Il Magistero della Chiesa cattolica parla della scienza?

Giuseppe Tanzella-Nitti
Paolo VI consegna a Stephen Hawking a Roma, il 19 aprile 1975, la medaglia Pio XI per i suoi studi sulla fisica del black holes.

Sì, il Magistero Cattolico parla della scienza, e lo fa con due scopi principali: presentare la conoscenza scientifica come parte della ricerca umana della verità e orientarne attività e applicazioni al bene dell’uomo. Gli insegnamenti di Concili, papi e vescovi, dunque, non riguardano, in senso stretto, i metodi o l’oggetto della ricerca scientifica, bensì il suo valore veritativo e la sua dimensione morale. Dedicandosi allo studio della natura e delle sue leggi e adoperandosi per il miglioramento della qualità di vita della società umana, i ricercatori cooperano al compimento di un creato in via, aperto sulla storia e non ancora compiuto.

Quali temi vengono trattati dagli insegnamenti e dalle dichiarazioni del Magistero della Chiesa? Riguardano principalmente l’ambito etico e morale per chiarire limiti e rischi dell’attività scientifica?

Dei due ambiti principali in cui il Magistero della Chiesa parla della scienza – la conoscenza scientifica come partecipazione alla ricerca della verità e la necessità di orientare le applicazioni tecnico-scientifiche al bene dell’uomo – il secondo possiede senza dubbio maggiore visibilità mediatica, come mostra l’attenzione rivolta alla bioetica. Anche il primo ambito, tuttavia, tocca temi di rilievo, come ad esempio il rapporto fra scienze e sacra Scrittura. Esistono poi ambiti che non riguardano le scienze, ma che l’opinione pubblica pone erroneamente in rapporto con esse. Ciò accade, ad esempio, quando il Magistero parla della non liceità della manipolazione distruttiva degli embrioni umani, attività non finalizzata alla conoscenza scientifica bensì all’offerta di servizi richiesti dal mercato (fecondazione umana assistita). O, anche, quando si condanna la proliferazione delle armi nucleari, posizione erroneamente associata all’idea che gli scienziati debbano limitare l’uso dell’energia nucleare. O, infine, quando il Magistero esprime riserve circa l’affidare a sistemi di intelligenza artificiale delle decisioni proprie del giudizio morale dell’uomo, cosa che alcuni traducono frettolosamente in condanna del progresso scientifico e tecnologico.

I documenti di ambito etico-morale sono senza dubbio più numerosi. Essi riguardano in particolare la bioetica, la professione medica e la ricerca scientifica in campo biologico. La Chiesa cattolica afferma il rispetto dovuto alla vita umana iniziale, ovvero la non liceità di impiegare embrioni umani per la sperimentazione, compreso il prelievo distruttivo di cellule staminali embrionali e la clonazione di cellule umane; ma anche la cura dovuta alla vita umana nei suoi stadi finali, come la non liceità dell’eutanasia, le modalità di cura dei malati terminali, i principi da seguire per realizzare trapianti di organo, ecc. Sono ancora insegnamenti di ambito morale quelli che esortano alla responsabilità nella custodia dell’ambiente, all’uso e alla distribuzione sapiente delle risorse del pianeta.

Come è noto, negli ultimi decenni è cresciuta la sensibilità del Magistero della Chiesa cattolica per la questione ecologica, stimolo determinante affinché questa importante problematica venisse assunta con maggiore urgenza e responsabilità dall’intera comunità umana. Anche qui la Chiesa non si dirige in primo luogo alle scienze, perché i rapporti con queste ultime sono mediati e condizionati da altri attori ai quali essa piuttosto si rivolge: l’economia, il diritto, la politica. Investono aspetti etici anche le raccomandazioni del Magistero della Chiesa volte a orientare le applicazioni tecnologiche sempre al bene integrale dell’uomo, non al suo asservimento, evitando i rischi di un progresso guidato solo da fini economici o di potere, e sempre applicando un principio di precauzione.

