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Ut Mysticam, Motu proprio circa la rifondazione e l’ampliamento della Specola Vaticana

Papa Leone XIII
14 marzo 1891

Al di là del linguaggio aulico ed in parte retorico, proprio dei documenti del tempo, con occasione del decreto di rifondazione ed ampliamento della Specola Vaticana, Leone XIII ripercorre il rapporto privilegiato intercorso lungo i secoli fra la Chiesa Cattolica e la promozione delle scienze astronomiche.

Per gettare disprezzo e odiosità sulla mistica Sposa di Cristo, che è vera luce, i figli delle tenebre sono soliti di calunniarla di fronte agli indotti e chiamarla amica dell’oscurantismo, fomentatrice d’ignoranza, nemica della scienza e del progresso, rovesciando essenza e significato di nomi e cose.

Ma quanto la Chiesa ha fatto e insegnato agli uomini fin dalle sue origini, è sufficiente a respingere e confutare l’impudenza di una così turpe menzogna. Infatti la Chiesa, oltre che la conoscenza delle cose divine, dove è maestra unica, tramite i suoi Dottori ha coltivato e illustrato quell’esercizio essenziale di filosofare che si rivolge alla fondazione scientifica del sapere- a chiarirne i principi, a fornire i criteri per la ricerca rigorosa e per la sistematica esposizione dei risultati, a esplorare le facoltà dell’anima, a studiare la vita e il costume umano- al punto che non è facile aggiungere su tale tema cose degne di menzione ed è pericoloso discostarsene.

Inoltre alla Chiesa spetta il merito grande di aver completato e perfezionato il diritto né potrà mai essere dimenticato quanto essa ha contribuito con la sua dottrina, il suo esempio, le sue istituzioni ad affrontare questioni complesse riguardanti le cosiddette scienze economiche e sociali.

Nel frattempo non si sono trascurate nella Chiesa le discipline che esplorano la natura e le sue forze e si sono fondate scuole e musei perché la gioventù studiosa potesse meglio approfondirle. Tra i figli e i ministri di lei si annoverano scienziati illustri, che essa ha aiutato e onorato quando poteva, spingendoli a dedicarsi con impegno a tali studi.

Tra tutte queste scienze occupa un posto preminente l’astronomia: essa si propone di investigare quelle creature inanimate che più delle altre proclamano la gloria di Dio e che davano mirabile diletto al più sapiente degli uomini, il quale esultava per la conoscenza, a lui divinamente  ispirata, soprattutto del «ciclo dell’anno e delle posizioni degli astri» (Sap 7,19).

A spingere i Pastori della Chiesa a procurare il progresso di questa scienza e a favorirne i cultori, fu peraltro la possibilità, che essa solo offriva, di stabilire con certezza in quali giorno si debbano celebrare le principali solennità religiose del mistero  cristiano. E cosi i Padri Tridentini, ben sapendo che la riforma del calendario fatto da Giulio Cesare non era stata perfetta e perciò il computo del tempo era alterato, pregarono instantemente il Pontefice Romano perché, dopo aver consultato esperti nella materia, preparasse una nuova più perfetta riforma del calendario.

È ben noto e storicamente documentato, con quanto zelo ed impegno e con quanta generosità il Nostro Predecessore Gregorio XIII corrispondesse alla richiesta. Egli dispose che nella sede giudicata più adatta entro le fabbriche del Vaticano fosse costruita una torre osservatorio, che egli attrezzò con i migliori strumenti dell’epoca e dove tenne le riunioni degli esperti che aveva preposto alla riforma del Calendario. Tale torre, esiste tutt’oggi, e porta ancora il ricordo illustre del suo munifico autore; in essa si trova la meridiana costruita da Ignazio Danti Perugino, con inserita una tavola rotonda di marmo, le cui linee, sapientemente disegnate, quando sono toccate dai raggi del sole che scendono dall’alto, mostrano quanto fosse necessario correggere il vecchio Calendario e quanto la riforma fatta sia  in accordo con la natura.

Tale torre, ricordo insigne di un Pontefice che tanto ha meritato per il progresso delle lettere e delle scienze, verso la fine del secolo scorso, dopo un lungo periodo di inattività, per ordine e con gli auspici di Pio VI, fu restituita alla destinazione primitiva di osservatorio astronomico e, per iniziativa di Filippo Gilii, Monsignore romano, vi si associarono altre ricerche di magnetismo terrestre, di meteorologia e di botanica. Senonché, dopo la morte di questo abile scienziato avvenuta nel 1821, questo tempio della scienza astronomica fu abbandonato e trascurato: subito dopo seguì la morte di Pio VII, e le preoccupazioni di Leone XII furono interamente assorbite dalla riforma degli studi in tutta la Chiesa, grandiosa impresa di promozione di ogni ramo del sapere. Tale riforma, già progettata dal suo immortale immediato Predecessore, fu da lui felicemente condotta a termine con la Lettera Apostolica Quod divina sapientia. In questa lettera egli stabilì alcune norme riguardanti gli osservatori astronomici, le osservazioni da farsi regolarmente, le registrazioni quotidiane, le informazioni da comunicare in casa nostra sulla scoperte fatte all’estero. Se la torre vaticana [o dei Venti] fu messa da parte come osservatorio, dopo che se ne erano attrezzati altri a Roma per lo stesso scopo, ciò avvenne perché i più competenti in materia ritennero che le riuscissero di impedimento gli edifici vicini e soprattutto la cupola che fa da corona al tempio vaticano. Sicché sembravano da preferirsi le specole che da altri luoghi elevati permettono di osservare il cielo senza ostacoli.

