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Testi del Magistero su progresso scientifico e promozione umana

Magistero della Chiesa Cattolica
1963-2009

Il termine progresso esprime già un giudizio di valore: non è un semplice avanzare nel tempo della storia, ma indica un miglioramento, il movimento verso un fine conosciuto, con speranza di raggiungerlo. L’espressione “progresso umano” o anche promozione umana, fanno riferimento a dei valori, a dei fini, non possono indicare solo dei fatti. Un’ermeneutica centrata sui fini, e dunque un’antropologia, è necessaria: infatti, a seconda dei fini che guidano la prassi, gli stessi eventi possono apparire agli occhi di qualcuno come un progresso e agli occhi di altri come un regresso. Abbiamo bisogno, in sostanza, di un’antropologia di riferimento per la quale deve essere fornita un’opportuna fondazione.

Come mostrano i seguenti brani, il Magistero della Chiesa cattolica offre una visione positiva del progresso, anche di quello scientifico e tecnologico. La scienza e la tecnica sono espressine del compito affidato da Di all’uomo di “umanizzare la terra”, cioè coltivarla, custodirla e farne fruttare le risorse. De progresso il Magistero raccomanda però l’orientamento allo sviluppo integrale dell’essere umano, cioè alla sua vera “promozione”, che si dichiara risiedere in Gesù Cristo, vero uomo. Nella prospettiva della fede cristiana, il progresso umano non è mai solo sviluppo, ma anche e soprattutto esplicitare, annunciandolo a tutti, quanto Cristo ha rivelato e vissuto in prima persona. Ciò che davvero promuove l’uomo è stato già raggiunto nel mistero pasquale del Verbo incarnato, cioè nel sacrificio della propria vita per amore, nel perdono, nella legge della carità. Tale “promozione” deve essere estesa ad ogni uomo in ogni epoca e cultura, aiutando l’essere umano a poter esprimere, esplicitare e valorizzare ciò che gli appartiene per creazione, perché umano.

Il Magistero della Chiesa ha associato all’idea di promozione umana quella di uno sviluppo integrale della persona umana, chiamato da alcuni autori, come Jacques Maritain, “umanesimo integrale”. In tempi più recenti, nel quadro della responsabilità per l’ambiente, Benedetto XVI e Francesco hanno parlato di un’ecologia integrale. Quest’ultimo concetto, ribadito nella Laudato si’ (cfr. nn. 137-162), indica che accanto al tema ecologico in senso tecnico, è ugualmente responsabilità di tutti custodire e proteggere una visione relazionale dell’essere umano, che comprende la qualità dei rapporti umani, la cultura, la famiglia, la solidarietà, le tradizioni, il bene comune.

Uno sguardo allo sviluppo della società occidentale mostra in particolare tre iniziative, promosse dalle comunità cristiane, che sono state espressione di un progresso informato dalla libertà, dalla speranza e dalla carità: gli Ospedali, i Monti di pietà (che daranno poi origine agli Istituti di credito), e le Università.

Promossi dalla certezza che tutti, anche se deboli, malati o moribondi, posseggono la dignità di figli di Dio, gli Ospedali testimoniarono fin dai primi secoli dell’era cristiana di aver preso sul serio la promozione dell’umano, perché è vero progresso ciò che ci fa vivere e morire come uomini, generando in circolo virtuoso anche il progresso delle scienze mediche, e dunque un importante aspetto del progresso scientifico.

I Monti di pietà, nati per aiutare i meno abbienti, e dunque come espressione di promozione umana, si resero ben presto disponibili come Istituti di credito. Esempio di progettualità e di speranza, essi favorirono gli investimenti di artigiani e commercianti, creando così le condizioni per il progresso delle conoscenze e delle arti.

Nelle Università infine, progresso umano e progresso scientifico divenivano ormai inscindibili, poiché nelle loro fondamenta giacevano entrambi gli ideali della Paideia e dell’Accademia, la ricerca delle virtù e la ricerca di nuove conoscenze, l’amore alla verità e l’amore all’uomo.

Per la Dottrina sociale della Chiesa sono parte della promozione umana: la possibilità di esercitare un lavoro, di condividere le conoscenze, di ricevere un’istruzione adeguata, di vedere assicurata la propria salute fisica e mentale, di accedere ad una vera vita relazionale. È ancora parte integrante della promozione umana il riconoscimento della libertà religiosa degli altri diritti fondamentali della persona, il diritto alla vita specie nelle sue fasi più deboli e delicate, la promozione del bene comune e della destinazione universale dei beni della terra, la difesa e la promozione della pace, la partecipazione democratica dei cittadini alle scelte politiche degli Stati.

