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Le grandi chiese come osservatori astronomici

John L. Heilbron
1999

In questo brano estratto dall’opera di J.L. Heilbron, The Sun in the Church, pubblicata nel 1999, l’autore mostra come anche all’epoca della vicenda di Galileo e nei decenni immediatamente successivi, la Chiesa sviluppò un grande interesse per le osservazioni astronomiche e la misura del tempo, dedicando gli spazio delle sue cattedrali alla costruzione di importanti meridiane. Il giudizio storico di Heilbron riequilibra l’opinione comune secondo la quale le scienze astronomiche venissero viste con diffidenza negli ambienti cattolici del Seicento e del Settecento. «Proprio il lavoro dei costruttori di meridiane mostra che quegli uomini, le cui carriere erano in tutto o in parte sostenute dalla Chiesa, potevano contribuire, in modo non marginale, allo sviluppo dell’astronomia, cioè al settore avanzato della conoscenza della natura durante il Seicento. Questa affermazione non va intesa come un’apologia della Chiesa cattolica, ma come una correzione dell’idea – presente anche nei migliori storici moderni – che l’azione della Chiesa nel caso di Galileo abbia reso l’astronomia copernicana un argomento proibito tra i fedeli cattolici per… due secoli».


L’accusa rivolta alla Chiesa cattolica di non aver contribuito in alcun modo al progresso delle scienze naturali, dopo il processo a Galileo, bensì di aver svolto un’irragionevole opposizione, è ancora viva nella nostra epoca. Una versione recente di questa posizione, molto vigorosa, è rappresentata da l’église et la science di Gorge Minois, il quale data con precisione la nascita della moderna scienza matematica: «Liberandosi dai miti, le favole, le immaginazioni, dalle qualità, le deduzioni e gli elementi aristotelici, [la scienza moderna] appare esattamente durante gli anni Venti del diciassettesimo secolo, celebrati dagli storici della scienza come la nascita del “meccanicismo”» (1). Poiché la Chiesa si è opposta sempre al materialismo in tutte le sue forme, fu costretta a combattere il meccanicismo sin dalla nascita e con esso quell’infante dal quale, con il tempo e nonostante le persecuzioni, sarebbero poi nati la meccanica quantistica e i computer. «Ponendosi al di fuori delle nuove ipotesi, la Chiesa si poneva fuori anche dall’evoluzione della scienza e la costringeva a svilupparsi al di fuori di un contesto religioso… e condannò, come necessariamente erroneo e anche eretico, qualunque risultato scientifico che rimettesse in discussione la tradizionale interpretazione della Bibbia e dei dogmi basati sulla sintesi aristotelico-tomistica». Seguiva da queste affermazioni che la gerarchia ecclesiastica doveva essere ostile alla scienza e che lo studio della scienza doveva essere incompatibile con la carriera ecclesiastica (2).

Oggi questa tesi non può essere ulteriormente sostenuta. Molti dotti uomini di chiesa hanno ritenuto o hanno mostrato di ritenere che le scienze esatte, inclusa l’astronomia, non avessero alcun valore ontologico e questo, di conseguenza, non avrebbe portato a connessioni fondamentali con il resto del sapere, incluse le verità di fede. Questa considerazione spiega la scoperta di Minois, alla quale, peraltro, egli non dette alcun peso, vale a dire che la gran parte dei lavori pubblicati da uomini di chiesa nelle Mémoires de l’Académie des Sciences di Parigi, fino al 1720, riguardava la matematica e l’astronomia (3). La Chiesa considerò questi studi neutrali, perfino utili, e quindi li sostenne. Proprio il lavoro dei costruttori di meridiane mostra che quegli uomini, le cui carriere erano in tutto o in parte sostenute dalla Chiesa, potevano contribuire, in modo non marginale, allo sviluppo dell’astronomia, cioè al settore avanzato della conoscenza della natura durante il Seicento. Questa affermazione non va intesa come un’apologia della Chiesa cattolica, ma come una correzione dell’idea – presente anche nei migliori storici moderni – che l’azione della Chiesa nel caso di Galileo abbia reso «l’astronomia copernicana un argomento proibito tra i fedeli cattolici per… due secoli» (4).

