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La divina Provvidenza connessa con l'opera della creazione

Papa Giovanni Paolo II
7 maggio 1986

1. La conservazione è una creazione continua. 2. La presenza di Dio al mondo. 3. Il male viene subordinato al bene. 4. Rileggere la verità. 5. Il Magistero della Chiesa. 6. Contro il materialismo e il deismo. 7. Contro il determinismo materialista, la garanzia dell’uomo. 8. L’uomo dipende da Dio Creatore e Padre. 9. La Provvidenza e la legge morale.

 

1. Continuiamo oggi la catechesi sulla Provvidenza divina. Dio, creando, ha chiamato dal nulla all'esistenza tutto ciò che ha iniziato ad essere al di fuori di lui. Ma l'atto creativo di Dio non si esaurisce qui. Ciò che è sorto dal nulla ritornerebbe nel nulla, se fosse lasciato a se stesso e non fosse invece conservato nell'esistenza dal Creatore. In realtà Iddio, avendo creato il cosmo una volta, continua a crearlo, mantenendolo nell'esistenza. La conservazione è una creazione continua («Conservatio est continua creatio»).

2. Possiamo innanzitutto dire che la Provvidenza divina, intesa nel senso più generico, si esprime in questa «conservazione»: mantenendo cioè nell'esistenza tutto ciò che ha avuto l'essere dal nulla. In questo senso, la Provvidenza è quasi una costante e incessante conferma dell'opera della creazione in tutta la sua ricchezza e varietà. Essa significa la costante e ininterrotta presenza di Dio come creatore, in tutta la creazione: una presenza che continuamente crea e continuamente raggiunge le più profonde radici di tutto ciò che esiste, per operarvi come prima causa dell'essere e dell'agire.

In questa presenza di Dio si esprime continuamente la stessa eterna volontà di creare e di conservare ciò che è creato: una volontà sommamente e pienamente sovrana, mediante la quale Dio, secondo la natura stessa del bene che gli è propria in modo assoluto («bonum diffusivum sui»), continua a pronunciarsi, così come nel primo atto della creazione, a favore dell'essere contro il nulla, a favore della vita contro la morte, a favore della «luce» contro la «tenebra» (cf. Gv 1,4-5), in una parola: a favore della verità, del bene e della bellezza di tutto ciò che esiste. Nel mistero della Provvidenza si prolunga in modo ininterrotto e irreversibile il giudizio contenuto nel libro della Genesi: «Dio vide che era cosa buona... che era cosa molto buona» (Gen 1,24.31): essa costituisce cioè la fondamentale e incrollabile affermazione dell'opera della creazione.

3. Questa affermazione essenziale non è intaccata da alcun male che derivi dal limite inerente a ogni cosa del cosmo, o che si produca, come è avvenuto, nella storia dell'uomo, in doloroso contrasto con quell'originale «Dio vide che era cosa buona... che era cosa molto buona». Dire Provvidenza divina significa riconoscere che nell'eterno piano di Dio, nel suo disegno creativo, quel male che originariamente non ha posto, una volta commesso dall'uomo e permesso da Dio, in definitiva viene subordinato al bene: «tutto concorre al bene», come si esprime l'Apostolo (cf. Rm 8,28). Ma questo è un problema sul quale occorrerà ancora tornare.

4. La verità della Provvidenza divina è presente nell'intera rivelazione. Si può anzi dire che essa pervade tutta la rivelazione, così come la verità della creazione. Con questa costituisce il primo e fondamentale punto di riferimento in tutto ciò che Dio «molte volte e in diversi modi» volle dire agli uomini «per mezzo dei profeti, e ultimamente... per mezzo del Figlio» (Eb 1,1). Occorre dunque rileggere questa verità sia nei testi della rivelazione dove se ne parla direttamente, sia là dove la Sacra Scrittura le rende testimonianza in modo indiretto.

5. Essa si trova sin dall'inizio, come fondamentale verità di fede, nel magistero ordinario della Chiesa, anche se solo il Concilio Vaticano I si è pronunciato su di essa nell'ambito della solenne costituzione dogmatica «De fide catholica», a proposito della verità sulla creazione. Ecco le parole del Vaticano I: «Tutto ciò che ha creato, Dio lo conserva e lo dirige con la sua provvidenza "estendendosi da un confine all'altro con forza e governando con bontà ogni cosa" (cf. Sap 8,1). "Tutto è nudo e scoperto agli occhi suoi" (cf. Eb 4,13), anche ciò che avrà luogo per libera iniziativa delle creature» [1] .

