza del cosmo serve solamente a confermare la mia fede nella certezza di un Creatore». «Oggi io sono un Cristiano, – scriveva a un suo corrispondente. – Comprendere la natura della Creazione fornisce una base sostanziale alla fede con la quale cerchiamo di conoscere la natura del Creatore. La mia esperienza con la scienza, poi, mi conduce a Dio – è come se potessi guardare Dio in faccia».[4]
Come molti scienziati credenti suoi predecessori, von Braun mantenne una ferma fede nell'immortalità – «la continuazione della nostra esistenza spirituale dopo la morte» –, basata sul precedente della resurrezione di Cristo. «Nella nostra ricerca per conoscere Dio, – ha spiegato, – sono giunto a credere che la vita di Gesù Cristo dovrebbe essere il centro dei nostri sforzi e delle nostre aspirazioni. La realtà di questa vita e della Sua resurrezione è la speranza dell'umanità ». In questo spirito, egli suppose che «un essere umano sia molto più di un corpo materiale che si esaurisce e svanisce dopo essere stato in circolazione per un certo numero di anni. Per me è inconcepibile che non ci debba essere per noi niente altro al termine del nostro viaggio sulla terra».[5]
Si potrebbe dire che Wernher von Braun sia stato un opportunista creatore di morte, se necessario, in nome e nella determinata ricerca di una trascendenza ultraterrena. Cosi divenne un «guerriero dei missili» per il Terzo Reich e, di conseguenza, membro del partito nazista e ufficiale delle SS. Come pure, più tardi, fu uno degli artefici dell'arsenale missilistico dell'esercito americano, e, ancora, un patriottico cristiano della rinascita. Nondimeno, anche quando i suoi argomenti religiosi sembravano un poco preconfezionati, è abbastanza probabile che la sua fede tardiva fosse sincera.
«Il significato del pensiero religioso è sorto in me abbastanza tardi, – raccontò a un giornalista nel 1968. – Cominciai a leggere libri religiosi, e la verità degli insegnamenti di Cristo emerse come una rivelazione». A Huntsville si unì alla Chiesa Episcopale della Natività, incoraggiò le figlie allo studio della Bibbia e scrisse e parlò pubblicamente delle sue convinzioni religiose, rivolgendosi in particolare ai giovani. I suoi amici più stretti e i vicini sono testimoni della sua sincerità religiosa. Inoltre egli assisteva alle preghiere del mattino al Redstone Arsenal e al Marshall Space Flight Center, promosse dalla direzione dell' organizzazione cristiana internazionale, e partecipò in modo determinante al convegno per il tredicesimo anniversario dell'organizzazione nel 1965.[6]
Alcuni colleghi di von Braun dubitarono delle sue inclinazioni religiose, in modo particolare della sua sincerità. «Per alcuni suoi colleghi era sorprendente che su argomenti religiosi egli potesse immergersi in modo cosi profondo nell'irrazionale, – ricorda il fisico Ernst Stuhlinger, uno dei più stretti collaboratoti scientifici di von Braun sia a Peenemünde che a Huntsville. – Il suo intero lavoro per lo spazio era costruito sulle leggi esatte delle scienze naturali [ ... ]. Nella sua fede religiosa, era diverso. Non entrava in discussione sui punti delle sue argomentazioni [ ... ]. "Gli argomenti della fede non sono veramente accessibili al nostro pensiero razionale, - diceva. – È meglio non porsi nessuna domanda, ma semplicemente credere [ ... ]. È meglio non pensare" ». A dispetto dei dubbi di qualche scienziato e ingegnere, comunque, von Braun non era certamente solo nella sua religiosità; infatti, nella comunità spaziale di Huntsville e in altri luoghi, la fede era ampiamente diffusa ed era più la norma che l'eccezione.[7]
Elemento forse più importante, von Braun ebbe il pieno sostegno del suo ufficiale di comando all' ABMA, il generale John B. Medaris, anche lui devoto cristiano. Medaris in parte è riconosciuto come il vero padre del programma spaziale americano, grazie al ruolo svolto nella supervisione dello sviluppo pionieristico dei missili Redstone e Jupiter, del primo satellite americano (cosi come del progetto Adam, che giustificò come mezzo per il trasporto delle truppe) e della navicella Saturno. Nel 1960 Medaris si ritirò dall'esercito, frustrato dalle rivalità fra i diversi programmi spaziali e dalla creazione della NASA, la quale ostacolò e pose fine al ruolo nello spazio dell'ABMA. Dopo un impiego in