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L'interpretazione del reale: scienze e altri saperi

Servizio Nazionale della C.E.I per il Progetto Culturale
1998

Estratto dal documento Tre proposte per la ricerca, nn. 27-42

L’interpretazione scientifica del reale

27. La visione scientifica del mondo riveste oggi una straordinaria importanza per la vita dell’uomo. Alle soglie del terzo millennio, infatti, giunge a maturazione quello sviluppo spettacolare delle scienze che negli ultimi tre secoli ha prodotto rilevanti trasformazioni culturali e sociali, determinando un rinnovamento qualitativo dell’esistenza umana in molte zone del nostro pianeta. La razionalità scientifica non manca ancora di suscitare tante speranze per l’immediato futuro. Anche l’evangelizzazione della Chiesa non può non prendere atto dell’avvenuto mutamento di clima culturale e favorire un dialogo fecondo con il mondo scientifico contemporaneo, assumendone le sfide più significative. La “cura della fede” lo richiede come compito doveroso: occorre – secondo l’ammonimento del Concilio – Çarmonizzare la conoscenza delle nuove scienze, delle nuove dottrine e delle più recenti scoperte con la morale e il pensiero cristiano [1].

28. In questo dialogo, di particolare interesse è la ricerca di nuovi confronti con le cosiddette ‘scienze esatte’: le ‘verità’ sull’universo, sulla terra e sull’uomo, sul loro inizio, sulla loro evoluzione e sulla loro fine, raggiunte mediante la matematica, la fisica e la biologia, hanno prodotto nuovo linguaggio, nuovi modi di pensare, hanno creato ethos, cambiando culturalmente intere generazioni. Sono soprattutto le applicazioni tecnologiche dei traguardi scientifici a incidere in modo marcato nella mentalità comune della gente e nel sentire collettivo di tante popolazioni, tra euforici ottimismi e tensioni preoccupanti. Privilegiare il rapporto con le ‘scienze esatte’ appare allora urgente e decisivo, ma non significa ridurre l’orizzonte dell’analisi. Si intende invece solo assumere una prospettiva concreta di indagine, dalla quale allargare l’orizzonte della riflessione ad ‘altri saperi’. L’incidenza delle scienze sulle forme ordinarie della percezione umana del reale impone infatti che si affronti l’interrogativo del loro significato antropologico e sociale: alcuni aspetti della ricerca scientifica – quelli dell’ingegneria genetica, per esempio – pongono problemi umani di natura etica, politica e religiosa che possono e devono trovare risposta grazie agli apporti della filosofia, delle scienze umane, della teologia, integrati armonicamente in un orizzonte sapienziale più ampio.

29. È la stessa realtà a richiedere un’organica armonizzazione dei saperi: la realtà è troppo complessa e stupefacente per essere ricondotta a un unico tipo di leggi o per essere dominabile con un solo metodo, rigidamente determinato. Essa si lascia invece apprendere – benché mai esaurientemente – da molteplici punti di vista e con diverse modalità di intervento. Tanto più che, anche all’interno di tutti i processi conoscitivi delle scienze, il termine ‘reale’ non possiede un significato univoco e oggettivo: la realtà sembra essere piuttosto qualcosa che si delimita e si verifica a poco a poco. L’odierna visione scientifica sembra cogliere la realtà come un processo aperto indefinitamente, e tale apertura si riflette nel carattere rivedibile e fallibile delle teorie scientifiche. Questo rende l’approccio scientifico al reale più umile di quanto non si ritenga in base a pregiudizi scientisti che poco hanno a che fare con il punto di vista degli uomini di scienza.

Occorre, inoltre, restare aperti alla recezione critica di quelle metodologie che interpretano la realtà nell’orizzonte della sua trasformazione e costruzione oltre che in quella della sua descrizione e spiegazione. Appare così urgente verificare le possibilità conoscitive di quei modi di porsi di fronte al reale attraverso una “immaginazione in prospettiva”, per la quale si costituisce già nell’anticipazione ciò che sarà o potrà essere, come accade nelle rappresentazioni di tipo tecnico-progettuale di alcune discipline, dall’ingegneria all’urbanistica, dalla chirurgia alla programmazione economica, per fare alcuni esempi.