Sono promozione umana, in sostanza, tutto ciò che esplicita l’umano e lo difende, non solo ciò che lo mantiene in vita dal punto di vista biologico o riproduttivo. Soddisfare i bisogni primari dell’essere umano è condizione necessaria ma non sufficiente per la sua autentica promozione. La vera povertà non è solo povertà di cibo o di mezzi economici, ma povertà di umanità. Preoccuparsi degli indicatori di sussistenza (cibo, terra, tetto) o di sviluppo economico (PIL, consumi, ecc.), senza elevare ed assicurare gli indicatori di benessere umano (relazioni, istruzione, lavoro, cultura), non è vera carità. I secondi non possono darsi senza i primi, ma i primi, senza i secondi, non danno ragione dell’autentico sviluppo dell’umano. 

Giuseppe Tanzella-Nitti

        

     

Giovanni XXIII, Pacem in terris (1963)

1. La Pace in terra, anelito profondo degli esseri umani di tutti i tempi, può venire instaurata e consolidata solo nel pieno rispetto dell’ordine stabilito da Dio.

I progressi delle scienze e le invenzioni della tecnica attestano come negli esseri e nelle forze che compongono l’universo, regni un ordine stupendo; e attestano pure la grandezza dell’uomo, che scopre tale ordine e crea gli strumenti idonei per impadronirsi di quelle forze e volgerle a suo servizio.

2. Ma i progressi scientifici e le invenzioni tecniche manifestano innanzitutto la grandezza infinita di Dio che ha creato l’universo e l’uomo. Ha creato l’universo, profondendo in esso tesori di sapienza e di bontà, come esclama il Salmista: "O Signore, Dio nostro, quanto è grande il tuo nome su tutta la terra!" (Sal 8,1). "Quanto sono grandi le opere tue, o Signore! Tu hai fatto ogni cosa con sapienza"; (Sal 104,24) e ha creato l’uomo intelligente e libero, a sua immagine e somiglianza, (Cf. Gen 1,26) costituendolo signore dell’universo: "Hai fatto l’uomo — esclama ancora il Salmista — per poco inferiore agli angeli, lo hai coronato di gloria e di onore; e lo hai costituito sopra le opere delle tue mani. Hai posto tutte le cose sotto i suoi piedi" (Sal 8,5-6).

77. Non basta essere illuminati dalla fede ed accesi dal desiderio del bene per penetrare di sani principi una civiltà e vivificarla nello spirito del Vangelo. A tale scopo è necessario inserirsi nelle sue istituzioni e operare validamente dal di dentro delle medesime. Però la nostra civiltà si contraddistingue soprattutto per i suoi contenuti scientifico-tecnici.

Per cui non ci si inserisce nelle sue istituzioni e non si opera con efficacia dal di dentro delle medesime se non si è scientificamente competenti, tecnicamente capaci, professionalmente esperti.

 

 

Concilio Vaticano II, costituzione Lumen gentium (1964)

   36. I fedeli perciò devono riconoscere la natura profonda di tutta la creazione, il suo valore e la sua ordinazione alla lode di Dio, e aiutarsi a vicenda a una vita più santa anche con opere propriamente secolari, affinché il mondo si impregni dello spirito di Cristo e raggiunga più efficacemente il suo fine nella giustizia, nella carità e nella pace. Nel compimento universale di questo ufficio, i laici hanno il posto di primo piano. Con la loro competenza quindi nelle discipline profane e con la loro attività, elevata intrinsecamente dalla grazia di Cristo, portino efficacemente l'opera loro, affinché i beni creati, secondo i fini del Creatore e la luce del suo Verbo, siano fatti progredire dal lavoro umano, dalla tecnica e dalla cultura civile per l'utilità di tutti gli uomini senza eccezione, e siano tra loro più convenientemente distribuiti e, secondo la loro natura, portino al progresso universale nella libertà umana e cristiana. Così Cristo per mezzo dei membri della Chiesa illuminerà sempre di più l'intera società umana con la sua luce che salva.

