Luigi Fantappié nacque il 15 settembre 1901 a Viterbo. A 17 anni fu ammesso alla Scuola Superiore di Pisa e fu compagno di corso di Enrico Fermi. Si laureò con lode in matematica pura nel luglio del 1922, a soli 21 anni, e la sua tesi fu pubblicata negli Annali della scuola Normale di Pisa. L’anno dopo e fino all’autunno del 1924 fu a Parigi, vincitore del premio di perfezionamento per l’Estero del Ministero dell’Educazione Nazionale. Nello stesso anno venne nominato assistente alla cattedra di Analisi Infinitesimale dell’università di Roma, tenuta da Francesco Severi. Nel 1926 vinse la cattedra di Analisi Algebrica all’Università di Firenze e, l’anno dopo, quella di Analisi Infinitesimale all’Università di Palermo. Nel 1929 vinse la medaglia d’oro per la matematica della Società Italiana delle Scienze (detta XL) e l’anno dopo, a 29 anni, fu promosso professore ordinario. Nel 1931 l’Accademia dei Lincei gli assegnò il Premio Reale per la Matematica e l’Accademia d’Italia il Premio Volta. Nel biennio 1931-1932 si recò in Germania, ove tenne conferenze nelle università di Gottinga, Berlino, Monaco, Colonia, Bonn, Friburgo e Lipsia. Nel 1932 divenne professore di Analisi Infinitesimale all’Università di Bologna e l’anno dopo direttore dell’Istituto Matematico “Salvatore Pincherle”. Dal 1934 al 1939 si trasferì in America Latina, a San Paolo del Brasile, per fondare l’Istituto Matematico di quella Università. Nel 1939 fu chiamato alla cattedra di Alta Analisi dell’Istituto Nazionale di Alta Matematica dell’Università di Roma (fondato e diretto da Francesco Severi), di cui fu vicepresidente. Nell’anno accademico 1950-1951 fu invitato da R. Oppenheimer all’Institute for Advanced Study di Princeton (New Jersey), ma purtroppo non poté recarsi negli Stati Uniti per motivi di salute. Nel 1954 venne nominato socio dell’Accademia Nazionale dei Lincei e, nello stesso anno, venne eletto presidente del Comitato Internazionale per l’Unità e l’Universalità della Cultura. Nel 1955 venne premiato con la medaglia d’oro dei benemeriti della cultura dal Ministero della Pubblica Istruzione. Morì a Bagnaia (Viterbo) il 28 luglio 1956, a soli 55 anni di età, colpito da una trombosi.
Fantappiè fu un uomo di vasta e profonda cultura, che coltivò sotto la guida di grandi maestri come Severi e Volterra e con continui scambi di idee con i suoi compagni, colleghi e studenti, fino alla fine dei suoi giorni, quando – racconta il suo allievo Giuseppe Arcidiacono – «era molto stanco, ma soddisfatto e felice». Nel 1954, eletto Presidente del Comitato Internazionale per l’Unità e la Universalità della Cultura, vide come il moltiplicarsi convulso e talvolta confuso delle forme di divulgazione non avrebbe portato a nulla, se non ad un perdersi della cultura stessa in una sorta di isolamento infecondo. Il comitato di cui Fantappiè fu presidente intendeva promuovere un sapere di sintesi, per equilibrare le divisioni e le specializzazioni che stavano ormai frammentando la scienza in numerosi compartimenti stagni, ognuno dotato di un linguaggio proprio e sempre più incapaci di comunicare. Intervenendo a delle conferenze filosofiche organizzate dallo Studium Christi, Fantappiè affermava che «se è vero che gli scienziati del secolo scorso potevano sviluppare le loro ricerche astraendosi da ogni considerazione filosofica, ciò non è più possibile per la scienza del nostro secolo. E infatti, anche se si volessero evitare questioni filosofiche, queste si pongono oramai da sé nella scienza moderna, per le sue stesse necessità di sviluppo: “malgrado ogni contrario volere degli scienziati”, potremmo dire».
