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Frammenti letterari e filosofici

Leonardo da Vinci
1504-1516

Frammenti letterari e filosofici

Pensieri che seguono sono tratti da una selezione di testi leonardiani riunita in una preziosa silloge apparsa nel 1899 e curata da Edmondo Solmi. Queste brevi riflessioni sulla scienza, l’arte, la natura e la morale rivelano la profondità e l’acutezza del pensiero di Leonardo, la poliedricità della sua personalità e della sua opera. È interessante notare il nesso proposto dall’Autore tra teoria e prassi, tra arte e scienza, tra sapienza e amore.

   

Pensieri sulla scienza

II. - Dell’error di quelli, che usano la pratica sanza la scienza

Quelli, che s’innamoran di pratica sanza scienza, son come ‘l nocchiere, ch’entra in navilio sanza timone o bussola, che mai ha certezza dove si vada.

Sempre la pratica dev’essere edificata sopra la bona teorica; della quale la Prospettiva è guida e porta, e, sanza questa, nulla si fa bene ne’ casi di pittura.
   

XIV. – Valore intrinseco del sapere

L’acquisto di qualunque cognizione è sempre utile allo intelletto, perché potrà scacciare da sé le cose inutili, e riservare le buone. Perché nessuna cosa si può amare né odiare, se prima non si ha cognizion di quella.

   

LXXIX. – L’infinito non si può abbracciare colla ragione

Qual è quella cosa, che non si dà e s’ella si dessi non sarebbe? Egli è lo infinito, il quale, se si potesse dare, sarebbe limitato e finito, perché ciò, che si po’ dare ha termine colla cosa, che la circuisce ne’ sua stremi, e ciò che non si po’ dare è quella cosa, che non ha termini.
   

LXXX I. – La finalità delle cose trascende la mente umana

O speculatore delle cose, non ti laudare di conoscere le cose, che ordinariamente, per sé medesima la natura, per sua ordini, naturalmente conduce; ma rallegrati di conoscere il fine di quelle cose, che son disegnate dalla mente tua!
   

LXXXIII. – Limiti alla definizione dell’anima

Ancora che lo ingegno umano faccia invenzioni varie, rispondendo con vari strumenti a un medesimo fine, mai esso troverà invenzione più bella, né più facile, né più breve della natura, perché nelle sue invenzioni nulla manca e nulla è superfluo; e non  va con contrappesi, quando essa fa le membra atte al moto nelli corpi delli animali, ma vi mette dentro l’anima d’esso corpo componitore.

Questo discorso non va qui, ma si richiede nella composizione delli corpi animati. E il resto della definizione dell’anima lascio nelle menti de’ frati, padri de’ popoli, li quali per ispirazione sanno tutti li segreti.

Lascio star le lettere incoronate [i libri ecclesiastici e i dogmi], perché son somma verità.

   

Pensieri sulla natura

IV. – La rispondenza degli effetti alla potenza della loro cagione è necessaria

Ogni corpo sferico di densa e resistente superfice, mosso da pari potenza, farà tanto movimento con sua balzi, causati da duro e solido smalto, quanto a gettarlo libero per l’aria.

O mirabile giustizia di te, Primo Motore, tu non hai voluto mancare a nessuna potenza l’ordine e qualità de’ sua necessari effetti! Conciò sia che una potenza deve cacciare 100 braccia una cosa vinta da lei, e quella nel suo obbedire trova intoppo: hai ordinato, che la potenza del colpo ricausi novo movimento, il quale, per diversi balzi, recuperi la intera somma del suo debito viaggio. E se tu misurerai la via fatta da detti balzi, tu troverai essere di tale lunghezza, qual sarebbe a trarre, con la medesima forza, una simil cosa libera per l’aria.
   

V. – Le leggi della natura sono imprescindibili

Natura non rompe sua legge.
   

VII. – L’effetto succede alla causa necessariamente

Quando alcuna cosa, cagione dell’altra, induce per suo movimento alcuno effetto, e’ bisogna che ‘l movimento dell’effetto séguiti il movimento della cagione.
   

XXVI. La natura è variabile all’infinito

Ed è tanto dilettevole natura e copiosa nel variare, che infra li alberi della medesima natura non si troverebbe una pianta, ch’appresso somigliassi all’altra, e non che le piante, ma li rami o foglie, o frutti di quelle, non si troverà uno, che precisamente somigli a un altro.

     

Pensieri sulla morale

XLIII. – Di quelli che biasimano chi disegna alle feste  e chi ‘nvestiga l’opere di Dio

Sono infra ‘l numero delli stolti una certa setta detti ipocriti, ch’al continuo studiano d’ingannare sé e altri, ma più altri, che sé: ma invero ingannano più loro stessi, che gli altri. E questi son quelli, che riprendono li pittori, li quali studiano li giorni delle feste, nelle cose appartenenti alla vera cognizione di tutte le figure, ch’hanno le opere di Natura, e, con sollecitudine, s’ingegnano d’acquistare la cognizione di quelle, quanto a loro sia possibile.

Ma tacciano tali reprensori, ché questo è ‘l modo di conoscere l’Operatore di tante mirabili cose, e quest’è ‘l modo d’amare un tanto Inventore! Che ‘nvero il grande amore nasce dalla gran cognizione della cosa, che si ama: e se tu non la conoscerai, poco o nulla la potrai amare; e se tu l’ami per il bene, che t’aspetti da lei, e non per la somma sua virtù, tu fai come ‘l cane, che mena la coda, e fa festa, alzandosi verso colui, che li po’ dare un osso. Ma se conoscesse la virtù di tale omo, l’amerebbe assai più –se tal virtù fussi al suo proposito.
   

XLIV. – Preghiera

Io t’ubbidisco, Signore, prima per l’amore, che ragionevolmente portare ti debbo, secondariamente, ché tu sai abbreviare o prolungare la vita alli omini.

   

Leonardo Da Vinci, Frammenti letterari e filosofici (1899), a cura di E. Solmi, Giunti, Firenze 1979, pp. 77, 80, 98-99, 108-109, 114, 168-169.