Il caso Galileo: i rapporti tra scienza moderna e Chiesa cattolica

Giuseppe Tanzella-Nitti
J.N. Fleury, Galileo davanti al Sant'Uffizio, 1847, olio su tela, Museo del Louvre, Parigi.
In pillole
  • Il contributo di Galileo Galilei alla nascita del metodo scientifico va inserito nel quadro di un processo iniziato secoli prima con il superamento della teoria aristotelica del moto e la matematizzazione dei fenomeni fisici.
  • Galileo non allegò prove fisiche o dimostrazioni matematiche a favore dell’eliocentrismo, ma solo argomenti basati sull'analogia e sulla semplicità nei calcoli. 
  • Il cardinale Roberto Bellarmino precisò che non vi sarebbe stata difficoltà ad accettare il sistema eliocentrico se Galileo avesse addotto prove risolutive a suo favore.
  • Il Decreto del sant’Uffizio del 1616 dichiarava il moto della terra “tesi erronea in filosofia” e non vi fu associata alcuna condanna formale di eresia. 
  • La condanna a Galileo nel 1633 fu conseguenza della non ottemperanza dell’ingiunzione rivoltagli nel 1616, contravvenuta con la pubblicazione del Dialogo sui Massimi Sistemi (1632), ove egli sosteneva l’eliocentrismo. 
  • Gli ecclesiastici del Sant’Uffizio che decisero prima la non conformità dell’eliocentrismo con alcuni passi della sacra Scrittura e poi comminarono a Galileo la dichiarazione dell’immobilità della Terra, non applicarono una corretta esegesi biblica, peraltro già disponibile, né compresero che stava nascendo una nuova scienza capace di stabilire la struttura del mondo, alla quale occorreva tributare una legittima autonomia
  • La decisione formulata nel 1979 da Giovanni Paolo II di tornare ad approfondire il caso Galileo non ebbe la funzione di “riabilitare Galileo”, in quanto i libri che sostenevano il copernicanesimo erano già stati rimossi dall’Indice dei libri proibiti quasi due secoli prima, ma era soprattutto dettata da preoccupazioni pastorali, cioè sanare la visione di una frattura fra Chiesa cattolica e scienze, una visione ancora presente nell’opinione pubblica sebbene non fosse legittimata su basi storiche.
  • Sebbene il caso Galileo costituisca una vicenda emblematica nei rapporti fra fede e scienza, esso non può essere considerato rappresentativo dei rapporti fra Chiesa cattolica e pensiero scientifico.

Gli studenti delle Scuole Superiori, dei Licei in particolare, incontrano il nome di Galileo Galilei in diverse materie e svariate circostanze. Se ne parla negli approfondimenti di Storia della scienza, al momento di sottolineare il contributo dell’osservazione e della verifica sperimentale alla nascita del metodo scientifico; in fisica, quando si espone la teoria cinematica della caduta dei gravi e il principio di relatività dei moti; in storia della filosofia moderna, quando si espone la transizione dalla concezione del mondo ereditata dall’antichità e dal Medioevo a quella introdotta dalle Accademie rinascimentali, dal copernicanesimo e dallo studio quantitativo della natura. Il nome di Galileo si incontra poi, in modo inevitabile, quando si illustra il rapporto fra Chiesa cattolica e visione cosmologica del mondo a motivo del contrasto sorto fra lo scienziato pisano e le autorità ecclesiastiche del tempo. La comprensione corretta di tale contrasto e degli elementi in gioco coinvolge, ancora, la storia, la filosofia, la geografia astronomica, ma anche la religione cattolica. La letteratura incontra scritti di Galileo Galilei che illustrano la metafora del “Libro della Natura”, mentre sulla vicenda dello scienziato esistono opere di autori significativi, incluse note rappresentazioni teatrali, come il Galileo di Bertolt Brecht.

Al tempo stesso, al nome di Galileo vengono anche associati alcuni luoghi comuni, che un più maturo itinerario scolastico può giovarsi di chiarire e superare, o comunque di approfondire, sviluppando negli studenti un sano spirito critico. Tali luoghi comuni – e la corrispondente necessità di approfondimento critico – sono maggiori negli aspetti della vita di Galileo che coinvolgono i rapporti con istituzioni allora attive nella Chiesa cattolica (Sant’Uffizio e Congregazione dell’Indice) e nelle conseguenze che la problematicità di quei rapporti ebbe, e continua ad avere, sul modo di comprendere i rapporti fra fede cristiana e pensiero scientifico.

