Louis Pasteur nacque il 27 dicembre del 1822 a Dole, una cittadina della Franca Contea, regione della Francia orientale, da Jean Joseph Pasteur (1791-1865) e Jeanne Etiennette Roqui (1793-1848). Fu un uomo versatile e di grandi interessi culturali. Le sue ricerche e scoperte, infatti, si estendevano dalla chimica alla fisica, dalla biologia all’agricoltura e alla zootecnica, con risvolti nell’ambito della chirurgia e della medicina. Il suo contributo fu rilevante in ciascuno di questi settori, poiché riuscì a risolvere numerosi problemi, come le malattie del baco da seta o il virus della rabbia, che fino a quel momento risultavano irrisolti. Egli affrontava le problematiche con fantasia ed ingegno, uniti ad un forte rigore logico. Era un attento osservatore e un abile costruttore della strumentazione di cui si serviva nei suoi esperimenti.
I suoi genitori ebbero una grande influenza su di lui. In occasione della posa di una lapide commemorativa nella sua casa natale, pronunciò queste parole: “I tuoi entusiasmi, o mia valorosa mamma, tu li facesti passare in me. Se io ho sempre associato la grandezza della scienza alla grandezza della patria, l’ho fatto perché ero impregnato dei sentimenti che tu mi avevi ispirato. E tu, mio caro padre, che avesti la vita rude quanto il tuo mestiere, tu m’hai dimostrato quanto può la pazienza nei lunghi sforzi. A te devo la tenacia nel lavoro quotidiano…Guardare in alto, imparare sempre oltre, cercare d’innalzarsi sempre più ecco quanto tu mi hai insegnato”.
Pasteur crebbe ad Arbois, dove frequentò le scuole elementari. Proseguì poi gli studi secondari a Besançon, diplomandosi nel 1840. Nel 1843 vinse il concorso per la Scuola Normale Superiore, dove si laureò nel 1847.
All’inizio della sua carriera, Pasteur rivolse la sua attenzione alla cristallografia. In quel periodo era opinione diffusa che due cristalli, perfettamente identici in composizione chimica, forma cristallina e proprietà fisiche, potessero agire in modo differente sulla luce polarizzata. Pasteur sosteneva invece che tale identità fosse solo apparente e che la differenza nel comportamento con la luce fosse dovuto all'asimmetria molecolare. Tali studi si rivelarono di grande importanza, non solo per le ricerche sulla relazione tra la composizione chimica, la forma cristallina e il fenomeno della polarizzazione rotatoria, ma anche per la scoperta che i raggruppamenti atomici abbiano un loro possibile inverso: per una sostanza “destra”, che cioè fa deviare a destra il piano della luce polarizzata, si può trovare una sostanza “sinistra”, che cioè lo fa deviare a sinistra. Estese inoltre il concetto di asimmetria al piano cosmologico, affermando: “L'universo è un insieme asimmetrico, e sono persuaso che la vita, come ci si manifesta, è funzione dell'asimmetria dell'universo o delle conseguenze che comporta. L'universo è asimmetrico, perchè se mettessimo davanti ad uno specchio la totalità dei corpi che compongono il sistema solare, e che si muovono ciascuno con i propri movimenti, si avrebbe nello specchio un'immagine non sovrapponibile alla realtà... Arrivo a immaginare che tutte le specie viventi sono primordialmente, nella loro struttura, nelle loro forme esteriori, funzioni dell'asimmetria cosmica.”
Nel 1848 divenne professore di Fisica al liceo di Digione e, l'anno seguente, assistente alla Cattedra di Chimica all’Università di Strasburgo. Proprio a Strasburgo conobbe e sposò, nel maggio de 1949, Marie Laurent (1826-1910), figlia del rettore dell’Università. Ebbero cinque figli, tre dei quali morirono però in tenera età. Del ruolo estremamente prezioso di Marie Laurent nella vita di Pasteur, Emile Roux (1853-1933) ha scritto: “La signora Pasteur amò suo marito fino a investirsi tutta degli studi di lui. La sera scriveva sotto dettatura, sollecitava spiegazioni, perché si interessava veramente alle facce emiedriche e ai virus attenuati… La signora Pasteur è stata non soltanto una compagna inseparabile, ma il suo miglior collaboratore”.
Nel 1854 fu nominato Professore presso la Facoltà di Scienze di Lilla, dove si dedicò allo studio della fermentazione. Anche in questo campo di indagine, i risultati ottenuti da Pasteur furono molto significativi. Egli scoprì infatti che il lievito prodotto dalla fermentazione alcoolica, così come le sostanze organiche associate alla produzione di acido lattico e di acido acetico, non erano, come si credeva fino a quel momento, catalizzatori privi di vita, bensì organismi viventi.