 

Concilio Vaticano II, costituzione Gaudium et spes (1965)

33. Col suo lavoro e col suo ingegno l'uomo ha cercato sempre di sviluppare la propria vita; ma oggi, specialmente con l'aiuto della scienza e della tecnica, ha dilatato e continuamente dilata il suo dominio su quasi tutta la natura e, grazie soprattutto alla moltiplicazione di mezzi di scambio tra le nazioni, la famiglia umana a poco a poco è venuta a riconoscersi e a costituirsi come una comunità unitaria nel mondo intero. Ne deriva che molti beni, che un tempo l'uomo si aspettava dalle forze superiori, oggi se li procura con la sua iniziativa e con le sue forze. Di fronte a questo immenso sforzo, che ormai pervade tutto il genere umano, molti interrogativi sorgono tra gli uomini: qual è il senso e il valore della attività umana?  Come vanno usate queste realtà? A quale scopo tendono gli sforzi sia individuali che collettivi? 

La Chiesa, custode del deposito della parola di Dio, da cui vengono attinti i principi per l'ordine morale e religioso, anche se non ha sempre pronta la soluzione per ogni singola questione, desidera unire la luce della Rivelazione alla competenza di tutti allo scopo di illuminare la strada sulla quale si è messa da poco l'umanità.

 

34. Per i credenti una cosa è certa: considerata in se stessa, l'attività umana individuale e collettiva, ossia quell'ingente sforzo col quale gli uomini nel corso dei secoli cercano di migliorare le proprie condizioni di vita, corrisponde alle intenzioni di Dio.

L'uomo infatti, creato ad immagine di Dio, ha ricevuto il comando di sottomettere a sé la terra con tutto quanto essa contiene, e di governare il mondo nella giustizia e nella santità, e cosi pure di riferire a Dio il proprio essere e l'universo intero, riconoscendo in lui il Creatore di tutte le cose; in modo che, nella subordinazione di tutta la realtà all'uomo, sia glorificato il nome di Dio su tutta la terra. Ciò vale anche per gli ordinari lavori quotidiani.

Gli uomini e le donne, infatti, che per procurarsi il sostentamento per sé e per la famiglia esercitano il proprio lavoro in modo tale da prestare anche conveniente servizio alla società, possono a buon diritto ritenere che con il loro lavoro essi prolungano l'opera del Creatore, si rendono utili ai propri fratelli e donano un contributo personale alla realizzazione del piano provvidenziale di Dio nella storia. I cristiani, dunque, non si sognano nemmeno di contrapporre i prodotti dell'ingegno e del coraggio dell'uomo alla potenza di Dio, quasi che la creatura razionale sia rivale del Creatore; al contrario, sono persuasi piuttosto che le vittorie dell'umanità sono segno della grandezza di Dio e frutto del suo ineffabile disegno. Ma quanto più cresce la potenza degli uomini, tanto più si estende e si allarga la loro responsabilità, sia individuale che collettiva.

Da ciò si vede come il messaggio cristiano, lungi dal distogliere gli uomini dal compito di edificare il mondo o dall'incitarli a disinteressarsi del bene dei propri simili, li impegna piuttosto a tutto ciò con un obbligo ancora più pressante 

 

35. L'attività umana, invero, come deriva dall'uomo, così è ordinata all'uomo. L'uomo, infatti, quando lavora, non soltanto modifica le cose e la società, ma anche perfeziona se stesso. Apprende molte cose, sviluppa le sue facoltà, è portato a uscire da sé e a superarsi. Tale sviluppo, se è ben compreso, vale più delle ricchezze esteriori che si possono accumulare. L'uomo vale più per quello che è che per quello che ha. Parimenti tutto ciò che gli uomini compiono allo scopo di conseguire una maggiore giustizia, una più estesa fraternità e un ordine più umano nei rapporti sociali, ha più valore dei progressi in campo tecnico. Questi, infatti, possono formare, per così dire, la materia alla promozione umana, ma da soli non valgono in nessun modo ad effettuarla.

Pertanto questa è la norma della attività umana: che secondo il disegno di Dio e la sua volontà essa corrisponda al vero bene della umanità, e permetta all'uomo singolo o posto entro la società di coltivare e di attuare la sua integrale vocazione.

