La scoperta di vita intelligente nel cosmo metterebbe in crisi la religione?

Giuseppe Tanzella-Nitti
Informazioni sulla civiltà terrestre riportate su una placca in alluminio e oro alloggiata a bordo delle sonde spaziali Pioneer 10 e Pioneer 11. Lanciate nel 1972 e 1973, furono le prime a spingersi oltre sistema solare.

In realtà, la fede cristiana non ha mai negato la possibilità che esistano altre forme di vita, anche intelligente, nel cosmo. La loro eventuale scoperta obbligherebbe però la teologia verso un’interpretazione più “allargata” del rapporto fra Dio, l’uomo e il mondo. Riguardo al mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio sulla Terra e la redenzione del genere umano dal peccato, nessuno, neanche la teologia, conosce a priori cosa Dio Creatore abbia voluto rivelare di sé e del suo amore salvifico ad altre creature intelligenti. Le grandi domande filosofiche e religiose sull’origine dell’universo, sul senso della vita, sul bene e sul male, conservano sempre il loro significato e la loro importanza, qualunque sia il punto di osservazione che assumiamo, sia esso la Terra o altri pianeti abitati.

La fede cristiana pone al centro della creazione l'uomo sulla Terra: cosa accadrebbe se scoprissimo altre forme di vita su corpi celesti fuori della Terra?

La posizione centrale dell’essere umano nel panorama della creazione dipende da due elementi. Il primo è che la Rivelazione ebraico-cristiana è diretta agli esseri umani e viene incontro alla loro ricerca di Dio; il secondo è che una visione limitata e antropocentrica del cosmo era quella dominante all’epoca in cui il popolo di Israele poneva per iscritto la sua esperienza religiosa, visione che continuerà anche nel primo millennio dell’era cristiana. Si tratta pertanto di un antropocentrismo che dipende insieme dal destinatario e dal protagonista della storia sacra. Non si tratta, invece, di un antropocentrismo normativo per ciò che riguarda l’immagine di Dio e i rapporti fra Dio Creatore, la natura e il genere umano. Un’attenta lettura della sacra Scrittura e delle riflessioni degli autori cristiani mostra facilmente una visione cosmica e universale del creato, che va ben al di là dell’orizzonte del pianeta Terra e della vita umana. Dunque l’essere umano non è al centro della creato, bensì al centro di una Rivelazione divina diretta a lui, finalizzata a fargli conoscere la sua dignità, il suo bene e la sua felicità.

Se scoprissimo altre forme di vita su pianeti diversi dalla Terra, i cristiani avrebbero una visione nuova, allargata, e per questo più vera delle relazioni fra Dio creatore il mondo creato. La fede ebraico-cristiana insegna già, fin d’ora, che all’interno di queste relazioni vi sono altre creature, diverse dagli esseri umani, che vengono chiamati “angeli”, cioè messaggeri, esseri spirituali che trascendono la materia e il tempo.

La eventuale scoperta di vita oltre i confini della Terra richiederebbe alla teologia di “rileggere” e dunque in parte “re-interpretare” alcune delle sue visioni sul creato e sui rapporti fra Dio, l’uomo e il mondo. Le verità essenziali della fede cristiana manterrebbero però la loro validità e, alla luce di queste, andrebbero rilette le nuove conoscenze. Dio come fondamento dell’essere, come creatore e senso ultimo del cosmo, l’essere umano come immagine di Dio, destinato al dialogo con cui e alla partecipazione della vita divina come figlio, l’essere umano come creatura libera chiamata a operare il bene e a evitare il male: sono tutte verità di fede che resterebbero immutate anche in uno scenario che prevedesse la vita come fenomeno diffuso nell’universo.

E se si trattasse di esseri intelligenti come noi?

Non possiamo conoscere a priori cosa Dio Creatore abbia voluto rivelare di sé ad altre civiltà diverse dalla nostra, ove mai queste esistessero. La teologia cristiana può ragionevolmente immaginare che ovunque la vita esista, essa vada compresa come una partecipazione alla vita di Dio, che la tradizione ebraico-cristiana confessa come il vivente e somma vita. Ciò è vero in modo particolare per ETI. La vita intelligente, vita personale, spirituale e libera, andrebbe compresa sempre come immagine e somiglianza di Dio.