Le scienze e gli altri saperi

30. La diversità degli approcci alla realtà – e la pluralità dei saperi che ne conseguono – sono espressione della sua ricchezza inesauribile: ogni disciplina scientifica concorre, nella propria specifica modalità conoscitiva, alla comprensione delle variegate dimensioni della realtà. La frammentazione tra (e dei) i saperi rischia però di disorientare, promuovendo relativismo e scetticismo. L’impegno per l’elaborazione di una visione generale comune del mondo implica un dialogo crescente tra la scienza e tutti gli altri saperi, con metodologia interdisciplinare – centrata su oggetti, metodi e contenuti –, ma anche e soprattutto con una metodologia transdisciplinare – istituita sui soggetti e le comuni matrici culturali che presiedono ai vari ambiti (matematiche e scienze fisiche e naturali; storia delle scienze; scienze umane; filosofia; teologia). Se la fecondità del reale permette (e forse richiede) il ricorso a metodi diversi per raggiungerne la conoscenza, il riferimento al reale nel suo complesso invita a una conciliazione tra le scienze e gli altri saperi. La stessa rappresentazione scientifica mette in gioco un insieme di decisioni e di libere scelte, attraverso le quali aspetti diversi e complementari della realtà vengono alla luce: si coglie dunque scientificamente la realtà sempre a partire da un codice interpretativo, cambiando il quale muta anche l’espressione rappresentativa del reale.

31. La scienza contemporanea ha costruito un’immagine di mondo dinamico, molto più affascinante e complessa di quella del cosmo statico della visione aristotelica, ma anche di quella meccanicistica concepita da molti durante l’età moderna. Infatti la realtà non è più il referente mondano, “che sta di fronte” – in modo compatto e omogeneo – al soggetto che lo conosce. Il problema della realtà si presenta pertanto in termini nuovi: non si tratta di riprodurre le dispute tra realisti e nominalisti, o tra realisti e idealisti. Il realismo ‘ingenuo’ e l’idealismo sembrano opzioni poco appetibili per la loro primitività: il primo pretende di cogliere la realtà immediatamente attraverso i sensi, il secondo racchiude il reale stesso nell’attività del soggetto che lo conosce. Una visione critica del realismo invita invece a cogliere il reale come obiettivo del dinamismo conscio, intelligente e razionale, del nostro spirito, senza riduzioni di sorta (relative ai sensi o alla sfera ideale). Questa obiettività, che pur esprime un’‘indipendenza dal soggetto’, non può essere raggiunta indipendentemente dal soggetto. Essa è infatti conseguibile con un autotrascendimento del soggetto verso la realtà effettiva e totale, nel quale sono coinvolte l’intelligenza, la razionalità, ma non meno la stessa volontà, l’istanza ultima del soggetto di decidersi per qualcosa o per qualcuno che non sia se stesso. Un’impostazione sofisticata, che tenga conto dei risultati delle scienze, dovrà pertanto rivolgersi al problema di come delimitare il reale e, allo stesso tempo, di come delimitare l’apporto creativo dell’uomo. La riflessione filosofica su questo punto potrà orientarsi all’esame delle varie forme di realismo ‘critico’ o ‘moderato’, che rappresentano una via percorribile per un fecondo incontro tra pensiero scientifico e rivelazione cristiana.