un'industria privata, egli divenne prima un predicatore laico e un decano e poi un ministro ufficiale della Chiesa Episcopale del Buon Pastore, vicino a Cape Canaveral, in Florida, e più tardi un prete anglicano cattolico. «Credo che cominciai a convincermi del potere del Signore mentre mi trovavo in Inghilterra nel 1942 o nel 1943», racconta Medaris. Le responsabilità del suo comando postbellico, come i continui problemi di cancro dall'inizio del 1956, fecero crescere le sue convinzioni religiose: «Nessuno avrebbe potuto avere, senza l'aiuto di Dio, i continui successi in campo spaziale che ho avuto io». Nel 1957, nel periodo di presentazione del progetto Adam, Medaris scrisse un saggio, poi premiato, intitolato A General Looks at God. Nei primi anni Settanta egli cercò, senza successo, di fondare una Cappella degli Astronauti adiacente al Kennedy Space Center.[8]
L'ambiente religioso della comunità di Huntsville fu senza dubbio incoraggiato da tali devoti esponenti propagandisti, come dalla popolazione generalmente molto religiosa del Nord dell' Alabama. Oltre alle colazioni di preghiera annuali del sindaco, la prima delle quali fu celebrata all'arsenale Redstone, abitualmente gruppi di preghiera si incontravano tutte le mattine, prima del lavoro, sia all' arsenale che al centro Marshall. Nel 1969, Billy Graham condusse un raduno presso l'arsenale. Dopo la partenza di von Braun, divenuto direttore del Marshall nel 1970, il carattere religioso del centro fu mantenuto dai suoi successori, e in modo particolare da William R. Lucas, che ne divenne il direttore nel 1974. Professionista e veterano del gruppo di von Braun fin dal 1952, Lucas compi ricerche pionieristiche sullo scudo di calore usato per il rientro del missile, e poi partecipò al programma spaziale di Huntsville nelle diverse attività di alto valore scientifico e di gestione. Egli inoltre era un predicatore laico attivo nella chiesa battista e un buon difensore dell'integrazione fra scienza e religione, su cui pronunciò discorsi alle riunioni evangeliche, compresa la crociata di Billy Graham. A «coronamento della creazione di Dio», l'umanità doveva imparare tutto quello che poteva sulla creazione, sosteneva Lucas, e l'esplorazione spaziale era un modo per conseguire tale conoscenza. Come per von Braun, anche per Lucas la tecnologia spaziale rappresentava un mezzo per predicare la buona novella, suggerendo fin dall'inizio che quei missili e satelliti potevano essere usati per predicare il vangelo con un'efficacia senza precedenti.
«Non mi sentivo diverso in quella comunità, – ricorda Lucas. – La maggioranza delle persone a Marshall e prima all'ABMA e all'arsenale Redstone, erano cristiane». Nella comunità di Huntsville, «il diverso non era il credente ma il non credente». A questo contribuì anche lo scienziato della NASA a Huntsville Rodney W. Johnson, progettista della missione lunare, che cercò in modo analogo di avvicinare scienza e religione. «I miei contatti indicano che un sorprendente numero di scienziati, ingegneri e tecnici associati al programma spaziale hanno una fede profonda e vitale. In proporzione, molto più che in altri campi o professioni». Johnson stesso vide nel volo sulla luna «un segno che l'uomo è fatto a immagine di Dio» e sosteneva che i cieli non fossero soltanto dominio di Dio ma anche dell'umanità.[9]
Lo stesso carattere religioso della comunità impegnata nella ricerca spaziale si presentò chiaramente a Cape Canaveral, nei primi anni Settanta, quando il tentativo di Medaris di fondare la Cappella degli Astronauti ricevette un forte supporto non soltanto dalla potente comunità evangelica locale ma anche da molti all'interno del centro spaziale Kennedy, la prima base di lancio della NASA, compreso il suo direttore Kurt Debus, veterano del gruppo originario di von Braun. Dopo il suo ritiro dal Kennedy Space Center, l'ingegnere elettronico Edwin Whisenant, che era stato impegnato nei lanci dei primi missili e nel programma di allunaggio, si dedicò all'analisi delle profezie bibliche. Negli anni Ottanta, egli scrisse diversi libri in cui annunciava (senza successo) il tempo dell'Ascesa al cielo. «È un'ossessione, – diceva, – il tempo è poco. Sto avvisando la gente della fine ormai prossima e di condurre i figli e le persone care sotto il sangue di Gesù».