Un credente vedrebbe la scoperta di civiltà extraterrestri come un'esperienza straordinaria, da accogliere con un senso di rispetto. Chi crede in un Dio Creatore, è preparato a riconoscere in ogni vita intelligente e personale un’origine comune, una possibilità nuova di comprendere meglio i rapporti di Dio con l’intero creato. Un simile incontro, ove fosse possibile, avrebbe una dimensione “religiosa”, nel senso più sincero del termine.

L’idea che un contatto con ETI dirima in modo risolutivo la questione circa la verità della religione, forse liberando Homo sapiens da una fase religiosa infantile, può essere suggestivo, ma è in realtà un’opinione assai ingenua. Infatti, eventuali informazioni di natura religioso-spirituale raccolte in un simile ipotetico dialogo dovrebbero essere sottoposte a un’analisi di ragionevolezza. Una volta verificata la loro credibilità, un cristiano dovrebbe sforzarsi di comporle con le verità che egli conosce e crede sulla base della Rivelazione del Dio Uno e Trino, operando una rilettura inclusiva dei nuovi dati.

Di fatto, la maggior parte dei grandi temi esistenziali, e quindi religiosi, oggetto della filosofia e della teologia che caratterizza la nostra specie — la ricerca di un Fondamento del mondo, il perché ultimo dell’universo, il senso della vita, del dolore innocente e della morte, l’aspirazione a un amore personale e a una vita perenni — manterrebbero inalterato tutto il loro significato anche dopo la scoperta di ETI.

Infine, non sapendo né potendo immaginare come superare la velocità della luce, le enormi distanze in gioco fra i pianeti di diversi sistemi stellari – anche entro una medesima galassia – rendono praticamente impossibile l’idea di un “incontro ravvicinato”. Un “dialogo” via radio sarebbe anch’esso impossibile da sviluppare, a causa del grande tempo che intercorrerebbe fra la domanda posta e la risposta ottenuta, viaggiando anche le onde radio alla velocità della luce. Molto probabilmente, anche nel caso dell’esistenza di ETL o di ETI, l’essere umano dovrebbe rassegnarsi alla legge detect not dialogue – potrai scoprirla ma non dialogarci.

Cosa cambierebbe nei principali contenuti della fede che riguardano il peccato originale, l’Incarnazione e la Redenzione?

Nel contesto di una vita libera e cosciente, come plausibilmente quella di ETI, l’immagine di Dio Trinità mantiene inalterata il suo significato. Sono infatti concetti universali e non solo terrestri l'esistenza di una paternità e di una filiazione, legate al processo generativo comune a ogni vivente (ETL); ed è universale il concetto di un Amore-Dono, lo Spirito Santo, che rimanda all'idea di comunione, di altruismo e di donazione, riconoscibile da ogni vita libera e cosciente (ETI).

L’Incarnazione del Verbo continuerebbe ad avere un valore rivelativo e salvifico di ambito universale, non solo terrestre. Si tratta di una capitalità cristocentrica, non geocentrica né antropocentrica. A essere centro del cosmo e della storia non è l’uomo Gesù, ma il Verbo in quanto incarnato, cioè in quanto ha assunto una dimensione creaturale, storico-concreta, spazio-temporale.

In fondo, il mistero di Cristo, Verbo incarnato, non è estraneo a ogni forma di vita che sappia di essere creatura in un mondo creato. Dio ha assunto in Cristo una natura creata, è entrato nello spazio e nel tempo, facendo propria l'esperienza del limite, come ogni creatura. Insieme al valore di redenzione dal peccato (storia umana), la morte di Cristo sulla croce ha anche il valore di un’accettazione cosciente di fronte al Padre della creaturalità, del dolore fisico e morale, della finitezza (storia di ogni creatura). Nel suo corpo risorto, il Cristo ha rivelato la non definitività della corruzione e del degrado, prefigurando un destino che appartiene all'intero universo, non solo all'uomo.

È ragionevole pensare che, a causa dei limiti intrinseci a ogni comunicazione fra possibili civiltà extraterrestri, il valore “cosmico” dell’Incarnazione del Verbo non possa essere stato affidato da Dio al genere umano. Il valore cosmico dell’Incarnazione del Verbo è affidato allo Spirito Santo, capace di riferire e legare al Figlio-Verbo ogni vita e ogni creatura. Analogamente a quanto accade per gli uomini di tutti i tempi che non sono entrati in contatto storico con l’evento salvifico della Pasqua di Gesù Cristo, lo Spirito conduce al Figlio-Verbo e rende efficace in loro la sua salvezza. In ogni caso, i cristiani presumono ragionevolmente che il Creatore abbia i suoi modi di farsi riconoscere, e forse anche di farsi presente, presso tutte le sue creature, volute e create a Sua immagine.