Una razionalità sapienziale

32. È necessario chiedersi quali siano le possibili vie da percorrere per l’elaborazione di un modello di ‘razionalità sapienziale’, che punti a coniugare le preziose istanze di rigore metodologico del procedimento conoscitivo scientifico con la significatività di una conoscenza più ampia, più feconda per l’uomo perché arriva a rendere ragione della vita concreta della gente. Sarà allora importante interrogarsi sull’urgenza di un recupero degli aspetti valutativi e fondativi insiti nelle nozioni di ragione e di razionalità. La constatazione che la visione della razionalità oggi prevalente esprima “una razionalità ridotta a mero fattore di calcolo” non è confortante. L’impegno verso l’eventuale elaborazione di un nuovo modello di razionalità rende invece molto attenti a un elemento che si è presentato più volte nella storia del pensiero: proprio all’interno delle scienze si pongono problemi che portano ad aperture nei confronti delle grandi questioni filosofiche a carattere logico, metafisico ed etico. Come l’unità delle ‘scienze esatte’ non si può fare riducendo ogni accesso scientifico al reale a quello della fisica, così l’unità tra le scienze e gli altri saperi va cercata nella direzione di un livello sapienziale superiore che ponga tutti gli apporti e le singole prospettive in una feconda sinergia conoscitiva. Diventa indispensabile offrire un apporto consistente alla crescita di una scienza dell’uomo, che favorisca e giustifichi il doveroso dialogo multidisciplinare, sforzandosi di fondarlo adeguatamente, allo scopo di evitare la deriva tecnocratica (con gli evidenti pericoli di disumanizzazione) a cui la conoscenza scientifica moderna sembra potersi avviare. Una ‘scienza dell’uomo’ – congetturale e ‘modesta’ nei risultati, ma sempre aperta a reali e ‘vere’ acquisizioni – sarà anche una scienza per l’uomo, una scienza che aiuti a costruire condizioni soddisfacenti per una sopravvivenza pacificata dell’umanità sulla terra, con il contributo di tutti.

33. In questa direzione, di particolare interesse per la discussione e per la ricerca è il controllo di un singolare mutamento avvenuto nell’età contemporanea circa l’interpretazione del valore e del fine della conoscenza scientifica. Secondo la visione classica, il valore della scienza era determinato dalla verità che essa era in grado di conseguire nella conoscenza del reale; invece, secondo concezioni epistemologiche diverse ma affini, è la verità della scienza a essere determinata dal valore (o dai valori) che essa è in grado di realizzare. Come valutare questo primato del valore sulla verità? Quali nuovi varchi al dialogo, ma anche quali rischi derivano da una siffatta subordinazione della sfera teoretica (l’episteme e l’istanza veritativa che la dischiude) all’orizzonte di quella ‘ragione pratica’ che nella cultura contemporanea è apparsa quale rifugio ultimo dopo il naufragio dell’episteme? Un importante aspetto di questo ridimensionamento del concetto di verità appare connesso alla riduzione del concetto di realtà a ciò che è osservabile e tecnologicamente manipolabile.

La ricerca di un idoneo modello di razionalità non può prescindere da una discussione aperta sul concetto di verità. Le diverse interpretazioni del reale, prodotte sia dalle scienze che dagli altri saperi, sono sempre sostenute e guidate da dimensioni, figure, valenze intime ed essenziali, che solo l’idea di verità può esprimere almeno vettorialmente.

Alcune direttrici di ricerca

34. Si profila da qui un grande lavoro di chiarificazione per precisare le concrete modalità di un confronto interdisciplinare e multidisciplinare tra diverse figure di razionalità che manifestino tutte le grandi risorse della mente umana. In questo più ampio contesto, e in questa precisa prospettiva di indagine, sembra utile affrontare alcuni temi concreti, direttamente connessi alle scoperte delle scienze – si pensi, solo per esemplificare, agli sviluppi nei campi delle matematiche, della cosmologia, delle neuroscienze, dell’intelligenza artificiale, delle biotecnologie – lungo tre possibili ambiti di svolgimento che toccano aspetti di rilievo teoreticoscientifico-tecnologicoantropologico.

35. Da un punto di vista teoretico, occorre anzitutto porre le questioni relative al rapporto tra le scienze, la filosofia e la teologia. Innanzi tutto, il discorso su Dio dovrebbe farsi più rispettoso delle istanze della razionalità scientifica. Andrebbero opportunamente indagate quelle aperture all’Assoluto provenienti anche dall’analisi delle scienza, in termini di aree di significato e di intelligibilità, per una nozione di Dio comunicabile, muovendosi con prudenza e con coraggio fra gli scogli del deismo e del panteismo. La promozione di un dialogo serio con le scienze invita tuttavia anche a prendere le distanze da quelle concettualizzazioni di Dio che ne sfigurino il mistero, pregiudicando l’accesso anche ad altre forme di conoscenza diverse da quella scientifico-discorsiva. Il discorso su Dio andrebbe invece mantenuto in tutta la sua apertura e ricchezza (mistica, estetica, etica). Inoltre, sembra necessario un confronto con l’ampia riflessione contemporanea riguardo al concetto di verità, saggiando anche sul piano dell’elaborazione filosofica le possibilità di un dialogo tra le scienze e altri saperi.

