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La scienza che non risale fino all’Imperatore del Cielo non è vera scienza

Matteo Ricci
1602

Prefazione di Matteo Ricci alla 3ª ed. del suo Mappamondo Universale

Missionario gesuita nella Cina dei Ming, Matteo Ricci (1552-1610) fu autore e traduttore di numerosi testi scientifici, principalmente di ambito matematico ed astronomico. Esempio straordinario di inculturazione della fede attraverso il pensiero scientifico, occupò importanti cariche culturali presso la corte cinese. Nella prefazione che qui riportiamo alla 3a. ed. del suo mappamondo, preparato per i notabili cinesi, egli parte dallo studio della geografia per giungere a presentare la fede nell’Unico Dio creatore in un linguaggio che sia comprensibile ai suoi interlocutori.

 


Mappamondo di Giulio Aleni (Ai Rulue) 1623, Biblioteca Apostolica Vaticana, Barberini Oriente 151 (1A) 
 

Un tempo io credetti che la sapienza consistesse in una molteplice esperienza, e quindi difatti non rinunciai a una distanza [anche] di dieci mila li [unità di misura cinese] per andare ad interrogare uomini savi e visitare paesi celebri. Ma quanto è lunga la vita di un uomo? Certo è che [solo] dopo molti anni si acquista una scienza completa, fondata sopra una vasta osservazione; ma [allora] ecco che subito uno diventa molto vecchio, e il tempo manca di servirsi di questa scienza. Non è questo una cosa dolorosa?

Ecco perché faccio gran conto delle carte [geografiche] e della storia: la storia per fissare [queste osservazioni] e le carte per tramandare [il ricordo ai posteri].

Quando gli Antichi hanno consegnato in iscritto le osservazioni di coloro che erano andati nelle quattro direzioni del mondo, i posteri, vedendole, possono, anche restando seduti, far diminuire la loro ignoranza ed aumentare la loro sapienza.

Oh! Quanto grandi sono i meriti delle carte e della storia!

Il mio umile regno [Italia], benché piccolo, pure ha sempre creduto molto alla storia ed ha avuto piacere a sentir parlare dei costumi e dei luoghi celebri dei vari paesi. Ecco perché non solo vi sono gli Annali particolari del mio regno, ma esistono inoltre gli Annali dei vari paesi del mondo, e finanche la carta dei nove cieli, e i mappamondi.

Io Matteo, indegnamente presso di ammirazione, mentre ancora mi trovavo in agguato in un paese marittimo [Italia1], per l'Impero del Fiore di Mezzo, la rinomanza della cui famosa dottrina si estendeva a dieci mila li, viaggiando in una nave, arrivai dal Occidente, e nel 1582 partii pel Kwangtung. I letterati del Kwangtung mi pregarono di fare la carta di tutti i regni per i quali io ero passato, per tramandare intatto il ricordo [ai posteri]. In quel tempo io, Matteo, non possedevo perfettamente la lingua cinese, e perciò, benché [la stampa] della carta fosse stata fatta con l'aiuto delle carte e dei libri che avevo portato con me, e con gli appunti e le investigazioni che avevo accumulato durante vari anni, pure come mai la traduzione fattane dall'Incaricato degli stranieri sarebbe stata scevra da ogni errore?

Nel 1600, dopo il mio arrivo a Nanchino, ricevutone invito da Uzuohae2 ne feci per lui una nuova edizione.

Arrivato nella capitale nel 1601, molti illustri signori che già avevano visto questa carta, non disprezzarono un viaggiatore [come me] e si degnarono di trattarmi bene.

Il signor Licezao [Li Chih-tsao]3 addetto al Ministero [dei Lavori Pubblici], il quale già prima si era consacrato allo studio della geografia ed aveva da se stesso composto un libro per gli alunni, si interessò molto a questa carta e pensò che la [perfetta] corrispondenza tra i gradi della terra e le orbite del cielo è una legge che nessuna generazione cambierà mai.

Dopo un anno intero di esame, approfondito, minuzioso, diligente e ininterrotto [della mia carta], disgustato dalla piccolezza della carta da lui stampata prima, la quale non arrivava nemmeno a un decimo della carta modello che io avevo portato dall'Occidente, concepì il disegno di rifarla e di amplificarla. Io dissi: “Sarebbe una felicità per tutti questi paesi di essere conosciuti in Cina per mezzo di Lei. Oserei non verificare di nuovo, con più diligenza ancora, [la carta, per preparare una nuova edizione]?”.

Allora studiai di nuovo la carta originale della mia umile patria e gli Annali, corressi gli errori dell'anticha traduzione e le inesattezze dei numeri dei gradi, e vi aggiunsi centinaia di nomi di regni, la descrizione dei cui costumi e prodotti inserii nei vuoti lasciati dal foglio. Benché non assolutamente compiuta, pure [questa nuova edizione] è un po' migliore dell'antica.