6. Il testo conciliare, piuttosto conciso, come si vede, era dettato dalla particolare necessità dei tempi (secolo XIX). Il Concilio voleva prima di tutto confermare il costante insegnamento della Chiesa sulla Provvidenza, e dunque l'immutabile Tradizione dottrinale legata a tutto il messaggio biblico, come provano i passi dell'Antico e del Nuovo Testamento contenuti nel testo. Confermando questa costante dottrina della fede cristiana, il Concilio intendeva contrapporsi agli errori del materialismo e del deismo, di allora. Il materialismo, come si sa, nega l'esistenza di Dio, mentre il deismo, pur ammettendo l'esistenza di Dio e la creazione del mondo, sostiene che Dio non si occupa affatto del mondo che ha creato. Si potrebbe dunque dire che è proprio il deismo che con la sua dottrina attacca direttamente la verità sulla divina Provvidenza.

7. La separazione dell'opera della creazione dalla Provvidenza divina, tipica del deismo, e ancor più la totale negazione di Dio propria del materialismo, aprono la strada al determinismo materialista, al quale l'uomo e la sua storia vengono completamente subordinati. Il materialismo teorico si trasforma in materialismo storico. In questo contesto, la verità sull'esistenza di Dio, e in particolare sulla divina Provvidenza, costituisce la fondamentale e definitiva garanzia dell'uomo e della sua libertà nel cosmo. Lo lascia intendere la Sacra Scrittura già nell'Antico Testamento, quando vede Dio come forte e indistruttibile sostegno: «Ti amo, Signore, mia forza. Signore, mia roccia, mia fortezza, mio liberatore; mio Dio, mia rupe in cui trovo riparo, mio scudo e baluardo, mia potente salvezza» (Sal 18,3). Dio è l'incrollabile fondamento sul quale l'uomo poggia con tutto il suo essere: «nelle tue mani è la mia vita» (Sal 16,5).

Si può dire che la Provvidenza divina come sovrana affermazione, da parte di Dio, di tutta la creazione e, in particolare, della preminenza dell'uomo tra le creature, costituisce la garanzia fondamentale della sovranità dell'uomo stesso nei riguardi del mondo. Ciò non significa l'annullamento della determinazione immanente alle leggi della natura, ma l'esclusione di quel determinismo materialista che riduce tutta l'esistenza umana al «regno della necessità», annientando praticamente il «regno della libertà», che il Creatore ha invece destinato all'uomo. Dio con la sua Provvidenza non cessa di essere il sostegno ultimo del «regno della libertà».

8. La fede nella Provvidenza divina rimane, come si vede, strettamente connessa con la concezione basilare dell'esistenza umana, col senso cioè della vita dell'uomo. L'uomo può affrontare la propria esistenza in modo essenzialmente diverso, quando ha la certezza di non essere in balia di un cieco destino («fatum»), ma di dipendere da Qualcuno che gli è Creatore e Padre. Perciò la fede nella divina Provvidenza iscritta nelle prime parole del Simbolo apostolico: «Credo in Dio Padre onnipotente», libera l'esistenza umana dalle diverse forme del pensiero fatalista.

9. Nel solco della costante tradizione dell'insegnamento della Chiesa e in particolare della dottrina del Concilio Vaticano I, anche il Concilio Vaticano II parla molte volte della divina Provvidenza. Dai testi delle sue costituzioni risulta che Dio è colui che «ha cura paterna di tutti», e in particolare «del genere umano». Espressione di questa cura è anche la «legge divina, eterna, oggettiva e universale, per mezzo della quale Dio, nel suo disegno di sapienza e amore, ordina, dirige e governa tutto il mondo e le vie della società umana» [2] . «L'uomo... non esiste, infatti, se non perché creato per amore da Dio, da lui sempre per amore è conservato, né vive pienamente secondo verità se non riconosce liberamente quell'amore e se non si affida al suo Creatore» [3] 9).

 

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[1] Denzinger-Schönmetzer, 3003.

[2] «Dignitatis humanae», 3.

[3] «Gaudium et spes».