Dopo essersi occupato, dal 1923 al 1941, della “Teoria dei funzionali analitici”, da lui stesso creata e che lo rese noto subito in tutto il mondo, a partire dagli anni 1940 che Fantappiè iniziò a concentrare tutti i suoi sforzi per elaborare una teoria che soddisfacesse la sua intima esigenza di una visione unitaria e armonica del cosmo e delle sue leggi: egli applicò i metodi della matematica alla studio della natura e alla definizione di nuove teorie fisiche. Nacque così la nota “Teoria unitaria del mondo fisico e biologico” (1941), che venne esposta ad altri illustri colleghi e scienziati come F. Severi, G. Armellini T.R. Bachiller (Madrid) e Max von Laue (Berlino), apprezzata e pubblicata nel 1944 con il titolo “Principi di una teoria unitaria del mondo fisico e biologico” e infine completata nel 1947 con l’introduzione del nuovo concetto di “esistenza totale”, compatibile con i principi della relatività. Scopo della teoria era di offrire «un’architettura generale, in cui vengono spontaneamente a trovar posto […] quasi tutti i fenomeni naturali finora noti», in cui si riuscissero ad inquadrare perfettamente in un unico schema razionale non solo i fenomeni fisici e chimici, ma anche quelli biologici e persino i fenomeni delle forme superiori di vita. Il nuovo orizzonte proposto dal matematico era basato sull’idea, «sempre raffiorante nella storia dell’umanità, di una Intelligenza Suprema, di cui tutte queste infinite caratteristiche finalistiche, oramai constatate e dimostrate prima fra tutte quelle della vita e del nostro stesso spirito, non sarebbero che altrettante splendenti manifestazioni».
Nel 1951 Fantappiè pubblicò la “Teoria degli universi fisici”, basata sulla teoria dei gruppi, e dal 1952 fino alla morte si dedicò a svilupparla. Nelle sue riflessioni filosofiche, Fantappiè insisteva sull’idea che l’universo naturale non poteva spiegarsi da sé: esso implica necessariamente una realtà più vasta, soprannaturale o extranaturale, un Essere che la tragga dall’infinito mondo di tutta la possibile razionalità per farla esistere concretamente. Questo Essere, diverso da tutto il resto, giungeva nella sua concezione ad identificarsi con l’idea di Dio. È a Lui che questo mondo naturale tutto insieme si dispiega nella sua totalità, ed è appunto a tale sua visione delle cose che anche noi dobbiamo cercare di avvicinarci attraverso la riflessione scientifica.
Nonostante fosse malato di cuore da tempo, Fantappiè non rallentò in nessun modo la sua attività scientifica, ma continuò a compiere fino in fondo quello che riteneva essere il suo dovere di scienziato e di professore universitario. Si dedicò fin da giovanissimo alla ricerca con personale dedizione, profondità di pensiero e maturità e, allo stesso tempo, con entusiasmo, fiducia e serenità d’animo. Visse con modestia e fu definito dal premio Nobel L. De Broglie «eminente scienziato e pensatore, professore attento e disponibile e chiarissimo divulgatore». Secondo il giudizio di J. Leray, del collegio di Francia, Fantappiè «fu uno scienziato che partecipava con tutta la sua anima e tutto il suo cuore alla vita della Città Eterna». Pochi anni prima di morire, il matematico viterbese concludeva così il suo saggio Relatività e concetto di esistenza: «Qual è il posto della nostra anima? È chiaro infatti che la vita eterna non andrà più concepita come un fatto, avente durata infinita nel tempo, e quindi sempre legato al mondo naturale, ma come una uscita da questo mondo dello spazio-tempo al momento della cosiddetta morte, per innestarsi in quel solo vero Eterno, che è al di fuori del tempo e dello spazio, e con quale del resto siamo sempre collegati nei momenti più sublimi della nostra vita».
Bibliografia:
L. FANTAPPIÈ, Principi di una teoria unitaria del mondo fisico e biologico, Humanitas Nova Editore, Roma 1944 (ristampato da Di Renzo, Roma 1993)
L. FANTAPPIÈ, “Relatività e concetto di esistenza”, in G. Arcidiacono, Relatività ed esistenza, Edizioni Studium Christi, Roma 1973, pp. 159-195
L. FANTAPPIÈ, Conferenze scelte, Di Renzo Editore, Roma 1993
G. ARCIDIACONO, Fantappiè e gli universi, Il Fuoco Editore, Roma 1986
Sitografia:
http://www.sintropia.it/associazione/fantappie.htm