San Pietro siede nella sua basilica romana tra le statue di due papi. Noi li conosciamo entrambi: Paolo III e Urbano VIII. Non vi è dubbio che essi si trovano in quel posto perché Paolo iniziò la costruzione della basilica e Urbano la consacrò. Ma questo è solo il significato letterale e figurativo delle statue; Entrambi, infatti, possono anche essere considerati un’epitome delle relazioni tra Chiesa e scienza. Paolo III rappresenta il sostegno all’innovazione tecnologica potenzialmente utile mentre Urbano VIII rappresenta la repressione delle idee cosmologiche potenzialmente sovversive. E poi, dentro e intorno a San Pietro vi sono anche altre memorie astronomiche che attirano l’attenzione. Il sarcofago di Gregorio XIII ritrae Clavio e altri mentre presentano il nuovo calendario al Papa. I raggi del Sole attraverso la cupola e le finestre della cattedrale formano chiazze di luce sul marmo del pavimento. Le ombre proiettate dall’obelisco nella piazza, all’esterno, costituiscono un enorme orologio solare. Al tramonto, i raggi del Sole, scintillanti attraverso le vetrate colorate sopra l’altare occidentale, drammatizzano e sottolineano la presenza del Sole nella chiesa.

Gli osservatori nelle chiese cessarono di avere importanza astronomica attorno alla metà del Settecento, ma questo non fermò la costruzione di meridiane nelle cattedrali, che non servirono più per l’avanzamento delle scienze o per la purificazione della liturgia, bensì per misurare il tempo. I cittadini che abitavano nelle città abbastanza fortunate da possederne una, come Milano, Bergamo, Palermo e Catania, le usavano per correggere gli orologi meccanici. L’ultima meridiana di questo tipo fu costruita nel 1830 per regolare gli orologi delle ferrovie statali del Belgio. Con l’introduzione di migliori orologi meccanici e di orologi elettrici, anche questi segnalatori  del mezzogiorno presero la via delle antiche meridiane. […]

Durante il sedicesimo e il diciassettesimo secolo, la Chiesa cattolica sostenne un gran numero di persone che si occupavano di scienza. Non esiste ancora uno studio sistematico dei gruppi sociali coinvolti, delle infrastrutture di cui si servirono e dei ruoli che ricoprirono, ma le corti e le famiglie dei grandi protettori ecclesiastici, papi e cardinali, si aprirono a molti studiosi. I grandi ordini, specialmente i Gesuiti, sostennero alcuni loro confratelli in quanto scrittori, matematici, architetti e ingegneri e, spesso, anche i protettori laici condividevano il peso del sostentamento con gli ecclesiastici. Le carriere dei costruttori di meridiane nelle cattedrali italiane forniscono un campione di questi piccoli gruppi sociali, che permette di vedere l’esistenza di un sostegno largamente diffuso per il «ruolo di scienziato» (per usare una frase anacronistica di Ben David) nei paesi cattolici durante la Rivoluzione scientifica.

Il secondo sviluppo storico, analizzato con l’aiuto delle linee meridiane è l’attività svolta dalla censura sui libri astronomici, dopo la condanna di Galileo. Le testimonianze suggeriscono che i più alti amministratori della Chiesa e perfino i cardinali che gestivano l’Indice dei libri proibiti e il Sant’Uffizio riconoscevano come Urbano VIII avesse fatto un grande errore e come la migliore politica sarebbe stata quella di ignorare gli scritti di Copernico, a meno di non essere realmente costretti a intervenire. Gli stessi gesuiti insegnavano l’eliocentrismo, prima della fine del Seicento, usando la conveniente finzione che si trattava di una conveniente finzione. Coloro che erano disposti a chiamare ipotesi una teoria potevano pubblicare qualunque lavoro astronomico volessero. Il sistema era così flessibile che, nel 1741, la Chiesa permise una ristampa del Dialogo di Galileo, benché l’opera fosse ancora nell’Indice dei libri proibiti e vi rimanesse per altri ottant’anni.

Hesperi ac phosphori nova phaenomena di Francesco Bianchini, del 1728, è un chiaro simbolo dell’effettivo legame tra i più autorevoli astronomi della Chiesa, appartenenti al sistema del patronato clericale, l’eredità di Galileo e le crescenti istituzioni della nuova scienza moderna. Protetto da cinque papi – per uno di essi costruì la meridiana in Santa Maria degli Angeli a Roma – Bianchini fu il primo a ritenere di riconoscere degli aspetti morfologici su Venere, grazie alla pazienza, alla vista eccezionale (la costante copertura nuvolosa di Venere è opaca nello spettro visibile) e ai costosi telescopi pagati con gli introiti derivanti dalle sinecure dategli dai papi e dai regali fattigli dal cattolico Re del Portogallo. Seguendo il metodo usato per la Luna, Bianchini dette ai particolari che credeva di riconoscere sulla superficie di Venere nomi di persone, tra i quali figuravano abbondantemente quelli di dignitari portoghesi. Ma troviamo anche una struttura diritta che prende il nome da Gian Domenico Cassini, il costruttore della meridiana di San Petronio, che fu sia un cattolico che un astronomo, un grande mare per onorare Galileo, il «principe di tutti [gli astronomi]», e promontori intitolati alle Accademie delle Scienze di Bologna e di Parigi, la prima in una provincia papale e l’altra in una capitale secolare, come riconoscimento del loro impegno nella promozione dell’astronomia osservativa (5). Il fatto che le strutture dedicate non esistano – in quanto il Bianchini non poteva assolutamente osservarle sotto la spessa coltre di nubi del pianeta – non fa perdere a quelle dediche alcunché del loro valore simbolico.

