Lo studio del cervello e le neuroscienze

Giulio Maira
In pillole
  • Il cervello umano consta di quasi 100 miliardi di neuroni e più di 150mila miliardi di sinapsi.
  • Come da questa materia grezza possa scaturire un pensiero intelligente, è uno dei misteri più grandi dell’universo.
  • Il cervello ci si presenta come un immenso e complesso sistema elettrochimico: quando un neurone si attiva, si genera un segnale elettrico che attraversa tutto l’assone, fino a raggiungere la sinapsi.
  • Nella sinapsi l’arrivo dell’impulso determina la liberazione di messaggeri chimici, noti come neurotrasmettitori, i quali, attraversando lo spazio sinaptico, attivano i recettori dell’altro neurone e il segnale chimico viene convertito nuovamente in impulso elettrico e riprende a viaggiare nella fibra nervosa per portare l’informazione ad altre cellule e attivare altri neuroni.
  • Una delle caratteristiche più importanti delle sinapsi, e quindi del cervello, è la plasticità: in ogni momento, il cervello è in grado di modificare la propria struttura e le proprie funzioni attraverso il pensiero e la propria attività.
  • Ripercorrendo le diverse tappe dell’evoluzione, possiamo schematicamente dividere il cervello in tre parti: cervello rettiliano, sistema limbico e neocorteccia.
  • Tra la fine del XIX e l’inizio del XX prende avvio la psicologia sperimentale; dalla metà del XX secolo, le moderne neuroscienze.
  • Con la scoperta dei neuroni specchio gli scienziati hanno compreso che la visione dell’agire altrui non provoca, semplicemente e passivamente, una ricostruzione pittorica di quell’azione da parte del cervello dell’osservatore; vedere un’azione significa anche simularla nel proprio sistema motorio, ripeterla nel proprio cervello.
  • La coscienza è l’espressione massima dell’attività del nostro cervello e ci appare molto difficile che sia soltanto il risultato di una serie di eventi casuali.

Quante volte, pensando ai miliardi di galassie che ruotano sopra la nostra testa, siamo rimasti attoniti e meravigliati per la straordinaria bellezza dello spettacolo e del mistero che ci circonda! Ma la realtà è che la vera meraviglia dell’universo è esattamente dentro di noi. Immaginate di portare tutti quei miliardi di stelle dentro la vostra testa, di chiamarle neuroni e di connetterle tra loro: avrete la rappresentazione del nostro cervello. Dall’azione di tutte quelle stelle nascerà tutto ciò che ci caratterizza come esseri umani. Chi siamo, come agiamo, perché ci innamoriamo, la nostra coscienza, i nostri pensieri, ciò che chiamiamo mente.

Per descrivere la composizione di quest’organo dobbiamo usare cifre da capogiro. Consta di quasi 100 miliardi di neuroni (per la precisione, 86 miliardi), la cosiddetta sostanza grigia, capace di realizzare milioni di miliardi di connessioni. In un cervello umano adulto vi sono più di 150mila miliardi di sinapsi, termine con cui indichiamo il collegamento fra due cellule nervose. Gli assoni, le lunghe fibre di connessione che realizzano questi collegamenti sono come le “superstrade” del cervello, la cosiddetta sostanza bianca, e coprono una lunghezza totale di circa 160mila chilometri, più di un terzo della distanza dalla Terra alla Luna, quattro volte la circonferenza della Terra all’Equatore. Grazie a questa straordinaria rete di connessioni, si pensa che il cervello possa eseguire fino a 38 miliardi di operazioni al secondo. Al contrario di tutte le altre cellule del corpo umano, nella grande maggioranza i neuroni sopravvivono per l’intera durata della nostra esistenza così da conservare, nel corso degli anni, le nostre memorie e quindi permetterci di rimanere noi stessi un giorno dopo l’altro.

Come da tutto questo incredibile, apparente caos, come da questa materia grezza possa scaturire un pensiero intelligente, è uno dei misteri più grandi dell’universo. Ma è proprio l’azione integrata di questa moltitudine di neuroni e di fibre che ha permesso all’uomo di pensare alla precisione delle leggi della Fisica, di produrre le emozioni di un’opera di Mozart o la straordinaria bellezza di un dipinto di Raffaello e, infine, di elevarsi all’idea trascendente di Dio.

Il cervello ci si presenta come un immenso e complesso sistema elettrochimico. Ogni volta che si pensa qualcosa o si vuole compiere un’azione, si attivano delle reti neurali nelle quali i neuroni scambiano fra loro informazioni su ciò che si sta pensando, sentendo o facendo. Quando un neurone si attiva, si genera un segnale elettrico che attraversa tutto l’assone, cioè il suo prolungamento, fino a raggiungere la sinapsi. Nella sinapsi l’arrivo dell’impulso determina la liberazione di messaggeri chimici, noti come neurotrasmettitori, i quali, attraversando lo spazio sinaptico, attivano i recettori dell’altro neurone e il segnale chimico viene convertito nuovamente in impulso elettrico e riprende a viaggiare nella fibra nervosa per portare l’informazione ad altre cellule e attivare altri neuroni. Questi segnali elettrici costituiscono il linguaggio con cui le cellule si parlano. In ogni istante, in ogni cervello umano, milioni di impulsi elettrici si inseguono come scie luminose in un luna park, sfrecciando lungo l’assone fino a 480 km all’ora, mentre quantità innumerevoli di sostanze chimiche saltano da una cellula all’altra inviando precise informazioni. Quando il cervello costruisce una nuova traccia di memoria non crea una nuova cellula cerebrale, un nuovo neurone, dentro cui mettere il dato, piuttosto crea nuove connessioni tra le cellule cerebrali, nuove sinapsi, oppure rinforza connessioni già esistenti.