In questa direzione potrebbero essere indicate alcune piste di riflessione:

a) in ambito epistemologico, per indagare – nel dialogo tra scienze, filosofia e teologia –, quale contributo specifico possa essere offerto dalla speranza cristiana alle stesse prospettive scientifiche di ricerca. Occorre chiarire concretamente come il rapporto fede-scienza non vada sviluppato solo nel senso della riespressione della fede a partire dalla scienza, ma anche viceversa, nell’utilizzo benefico della visione cristiana del mondo da parte delle ricerche scientifiche e filosofiche. Particolare importanza può rivestire, da questo punto di vista, il dogma della Creazione quale garanzia della conoscibilità del reale, aperto all’intelligenza umana creata a immagine e somiglianza di Dio. Ulteriore attenzione potrebbe essere dedicata alla rielaborazione di una ‘teologia della natura’ adeguata agli sviluppi moderni dei saperi scientifici sull’universo. Senza valide riflessioni capaci di chiarire (e di articolare) il possibile nesso esistente tra il cammino storico dell’uomo, l’evoluzione dell’universo e l’agire reale di Dio, ogni discorso sulla realtà di Dio e la sua presenza rischia di rimanere culturalmente irrilevante e senza significato per la vita;

b) in ambito antropologico-ermeneutico, per scoprire le possibili vie di una comune spiegazione della verità del mondo in cui fede e sapere scientifico trovino spazio adeguato, in funzione della questione più radicale del senso dell’uomo, delle responsabilità etiche della sua libertà, della dignità della persona umana, il cui dinamismo di apertura (dono di sè all’altro) o di permanente autotrascendenza, è fondato nella relazione al Trascendente, il Dio creatore, il Padre del Signore nostro Gesù Cristo che dona lo Spirito. Inoltre, occorrerebbe verificare le possibilità di una riformulazione del messaggio evangelico, dei temi cristiani maggiori, attraverso le categorie linguistiche e concettuali della nuova Weltanschauung scientifico-evolutiva, evitando inutili e sterili concordismi;

c) in ambito storico, per mostrare da una parte l’inconsistenza in linea di principio del conflitto tra scienza e fede, dall’altra la feconda influenza che il pensiero religioso (non solo cristiano) ha esercitato nei secoli sugli scienziati. In tal modo si contribuirebbe a rimuovere i modi di pensare (siano essi pregiudizi culturali, esclusivismi emotivi o difese irrazionali) che hanno prodotto in passato e possono ancora nel presente produrre la reciproca incomprensione. Per fare un esempio, ci si potrebbe chiedere se il mito dell’opposizione inevitabile della fede alla scienza, organizzatosi intorno al ‘caso Galilei’, appartenga ancora alla coscienza culturale contemporanea.

36. L’applicazione tecnologica delle scoperte scientifiche è destinata ad aumentare in ragione dell’impatto sempre maggiore della tecnologia sull’organizzazione sociale e politica, sulla vita e sulla cultura. Si pensi per esempio allo sviluppo esponenziale della ‘rivoluzione digitale’: possibilità che solo pochi anni fa rappresentavano materiale per racconti di fantascienza sono oggi realtà effettivamente operanti. L’influsso del successo tecnologico nell’apprezzamento dell’impresa scientifica è rilevante e racchiude il rischio di una progressiva riduzione della scienza a tecnologia: la conoscenza accumulata mediante la ricerca scientifica avrebbe valore (solo) in quanto capace di produrre nuove tecnologie. Così, mentre attraverso la tecnologia aumenta il sentimento di dominio dell’uomo su tutto (ivi compreso il suo stesso essere), si avverte in modo crescente la possibilità di un asservimento dell’opera scientifica al potere, in particolar modo a quello economico dei finanziatori della ricerca. In quest’ottica è possibile collocare anche l’attenzione per uno sviluppo tecnologico che sia maggiormente compatibile con l’ecosistema nel quale viviamo. Da qui l’urgenza di scoprire modalità per un sano equilibrio tra scienza e tecnica, riconducibili a quattro linee di sviluppo:

