Se hai mai atteso il ritorno di una persona che ami, se ti elettrizza il fatto di poter realizzare un tuo sogno in futuro, se ami qualcuno e ti batte forte il cuore al pensiero che questa persona ti pensi o ti terrorizza il fatto che non lo possa più fare, allora hai già una esperienza di cosa significhi desiderare.
Situazioni come queste ci fanno riflettere sul fatto che il desiderio è insopprimibile. Infatti, non si può chiedere a una persona di non attendere qualcuno o di non essere atteso, di non sognare di fare qualcosa di grande, di non ambire ad essere pensato o ricordato: tu stesso ti trovi a questo mondo perché qualcuno ti ha desiderato e accolto.
I desideri ci caratterizzano come esseri umani, sono un’espressione della nostra identità, ciò che ci mantiene vivi. “Esprimerli” ci mette in gioco completamente, ci espone, svela quali sono le dimensioni della vita per noi radicalmente importanti. Non dobbiamo pertanto averne paura, ma è necessario imparare a scoprirli, e a nutrirli. Ma soprattutto è importante “imparare a desiderare”.
Prova a scrivere su un foglio i tuoi desideri, e a metterli in ordine di importanza, per poi poterne scegliere alla fine solo tre. Ti accorgerai che sono desideri di diversi tipi, e che ce ne possono essere alcuni di superficiali e altri più fondamentali. È possibile che i primi desideri della tua lista abbiano a che fare con gli altri. E d’altra parte questo risultato può portarti a riflettere su un fatto: non siamo proprietari assoluti dei nostri desideri più profondi, ma questi richiedono sempre l’intervento di un altro. I desideri non sono poi l’esito solo di una nostra decisione, ma ti catturano loro, e ti parlano. Ti dicono che non puoi raggiungere la felicità da solo, e che questa si raggiunge andando oltre te stesso, verso qualcosa di grande che ti attrae.
I nostri desideri tuttavia non si presentano in forma pura, ma sono sempre accompagnati in qualche misura da altre forze e da circostanze che possono dargli diversa forma: ci possono essere piaceri passeggeri che possono attutire o mascherare un desiderio più grande (il desiderio di svolgere una professione solo per avere uno stipendio molto alto o un certo tenore di vita), o altri piaceri che ci aprono alla bellezza e alla verità (il desiderio di impegnare la propria vita per una giusta causa). Ci accorgiamo facilmente, allora, che andare a caccia di desideri dentro di noi non è una cosa facile: i desideri possono essere condizionati dalla nostra storia e dal contesto in cui siamo vissuti, e possono confondersi con nostri bisogni, con la paura di non essere riconosciuti o di essere abbandonati – forze e pulsioni che ci spingono e ci condizionano.
È molto pericoloso spendere la propria vita per un desiderio che in realtà non è tale. Quanti scelgono un percorso di vita solo perché da questa scelta dipende il consenso degli altri: i desideri ci muovono dal di dentro e contano sulla nostra libertà, non ci costringono dal di fuori. È perciò importante imparare a scoprire quali sono i veri desideri che ci muovono, e decidere di seguirli: nella parola “decidere” c’è proprio l’idea di “tagliare via”, mostrando come ogni desiderio comporti la scelta di tagliare tante altre alternative. Queste scelte richiedono una grande libertà, e il coraggio di inseguire la vera felicità, liberandoci dalle illusioni e da facili sostituzioni. Richiedono anche un grande senso di sacrificio per poterli realizzare. Seguire i nostri desideri richiede anche responsabilità e maturità, perché i desideri non sono diritti: non possiamo pretendere la loro realizzazione come un qualcosa che ci è dovuto, bensì come qualcosa da conquistare, forse da meritare.
Esiste una dimensione paradossale del desiderio: esso proviene da dentro di noi ma raggiunge qualcosa che è oltre noi stessi, perché percepito come mancante, non ancora raggiunto. Essi ci aiutano a tirar fuori nuove energie e qualità che pensavamo di non avere, impedendoci di dire “fin qui” o “adesso basta”.
Il desiderio dell’amore, di amare e di essere amati davvero, è forse il desiderio per eccellenza e quello più totalizzante per un essere umano: si tratta di un desiderio che non conosce limitazioni o noia nella ripetizione. Un famoso psicoanalista, Jacques Lacan, affermava in proposito che «la parola dell’Amore è “Ancora”». Molti secoli prima, Agostino di Ippona insegnava che «la beatitudine è desiderare ciò che si ha», il che non significa accontentarsi, ma che: «La vera felicità è trovare il nuovo nello stesso». Mentre il desiderio di beni di consumo è estensivo e cerca sempre qualcosa di nuovo, il desiderio d’amore è intensivo e cerca sempre, di nuovo, la stessa persona, vivendo la medesima relazione a una profondità sempre maggiore.
L’amore ci rivela pertanto un’ultima importante dimensione del desiderio: esso non tende al suo soddisfacimento, perché se fosse possibile appagarlo non si tratterebbe di un desiderio da nutrire, ma di un bisogno da appagare (come lo è mangiare o bere). La felicità che una persona sperimenta nell’amore è il desiderio supremo, perché per definizione inappagabile: porta a desiderare sempre lo stesso oggetto senza smettere di volerlo, rendendoci al contempo migliori. Prenderesti sul serio chi dice di amarti davvero, ma solo per un po’ di tempo? Ti chiederesti “Fino a quando allora?”, “Perché non per sempre?”. Questo sarebbe egoismo e opportunismo, non amore. Il desiderio di amore si oppone alla provvisorietà e alla contingenza, e si proietta sempre “oltre” l’individuo, oltre la stessa vita. La poesia e la letteratura di ogni tempo mostrano che chi promette amore, lo fa per l’eternità, anche oltre la morte.
Per questo il desiderio di vedere Dio è stato considerato da molti santi come il vertice dei desideri veri, quelli che portano l’uomo alla sua realizzazione. Il desiderio di Dio, quello che proprio Lui ha impresso nel nostro intimo, ci rivela che siamo stati creati per amarlo e che «il nostro cuore è inquieto finché non riposa in Lui» (Agostino, Confessioni, 1,1).