Nel 1857 fu chiamato ad assumere la carica di amministratore e vicedirettore degli studi scientifici della Scuola Normale Superiore. In quegli anni si occupò ancora di fermentazione; tali studi lo condussero alla scoperta dei microbi anaerobi, aprendo nuovi interrogativi sulla natura e l’origine dei microbi. Negli anni seguenti si andava diffondendo l'idea della generazione spontanea, verso la quale Pasteur espresse la sua contrarietà nel discorso tenuto nel 1864 alla Sorbona: “Non si è mai potuto dimostrare che gli esseri microscopici vengono al mondo senza i germi, vale a dire senza genitori simili ad essi. Coloro che lo sostengono sono stati ingannati da illusioni, da esperimenti mal condotti, da errori di cui non si accorsero o che non riuscirono ad evitare”. Aveva anche affermato: “ancora più incompatibile con la ragione umana è il credere alla potenza della ragione sui problemi dell'origine e della fine delle cose... gli insegnamenti della fede sono in armonia con gli slanci del cuore, mentre la credenza del materialista impone alla natura umana ripugnanze indicibili. Che forse il buon senso, il senso intimo di ciascuno non reclama la responsabilità individuale? Al capezzale dell'essere amato colpito dalla morte, non sentite in voi qualche cosa che vi grida che l'anima è immortale? E' un insultare il cuore dell'uomo dire con il materialismo: la morte è il nulla”. I risultati innovativi ottenuti con le sue ricerche sulla fermentazione gli valsero il Premio Jecker dell'Accademia delle Scienze nel 1861, mentre per le ricerche sulla generazione spontanea vinse il Premio Alhumbert nel 1862.
Agli studi sulla generazione spontanea ne seguirono altri rivolti alla pastorizzazione, che nel 1867 gli valsero il Premio dell'Esposizione Universale, e altri ancora rivolti alle malattie del vino e del baco da seta. Furono particolarmente importanti le sue scoperte sulle malattie del baco da seta, cioè il calcino e la flaccidenza, che in quegli anni stavano compromettendo seriamente la bachicultura in tutta Europa. Studiando i bachi da seta, afferma lo scrittore francese Andrè George, Pasteur “aveva in realtà dimostrato, nel caso del calcino, il contagio e l'ereditarietà di una malattia parassitaria, fondandone la profilassi, mentre per la flaccidenza aveva fissato l'azione dei germi in un male intestinale e aveva già intuita l'importanza essenziale del terreno”. Nel 1868 Pasteur fu colpito da un attacco di paralisi che lo portò all'emiplegia, ma questo non gli impedì di proseguire le sue ricerche.
Nel 1877 le sue ricerche sul carbonchio (detto anche antrace, infezione causata dal batterio Bacillus Anthracis) e la conseguente vaccinazione costituirono una svolta decisiva in ambito medico, in quanto Pasteur riuscì a dimostrare il ruolo patogeno del bacillo del carbonchio, fornendo un termine di paragone sui germi come agenti infettivi. L’importanza di tale scoperta è testimoniata anche dal medico inglese Joseph Lister (1827-1912), inventore del metodo dell'antisepsi nella pratica chirurgica, il quale, in una lettera indirizzata allo stesso Pasteur, gli rivolge i suoi: “più cordiali ringraziamenti per avere, con le Vostre brillanti ricerche, dimostrato la verità sulla teoria che la putrefazione è causata da germi, e avermi in tal modo fornito il solo principio sul quale il sistema antisettico può essere elaborato”. E ancora, nell’introduzione alla sua opera On the Antiseptic Principle in the Practise of Surgery, Lister scrisse: “Quando venne dimostrato dalle ricerche di Pasteur che la proprietà settica dell’atmosfera dipendeva non dall’ossigeno o da qualche altro componente gassoso dell’aria, ma da minuti organismi sospesi in essa, che traevano la propria energia dalla propria vitalità, mi venne in mente che la suppurazione delle ferite potesse essere impedita senza escludere l’aria, ma semplicemente usando come medicamento qualche sostanza capace di distruggere la vita di questi microrganismi sospesi”. Pasteur scoprì inoltre l'esistenza di diversi microbi patogeni sia nell'uomo che negli animali, tra i quali il vibrione settico, lo stafilococco, lo streptococco, i bacilli del colera dei polli e del tifo del maiale. Si convinse che, conoscendo l'agente infettivo, si potesse lottare contro di esso con una nuova tecnica che egli stesso cominciò ad adottare: la vaccinazione.