Quali sono i dati a disposizione oggi a favore/contro la possibilità di vita extraterrestre nel cosmo?

In primo luogo va subito ricordato che non sarà mai possibile ottenere una dimostrazione scientifica che la vita, o anche la vita intelligente, sia comparsa solo sulla Terra. La grandezza del cosmo e l’impossibilità di poterlo scandagliare interamente con i nostri strumenti di osservazione, di esplorazione o di ascolto via radio, sono tali da impedire qualsiasi conclusione definitiva circa tale unicità. In sostanza, la possibilità che il cosmo ospiti altre forme di vita, anche intelligente, diverse da quelle sorte sul nostro pianeta Terra, resta e resterà sempre una questione aperta. Non esiste alcun argomento logico, a priori oppure a posteriori, in grado di negare tale eventualità.

Fatta tale premessa, esistono due importanti argomenti, uno a favore e uno contro la plausibilità di altre forme di vita nel cosmo. L’argomento a favore è quello della enorme quantità di pianeti adatti a ospitare la vita, quando calcolati su basi statistiche grazie alle osservazioni oggi a nostra disposizione. Ogni galassia ha circa 100 miliardi di stelle e la metà di esse hanno certamente delle formazioni planetarie: fra queste, una frazione sensibile, non meno del 5-10% sono in una zona abitabile. Tenendo conto che nell’universo vi sono non meno di 1012 (mille miliardi di) galassie, i pianeti con condizioni simili alla Terra risultano essere, in linea di principio, parecchi miliardi. Si tratta, tuttavia, di calcoli che hanno come risultato il numero di ambienti che potrebbero ospitare la vita (condizioni necessarie per la vita), non quello di ambienti ove la vita si è di fatto sviluppata (condizioni sufficienti). Quest’ultimo computo risulta ancora impossibile perché non conosciamo quali sono tutti gli elementi necessari e sufficienti per la comparsa della vita su un pianeta. L’argomento a sfavore è rappresentato dal fatto che, se esistessero molte civiltà evolute nella nostra galassia, da quando siamo in grado sulla Terra di ricevere onde radio saremmo entrati almeno qualche volta in contatto con loro. Inoltre, da quando esistono trasmissioni di onde elettromagnetiche emesse dal nostro pianeta, capaci di estendersi nello spazio, queste onde hanno raggiunto uno spazio sferico con un raggio di circa 100 anni-luce. In particolare, a partire dagli anni ’70 del secolo scorso, i terrestri hanno inviato più volte dei messaggi radio pensando a possibili futuri contatti con ETI. Nello spazio finora scandagliato dalle onde radio da noi emesse, non esiste alcuna civiltà extraterrestre che sia stata in grado di rispondere. Dai precedenti fatti nasce la domanda: dove sono gli altri? Tale domanda è nota come paradosso di Fermi.

   

Visita anche il Percorso Tematico La domanda sulla vita nel cosmo fra scienza, filosofia e religione

   

Per saperne di più

Dialoghi sulla pluralità dei mondi, di Bernard Le Bovier de Fontenelle

Le osservazioni dei canali di Marte, di Giovanni Virginio Schiaparelli

Riflessioni sulla vita nel cosmo, di Duccio Macchetto

C’è vita nell’universo?, intervista a Guy Consolmagno

Il teologo sale sul disco volante, interventi di Andrea Aguti e Giuseppe Tanzella-Nitti

Da Schiaparelli a Spirit: quando la ricerca della vita pone domande (intelligenti), di Giuseppe Tanzella-Nitti

Il silenzio dell’universo. La ricerca delle intelligenze extraterrestri, un libro di Giancarlo Genta e Franca Bonelli

Glossario

Acronimi che indicano, rispettivamente, Extra Terrestrial Life (vita sorta al di fuori della Terra) ed Extra Terrestrial Intelligence (vita intelligente sorta al di fuori della Terra). In quest’ultimo acronimo la nozione di “intelligenza” è piuttosto ampia anche se, nella letteratura scientifica e divulgativa, ci si riferisce essenzialmente a civiltà intelligenti, cioè comunità in grado di produrre tecnologia e interagire con altre civiltà tecnologiche.