Orbene, dopo che quei siti assieme all’intera città di Roma caddero sotto potere altrui, in occasione del nostro cinquantunesimo anno di sacerdozio, uniti ad altri doni, ci furono offerti molti e ottimi strumenti per ricerche di astronomia, meteorologia e fisica terrestre; e gli esperti in materia ritennero che nessuna sede fosse più adatta per riceverli di quella che Gregorio XIII sembrava avere in qualche modo preparato nella torre vaticana. Dopo aver esaminato tale proposta, la struttura stessa dell’edificio, le memorie della sua antica gloria e le apparecchiature già lì raccolte, nonché le istanze di persone eminenti per scienza e prudenza, ci hanno persuaso ad ordinare che quella specola venisse restaurata, e attrezzata di tutto il necessario per ricerche non solo di astronomia, ma anche di fisica terrestre e di meteorologia. Al fatto poi che le mancasse l’ampiezza di vista necessaria per osservare i corpi celesti in qualsiasi direzione del cielo, ha opportunamente sopperito la vicinanza dell’antica, solida fortificazione Leonina, la cui ben alta torre che si erge sulla sommità del colle vaticano consente un’osservazione degli astri completa e perfetta sotto ogni aspetto. Abbiamo perciò aggiunto questa torre a complemento della Specola Gregoriana facendovi installare il grande strumento equatoriale destinato alla fotografia delle stelle.

A questo fine abbiamo scelto uomini solerti, che prestassero tutto il servizio richiesto da una simile impresa, e ad essi abbiamo preposto un competentissimo studioso di astronomia e di fisica, il p. Francesco Denza dei Chierici Regolari di S. Paolo, detti anche Barnabiti. Contando sulla loro operosità  accettiamo ben volentieri che la Specola Vaticana sia chiamata a collaborare con altri illustri Istituti astronomici nell’impresa della riproduzione accurata su lastre fotografiche della mappa dell’intero cielo stellato.

Dato poi che desideriamo che l’opera intrapresa nel restaurare questa specola non si esaurisca dopo breve tempo, ma risulti duratura, le abbiamo dato uno statuto con le norme da osservare nella gestione interna e nelle prestazioni che vengono richieste. Abbiamo inoltre nominato un Consiglio di persone sceltissime al quale spetta la responsabilità di governo e la massima autorità dopo la nostra, per tutte le decisioni che riguardano l’ordine interno.

Orbene, con la presente lettera confermiamo questo statuto e questo Consiglio, non meno che l’assegnazione dei vari incarichi e tutto ciò che col nostro ordine o consenso è stato fatto riguardo alla Specola Vaticana; e vogliamo che essa venga considerata allo stesso livello degli altri Istituti Pontifici fondati per promuovere le scienze. Anzi, per provvedere in modo più sicuro alla stabilità dell’opera, le assegniamo una somma di denaro il cui reddito basti a coprire le spesse necessarie a conservarla e mantenerla. Tuttavia confidiamo che tale opera, più che da interventi umani, si trovi difesa e promossa dal favore e l’aiuto di Dio onnipotente; infatti nell’intraprendere quest’opera, non ci siamo preoccupati solo di far progredire una scienza nobilissima, che più di ogni altra umana disciplina solleva l’animo dei mortali alla contemplazione delle cose celesti, ma ci siamo proposti in primo luogo ciò che ci siamo sforzati di fare costantemente fin dagli inizi del Nostro Pontificato con parole, scritti e fatti ogni volta che se ne è presentata l’occasione: e cioè che sia a tutti chiaro che la Chiesa e i suoi Pastori non si oppongono alla vera e solida scienza, sia umana sia divina, ma che l’abbracciano, l’incoraggiano e la promuovono con tutto l’impegno possibile.

Tutto ciò che abbiamo stabilito e dichiarato nella presente lettera vogliamo pertanto che in futuro resti confermato e ratificato così come è, come dichiariamo nullo e invalido qualsiasi cambiamento che in futuro possa essere tentato da chiunque. E rimane stabilito e confermato, nonostante ogni precedente disposizione in contrario.

Dato a Roma, presso S. Pietro, il 14 marzo del 1891, XIV del Nostro Pontificato.

S. Maffeo, La Specola Vaticana. Nove Papi, una missione, Pubblicazioni della Specola Vaticana, Città del Vaticano 2001, pp. 297-301.