Lo stesso spirito religioso lo troviamo in modo evidente al centro spaziale Johnson, vicino a Houston, centro di controllo delle missioni dei voli spaziali umani e base principale e centro di preparazione degli astronauti stessi. Attraverso l'opera di Johnson proliferarono gruppi di studio della Bibbia, nei dipartimenti di simulazione e di preparazione come negli uffici degli astronauti, e nello stesso centro missioni. «Vi sono molti cristiani al Johnson, - notava Jerry Klumas, un veterano ingegnere dei sistemi e co-fondatore, nei pressi della NASA, della Chiesa del Nazareno. - La comunità cristiana alla NASA non è una minoranza; questo è molto significativo, e la gente della NASA propaganda la sua fede cristiana».[10]
Secondo Klumas, che seguiva la profezia di Daniele, la grande crescita della conoscenza provocata dall' esplorazione spaziale era il segno di una fine ormai prossima. Inoltre, osservava, quando la velocità del viaggio spaziale aumenta, l'età del viaggiatore diminuisce, cosi il viaggiatore si avvicina all'immortalità. «Le leggi spirituali che governano la nostra salvezza sono sempre esistite, ma io ho dovuto scoprirle per me stesso e imparare a trasformarle in azione, – dichiarava l'ingegnere progetti sta dell'allunaggio Robert Bobola. – Come può credere in Dio un uomo educato alla scienza? Seguendo l'evidenza. Devo credere in Lui, L'ho verificato personalmente, e Lui è, veramente».[11]
L'ingegnere aerospaziale della NASA Tom Henderson fu impegnato fin dall'inizio in tutti i programmi spaziali del volo umano, progettando simulazioni delle missioni e preparando gli astronauti; allo stesso tempo, per venticinque anni, fu un attivo cristiano evangelico e predicò il vangelo del creazionismo in tutto l'emisfero. Anche molti suoi colleghi erano creazionisti, compreso Maury Minette, che aiutò Neil Armstrong e Edwin Aldrin nelle simulazioni della missione del primo allunaggio. «Per me, la scienza nella sua totalità ci conduce a Dio», dichiarò Tom Henderson: e questo contribuisce al recupero della conoscenza perduta dell'umanità. «Penso che Adamo fosse geniale», notò, ma la civiltà precedente il diluvio da lui fondata è andata perduta e «l'umanità deve risalire la collina del sapere» un'altra volta. Tuttavia, «quando Cristo ritornerà per governare per mille anni, la terra tornerà alla sua condizione precedente [...]. Quando morirò o quando avverrà l'Ascesa al cielo della Chiesa, qualsiasi cosa accadrà per prima, ritornerò sulla terra con Cristo; con un nuovo corpo immortale vivrò sulla terra ma non come uomo; potrò viaggiare nello spazio senza una navicella, incontrerò Robert Boyle e Isaac Newton».[12]
Secondo Jerry Klumas, queste espressioni di fede religiosa venivano accettate abbastanza alla NASA. «I responsabili della NASA non scoraggiavano tali comportamenti, non separavano la chiesa dallo Stato. Al centro Johnson i dirigenti incoraggiavano i gruppi di studio della Bibbia, mettendo a loro disposizione luoghi per incontrarsi. Almeno quasi tutti i dirigenti della NASA erano membri attivi della chiesa». Questa sanzione ufficiale della pratica religiosa a Huntsville, Houston e Cape Canaveral rifletteva i sentimenti dei quartieri generali della NASA a Washington.
Hugh Dryden, il primo capo operativo della NASA negli anni formativi, era un predicatore laico ufficiale metodista cosi come uno stimato scienziato, e, come molti altri alla NASA, anche lui sosteneva che non esisteva necessariamente un conflitto tra le due identità. Brillante studioso di aerodinamica, Dryden fu una figura centrale nella fondazione della NASA e, in particolare, nella spinta al volo spaziale umano. Egli fu per dieci anni direttore della National Advisory Committee on Aeronautics prima di diventare il primo rappresentante amministrativo della NASA nel 1958, posizione che mantenne fino al 1965. Durante la sua vita, fu un membro attivo della Chiesa Metodista del Calvario, dove pronunciava regolarmente sermoni e teneva classi di studio sulla Bibbia. Nel 1962 fu nominato «metodista laico dell'anno».