a) un filone di approfondimento di taglio storico ed epistemologico potrebbe cercare una risposta a un interrogativo che resta provocante: la scienza occidentale non finisce essenzialmente nella tecnica perché è ‘tecnica’ dalle origini? L’aspetto tecnico-pratico sembra infatti essere interiore all’esigenza scientifica di ridurre la natura e l’uomo a entità misurabili, mediante la costruzione di strumenti appropriati, per cui verum e factum tendono a coincidere. Tuttavia la capacità di produrre strumenti non è di per sé negativa. Occorre perciò lavorare per una concezione alta della tecnica. Scienza e tecnologia sono ormai dimensioni strutturali della nostra società occidentale: è necessario pensare però a una immagine più matura della loro inevitabile interazione;

b) in particolare è indispensabile sottolineare che il binomio scienza-tecnologia dimostra l’impossibilità di pensare alla scienza come uno spazio extraterritoriale rispetto alla cultura in cui si sviluppa e all’insieme di quelle condizioni sociali e storiche che la rendono possibile. Non a caso lo sviluppo scientifico è concentrato nei paesi ricchi del Nord del mondo, ponendo all’attenzione di tutti i grandi problemi dell’aumento della miseria sulla terra e dei conflitti che ne derivano. La prospettiva della pace tra i popoli potrebbe allora diventare un criterio decisivo per la ricerca e la scoperta di ‘tecnologie alternative’ che siano in grado di allargare il più possibile i vantaggi dischiusi dall’apparato scientifico-tecnologico, nel rispetto delle condizioni ambientali, culturali e sociali di ogni popolo;

c) la riflessione porterebbe a focalizzare la questione più radicale circa l’idea di uomo e di umanità che si persegue o si ha davanti nell’odierna avventura tecnico-scientifica, avviando a una seria puntualizzazione di tutte quelle condizioni di carattere teorico, culturale, sociale e politico nelle quali si inquadrano le istanze del ‘controllo democratico della scienza’ e dell’‘autocontrollo etico degli scienziati’: vie che mettono a tema, da questo versante, le problematiche relative all’esercizio eticamente responsabile della libertà personale di ciascun individuo in campo sociale. Alcuni esempi vengono dalle questioni poste dalle scienze cognitive (sui temi del ragionamento umano e delle emozioni), o anche da quelle relative alle ragioni e ai limiti dell’intervento umano nel mistero della vita (ciò che si intende comunemente con il termine ‘bioetica’, facendo particolare attenzione all’emergere delle biotecnologie);

d) né si potrebbe disattendere un interesse teologico per queste indagini sul rapporto scienza-tecnica, per verificare – attraverso una rivisitazione serena dell’origine della scienza sperimentale – se l’odierna crisi non sia ultimamente riconducibile a quella trasfigurazione totalizzante della ragione resa possibile nell’epoca moderna grazie all’espulsione del Dio creatore dalla propria visione della realtà. La tecnologia esprime, infatti, la possibilità dell’uomo di modellare e adattare alle proprie necessità la natura, colta come oggetto, res nullius, da plasmare opportunamente, illimitatamente. Questo è stato però possibile nel contesto di un trapasso culturale epocale che – mentre ha concepito il mondo come un grande meccanismo, e il sapere come potere, attraverso la conoscenza scientifica delle sue leggi –, ha fatto rivestire a Dio i panni del ‘grande architetto’ e del ‘grande orologiaio’, non più del Creatore e del Salvatore.

