Cosa intendiamo per “ambiente” ed “ecologia”? Questi termini si riferiscono soltanto agli elementi della natura e alla loro saggia conservazione?
Intendiamo per ecologia lo studio delle relazioni tra gli organismi viventi e l’ambiente in cui si sviluppano. L’“ambiente” è l’insieme di condizioni che influiscono sullo sviluppo di un organismo vivente e sulla qualità di tale sviluppo, che può essere buono o cattivo, migliore o peggiore. Quando si prendono in considerazione soltanto le condizioni fisiche (geologiche, meteorologiche, biologico-fisiologiche, ecc.), allora si parla di “ambiente naturale”; ma un approccio integrale all’ecologia deve considerare anche l’“ambiente umano”, cioè le condizioni sociali e spirituali, anch’esse parte importante dell’ambiente in cui si sviluppano gli esseri viventi.
L’“ambiente sociale” o dimensione sociale dell’ambiente è costituito dai sistemi economici, politici, familiari, culturali, dai comportamenti diffusi tra la popolazione, ecc. Problemi climatici o di inquinamento spesso hanno le loro origini in modelli economici o politici riduttivi in cui altri interessi (il profitto, il potere, il piacere, ecc.) sono ritenuti talmente importanti da giustificare danni all’ambiente naturale e alle relazioni umane.
L’“ambiente spirituale” o dimensione spirituale dell’ambiente è costituito dalle convinzioni di fondo sull’origine del mondo, sul senso della vita, sul contenuto della felicità, sul significato delle relazioni con l’ambiente naturale, con gli altri e con Dio, ecc. Tali convinzioni hanno un influsso importantissimo sul comportamento umano e, di conseguenza, anche sui modelli di sviluppo adottati, sull’importanza che si attribuisce a diverse tipologie di beni (materiali, economici, socio-culturali, relazionali, ecc.), e sull’attenzione posta allo sviluppo delle relazioni umane a tutti i livelli (dal più locale a quello globale passando per i vari aspetti istituzionali).
In questo senso, la Rivelazione ebraico-cristiana offre un insieme di convinzioni su Dio, sull’essere umano e sul mondo che favorisce lo sviluppo armonico di tutti gli esseri viventi. Il nostro mondo non è solo un sistema che si analizza, si comprende e si gestisce; ma è Creazione, cioè ha Dio per autore ed è frutto di un progetto sapiente di Dio per il bene di tutte le creature. Perciò, il cristiano considera il mondo e gli altri esseri viventi (compresi gli altri uomini) come un dono di Dioper ciascuno di noi, per poter vivere bene e raggiungere la nostra felicità. Allo stesso tempo, questo dono implica anche un compito: Dio ha affidato alla “creatura umana” il mondo e tutte le sue altre creature, affinché se ne prenda cura con sapienza. Se il cristianesimo riconosce una superiorità dell’uomo sulle altre creature materiali – solo lui, infatti, è stato creato a immagine e somiglianza di Dio (Gn 1,26-27) – tale superiorità non va intesa come dominio arbitrario, ma come quella dell’amministratore responsabile che deve prendersi cura degli altri secondo il progetto sapiente del Creatore. Papa Francesco lo dice in maniera molto espressiva: «siamo chiamati a diventare gli strumenti di Dio Padre perché il nostro pianeta sia quello che Egli ha sognato nel crearlo e risponda al suo progetto di pace, bellezza e pienezza» (Enc. Laudato si’, n. 53).
Come è evidente, l’umanità può e deve intervenire nel mondo attraverso la tecnica per sviluppare le sue potenzialità, ma tale intervento va fatto nel rispetto dei piani del Creatore per il mondo, cioè affinché esso sia una casa sempre più accogliente per tutte le creature presenti e future. Così lo esprimeva Papa Benedetto XVI: «Nella natura il credente riconosce il meraviglioso risultato dell'intervento creativo di Dio, che l'uomo può responsabilmente utilizzare per soddisfare i suoi legittimi bisogni — materiali e immateriali — nel rispetto degli intrinseci equilibri del creato stesso. Se tale visione viene meno, l'uomo finisce o per considerare la natura un tabù intoccabile o, al contrario, per abusarne. Ambedue questi atteggiamenti non sono conformi alla visione cristiana della natura, frutto della creazione di Dio» (Benedetto XVI,Caritas in Veritate, n. 48).