Non deve però farsi strada l’idea di un Magistero ecclesiale preoccupato solo di porre limiti alle applicazioni scientifiche e di chiarire gli errori che ne derivano. Esistono importanti documenti in cui si parla dei rapporti fra conoscenza scientifica e conoscenza filosofica, specie in merito alla ricerca della verità e al valore dell’epistemologia scientifica, perché la scienza è impresa che tende alla verità, non confinata nel mondo dei fenomeni. La conoscenza scientifica viene presentata come un grande valore umano, necessario al raggiungimento del fine ultimo dell’uomo e conforme alla sua dignità spirituale, ugualmente necessario per la vita della Chiesa e il suo mandato di evangelizzare. La Chiesa cattolica ha trattato in più luoghi del modo in cui le scienze, naturali e umane, possono cooperare a una più precisa esegesi biblica, offrendo anche indicazioni non generiche su quale ruolo le scienze naturali debbano avere nella riflessione teologica e nel progresso dogmatico della fede cristiana.

Come può la libertà di ricerca dei fedeli cristiani armonizzarsi con l’obbedienza a insegnamenti normativi impartiti da un Magistero ecclesiastico?

L’autonomia e la libertà di ricerca sono alla base di ogni attività scientifica. Il Magistero della Chiesa non potrebbe violarle, perché altrimenti entrerebbe in contraddizione con se stesso. La libertà e l’autonomia sono sempre associate a un soggetto personale, gli uomini e le donne che fanno scienza, non alla scienza intesa in modo impersonale e astratto. In un soggetto umano l’autonomia e la libertà devono essere sempre esercitate con responsabilità. La libertà senza responsabilità, non è libertà ma incoscienza. Pensare che libertà di ricerca voglia dire far tutto ciò che è tecnicamente possibile fare, equivarrebbe a non aver compreso cosa siano la libertà e l’autonomia. Come la scienza è orientata alla verità, così le sue applicazioni devono essere orientate al bene.

Quando il Magistero della Chiesa esorta, raccomanda o talvolta formula divieti o condanne, fa appello alla responsabilità dei singoli ricercatori per dirigerli verso la verità e il bene, al di là di condizionamenti economici, politici o di potere. I fondamenti etici che esso impiega, come il rispetto della dignità della vita umana, il principio di precauzione o la nozione di bene comune, non riguardano verità confessionali, riconoscibili solo da chi condivide una fede o uno specifico credo religioso, ma si riferiscono invece a verità presenti in una legge morale naturale, in linea di principio riconoscibile da chiunque.

Le questioni “confessionali” sono invece limitate solo ai rapporti giuridici o disciplinari della Chiesa cattolica con i suoi fedeli. Nei confronti di questi ultimi, all’interno del mandato ricevuto da Cristo Gesù di condurre alla verità e al bene, la Chiesa può prendere provvedimenti disciplinari o comminare pene canoniche, come sono ad esempio il divieto di praticare la distruzione di embrioni umani, l’aborto o l’eutanasia, tutte pratiche che hanno poco a che vedere con la libertà di ricerca, fino a giungere, nei casi più gravi, all’esclusione dalla Chiesa (pena di scomunione). La Chiesa può anche chiedere ai suoi fedeli di non pubblicare o divulgare testi gravemente contrari alla morale, perché oggettivamente lesivi del bene dell’uomo. Non entra invece nelle questioni che attengono al metodo, alla conoscenza, alla presentazione dei dati o ai liberi orientamenti delle ricerche: in tutte queste cose non è la Chiesa, ma la comunità scientifica che deve giudicare e aiutare a separare la verità dall’errore.

Occorre infine riconoscere che un’opposizione fra Chiesa cattolica da una parte, e scienza dall’altra, è artificiosa e contraria alla logica. Sarebbe erroneo vedere il Magistero ecclesiale come una fonte di insegnamento certamente autorevole, ma posizionato “di fronte al mondo”, e quindi di fronte alle scienze, considerando queste ultime come un ambiente culturale necessariamente ateo o agnostico. Si dimentica che il mondo della ricerca scientifica è abitato da credenti cattolici e da molti più numerosi credenti in Dio. Costoro operano nelle università, nei laboratori e negli Istituti di ricerca e sono essi stessi la Chiesa, una Chiesa non di fronte al mondo bensì dentro di esso.

Il Concilio Vaticano II ha parlato dell’attività delle scienze e in quali termini?