I sermoni di Dryden risuonano dei temi trascendenti della religione della tecnologia. «Di tutte le ricerche della mente umana e dell' anima rivolte ai grandi misteri della vita, – cosi predicava Dryden, – nessuna mi è cosi chiara come la ricerca di Dio da parte dell'uomo». Uno dei suoi temi favoriti, che ripeteva nei suoi sermoni, era «il diritto di nascita, la creazione a immagine di Dio» dell'umanità. Noi siamo stati «creati a immagine di Dio, un poco più in basso degli angeli»; ed è stata questa dote a dare agli uomini «la capacità di innalzarsi dalla vita basata su un piano puramente fisico fino al regno della mente, e ad aumentare i loro poteri intellettuali, il loro potere di pensare, comprendere e ragionare». «Dio ha condiviso con noi parte del suo potere creativo», dichiarò, inserendovi i poteri della scienza e della tecnologia: «Con tutti i mezzi Lo cerchiamo nella natura. Più comprendiamo la natura e più comprendiamo l'intelletto del suo Creatore».[13]
Gran parte di questo dono divino è stato perduto con il peccato originale, nota Dryden, «ma come un vecchio capolavoro di un pittore, l'immagine originale può essere recuperata. Con uno sforzo paziente e attento, possiamo, se solo lo vogliamo, cominciare a far emergere quegli elementi del nostro carattere che sono simili a Dio. Per questo scopo siamo stati provocati dalla vita di Gesù Cristo, che ci ha mostrato cosa possiamo sperare di diventare»: «Potessero i nostri capi oggi e il resto di noi che segue scoprire e comprendere chiaramente i nostri compiti, e perseguirli in modo che le nostre mani, le nostre labbra, i nostri cervelli possano diventare i canali attraverso i quali il Regno di Dio si realizzerà».[14]
Animato dallo stesso fervore religioso era anche James Fletcher, l'unico amministratore della NASA a essere stato in carica per due volte, un membro devoto della Chiesa dei Santi degli Ultimi Giorni (mormoni). Fletcher, laureato in fisica, dedicò la maggior parte della sua carriera scientifica allo sviluppo dei sistemi di lancio delle armi a lungo raggio, sotto gli auspici sia del Dipartimento della Difesa che dell'industria privata. Alla NASA egli fu «considerato generalmente come uno dei più importanti dirigenti dei primi trent' anni del volo spaziale». Secondo il principale storico della NASA, «l'approccio di Fletcher verso la direzione del programma spaziale della NASA doveva qualcosa alla sua concezione del mondo di americano occidentale e mormone. Questo aspetto giocò un ruolo nel corso della sua carriera alla NASA, come una filosofia soggiacente al perché gli uomini dovessero esplorare lo spazio», uno sforzo che egli descriveva come un «desiderio dato da Dio». La sua fede mormone lo portò a considerare l'esplorazione spaziale come «una frontiera intellettuale di un sapere in espansione e il progresso di una comprensione della natura e, per estensione, del divino». Secondo la sua fede mormone, che professa l'esistenza di una pluralità di mondi, Fletcher promosse fortemente i programmi per la ricerca di intelligenze extraterrestri, come la missione Viking su Marte e il programma SETI (Search for Extraterrestrial Intelligence). (Nello stesso spirito, Bruce Murray, direttore del laboratorio per lo studio dei jet a propulsione della NASA, dichiarò nel 1979 che «la ricerca di intelligenze extraterrestri è simile alla ricerca di Dio»). E, elemento ancora più importante, il suo orientamento così fortemente religioso spinse l'intera dirigenza a garantire pieno supporto alle diverse correnti religiose presenti all'interno della NASA. Nel momento in cui egli si insediò nel 197l, un dibattito pubblico riguardante la religione alla NASA aveva reso il supporto ufficiale abbastanza esplicito.[15]
Durante la vigilia di Natale del 1968, gli astronauti dell'Apollo 8 - la prima missione umana intorno alla luna – trasmisero alla terra la loro lettura delle prime dieci righe del libro della Genesi. Tre giorni dopo, Madalyn Murray O'Hair, la militante atea che aveva presentato causa alla Corte Suprema nel 1963 per proibire le preghiere pubbliche obbligatorie nelle scuole, protestò con forza contro questa espressione religiosa da parte di un'organizzazione scientifica statale. «È incredibile – esclamò – vedere uomini, che supponiamo scienziati, citare dalla Genesi in questo modo». Sette mesi più tardi, nell'agosto del 1969, presentò formalmente causa contro la NASA, denunciando il «permissivismo per attività e cerimonie religiose» che essa descrive come «un tentativo di voler affermare la fede cristiana del governo americano di fronte al mondo».[16]