Conservare saggiamente l’ambiente, pertanto, vuole dire senz’altro rispettare gli equilibri dell’ambiente naturale, ma anche e soprattutto rispettare e coltivare in maniera saggia le nostre relazioni con gli altri e con Dio. La prospettiva teologica, inoltre, ci segnala che la custodia del pianeta non indica solo conservazione, ma anche progresso sostenibile. Infatti, secondo la narrazione delle origini raccolta nel libro della Genesi, gli esseri umani ricevono il mandato da parte di Dio di coltivare la terra, di popolarla, di umanizzarla rendendola abitabile.
Quali beni devono essere conservati e valorizzati, oltre la qualità dell'ambiente e la conservazione delle specie biologiche?
L’ecologia integrale ci invita ad essere consapevoli della nostra origine comune (Creazione), della nostra mutua appartenenza (come abitanti dello stesso mondo e membri della stessa società), e del nostro futuro condiviso (poiché le nostre azioni si ripercuotono, nel bene e nel male, sugli altri e sul mondo nel suo complesso). Per questo motivo, il discorso dell’ecologia integrale si riferisce al mondo come alla nostra “casa comune” di cui dobbiamo prenderci cura. Una “casa”, in senso ampio, non è soltanto la struttura materiale in cui si abita, ma comprende anche la disposizione degli ambienti, le persone che ci vivono con le loro relazioni, la sua storia, i suoi progetti, le sue possibilità, ecc. Se la casa è veramente comune, è nell’interesse di tutti che essa si conservi bene, nel miglior modo possibile, in tutte queste dimensioni. Così sarà migliore la vita dei suoi abitanti e di coloro che verranno ad abitarla in futuro. Questa solidarietà con le future generazioni è un elemento essenziale dell’ecologia integrale, che mantiene accesa la responsabilità per la cura della casa. L’egoismo e l’autoreferenzialità, invece, sono alla base della strumentalizzazione e quindi dell’abuso dell’ambiente: non soltanto delle risorse materiali, ma persino di altre persone.
Oltre la qualità dell’ambiente naturale e la biodiversità, elementi importanti affinché la casa comune rimanga una dimora accogliente dal punto di vista materiale per tutti i suoi abitanti presenti e futuri, ci sono altri beni umani da conservare e valorizzare.
Da questa considerazione generale sulla natura umana derivano i diversi beni umani da conservare e valorizzare: il rispetto della vita umana in tutte le sue condizioni e di tutti i diritti umani fondamentali, il rispetto e la promozione della famiglia come prima “casa” accogliente in cui ogni persona si sviluppa, l’accesso a una educazione di qualità che dia a tutti gli strumenti per vivere saggiamente, una organizzazione politica ed economica giusta che consenta alle persone di vivere bene, una cultura che promuova i veri valori umani, ecc.
Sebbene tutti siano d’accordo sulla promozione di questi beni umani in generale, non è facile arrivare a un consenso sul contenuto concreto e sui modi di attuazione di concetti come “rispetto dei diritti fondamentali”, “organizzazione politica ed economica giusta”, ecc. La conoscenza di ciò che è bene per l’ambiente e il nostro pianeta, oggetto delle scienze, è oggi più facilmente condivisa della conoscenza di ciò che è bene per la persona umana, oggetto della conoscenza filosofica e teologica. Tuttavia, parte importante della cura della casa comune consiste nel generare una cultura del dialogo e della libera ricerca della verità che consenta alla società di progredire nella faticosa conoscenza del bene umano (cfr. Enc. Fratelli tutti, cap. 6).
Quali aspetti pedagogici e di crescita umana sono collegati alla cura dell'ambiente?
La cura dell’ambiente (naturale e umano) è un compito non facile della vita umana, un atteggiamento costantemente minacciato dalla tendenza all’egoismo e l’autoreferenzialità che portano l’essere umano a strumentalizzare l’ambiente e le altre persone per soddisfare i propri interessi immediati.