Il Concilio Vaticano II (1962-1965) ha offerto spunti brevi ma significativi sul contributo che il progresso scientifico può fornire al progresso umano, sul servizio che esso reca al bene della Chiesa e della società. La costituzione Gaudium et spes riconosce che i risultati delle scienze modellano ormai il modo di pensare di tutti e che la Chiesa deve tenerne conto nella sua azione pastorale (cf. Gaudium et spes, n. 5). Il medesimo documento riconosce errori e incomprensioni del passato, con un riferimento indiretto al “caso Galileo”, affermando poi con chiarezza che le scienze hanno diritto a una propria autonomia metodologica, che non si oppone alla dipendenza di tutto il creato dal suo Creatore (cf. ibidem, n. 36). Applicandosi allo studio di discipline quali la filosofia, la storia, la matematica e le scienze naturali, l’uomo di scienza contribuisce a elevare il livello culturale e sociale dell’umanità (cf. Gaudium et spes, 57). Tuttavia, il progresso delle scienze e della tecnica può favorire un certo fenomenismo e agnosticismo quando il loro metodo viene innalzato a norma suprema di ricerca di una verità globale. La scienza possiede però innumerevoli valori positivi, fra i quali si annoverano: la rigorosa fedeltà al vero nell’indagine e nella ricerca, la necessità di collaborare all’interno di gruppi tecnici specializzati, un senso della solidarietà internazionale (cf. ibidem, 57).

Esistono diverse e importanti dichiarazioni del Concilio che esortano alla collaborazione fra scienziati e teologi. I candidati al sacerdozio, si afferma, devono possedere una cultura umanistica e scientifica e tener conto nei loro studi di teologia del progresso delle scienze moderne, per conoscere più da vicino la mentalità odierna e prepararsi al dialogo con gli uomini del loro tempo (cf. Optatam totius, nn. 13 e 15). Le Università Cattoliche e le Facoltà di Teologia vengono esortate dai Padri conciliari a una stretta cooperazione con altri centri di insegnamento dedicati alla ricerca scientifica (cf. Gravissimum educationis, nn. 10-12). Si raccomanda ai Vescovi che, nell’evangelizzazione del popolo di Dio, facciano apprezzare i molteplici valori della società contemporanea, fra i quali anche il valore della tecnica (cf. Christus Dominus, n. 12)

L’eredità del Concilio Vaticano II verrà raccolta dal magistero di Giovanni Paolo II (1978-2005), i cui insegnamenti hanno fortemente incoraggiato il dialogo fra teologia, filosofia e pensiero scientifico. Fra i numerosi interventi e documenti di questo papa rivolti al mondo della cultura e agli uomini di scienza vanno ricordati in particolare: il Discorso all’Unesco a Parigi (1980), sul valore immanente della cultura, manifestazione della dimensione spirituale della persona umana; il Discorso agli scienziati alla Cattedrale di Colonia (1980), circa i compiti e il valore morale della ricerca scientifica; la Lettera Direttore del Vatican Observatory (1988), sul rapporto tra teologia e scienze naturali. Giovanni Paolo II ha rivolto oltre 150 discorsi alle comunità accademiche di tutto il mondo. Da questi scritti si può ricavare una precisa idea sulla missione dell’Università, in continuità con le riflessioni di altri importanti autori sul ruolo dell’Istituzione universitaria, come John Henry Newman, Romano Guardini, Karl Jaspers.

Come riconoscere i principali documenti della Chiesa cattolica che trattano di questioni scientifiche o affrontano temi specifici inerenti l’attività degli scienziati?

I documenti più autorevoli sono le costituzioni e le dichiarazioni dei Concili Ecumenici e le encicliche del Romano Pontefice. Vi sono poi dichiarazioni ad hoc preparate dalle Conferenze Episcopali di alcuni Paesi, finalizzate a chiarire e orientare su temi specifici. Alcuni insegnamenti di interesse sono contenuti nei discorsi dei Romani Pontefici alla Pontificia Accademia delle scienze o alla Pontificia Accademia della vita, talvolta anche in discorsi tenuti in occasione di Convegni scientifici internazionali che, svoltisi a Roma, hanno chiesto Udienza dal papa. In genere, si tratta di discorsi che ripropongono insegnamenti già contenuti in fonti di maggiore autorità (Concili ed encicliche), anche se talvolta, come in occasione di alcuni indirizzi a comunità specifiche su delicati temi di attualità, possono presentare importanti novità. Di rilievo, anche, le allocuzioni dei papi alle Università. Sono documenti autorevoli anche quelli preparati dalla Congregazione per la Dottrina della fede, approvati dal papa, che a volte possono riguardare temi in rapporto con la conoscenza scientifica.