 

39. Certo, siamo avvertiti che niente giova all'uomo se guadagna il mondo intero ma perde se stesso. Tuttavia l'attesa di una terra nuova non deve indebolire, bensì piuttosto stimolare la sollecitudine nel lavoro relativo alla terra presente, dove cresce quel corpo dell'umanità nuova che già riesce a offrire una certa prefigurazione che adombra il mondo nuovo. Pertanto, benché si debba accuratamente distinguere il progresso terreno dallo sviluppo del regno di Cristo, tuttavia, nella misura in cui può contribuire a meglio ordinare l'umana società, tale progresso è di grande importanza per il regno di Dio.

E infatti, i beni, quali la dignità dell'uomo, la fraternità e la libertà, e cioè tutti i buoni frutti della natura e della nostra operosità, dopo che li avremo diffusi sulla terra nello Spirito del Signore e secondo il suo precetto, li ritroveremo poi di nuovo, ma purificati da ogni macchia, ma illuminati e trasfigurati, allorquando il Cristo rimetterà al Padre il regno eterno e universale: “che è regno di verità e di vita, regno di santità e di grazia, regno di giustizia, di amore e di pace”. Qui sulla terra il regno è già presente, in mistero; ma con la venuta del Signore, giungerà a perfezione.

 

57. I cristiani, in cammino verso la città celeste, devono ricercare e gustare le cose di lassù: questo tuttavia non diminuisce, ma anzi aumenta l'importanza del loro dovere di collaborare con tutti gli uomini per la costruzione di un mondo più umano. E in verità il mistero della fede cristiana offre loro eccellenti stimoli e aiuti per assolvere con maggiore impegno questo compito e specialmente per scoprire il pieno significato di quest'opera, mediante la quale la cultura umana acquisti il suo posto privilegiato nella vocazione integrale dell'uomo.

L'uomo infatti, quando coltiva la terra col lavoro delle sue braccia o con l'aiuto della tecnica, affinché essa produca frutto e diventi una dimora degna dell'universale famiglia umana, e quando partecipa consapevolmente alla vita dei gruppi sociali, attua il disegno di Dio, manifestato all'inizio dei tempi, di assoggettare la terra e di perfezionare la creazione, e coltiva se stesso; nello stesso tempo mette in pratica il grande comandamento di Cristo di prodigarsi al servizio dei fratelli.

L'uomo inoltre, applicandosi allo studio delle varie discipline quali la filosofia, la storia, la matematica, le scienze naturali, e occupandosi di arte, può contribuire moltissimo ad elevare la umana famiglia a più alti concetti del vero, del bene e del bello e ad un giudizio di universale valore: in tal modo questa sarà più vivamente illuminata da quella mirabile sapienza, che dall'eternità era con Dio, disponendo con lui ogni cosa, ricreandosi nell'orbe terrestre e trovando le sue delizie nello stare con i figli degli uomini.

Per ciò stesso lo spirito umano, più libero dalla schiavitù delle cose, può innalzarsi più speditamente al culto ed alla contemplazione del Creatore. Anzi sotto l'impulso della grazia, si dispone a riconoscere il Verbo di Dio, che prima di farsi carne per tutto salvare e ricapitolare in se stesso, già era nel mondo come "luce vera che illumina ogni uomo" (Gv. 1, 9).

 

64. Oggi più che mai, per far fronte all'accrescimento della popolazione e per rispondere alle crescenti aspirazioni del genere umano, giustamente si tende ad aumentare la produzione di beni nell'agricoltura e nell'industria e la prestazione dei servizi. Per ciò sono da favorire il progresso tecnico, lo spirito di innovazione, la creazione di nuove imprese e il loro ampliamento, l'adattamento nei metodi della attività produttiva e gli sforzi coraggiosi sostenuti da tutti quelli che partecipano alla produzione, in una parola tutto ciò che contribuisce a questo sviluppo. Anzi il fine ultimo e fondamentale di tale sviluppo non consiste nel solo aumento dei beni produttivi né nella sola ricerca del profitto o del predominio economico, bensì nel servizio dell'uomo, dell'uomo integralmente considerato, tenendo cioè conto delle sue necessità di ordine materiale e delle sue esigenze per la vita intellettuale, morale, spirituale e religiosa; diciamo di ciascun uomo, e di ciascun gruppo umano, di qualsiasi razza o zona del mondo. Pertanto l'attività economica è da realizzare secondo le leggi e i metodi propri dell'economia ma nell'ambito dell'ordine morale, in modo che risponda al disegno di Dio sull'uomo.