37. L’importanza dell’unità dei saperi per la nascita di una “scienza dell’uomo e per l’uomo” invita a tener conto degli aspetti propriamente antropologici: non esiste infatti, per esempio, un confronto concettuale tra fede e scienza, quali puri ambiti teoretici; esistono invece le persone che accolgono e riconoscono in se stessi presenti, in misura maggiore o minore, le istanze della scienza e quelle della fede. Importante è allora riportare l’attenzione sulla centralità dell’uomo. Le cosiddette “responsabilità della scienza” non sono in realtà responsabilità della disciplina, ma sempre delle persone. Le diverse conoscenze provenienti dalle scienze, dalla filosofia, dall’arte, dalla morale, dalla religione possono e devono trovare un’integrazione nell’unità dell’esperienza intellettuale del soggetto conoscente, la quale si svolge concretamente attraverso un coinvolgimento di tutte le dimensioni umane, non solo dell’intelligenza, ma anche della volontà, dei sentimenti. Perciò l’impresa scientifica non si presenta mai come qualcosa di neutro e asettico, ma sempre come attività di natura personale, come passione per la verità, capace di sostenere le motivazioni del ricercatore. In questa ottica occorrerebbe lavorare attorno ad alcune importanti questioni:

a) appare anzitutto urgente il recupero del valore sapienziale del lavoro scientifico. La sapienza come termine dice già unificazione dei saperi e può racchiudere, in armonica interrelazione, sia la fede che la scienza, costituendo un valore-ponte anche per il dialogo con persone di scienza non credenti, poiché si richiama alla sophia e quindi a ciò che di alto e nobile c’è nell’indagine scientifica. Questo può portare a rivalutare l’esperienza scientifica come esperienza dei fondamenti e perfino come via a un’esperienza dell’Assoluto. Non appena le diverse scienze hanno toccato questioni relative al rapporto soggetto-oggetto e ai fondamenti del sapere scientifico, si è infatti sempre fatto storicamente ricorso a tematiche filosofiche, riconoscendo così alla base del metodo e della prassi conoscitiva delle scienze l’esistenza di principi di carattere metafisico, o comunque meta-empirico;

b) sembra poi decisivo un approfondimento epistemologico per verificare “come e quanto” la fede religiosa entri sempre nel processo di comprensione della realtà dello scienziato. Occorre superare le posizioni di tipo fideistico di quanti, in nome di una mal compresa nozione di libertà di ricerca o di autonomia delle scienze, facilmente sottoscrivono l’idea di una neutralità della scienza, sottostimandone le ricadute in campo antropologico, ma anche in campo gnoseologico, conducendo alla rinuncia pregiudiziale di una possibile unità del sapere;

c) si tratta di pensare ancora a forme istituzionalizzate più solide nelle quali la mediazione tra scienza e fede si dia in atto, allo scopo di creare con il passare del tempo nuova mentalità, provvedendo alla soddisfazione di un bisogno diffuso tra la gente comune: quella di un’onesta divulgazione del dato scientifico. Divulgazioni fantasiose o inesatte, come anche interpretazioni ideologiche dei risultati scientifici possono falsare le possibilità di una comprensione adeguata di tali risultati e contribuiscono certo al rifiuto del valore dell’impresa scientifica, spesso posta in secondo piano rispetto a pratiche magico-superstiziose apparentemente più vicine al vissuto quotidiano. Sembra importante, pertanto, che nell’opera di divulgazione si sottolineino i valori umanistici, etici, culturali e sociali dell’impresa scientifica, tenendo conto che ogni comunicazione divulgativa è un’interpretazione, una ritraduzione che implica anche l’autocomprensione che gli operatori scientifici hanno del proprio lavoro.

Conclusione

38. Il compito che abbiamo davanti si configura come un grande dialogo, a molte voci, un’opera insieme di elaborazione rigorosa e innovativa e di comunicazione, anzitutto personale e capillare. Essa deve qualificare in modo sempre più alto la ricerca e la produzione culturale e nello stesso tempo, aiutare la nostra pastorale a divenire più attenta e consapevole delle trasformazioni culturali che stiamo vivendo, per essere in grado di interagire positivamente con esse. In concreto tutti devono essere opportunamente messi in condizione di interpretare e vivere in una prospettiva più consapevole e matura tutte le responsabilità e le situazioni, che presenta una trasformazione culturale e sociale sempre più accelerata.

La duplice attenzione, di servizio alla pastorale e di sostegno della riflessione su questioni nodali per l’esperienza del cristiano nella realtà contemporanea si configura come animazione e come ricerca, che concorrono insieme a delineare l’intero progetto, come indicava la prima proposta di lavoro.