Un’area che presenta un significativo numero di insegnamenti è la Dottrina Sociale della Chiesa, entro la quale confluiscono ormai anche la bioetica e la morale della vita umana, l’ecologia, le riflessioni sul progresso scientifico e tecnologico contemporaneo e i suoi rapporti con la promozione umana, la dottrina della  Chiesa sull’educazione. Uno strumento assai utile è il Compendio della Dottrina sociale della Chiesa, disponibile anche sul web. Chi desidera conoscere più da vicino gli insegnamenti della Chiesa cattolica sulla scienza dovrebbe comunque dirigersi ad Antologie specializzate, ormai numerose, o a siti internet ufficiali, come il sito della Santa Sede. Altri siti autorevoli sono quelli delle Pontificie Accademie. Nelle sezioni dedicate al Magistero e agli organi con esso collegato, il portale di Documentazione Interdisciplinare di Scienza e Fede (disf.org) fornisce pagine strutturate di facile consultazione.

L’enciclica di Giovanni Paolo II Fides et ratio (1998) si è occupata in modo speciale dei rapporti fra teologia e filosofia. Vi sono riferimenti alle scienze naturali?

L’enciclica si dirige principalmente al pensiero filosofico, non a quello scientifico. Esistono però alcuni punti di interesse anche per le scienze. Messaggio centrale del documento è che al di sopra del flusso della storia, al di là delle limitazioni del linguaggio, oltre l’apparire dei fenomeni, esiste una verità che merita di essere cercata. Oltre l’apparire fenomenico esiste una conoscenza meta-empirica, una dimensione metafisica del conoscere capace di passare dal fenomeno al fondamento (cf. n. 83). Di questa prospettiva partecipa anche il pensiero scientifico, in quanto attività che desidera accedere alla verità. Fides et ratio definisce l’essere umano “come colui che cerca la verità” (n. 28): la ricerca scientifica è un esempio di tale ricerca, in controtendenza rispetto al clima relativista contemporaneo, che invece non ama più parlare di verità. L’impresa scientifica è in fondo una prova della fiducia umana di poterla raggiungere. Il fatto che nella scienza vi sia un autentico progresso conoscitivo, che si accumula in modo positivo, viene impiegato da Giovanni Paolo II come esempio di conoscenza vera e non ambigua, che si conserva e si sviluppa, segno di un’oggettività di un sapere comunicabile universale, nonostante le trasformazioni della storia (cf. nn. 25, 29, 96). Come la fede, anche il sapere scientifico partecipa della logica della fiducia e si giova del valore della tradizione, assicurando un progresso significativo delle conoscenze mediante l’impiego costruttivo del sapere acquisito da altri (cf. n. 31).

Un altro messaggio dell’enciclica è riaffermare l’esistenza di una profonda unità della verità, sia essa colta dalla filosofia e dalle scienze naturali, oppure conosciuta per fede, mediante l’accoglienza della Rivelazione divina (cf. n. 34). Esiste una corrispondenza fra il Dio di Abramo e il Dio dei filosofi e degli scienziati perché “di per sé ogni verità, anche parziale, se è realmente verità, si presenta come universale” (n. 27). Questa unità della verità fa sì che il teologo possa e debba utilizzare nel suo lavoro anche le scienze naturali, senza dimenticare la necessaria mediazione di una riflessione filosofica (cfr. nn. 69, 66). La natura, infatti, è anch’essa un libro che, al pari della Scrittura, manifesta la rivelazione di Dio. Lo studio del cosmo, proprio delle scienze naturali, risulta così collegato alla dimensione della parola, e dunque al Logos divino (cf. n. 19).