 

 

 Paolo VI, Populorum Progressio (1967)

14. Lo sviluppo non si riduce alla semplice crescita economica. Per essere autentico sviluppo, deve essere integrale, il che vuol dire volto alla promozione di ogni uomo e di tutto l’uomo. Com’è stato giustamente sottolineato da un eminente esperto: “noi non accettiamo di separare l’economico dall’umano, lo sviluppo dalla civiltà dove si inserisce. Ciò che conta per noi è l’uomo, ogni uomo, ogni gruppo d’uomini, fino a comprendere l’umanità intera”.

 

35. Si può affermare che la crescita economica è legata innanzitutto al progresso sociale ch’essa è in grado di suscitare, e che l’educazione di base è il primo obiettivo d’un piano di sviluppo. La fame d’istruzione non è in realtà meno deprimente della fame di alimenti: un analfabeta è uno spirito sotto alimentato. Saper leggere e scrivere, acquistare una formazione professionale, è riprendere fiducia in se stessi e scoprire che si può progredire insieme con gli altri. Come dicevamo nel nostro messaggio al Congresso dell’Unesco, del 1965, a Teheran, l’alfabetizzazione è per l’uomo “un fattore primordiale d’integrazione sociale così come di arricchimento personale, e per la società uno strumento privilegiato di progresso economico e di sviluppo”. Vogliamo anche rallegrarci del buon lavoro svolto in questo campo ad opera di iniziative private, di poteri pubblici e di organizzazioni internazionali: sono i primi artefici dello sviluppo, perché mirano a rendere l’uomo atto a farsene egli stesso protagonista.

 

 

Giovanni Paolo II, Redemptor hominis (1979)

15. Lo sviluppo della tecnica e lo sviluppo della civiltà del nostro tempo, che è contrassegnato dal dominio della tecnica stessa, esigono un proporzionale sviluppo della vita morale e dell'etica. Intanto quest'ultimo sembra, purtroppo, rimanere sempre arretrato. Perciò, quel progresso, peraltro tanto meraviglioso, in cui è difficile non scorgere anche autentici segni della grandezza dell'uomo i quali, nei loro germi creativi, ci sono rivelati nelle pagine del Libro della Genesi, già nella descrizione della sua creazione, non può non generare molteplici inquietudini. La prima inquietudine riguarda la questione essenziale e fondamentale: questo progresso, il cui autore e fautore è l'uomo rende la vita umana sulla terra, in ogni suo aspetto, a più umana? La rende più degna dell'uomo? Non ci può esser dubbio che, sotto vari aspetti, la renda tale. Quest'interrogativo, però, ritorna ostinatamente per quanto riguarda ciò che è essenziale in sommo grado: se l'uomo, come uomo, nel contesto di questo progresso, diventi veramente migliore, cioè più maturo spiritualmente, più cosciente della dignità della sua umanità più responsabile, più aperto agli altri, in particolare verso i più bisognosi e più deboli, più disponibile a dare e portare aiuto a tutti.

Questa è la domanda che i cristiani debbono porsi proprio perché Gesù Cristo li ha così universalmente sensibilizzati intorno al problema dell'uomo. E la stessa domanda debbono anche porsi tutti gli uomini, specialmente coloro che appartengono a quegli ambienti sociali, che si dedicano attivamente allo sviluppo ed al progresso nei nostri tempi. Osservando questi processi ed avendo parte in essi, non possiamo lasciarci prendere dall'euforia né possiamo lasciarci trasportare da un unilaterale entusiasmo per le nostre conquiste, ma tutti dobbiamo porci, con assoluta lealtà, con obiettività e con senso di responsabilità morale, le domande essenziali che riguardano la situazione dell'uomo, oggi e nel futuro. Tutte le conquiste, finora raggiunte, e quelle progettate dalla tecnica per il futuro, vanno d'accordo col progresso morale e spirituale dell'uomo? In questo contesto l'uomo, in quanto uomo si sviluppa e progredisce, oppure regredisce e si degrada nella sua umanità? Prevale negli uomini, “nel mondo dell'uomo” – che in se stesso è un mondo di bene e di male morale – il bene sul male? Crescono davvero negli uomini, fra gli uomini, l'amore sociale, il rispetto dei diritti altrui – per ogni uomo, nazione, popolo – o, al contrario, crescono gli egoismi di varie dimensioni, i nazionalismi esagerati, al posto dell'autentico amore di patria, ed anche la tendenza a dominare gli altri al di là dei propri legittimi diritti e meriti, e la tendenza a sfruttare tutto il processo materiale e tecnico-produttivo esclusivamente allo scopo di dominare sugli altri o in favore di tale o talaltro imperialismo?