Sarà opportuno collocare il contributo di Galileo Galilei alla nascita del metodo scientifico nel quadro di un processo già iniziato secoli prima, con il progressivo superamento della teoria aristotelica del moto, prima con Giovanni Filopono nel VI secolo e poi con Giovanni Buridano nel contesto universitario parigino del XIV secolo, e soprattutto con la matematizzazione dei fenomeni fisici e la maggiore attenzione rivolta agli esperimenti, già praticata dalla Scuola di Oxford a partire dal XIII secolo con Roberto Grossatesta e Ruggero Bacone. Tale corretta collocazione deve anche rivolgere lo sguardo oltre Galileo, riconoscendo in Johannes Kepler e Isaac Newton i fondatori della meccanica celeste, disciplina alla quale lo scienziato pisano non era ancora approdato; egli impiegava infatti un’astronomia sostanzialmente di posizione, come quella degli studiosi che lo avevano preceduto, sebbene enormemente arricchita dalle prime osservazioni dei corpi celesti al telescopio. In merito al contributo fornito alla fondazione del metodo scientifico, è però importante valorizzare i suoi Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze attinenti la meccanica e i movimenti locali, opera scritta ad Arcetri nel 1638, durante gli ultimi anni della sua vita.

La novità epocale di rivolgere il cannocchiale per la prima volta verso il cielo – fino a Galileo era stato impiegato per altri scopi – può essere utilmente messa in rapporto con lo sviluppo sperimentato dall’astronomia osservativa nei secoli successivi, mostrando agli studenti alcune importanti pietre miliari, nelle osservazioni da terra e poi anche dallo spazio. 

Lo studio della figura e dell’opera di Galileo, anche previamente alle questioni inerenti i suoi rapporti con il Sant’Uffizio circa la supposta incompatibilità del sistema eliocentrico con le sacre Scritture, non dovrebbe ignorare la sua condizione di credente e di cattolico, perché ben presente nelle opere che egli scrisse per suffragare la sua visione esegetica ed esporre il rapporto fra scienza e fede, specie nelle cosiddette Lettere copernicane. Egli svolge il suo lavoro di studioso della natura all’interno di una visione di fede in Dio creatore, peraltro comune a tutti gli scienziati del suo tempo. Sebbene egli impieghi la metafora del Libro della Natura in modo neo-platonico, ritenendolo scritto in caratteri matematici, il parallelo da lui proposto con il Libro della Scrittura dimostra il suo desiderio di stabilire fra i due una sostanziale armonia.

La vicenda che segnò il suo contrasto con le autorità ecclesiastiche e la conseguente condanna disciplinare comminatagli in quanto sostenitore del sistema eliocentrico in quel momento ritenuto in disaccordo con le Scritture, dovrebbero essere oggetto non solo della storia e della filosofia, ma anche dell’insegnamento della religione cattolica. I punti salienti, didatticamente più rilevanti, potrebbero essere esposti come segue. 

Il confronto fra geocentrismo ed eliocentrismo non andrebbe inquadrato come confronto fra fede e scienza, ma come confronto fra due sistemi cosmologici entrambi sostenuti dalla comunità scientifica. La teologia del tempo non suffragava il sistema geocentrico per difendere qualche specifica verità di fede, ma solo perché lo riteneva in accordo con l’interpretazione di alcuni passi biblici. Tale interpretazione, come sostenuto dal card. Bellarmino, era comunque suscettibile di modifica nel momento in cui vi fossero state dimostrazioni cogenti a favore dell’eliocentrismo.

Galileo non allegò prove fisiche o dimostrazioni matematiche a favore dell’eliocentrismo, ma solo argomenti di analogia e di semplicità nei calcoli. Entrambi i sistemi cosmologici interpretavano bene le osservazioni delle posizioni dei pianeti e si dovette attendere oltre un secolo e mezzo, con la misura delle prime parallassi stellari, per ottenere prove determinanti sul moto della Terra intorno al Sole. Alcuni argomenti, come quello tratto dalle maree e sostenuto da Galileo nel Dialogo sui Massimi Sistemi (1632), si rivelarono errati.

Il Decreto del Sant’Uffizio emesso nel 1616 dichiarava il moto della terra “tesi erronea in filosofia” e non vi fu associata alcuna condanna formale di eresia. I libri che sostenevano il copernicanesimo vennero “sospesi” in attesa di conferma ed introdotti, come atto dovuto, nell’Indice dei libri proibiti. Il copernicanesimo poteva essere insegnato ex suppositione, come soluzione matematica possibile, senza sostenere che si trattasse della reale configurazione fisica del cosmo. Il sistema eliocentrico era stato ad esempio già impiegato da Cristoforo Clavio per formulare il nuovo calendario gregoriano nel 1582, richiesto da papa Gregorio XIII.

La condanna comminata a Galileo nel 1633 fu conseguenza della non ottemperanza dell’ingiunzione rivoltagli nel 1616, contravvenuta con la pubblicazione del Dialogo sui Massimi Sistemi (1632), ove egli sosteneva l’eliocentrismo, sebbene ricorrendo alla formula di un Dialogo svolto fra vari personaggi. La condanna consistette nella firma di una dichiarazione circa l’immobilità della Terra e nel ritirarsi a vita privata, nella sua villa ad Arcetri, accanto al Convento ove abitava sua figlia, suor Celeste.