Il terzo sviluppo analizzato attraverso le meridiane è il supporto fornito alle scoperte astronomiche dalle tecniche di osservazione e di riduzione dei dati. Durante i giorni gloriosi delle cattedrali-osservatorio, dal 1650 al 1750, gli astronomi scoprirono come correggere le loro osservazioni per la rifrazione atmosferica e per la distanza degli strumenti dal centro della Terra, al quale le loro teorie riferivano le misure. Un passo decisivo per valutare queste correzioni fu compiuto usando le osservazioni eseguite con la meridiana di San Petronio. La scoperta, durante la prima metà del Settecento, dell’aberrazione della luce e dell’oscillazione periodica dell’asse terrestre, o nutazione, indicò la necessità di raffinare ulteriormente le tecniche di riduzione dei dati. Una volta corrette per tutti gli effetti scoperti e quantificati fin dal 1650, le osservazioni fatte nel 1750 all’ultima meridiana costruita per servire la scienza rivelarono i delicati cambiamenti a lungo termine dell’inclinazione dell’asse della Terra sul piano del suo moto attorno al Sole.

E non abbiamo ancora finito con i meriti delle meridiane. Il loro studio offre, a chi non ha la familiarità con le nozioni elementari dell’astronomia, l’opportunità di impararle facilmente e piacevolmente. Molto di quel che serve è al livello di quel rozzo manuale medievale che è il De Sphaera di Sacrobosco e quanto è contenuto di tutto ciò in questo libro deriva dall’edizione del Sacrobosco fatta per i suoi studenti da un antico costruttore di meridiane, Egnazio Danti. Nel seguito, daremo anche ulteriori informazioni riguardo alle sottigliezze del calendario e alle correzioni necessarie alle osservazioni astronomiche. La trattazione segue i principi esposti ai suoi connazionali da un esperto italiano di calendari del Settecento. «Benché per facilitare la comprensione della materia io usi teorie e tabelle inedite, nondimeno esse non differiscono in sostanza dalle consuete tecniche di calcolo, e io non aggiungo niente che vada al di là dell’ordinario, perché come dice il poeta, nulla aggiunge un plinto alla statua di un colosso né uno stivale alla statura di un nano» (6).

E infine, ci sono gli strumenti come tali, belli e utili, condotti di luce, attraverso vasti spazi bui, morti luoghi di scienza, vivi oggetti di meraviglia. Visitate Bologna quando il sole splende. Charles Dickens lo fece. Non gli piacque niente in città, «salvo il grande meridiano sul pavimento della chiesa di San Petronio, dove i raggi del Sole scandiscono il tempo tra la gente in ginocchio». C’è qualcosa di romantico, perfino di sublime, nel raccontare la ciclicità del fedele incontro tra il Sole e verga costruita secoli fa. Tra gli antichi significati di «matematizzare», vi era quello di «lanciare un incantesimo».


(1) G. Minois, L’Eglise et la science, 2 voll. Fayard, Paris 1990-1991, 1, 380-1, 385 e 2, 16 (citazione), 17-18.

(2) Ibidem, 18, 23 (citazione), 27, 30, 39; cfr. G. Minois, Censure et culture sous l’ancien régime, Fayard, Paris 1995, 121-8.

(3) G. Minois, L’Eglise et la science, 2, 48.

(4) R. Westfall, Essays on the Trial of Galileo, Pubblicazioni del Vatican Observatory, Città del Vaticano 1989, 1.

(5) E. Bianchini, Hesperi et Phosphori nova phaenomena, Salviani, Roma 1728, 53-4; D.P. Cruikshank, Venus, University of Arizona Press, Tucson 1983, cap. 1.

(6) G.B. Pagani, Metodo di computare i tempi, G. Bayona, Palermo 1726. «Avvertimenti». La geometria elementare è compresa in quella ordinaria; i lettori desiderosi di rinfrescare la memoria possono trovare ciò che gli serve in Heilbron, Geometry civilized, Oxford University Press, Oxford 1998.

da John L. Heilbron, Il Sole nella Chiesa, le grandi Chiese come osservatori astronomici (or.: The sun in the church. Cathedrals as solar observatories, Cambridge 1999), tr. it. di P. Ranfagni, Editrice Compositori, Bologna 2005, pp. 25-29.