39. Una prima preoccupazione metodologica sta proprio nel tenere insieme questi due aspetti, in modo che il livello della pastorale ordinaria sia ancorato a una riflessione seria e rigorosa sui fatti che riguardano l’uomo e questa a sua volta non diventi uno sterile esercizio concettuale, ma si proponga di arricchire un percorso comune. Nella logica del progetto culturale i due livelli sono complementari, infatti tutto ciò che rientra nell’ambito pastorale e che schematicamente riconduciamo alla catechesi, alla liturgia e alla carità ha in sé un grande valore educativo e formativo, è pertanto destinato a incidere sulle mentalità e sui comportamenti e quindi a generare cultura. Oggi però è necessario che le nostre comunità, a cominciare dagli operatori della pastorale, siano consapevoli di questa loro capacità di incidenza culturale, che è servizio all’uomo, al bene e alla verità.

Pertanto a partire dalle tematiche qui presentate, che vogliono aiutare a delineare prospettive di riflessione e di lavoro di medio periodo, le persone e le realtà ecclesiali, sia che si collochino sul versante dell’animazione pastorale o culturale, sia che si riconoscano nell’ambito della ricerca, sono invitate ad apportare il proprio specifico contributo. Questo impegno, che corrisponde alla ricerca di una sintesi di vita possibile e credibile per i cristiani – ma non solo per loro – in una realtà in cui si trovano a convivere differenti esperienze culturali, ha bisogno di un concorso di molteplici soggetti, che si pensano in una prospettiva di lavoro comune e di continua verifica.

40. Anche le distinzione fra l’animazione e l’impegno sulle frontiere della ricerca non può intendersi come divisione tra compartimenti stagni. In realtà queste due dimensioni dell’evangelizzazione della cultura si compenetrano e arricchiscono a vicenda e hanno costante bisogno l’una dell’altra. In caso diverso la pastorale ordinaria non riuscirebbe a interpretare le continue trasformazioni del nostro tempo, e quindi a offrire a esse delle risposte, mentre la ricerca teologica e antropologica resterebbe priva del contesto vitale della comunità credente. In ultima analisi, è la stessa distinzione a essere messa in discussione nella pratica realizzazione del progetto culturale, che punta a ‘intercettare’ le questioni in tutta la loro ampiezza, superando così l’eccessiva attenzione alla pastorale che rischia di bloccare il dinamismo della presenza cattolica nella società.

Il progetto culturale non può pertanto procedere secondo un metodo di lavoro ‘dirigistico’, come un’iniziativa imposta dall’alto, ma sviluppando sul territorio una rete di iniziative e di rapporti, che abbia i suoi snodi vitali anzitutto nelle diocesi, ma anche in tante altre realtà capaci di fare cultura orientata in senso cristiano. Questa rete, per radicarsi e svilupparsi, ha chiaramente bisogno che le diocesi stesse e le altre realtà siano propositive e dinamiche, in un ascolto reciproco e in un interscambio, che dovrà essere sostenuto con diverse iniziative.

41. Per quanto riguarda le tre grandi questioni sopra presentate, il lavoro del Servizio nazionale sarà affiancato da un “comitato di consulenza scientifica” [2], che offrirà orientamenti per la gestione di progetti, di cui la C.E.I. sarà committente. Tra le varie iniziative che possono essere intraprese, si segnalano come possibili: borse di studio finalizzate, affidate a giovani studiosi, attraverso la stipula di protocolli che definiscano i criteri di qualità e di verifica della ricerca; settimane di studio scientificamente qualificate; gruppi di ricerca finalizzati, in seguito ad approvazione di un progetto; un evento culturale di livello nazionale; pubblicazioni di carattere scientifico e divulgativo sulle tre tematiche, in attuazione di progetti preventivamente concordati e approvati; pubblicazione di un “rapporto annuo” su un tema rilevante rispetto ai contenuti del progetto culturale.