Ecco gli interrogativi essenziali, che la Chiesa non può non porsi, perché in modo più o meno esplicito se li pongono miliardi di uomini che vivono oggi nel mondo. Il tema dello sviluppo e del progresso è sulla bocca di tutti ed appare sulle colonne di tutti i giornali e pubblicazioni, in quasi tutte le lingue del mondo contemporaneo. Non dimentichiamo, però, che questo tema non contiene soltanto affermazioni e certezze, ma anche domande e angosciose inquietudini. Queste ultime non sono meno importanti delle prime. Esse rispondono alla natura della conoscenza umana, ed ancor più rispondono al bisogno fondamentale della sollecitudine dell'uomo per l'uomo, per la stessa sua umanità, per il futuro degli uomini sulla terra. La Chiesa, che è animata dalla fede escatologica, considera questa sollecitudine per l'uomo, per la sua umanità, per il futuro degli uomini sulla terra e, quindi, anche per l'orientamento di tutto lo sviluppo e del progresso, come un elemento essenziale della sua missione, indissolubilmente congiunto con essa. Ed il principio di questa sollecitudine essa lo trova in Gesù Cristo stesso, come testimoniano i Vangeli. Ed è per questo che desidera accrescerla continuamente in Lui, rileggendo la situazione dell'uomo nel mondo contemporaneo, secondo i più importanti segni del nostro tempo.

 

 

Giovanni Paolo II, Laborem Exercens (1981)

5. Lo sviluppo dell'industria e dei diversi settori con essa connessi, fino alle più moderne tecnologie dell'elettronica specialmente nel campo della miniaturizzazione, dell'informatica, della telematica ed altri, indica quale immenso ruolo assume, nell'interazione tra il soggetto e l'oggetto del lavoro (nel più ampio senso di questa parola), proprio quell'alleata del lavoro, generata dal pensiero umano, che è la tecnica. Intesa in questo caso non come una capacità o una attitudine al lavoro, ma come un insieme di strumenti dei quali l'uomo si serve nel proprio lavoro, la tecnica è indubbiamente un'alleata dell'uomo. Essa gli facilita il lavoro, lo perfeziona, lo accelera e lo moltiplica. Essa favorisce l'aumento dei prodotti del lavoro, e di molti perfeziona anche la qualità. […]

Se le parole bibliche “soggiogate la terra” (cf. Gen. 1,28), rivolte all'uomo fin dall'inizio, vengono intese nel contesto dell'intera epoca moderna, industriale e post-industriale, allora indubbiamente esse racchiudono in sé anche un rapporto con la tecnica, con quel mondo di meccanismi e di macchine, che è il frutto del lavoro dell'intelletto umano e la conferma storica del dominio dell'uomo sulla natura.

La recente epoca della storia dell'umanità, e specialmente di alcune società, porta con sé una giusta affermazione della tecnica come un coefficiente fondamentale di progresso economico; al tempo stesso, però, con questa affermazione sono sorti e continuamente sorgono gli interrogativi essenziali riguardanti il lavoro umano in rapporto al suo soggetto, che è appunto l'uomo. Questi interrogativi racchiudono in sé una carica particolare di contenuti e di tensioni di carattere etico ed etico-sociale. E perciò essi costituiscono una sfida continua per molteplici istituzioni, per gli Stati e per i governi, per i sistemi e le organizzazioni internazionali; essi costituiscono anche una sfida per la Chiesa.