Infine, l’enciclica segnala che talvolta assistiamo a un impiego riduttivo o perfino ideologico del metodo delle scienze. Giovanni Paolo II esorta a non limitare né a confinare la comprensione dell’uomo e della vita a criteri pragmatici, basati solo sui dati sperimentali: i risultati e i successi delle scienze non devono far dimenticare che l’uomo è indirizzato a una verità che lo trascende (cfr. n. 5). Il riduzionismo ideologico è collegato con chiarezza allo scientismo, di cui si commentano caratteristiche e implicazioni, tenendolo opportunamente distinto dall’attività scientifica in quanto tale (cf. n. 88).

Glossario: 

Indica l’assemblea di tutti i vescovi della Chiesa cattolica riuniti in uno stesso luogo al fine di esaminare questioni di interesse per l’intera Chiesa universale. Gli ultimi Concili ecumenici sono stati quelli di Trento (1545-1563), il Vaticano I (1870) e il Vaticano II (1962-1965). I documenti dei Concili hanno di solito un carattere definitorio, formale, dovendo illustrare con precisione ciò che appartiene alla fede cattolica e ciò che, invece, se ne distanzia. Il Concilio Vaticano II ebbe però uno stile pastorale ed esortativo, avendo avuto come fine quello di illustrare la coerenza e le implicazioni della fede cristiana, non quello di condannare specifiche dottrine erronee.

Organismo della Santa Sede che affronta temi teologici, dogmatici o morali, di particolare attualità, offrendone le conclusioni al Romano Pontefice le quali, una volta approvate, vengono indirizzate a tutta la Chiesa. Fra i vari organismi stabili della Santa Sede è quello che gode di maggiore autorità e fornisce un’assistenza diretta al Magistero del Romano Pontefice, nel suo servizio alla Chiesa universale.

Dal greco enkuklios che vuol dire circolare, universale, indica una “Lettera circolare” che il Romano Pontefice indirizza a tutti i vescovi del mondo, affinché sia conosciuta e messa in pratica. È lo strumento principale con cui il Vescovo di Roma, nel suo ruolo di capo del collegio episcopale, esercita il suo magistero e orienta il magistero della Chiesa universale. Sebbene le encicliche rechino la firma solo del Romano Pontefice, molte di esse sono il risultato di consultazioni previe che hanno interessato l’episcopato mondiale, università e facoltà teologiche, esperti e consultori a vario titolo.

Il termine deriva dal latino Magister, maestro, e indica l’attività docente dei Pastori della Chiesa cattolica, in primo luogo dei Vescovi. Questi sono soggetto di tre compiti nella Chiesa (tria munera): munus docendi, munus regendi e munus sanctificandi. Come successori del collegio degli Apostoli, i Vescovi ricevono il mandato di predicare la Parola di Dio e di interpretarla rettamente, compiti per i quali Cristo Gesù promise l’assistenza dello Spirito Santo. I vescovi esercitano il loro compito di Magistero collegialmente, riuniti fisicamente insieme (Concili ecumenici) o anche in unione morale (magistero universale ordinario). Capo del collegio episcopale è il vescovo di Roma, il papa, senza del quale il collegio non sussisterebbe.

Accademia di esperti internazionali, uomini e donne di scienza, fra cui numerosi premi Nobel, con sede presso la Casina Pio IV, nei giardini vaticani. La sua fondazione può essere fatta risalire all’Accademia dei Lincei, sodalizio di studiosi della natura che il giovane principe Federico Cesi cominciò a riunire a Roma nel 1603, sotto l’incoraggiamento di papa Clemente VIII. Galileo Galilei fu uno dei suoi primi membri. Dissoltasi poi lungo la storia, fu successivamente ricreata da Pio IX nel 1847 con il nome di “Pontificia Accademia dei Nuovi Lincei”. Con l’entrata dei piemontesi a Roma (1870) e la cessazione degli Stati Pontifici, l’Accademia passò al nuovo Regno d’Italia, con il nome di Accademia dei Lincei, nome e titolo che conserva attualmente nella Repubblica Italiana. Pio XI intese riprendere la tradizione interrotta, rifondando nuovamente nel 1936 la Pontifica Accademia delle Scienze, dotandola di nuovi Statuti, riformati prima da Paolo VI (1976) e poi da Giovanni Paolo II (1986).