Il difensore della causa era Thomas O. Paine, predecessore di Fletcher come dirigente alla NASA, un episcopale. La posizione ufficiale sostenuta dalla NASA fu che gli astronauti avevano semplicemente esercitato i loro diritti religiosi e che la NASA non avrebbe né appoggiato né impedito nessuna di tali attività. Parlando di fronte alla stampa nazionale il giorno in cui la causa era stata discussa, tuttavia Paine mosse un piccolo passo a sostegno delle azioni degli astronauti. «Il fatto che durante la notte di Natale Frank Borman e il suo equipaggio abbiano letto a voce alta le prime righe della Genesi [...] senza dubbio deve aver offeso in qualche modo la signora O'Hair – nota Paine. – Ma secondo me era una cosa giusta e appropriata da fare». Dietro le quinte, l'amministrazione Paine incoraggiò un programma di supporto pubblico alla lettura religiosa, e in poco tempo ricevette più di un milione di petizioni da parte di cittadini attraverso un canale radiofonico religioso.[17]
La causa O'Hair fu archiviata dalla Federal District Court nel dicembre del 1969; il primo appello fu negato dal Fifth U. S. Circuit Court of Appeals sette mesi più tardi, e la Corte Suprema americana rifiutò di accettare il suo ultimo appello nel marzo del 1971 (nel marzo del 1973, la O'Hair presentò un'altra causa per proibire le preghiere celebrate al Congresso e alla Casa Bianca, a sua volta anch'essa archiviata). Sebbene senza successo, le accuse legali resero il Congresso (e dunque la NASA) più cauto nell' appoggiare apertamente le cause religiose. Senza dubbio fu questa la ragione per cui il tentativo del generale Medaris di costruire una Cappella degli Astronauti (dedicata all' «adorazione del Creatore e alla lode dell'Onnipotente») sul terreno pubblico adiacente al Kennedy Space Center, che richiedeva un atto ufficiale da parte del Congresso, alla fine fu abbandonato, nonostante il forte supporto di molti membri del Congresso, della comunità locale, e di importanti personaggi religiosi come Billy Graham. Sia Paine che Fletcher avevano appoggiato fortemente il progetto.
Se la NASA dovette in qualche modo diventare più cauta pubblicamente, in privato le espressioni ufficiali di un sentimento apertamente religioso continuarono, soprattutto durante l'amministrazione Fletcher. Per molti anni successivi alle accuse della O'Hair, l'ufficio degli affari pubblici della NASA ricevette e rispose a molte lettere di privati cittadini riguardanti la controversia religiosa. La maggior parte delle risposte erano abbastanza generiche e accennavano soltanto all'ufficialità dei sentimenti religiosi della NASA: «Vi ringraziamo per il vostro interesse, e sappiamo che vi sentirete meglio nel sapere che adesso gli astronauti sono legalmente, come spiritualmente, liberi di esprimere se stessi». Nel giugno del 1992, comunque, il direttore dell'ufficio per gli affari pubblici, O.B.Lloyd, il portavoce ufficiale della NASA, divenne molto più esplicito. Una cittadina aveva scritto alla NASA per esprimere la propria preoccupazione riguardo alla mancanza di un «pensiero spirituale» nella missione Apollo 16; Lloyd le rispose ricordandole la lettura della Genesi in Apollo 8 e la citazione dal Salmo 8, la preghiera che era stata recitata da Edwin Aldrin sull' Apollo 11, la prima missione di allunaggio. Inoltre faceva riferimento alla recente decisione da parte dell'astronauta James Irwin di fondare il proprio ministero evangelico. «Questo certamente dimostra l'enfasi spirituale data al programma spaziale dagli astronauti […]. Siamo d'accordo con lei, – scrive in nome della NASA, – e io so che anche gli astronauti lo sono: tutti sappiamo che le missioni Apollo non avrebbero potuto avere successo senza l'aiuto di Dio […]. Io credo che possa essere rassicurata dal fatto che coloro che lavorano nel programma spaziale siano in verità consapevoli della presenza del Creatore e non siano privi di valori spirituali».[18]
da D.F. Nobel. La religione della tecnologia. Divinità dell’uomo e spirito di invenzione, tr. it. di Silvia Volterrani, Edizioni di Comunità, Torino 2000, pp. 162-177.