Acronimo che indica Search for Extraterrestrial Intelligence (Ricerca di vita intelligente extraterrestre). È il nome di un progetto nato negli anni ’60 del secolo scorso e promosso da Frank Drake, con il quale prese avvio l’attività di dedicare parte del tempo di lavoro di alcuni radiotelescopi scientifici per ascoltare eventuali segnali radio provenienti da civiltà intelligenti. Dal 1985 il SETI è organizzato come Istituto di ricerca, il SETI Institute con sede a Mountain View, California. La ricerca non ha dato finora risultati, ma continua a coinvolgere un piccolo gruppo di scienziati e un buon gruppo di non professionisti interessati al tema.

Acronimo che indica Unidentified Flying Objects (Oggetti volanti non identificati). Il nome ha origini militari, ma verrà presto impiegato per indicare presunti avvistamenti nel cielo terrestre di veicoli spaziali di origine extraterrestre. La comunità interessata al fenomeno UFO è ben distinta dalle comunità scientifiche che si occupano di SETI. Gli enormi spazi e i lunghi tempi che separano fra loro le stelle in una galassia, e dunque anche all’interno della nostra Via Lattea, troppo grandi per consentire spostamenti di veicoli spaziali in base alle leggi fisiche note, portano ragionevolmente a ritenere che il fenomeno UFO non abbia fondamento. Resta tuttavia logica la prassi di qualificare tali dei veicoli di cui l’aeronautica civile o militare di un determinato Paese non è in grado di riconoscere l’origine.

Attribuito a Enrico Fermi, durante una conversazione a pranzo tenuta nell'anno 1950 a Los Alamos, California. Dato il grandissimo numero di stelle nell'universo osservabile, se la vita intelligente fosse un fenomeno comune e diffuso, allora da tempo sarebbe dovuta esistere una rete di contatti, almeno via radio, della quale la Terra sarebbe stata parte. Invece, paradossalmente, non si hanno tracce di civiltà extraterrestri. Dunque nasce la domanda: dove sono loro? Al paradosso di Fermi si è cercato di rispondere facendo ricorso a ipotesi fantasiose, o comunque poco realistiche. Se si condivide la tesi che la vita nel cosmo sia largamente diffusa, esso resta un interrogativo ancora senza risposta.

Formula ideata negli anni ’60 del secolo scorso da Frank Drake che accosta le probabilità percentuali che si diano le condizioni per la presenza di vita intelligente nella nostra galassia. I 7 parametri della formula sono: a) numero di stelle simili al Sole; b) frazione di stelle simili al Sole che presentano pianeti orbitanti; c) numero di questi che sono simili alla Terra; d) frazioni di questi ultimi sui quali la vita può essere comparsa; e) in forma intelligente; f) fino a giungere a un livello di civiltà tecnologica; g) vita media di una civiltà tecnologica su un pianeta. Non possediamo un modello scientifico condiviso capace di stimare in modo soddisfacente tutti i parametri di questa formula. Inoltre, la formula riguarda solo condizioni necessarie, non necessarie e sufficienti: non conoscendo ancora perché la vita si sviluppa, possiamo calcolare solo ciò di cui la vita ha necessariamente bisogno, ma non ciò che è sufficiente alla sua comparsa

Disciplina sorta entro l’area dell’astrofisica contemporanea che indica lo studio della vita in condizioni e scenari diversi da quello terrestre. Oggetto dell’esobiologia è capire quali forme di vita hanno la possibilità di comparire e svilupparsi in ambienti planetari, cometari, spaziali in genere, anche al di fuori del nostro sistema solare; essa studia quali effetti osservabili queste forme di vita potrebbero avere nei fenomeni fisici, o nella composizione chimica della materia cosmica, che possiamo osservare da terra, oppure anche investigare sperimentalmente mediante esplorazioni spaziali di altri corpi entro il nostro sistema solare.

Fascia ideale delimitata da una distanza minima e massima dalla stella centrale, entro la quale uno o più pianeti orbitanti potrebbero presentare condizioni adatte alla presenza della vita. Parametro essenziale della fascia abitabile è la temperatura superficiale che un pianeta deve avere per consentire alla vita di esistere, escludendo distanze orbitali troppo vicine alla stella (temperature oltre il punto di ebollizione dell’acqua) e troppo lontane (ambienti troppo freddi per consentire processi biologici). La distanza dalla stella centrale e la massa del pianeta orbitante, poi, determinano il genere di atmosfera che i pianeti possono avere, selezionando solo quelle favorevoli alla vita. Infine anche la distribuzione della massa dei pianeti attorno a una stella influisce sulla stabilità della zona abitabile, a motivo delle perturbazioni che i pianeti più grandi possono esercitare su quelli più piccoli, se a essi troppo vicini.