Perciò è necessaria un’educazione alla cura dell’ambiente, che alcuni hanno addirittura chiamato “conversione ecologica”, ricollegandosi all’idea classica di metànoia come cambiamento della mente, cioè delle idee sulle quali costruiamo i nostri ragionamenti, prendiamo le nostre decisioni o valutiamo le conseguenze di un’azione. Per superare eventuali atteggiamenti di autoreferenzialità, di dominio arbitrario e di indifferenzaè necessario tenere presente e coltivare la dimensione dell’auto-trascendenza. Lo esprime molto bene un passo dell’enciclica Laudato si’: «È sempre possibile sviluppare una nuova capacità di uscire da sé stessi verso l’altro. Senza di essa non si riconoscono le altre creature nel loro valore proprio, non interessa prendersi cura di qualcosa a vantaggio degli altri, manca la capacità di porsi dei limiti per evitare la sofferenza o il degrado di ciò che ci circonda. L’atteggiamento fondamentale di auto-trascendersi, infrangendo la coscienza isolata e l’autoreferenzialità, è la radice che rende possibile ogni cura per gli altri e per l’ambiente, e fa scaturire la reazione morale di considerare l’impatto provocato da ogni azione e da ogni decisione personale al di fuori di sé. Quando siamo capaci di superare l’individualismo, si può effettivamente produrre uno stile di vita alternativo e diventa possibile un cambiamento rilevante nella società» (n. 208).
Da questa radice dell’auto-trascendenza sorgono gli altri atteggiamenti e virtù necessari alla cura dell’ambiente. Anzitutto la gratitudine di chi è consapevole di aver ricevuto come dono immeritato non solo l’ambiente naturale in cui vivere, ma anche la compagnia delle persone che lo aiutano a vivere meglio. Questa consapevolezza provoca come conseguenza disposizioni gratuite di rinuncia e gesti generosi per custodire e migliorare i doni ricevuti. L’educazione estetica ci rende sensibili alla gratuità e alla gratitudine, e al contrario, «quando non si impara a fermarsi ad ammirare ed apprezzare il bello, non è strano che ogni cosa si trasformi in oggetto di uso e abuso senza scrupoli» (Laudato si’, n. 215).
Un’altra virtù importante per fuggire alla logica del dominio e dell’autoreferenzialità è la sobrietà. La capacità di gioire di più con meno consumo (less is more) libera dall’ansia e dalla brama di possedere sempre più cose, e quindi permette di dedicarsi agli ideali più alti, meno immediati e che spesso richiedono rinuncia, come sono la cura dell’ambiente e l’impegno per migliorare le condizioni di vita degli altri.
Infine, coltivare una spiritualità profonda attraverso la riflessione, il dialogo e la preghiera è di grande importanza per approfondire il senso della vita e trovare, quindi, motivazioni autentiche per prendersi cura dell’ambiente e delle altre persone.
Varrebbe poi la pena di accennare, quasi “reciprocamente”, che l’ambiente stesso può avere e in genere ha un ruolo non trascurabile nella stessa educazione delle persone che sono immerse nell’ambiente. Talvolta, le stesse modifiche ambientali prodotte dell’essere umano – si pensi all’architettura (civile, scolastica, monumentale, etc.), all’urbanistica, alla cosiddetta “ingegneria paesaggistica” – possono avere effetti non trascurabili sulla crescita e sulla formazione delle persone che vivono in quell’ambiente, in mezzo a quelle modifiche. Questo perché molti aspetti ambientali, conformati dalle pratiche culturali, trasmettono dei messaggi a chi li esperisce in prima persona. Anche questo è una aspetto dell’ecologia integrale, di quel complesso di relazioni tra l’ambiente e gli organismi che ci vivono immersi. Accanto alla “pedagogia ecologica” (all’educazione ambientale), si dovrebbe anche porre una “ecologia pedagogica”: la considerazione del valore educativo che l’ambiente stesso ha su chi lo esperisce vivendo. Pertanto, il rapporto dell’essere umano con l’ambiente non dovrebbe trascurare neppure questa ulteriore dimensione dell’ecologia integrale.
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