Inoltre, organismi diocesani e centri culturali stanno già affrontando, in chiave pastorale, alcune delle questioni riconducibili ai temi di ricerca. Il Servizio nazionale favorirà la diffusione delle diverse proposte, predisponendo una banca dati delle attività e delle competenze, a cui i diversi soggetti interessati potranno fare riferimento. In ogni caso, occorrerà puntare alla collaborazione tra i vari settori della pastorale, cercando di promuovere iniziative ‘trasversali’.

È chiaro che l’attenzione ai tre temi rilanciati con questo sussidio non dovrà far dimenticare il quadro complessivo dei contenuti del progetto culturale e il corrispondente impegno dei diversi soggetti della comunità ecclesiale, in particolare sulla questione del senso e sulle grandi emergenze culturali e sociali, già richiamate nell’Introduzione. Tutta l’articolazione e in particolare lo sviluppo dei tre temi sollecitano anche a un’azione diversa e più dinamica, che tenga conto dei tempi brevi della comunicazione di massa. Su tematiche di simile particolare rilevanza e urgenza sarà possibile organizzare incontri da attuarsi in forma decentrata e in collaborazione con le realtà che operano sul territorio. Di importanza strategica sarà comunque l’interazione tra il Servizio nazionale e i media cattolici, con i quali si opererà sia sul piano della diffusione di informazioni relative alle iniziative locali e nazionali riconducibili ai temi del progetto culturale, sia sul piano dell’elaborazione di contenuti e sussidi più specifici.

42. Il sostegno messo in atto dal livello nazionale non potrà però sostituire la proposta e l’iniziativa del livello locale e delle diverse istituzioni culturali. A tale proposito si sollecita un raccordo tra i diversi organismi, che potranno concorrere con la definizione di progetti polivalenti all’attuazione del cammino intrapreso. é importante infatti che si individuino esperti e istituzioni culturali sia delle discipline teologiche che degli altri saperi, che possano garantire un riferimento territoriale significativo per l’approfondimento e la divulgazione dei contenuti del progetto.

Sembra necessario proporre iniziative che rispondano a tre esigenze. La prima è quella di aiutare i non esperti a comprendere i termini di questioni che hanno incidenze rilevanti nella loro esperienza di credenti. La seconda è quella di aiutare le comunità cristiane a ripensare le proposte in cui si concretizza l’impegno di evangelizzazione a partire dalle problematiche che tutti si trovano oggi a vivere. La terza, senza la quale non è possibile realizzare le due precedenti, è quella di favorire un’apertura dei cristiani e delle comunità al confronto con idee e persone portatrici di visioni della vita diverse da quella dei cristiani.

A titolo esemplificativo segnaliamo due piste di lavoro, che possono essere articolate su diversi livelli.

Innanzi tutto la presentazione dell’ultima enciclica Fides et ratio offre l’opportunità di entrare in molte questioni che sono presenti nei temi della libertà e della verità. Il documento può essere presentato nel suo schema di fondo, ma anche nelle sue diverse parti, esplicitando questioni da sempre vive nella riflessione sulla vita in Cristo. Esso si presta anche ad una lettura a più voci, con il coinvolgimento di persone che sono competenti in diverse aree disciplinari.

Sul tema dell’identità possono essere organizzate iniziative di vario genere, come convegni, mostre, pubblicazioni, presentazione di filmati, che aiutino a ricostruire il rapporto a volte anche problematico, ma molto vivo, tra esperienza cristiana e vita di un popolo. L’obiettivo non è solo quello di tenere viva la memoria di un cammino bimillenario, ma soprattutto quello di aiutarci a ricercare le modalità con cui rinnovare, seppure in contesti nuovi, un rapporto che è essenziale per l’annuncio del Vangelo.

Per la realizzazione di tali iniziative è auspicabile una collaborazione tra realtà diverse del territorio, che potrà essere favorita dall’opera di coordinamento del referente diocesano per il progetto culturale. La collaborazione tra livello nazionale e realtà diocesane potrà riguardare un aiuto reciproco nella progettazione delle iniziative stesse. Per favorire la creazione di una rete di comunicazione, è di fondamentale importanza che le iniziative vengano segnalate su scala nazionale, in modo da far circolare le idee e le attività.


[1] Gaudium et spes, 62.

[2] Cfr. Progetto culturale orientato in senso cristiano, cit., 7.