In controtendenza rispetto al panorama intellettuale dell’ottocento francese, Pasteur fu uno scienziato aperto alla trascendenza e lontano dal materialismo; fu indiscutibilmente uno spiritualista o forse un deista, ma non praticò la religione cattolica; senza alcuna ambiguità esaltò l’idea religiosa, sebbene non nel senso di una particolare religione confessionale. Non si trovano attestazioni specifiche della sua fede. Tuttavia, in occasione della sua nomina a membro dell’Accademia di Francia nel 1882, espresse, per la prima volta pubblicamente, la sua convinzione della compatibilità tra scienza e religione, pronunciando l’elogio funebre al medico e scrittore Emile Littrè (1801-1881), fervente sostenitore della dottrina positivista: “Di fronte a questa dottrina Littrè diceva: non ti devi preoccupare né dell’origine né della fine delle cose, né di Dio né dell’anima, né di teologia, né di metafisica…Quanto a me, ritenendo sinonimi le parole progresso ed invenzione, mi chiedo in nome di quale nuova scoperta, filosofica o scientifica, si possano estirpare dall’animo umano queste grandi preoccupazioni. Mi sembrano di essenza eterna, perché il mistero che avvolge l’Universo e di cui esse sono emanazione è esso stesso eterno per natura”. Pasteur non condivideva molte idee del positivismo. Secondo lui, esso si contraddiceva ad esempio nella concezione di infinito: “Al di là di questa volta stellata cosa c'è?... Lo spirito umano, spinto da una forza irresistibile, non smetterà mai di chiedersi che cosa c'è al di là?... Non serve nulla rispondere al di là ci sono degli spazi, dei tempi o delle grandezze senza limiti. Nessuno comprende queste parole. Colui che proclama l'esistenza dell'infinito, e nessuno può sfuggirvi, accumula in questa affermazione più sovrannaturale di quanto non ce ne sia in tutti i miracoli di tutte le religioni... Io vedo ovunque l'inevitabile espressione della nozione di infinito nel mondo. Attraverso di essa, il soprannaturale è in fondo a tutti i cuori. L'idea di Dio è una forma dell'idea di infinito”.
Nel 1885 Pasteur sperimentò con successo il vaccino contro la rabbia, salvando la vita ad un bambino di nove anni, Joseph Meister (1876-1940), che era stato morso da un cane affetto dal virus della rabbia. Appena si diffuse la notizia della grande efficacia del vaccino antirabbico, affluirono da Pasteur malati provenienti da tutta la Francia ed oltre. Nel giro di breve tempo ebbe luogo una massiccia sottoscrizione internazionale per la fondazione dell’“Istituto Pasteur”, inaugurato poi nel 1888. L'anno precedente Pasteur era stato colpito da un secondo attacco di paralisi. Si spense il 28 settembre 1895 a Villeneuve-L'Etang, a seguito di un attacco di ictus.
Sebbene Pasteur avesse raggiunto in vita fama e notorietà, per le sue sorprendenti scoperte e per le svariate implicazioni legate a molte di esse, rimase un uomo di grande umiltà, dedito alla riflessione interiore e alla contemplazione. Sosteneva che per l’uomo fosse impossibile afferrare il principio e la fine di tutte le cose: “Credetemi, di fronte a questi grandi problemi, eterni soggetti di meditazioni solitarie degli uomini, non vi sono che due stati dello spirito: quello fornito dalla fede, la credenza a una soluzione data da una rivelazione divina, e quello del tormento dell’anima tesa alla ricerca di soluzioni impossibili e che questo tormento esprime con un silenzio assoluto o, ciò che è lo stesso, con la confessione dell’impotenza di nulla comprendere e di nulla conoscere di questi misteri”.
Ricordando Pasteur e il suo approccio al mistero può venire alla mente la sua celebre frase: «La scienza non è in grado di risolvere la questione dell'origine e della fine delle cose». Un'affermazione utilizzata in alcuni casi circa la sua fede, arrivando a toccare una questione piuttosto controversa, di cui sono stati forniti giudizi spesso frettolosi. Infatti, se Pasteur non ebbe problemi a rendere pubbliche le sue opinioni politiche, fu invece molto riservato circa la sua credenza religiosa. All’indomani della sua morte alcuni autori cattolici lo appellarono come “scienziato cattolico”, mentre altri lo definirono “il più grande discepolo del panteismo moderno”, facendosi entrambi portatori di visioni estremiste, probabilmente non troppo aderenti alla verità. Molti anni dopo la sua morte furono poi pubblicate altre dichiarazioni circa la sua fede, in particolare destò scalpore quella secondo la quale Pasteur, interrogato sulla sua credenza religiosa, rispose: “Non ho fede; ma in quest’ambito, ho sacrificato le mie idee personali ai sentimenti della mia famiglia”, ma questa testimonianza venne ritenuta debole e non fondamentale da molti. E' certo invece che le conoscenze religiose di Pasteur sembrano innegabili: molti libri di scienze religiose erano presenti nella sua biblioteca, aveva amicizia con sacerdoti e frequentò le conferenze religiose presso il collége de Besançon. La vicenda, come già anticipato precedentemente, appare poco lineare e degna di un un approfondimento specifico per il quale rimandiamo alla lettura del libro, in particolare del capitolo IV: Pasteur, un geniere au service de l’homme, già segnalato nella bibliografia.
Bibliografia:
L. PASTEUR, Opere, a cura di Onorato Verona, UTET, Torino 1972
M. VALLERY-RADOT, Pasteur, Perrin, Parigi 1994
H. CUNY, Pasteur la vita il pensiero i testi esemplari, Accademia, Milano 1974
A. GEORGE, Pasteur, Albin Michel, Parigi 1958