Però è difficile capire a prima vista perché la terra, che ha difatti la forma di una palla, su questa carta sia rappresentata sopra una superficie piana. Per questo, anche secondo i metodi della umile patria, ho fatto inoltre la carta dei due emisferi, di cui uno contiene tutto ciò che è al nord dell'equatore, e l'altro tutto ciò che ne è al sud, mentre i due poli occupano il centro del cerchio, affinché la veduta simultanea [di essi] faccia capire un po' più facilmente a che cosa somiglia la vera forma della terra.

Tutto l'insieme forma sei quadri di gran paravento e può essere considerato come uno strumento per viaggiare, [pur] restando sdraiato nel proprio gabinetto di studio. Eh! Percorrere tutti i regni, senza nemmeno uscire della sala, non deve essere di poca utilità per l'esperienza!

Tempo fa, sentii dire che solo l'uomo superiore sa leggere il grande libro del cielo e della terra e che perciò è perfetto. Chi conosce il cielo e la terra, può provare che Colui che governa il cielo e la terra è assolutamente buono, assolutamente grande e assolutamente uno. Gli ignoranti rigettano il Cielo (= Dio), ma la scienza che non risale all'Imperatore del Cielo (= Dio) come alla [prima] causa, non è per niente scienza. La bontà consiste a purificare e ad amputare i cattivi germi, per desiderio di arrivare a Colui che è assolutamente buono. Perciò chi neglige le cose di poca importanza, si affretta ad occuparsi delle grandi e diminuisce la moltitudine [delle ansietà] per far ritorno a Colui che è assolutamente uno, è quasi arrivato alla scienza.

Io, Matteo, così poco intelligente, nel tradurre questa carta del cielo e della terra, non oso dire: “ecco di che acquistare esperienza!” Ciascuno dovrà acquistarla da se stesso.

Offro indegnamente questa carta a tutti coloro che, insieme con me, sono coperti dalla cappa dello [stesso] cielo e appoggiano i piedi sulla [stessa] terra.

Rispettosamente composto dall'Europeo Matteo Ricci, il 17 agosto dell'anno 1602.

 

Prefazione dell'Autore, in Matteo Ricci, Il mappamondo cinese del P. Matteo Ricci S.I. conservato presso la Biblioteca Vaticana, commentato tradotto e annotato dal P. Pasquale M. D'Elia S.I., Con XXX tavole geografiche e 16 illustrazioni fuori testo, 3a. edizione, Pechino 1602, Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano 1938.

 

Parlando del mappamondo e altri oggetti scientifici che fabbricava, afferma Ricci:

«Con queste at altre simile cose andiamo guadagnando alcun credito, aspettando per quanto il Signore ci apra il cammino per fare cose più importanti, benché in queste anco mescoliamo molte cose d'Iddio e della nostra Santa Legge» ( Lettera del 13.10.1596 , in M. Ricci, Il mappamondo cinese, p. 186 ).

Osservazioni di Pasquale d'Elia:

«Se il Ricci consacrava tanto tempo a questi lavori cartografici o scientifici, non era pel semplice gusto della scienza o della ricerca scientifica, ma era perché egli credeva che questo era l'unico mezzo di attirare l'attenzione dei Cinesi, specialmente degli uomini colti. Imponendosi ad essi con la scienza, egli sperava che sarebbe arrivato ad imporsi ad essi anche col messaggio religioso, che era ciò che gl'importava unicamente» (Pasquale d'Elia, in M. Ricci, Il mappamondo cinese, p. 183).


[1] Pasquale d'Elia l'identifica ancora con Italia. Ma, tenendo conto che Ricci scrive che partì nell' anno 1582, potrebbe trattarsi dell'India. Infatti, partì da Goa alla volta di Macao nell'aprile 1582 .

[2] Mandarino integerrimo, allora segretario di 2ª classe al Ministero degli Uffici Civili a Nanchino. Nel suo prefazio alla seconda ed. scrisse: «Questo Sacerdote [Ricci] è modesto e non domanda niente; egli trova il suo piacere a praticare la virtù e a onorare il Cielo (= Dio), facendo mattina e sera il proposito di evitare pensieri, atti e parole inconsiderate» (cit. in Matteo Ricci, Il mappamondo cinese , p. 55, nota 2.

[3] Dott. Licezao [Li Chih-tsao] (1564-1630). Fa visita a Ricci a Pechino nel gennaio del 1601 e rimane stupito del Theatrum Orbis di Ortelio. Fra i migliori amici e collaboratori del Ricci, fu battezzato nel 1610 con il nome di Leone. Presidente del consigl io degli esami dei Licenziati, dopo il battesimo dedicò il resto della vita a espandere la fede cristiana.

    

Prefazione dell'Autore, in Matteo Ricci, Il mappamondo cinese del P. Matteo Ricci S.I. conservato presso la Biblioteca Vaticana , commentato tradotto e annotato dal P. Pasquale M. D'Elia S.I., Con XXX tavole geografiche e 16 illustrazioni fuori testo, 3a. edizione, Pechino 1602, Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano 1938.