 

25. La coscienza che il lavoro umano sia una partecipazione all'opera di Dio, deve permeare – come insegna il Concilio – anche “le ordinarie attività quotidiane. Gli uomini e le donne, infatti, che per procurarsi il sostentamento per sé e per la famiglia, esercitano le proprie attività così da prestare anche conveniente servizio alla società, possono a buon diritto ritenere che col loro lavoro essi prolungano l'opera del Creatore, si rendono utili ai propri fratelli e danno un contributo personale alla realizzazione del piano provvidenziale di Dio nella storia” (Gaudium et spes, n. 34). Bisogna, dunque, che questa spiritualità cristiana del lavoro diventi patrimonio comune di tutti. Bisogna che, specialmente nell'epoca odierna, la spiritualità del lavoro dimostri quella maturità, che esigono le tensioni e le inquietudini delle menti e dei cuori: «I cristiani, dunque, non solo non pensano di contrapporre le conquiste dell'ingegno e della potenza dell'uomo alla potenza di Dio, quasi che la creatura razionale sia rivale del Creatore; ma, al contrario, essi piuttosto sono persuasi che le vittorie dell'umanità sono segno della grandezza di Dio e frutto del suo ineffabile disegno. E quanto più cresce la potenza degli uomini, tanto più si estende e si allarga la loro responsabilità individuale e collettiva... Il messaggio cristiano, lungi dal distogliere gli uomini dal compito di edificare il mondo, lungi dall'incitarli a disinteressarsi del bene dei propri simili, li impegna piuttosto a tutto ciò con un obbligo ancora più pressante” (ibidem).

 

Giovanni Paolo II, Discorso a Hiroshima, 25.2.1981

3. La critica alla scienza e alla tecnologia qualche volta è così severa che si avvicina a una condanna della scienza stessa. Al contrario, la scienza e la tecnologia sono un prodotto meraviglioso della creatività umana che è un dono di Dio, dal momento che ci hanno fornito possibilità meravigliose, di cui beneficiamo con animo grato. Ma noi sappiamo che questo potenziale non è neutro: esso può essere usato sia per il progresso dell’uomo, sia per la sua degradazione. Come voi, anch’io sono vissuto in questo tempo, che chiamerei il “tempo del dopo-Hiroshima”, e condivido le vostre ansietà. Oggi mi sento ispirato a dirvi questo: certamente è giunto il momento per la nostra società, e specialmente per il mondo della scienza, di rendersi conto che il futuro dell’umanità dipende, come mai prima d’ora, dalle nostre comuni scelte morali

 

 

Benedetto XVI, Caritas in veritate (2009)

69. Il problema dello sviluppo oggi è strettamente congiunto con il progresso tecnologico, con le sue strabilianti applicazioni in campo biologico. La tecnica — è bene sottolinearlo — è un fatto profondamente umano, legato all'autonomia e alla libertà dell'uomo. Nella tecnica si esprime e si conferma la signoria dello spirito sulla materia. Lo spirito, “reso così “meno schiavo delle cose, può facilmente elevarsi all'adorazione e alla contemplazione del Creatore” (Populorum progressio, n. 41). La tecnica permette di dominare la materia, di ridurre i rischi, di risparmiare fatica, di migliorare le condizioni di vita. Essa risponde alla stessa vocazione del lavoro umano: nella tecnica, vista come opera del proprio genio, l'uomo riconosce se stesso e realizza la propria umanità. La tecnica è l'aspetto oggettivo dell'agire umano, la cui origine e ragion d'essere sta nell'elemento soggettivo: l'uomo che opera. Per questo la tecnica non è mai solo tecnica. Essa manifesta l'uomo e le sue aspirazioni allo sviluppo, esprime la tensione dell'animo umano al graduale superamento di certi condizionamenti materiali. La tecnica, pertanto, si inserisce nel mandato di “coltivare e custodire la terra” (Gen 2,15), che Dio ha affidato all'uomo e va orientata a rafforzare quell'alleanza tra essere umano e ambiente che deve essere specchio dell'amore creatore di Dio.

70. Chiave dello sviluppo è un'intelligenza in grado di pensare la tecnica e di cogliere il senso pienamente umano del fare dell'uomo, nell'orizzonte di senso della persona presa nella globalità del suo essere. Anche quando opera mediante un satellite o un impulso elettronico a distanza, il suo agire rimane sempre umano, espressione di libertà responsabile. La tecnica attrae fortemente l'uomo, perché lo sottrae alle limitazioni fisiche e ne allarga l'orizzonte. Ma la libertà umana è propriamente se stessa solo quando risponde al fascino della tecnica con decisioni che siano frutto di responsabilità morale. Di qui, l'urgenza di una formazione alla responsabilità etica nell'uso della tecnica. A partire dal fascino che la tecnica esercita sull'essere umano, si deve recuperare il senso vero della libertà, che non consiste nell'ebbrezza di una totale autonomia, ma nella risposta all'appello dell'essere, a cominciare dall'essere che siamo noi stessi.