[1] W. von Braun a M. J. Kemp, 3 gen. 1972, NASA HDC, «Christian Century», 23 dic. 1959, p. 20.
[2] E. Bergaust, Wernher von Braun,National Space Institute, Washington DC 1976, p. 177
[3] W. von Braun, Responsible Scientific Investigation and Application, discorso non pubblicato, pronunciato alla Lutheran Church of America, Philadelphia, 29 ott. 1976, NASA HDC, p. 74.
[4] Ibid., pp. 70, 82.
[5] E. Stuhlinger, Von Braun Crusader for Space. An Illustrated memoir, Krieger, Malabor, 1994. P. 331.
[6] W. von Braun intervistato da A. Taft, in «Miami Herald», citato in G.W. Cornell, Space Travel Teaches God Much Greater, in «Huntsville Times», 18 luglio 1969.
[7] E. Stuhlinger, Von Braun op. cit., p. 273.
[8] Medaris Still as outspoken as Ever, in «Today», 16 aprile 1978, p. 6E; R. Dunavant, Military Could Have Carried Off NASA Space Program, Says Mesaris, in «Birmingham News», 1 luglio 1985.
[9] Intervista dell’autore a W.R. Lucas, 7 luglio 1993; R.W. Johnson, citato in L. R. Johnson, The Space Secret of the Universe, Robert and Son, Birmingham 1969, p. 159; W. von Braun a J. B. Medaris, 9 dic. 1971, NASA HDC; Space Expert Heard in Pulpit, in «Wadhington Post», 30 dic. 1968, p. B7.
[10] Intervista dell’autore a J. Klumas e T. Henderson, presso Clear Lake (Texas), 12-13 gen. 1995.
[11] R. E. Bobola, Examining the Evidence, in «Full Gospel Business Men’s Voice», marzo 1982, pp. 11-15.
[12] Intervista dell’autore a T. Henderson; Tom and Judy Henderson Latin American Creation Conference, maggio-giugno 1994; T. Henderson, The Social Impact of Evolution, manoscritto non pubblicato, cortesemente concesso dall’autore.
[13] H. Dryden, sermoni non pubblicati: The Eternal Quest, 13 giugno 1960, e In the Image of God, 19 agosto 1951 (entrambi in NASA HDC).
[14] Id., sermoni non pubblicati: In the Image of God, 15 ott. 1961; Christian Emphasis for Today, 11 feb. 1951 (entrambi in NASA HDC); Id., The Power of Faith, in «Evening Star», 1 giugno 1963.
[15] R.D. Launius, A Western Mormon in Washington D.C.: James C. Fletcher, NASA and the Final Frontier, in «Pacific Historial Review» LXIV (maggio 1995), p. 217; intervista a R.D. Lanius, 28 sett. 1995; Jet Propulsion Laboratory, JPL News Clips, 8 maggio 1979.
[16] Madalyn Murrat Protests Bible Reading from Space, in «Washington Star», 28 dic. 1968, p. A5; Court Hears Suit to Bar Space Piety, in «Washington Post», 25 nov. 1969, p. A8; Atheist Sues to Prevent Use of Religion in Space, ivi, 7 agosto 1969.
[17] Address by Dr. Thomas O. Paine Before the National Press Club,manoscritto non pubblicato, 6 agosto 1969, Washington D. C., NASA HDC; Mail Backs Astronauts on Space Sermons, in «New York Times», 28 sett. 1969, p. 4.
[18] O. B. Lloyd jr, Director, NASA Office of Public Affaris, a G. Madden, 15 giugno 1972, NASA HDC.