Nell’analisi storica dei fatti non andrebbe trascurata la posizione del card. Roberto Bellarmino, teologo di riferimento al Sant’Uffizio, ma anche docente di teologia e di astronomia a Lovanio. In un carteggio egli precisa che non vi sarebbe stata difficoltà ad accettare il sistema eliocentrico nel momento in cui Galileo avesse addotto delle prove risolutive a suo favore.

È anche oggi parte del “caso Galileo” la decisione espressa da Giovanni Paolo II nel 1979 di promuovere degli studi più approfonditi “allo scopo di rimuovere le diffidenze causate da questa vicenda in merito all’armonia fra scienza e fede”. Si potrà anche chiarire che tale decisione non ebbe finalmente la funzione di “riabilitare Galileo”, in quanto i libri che sostenevano il copernicanesimo erano stati rimossi dall’Indice quasi due secoli prima; né ebbe il fine di cancellare supposte eresie, perché non esistevano atti formali di tipo pubblico in merito al copernicanesimo, ma solo ingiunzioni personali, di tipo disciplinare, nei confronti di Galileo.

Fra i valori didattici del caso Galileo vi è quello di mostrare l’importanza di contestualizzare ogni vicenda nel suo tempo, evitando di giudicarla solo con categorie contemporanee. Ad esempio, si potrebbe mostrare in qual modo il geocentrismo fosse una posizione culturalmente consolidata e come il suo superamento richiedesse tempo e maturazione, nonché prove certe accettate dall’intera comunità scientifica. Si potrebbero ugualmente mettere in luce i motivi che condussero alla “riproposizione” del caso Galileo (per alcuni addirittura alla sua “creazione”) verso metà Ottocento, nel contesto del superamento degli Stati Pontifici e delle spinte progressiste presenti in Europa. Andrebbero evidenziati quali elementi, in questa epoca, si ricollegavano alla reale storia dei fatti e quali, invece, finirono idealizzandola oppure forzandola entro fini ideologici.

Gli errori degli ecclesiatici del Sant’Uffizio, che decisero prima la non conformità dell’eliocentrismo con la sacra Scrittura e poi comminarono a Galileo la dichiarazione dell’immobilità della Terra, vanno valutati tali non solo per il loro contrasto con quanto la legittima autonomia del lavoro scientifico avrebbe lecitamente esigito, ma anche alla luce di quanto avrebbe suggerito una corretta esegesi biblica. La teologia aveva le risorse per indirizzare bene il caso, sia nei criteri esegetici formulati da vari Padri della Chiesa, Agostino di Ippona in particolare, sia nel modo di impostare il rapporto fra fede e ragione, ben illustrato da Tommaso d’Aquino, ma non seppe impiegarle.

Sebbene il caso Galileo costituisca una vicenda emblematica nei rapporti fra fede e scienza, le cui conseguenze permangono, almeno nell’opinione pubblica, anche al presente, uno sguardo completo alla storia della cultura europea mostra che esso non può essere rappresentativo dei rapporti storici fra Chiesa cattolica e pensiero scientifico. Esistono importanti elementi per affermarlo e l’iter degli studi scolastici,  sviluppato in chiave interdisciplinare, potrebbe mostrarlo con profitto.

Tracce di lavoro: 

Laboratorio interdisciplinare: I docenti di diverse discipline esaminino il contenuto del Decreto del 1616 insieme agli studenti, evidenziando cosa esso proibiva e cosa invece consentiva.

Discutiamone insieme: A partire dal materiale offerto nel Percorso tematico, il docente chieda a un gruppo di studenti di preparare un intervento comune in cui esporre la posizione di Galileo Galilei sull’eliocentrismo. Contestualmente, proponga a un altro gruppo di argomentare la posizione del card. Roberto Bellarmino (decreto del 1616) o, più in generale, quella dell’establishment teologico dell’epoca (condanna del 1633). Un terzo gruppo di studenti potrà proporre un giudizio, o almeno una valutazione ragionata delle posizioni espresse, mostrandone pro e contro.

Approfondisci e rifletti: Per parlare dell’indagine scientifica Galilei utilizza l’immagine del Libro della Natura. Approfondisci il pensiero degli altri autori che prima di lui l'avevano impiegata e rifletti sulle somiglianze o differenze rispetto al pensiero di Galilei.

Per approfondire
Dal Dizionario Interdisciplinare: 
William A. Wallace, Galilei, Galileo (1564 - 1642)
voci tratte da DISF e INTERS
Opere influenti: 
Niccolò Copernico, De revolutionibus orbium caelestium (1543), a cura di Valentina Zaffino
Galileo Galilei, Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo tolemaico e copernicano (1632), a cura di Lorella Congiunti
Indicazioni bibliografiche: 
Altri documenti: 

Riabilitazione, un termine inadatto (1992), di N. Dallaporta

Giovanni Paolo II e Galileo Galilei (2010), di G. Tanzella-Nitti