Una delle caratteristiche più importanti delle sinapsi, e quindi del cervello, è la plasticità, cioè la capacità di cambiare struttura e funzione in risposta a stimoli esterni, la capacità di continuare a imparare. Per anni la medicina e la scienza hanno sostenuto la convinzione che l’anatomia del cervello fosse immutabile. La scoperta più rivoluzionaria dei nostri tempi è che, in ogni momento, il cervello è in grado di modificare la propria struttura e le proprie funzioni attraverso il pensiero e l’attività, che è stato “progettato” per essere continuamente modificato dall’attività dei neuroni.

Studiando il nostro cervello e pensando ai miliardi di fibre che vi s’intrecciano, non è strano che si abbia l’impressione che vi regni una gran confusione; ma certamente è una confusione “ordinata”, se è capace di far venire fuori, da tutto questo apparente disordine, un pensiero intelligente. D’altra parte, tutta questa complessità ci fa anche capire quanto fragile sia la nostra mente, come possa bastare poco per fare inceppare uno dei tanti circuiti di questa macchina straordinaria e come una minima deviazione del meccanismo possa determinare la comparsa di gravi malattie mentali.

Ripercorrendo le diverse tappe dell’evoluzione, possiamo schematicamente dividere il cervello in tre parti. La prima, risalente a circa 500 milioni di anni fa, è costituita dalle strutture più antiche ed è in pratica identica a quelle dei rettili. Si trova nella parte posteriore e centrale del cervello e comprende il tronco dell’encefalo, il cervelletto e i nuclei della base. In essa troviamo le strutture che permettono al cuore di battere e ci consentono di respirare, quelle che regolano i nostri stati di veglia e di sonno, che percepiscono gli sbalzi di temperatura, che ci permettono di muoverci in modo coordinato. In altri termini, queste strutture antiche controllano funzioni necessarie per la sopravvivenza e lo fanno senza mai fermarsi, ma in modalità completamente automatica; nessuno di noi si pone il problema di respirare o di modificare il battito del proprio cuore.

Nel progredire dell’evoluzione da rettili a mammiferi, il cervello è diventato più complesso e ha sviluppato una seconda parte, rappresentata da strutture completamente nuove, quali il sistema limbico, sviluppatosi tra 200 e 300 milioni di anni fa al centro del cervello e sopra le strutture più antiche, quasi ad avvolgerle. Questa parte del cervello contiene le aree deputate all’elaborazione delle emozioni e al controllo dei comportamenti. Per gli animali che vivono in gruppi sociali, come le scimmie, svolge un ruolo importantissimo. Le aree più importanti che lo costituiscono sono: l’ippocampo, porta d’ingresso della memoria; l’amigdala, il luogo in cui nascono le emozioni; il talamo, una sorta di stazione di ritrasmissione che raccoglie i segnali degli organi dei sensi e li spedisce alle varie regioni della corteccia; l’ipotalamo, regolatore della temperatura corporea, del ritmo sonno-veglia, della fame, della sete e di alcuni aspetti della riproduzione e del piacere. Tutte queste strutture costituiscono il cervello emotivo e si attivano per evitare situazioni sgradevoli (minacce, pericoli, eventi che ci incutono paura) o per cercare e perseguire emozioni piacevoli (nutrirsi, stare con persone che ci fanno sentire sicuri, che ci dimostrano affetto, che ci piacciono).

La terza e più recente regione del cervello umano, quella razionale che controlla i comportamenti più evoluti, è la corteccia cerebrale, la neocortex, lo strato più esterno dell’encefalo, comparso circa 100mila anni fa. L’area più coinvolta in questa evoluzione è la corteccia prefrontale, la parte più razionale del nostro cervello. Nonostante sia sottile quanto un fazzoletto, la corteccia corrisponde a circa l’80% della massa cerebrale ed è assai convoluta e ripiegata su se stessa. Queste pieghe rappresentano la soluzione a un problema evolutivo: come disporre all’interno della scatola cranica, in modo poco ingombrante, i quasi due metri quadrati che misura la corteccia una volta spiegata. Piegandola e ripiegandola, creando i solchi e le fessure, che a loro volta costituiscono le circonvoluzioni e i lobi, la natura ha fatto sì che il cranio potesse contenerla.

Pur essendo tutte e tre queste parti strettamente collegate da un’intricata rete di autostrade neuronali, vi sono differenze importanti nel loro modo di interagire. La parte di cervello più antico, quella del cervelletto e del tronco cerebrale, nel suo funzionamento è autonoma e, benché le sue funzioni siano vitali, solitamente non si ha consapevolezza del suo operare. Le altre due parti, quella emotiva e quella razionale, invece, interagiscono continuamente in un modo di rilevante importanza per l’evoluzione della specie umana.

La progressiva introduzione, nello studio del cervello, di esperimenti e di conoscenze acquisibili mediante l’applicazione del metodo scientifico, ha dato origine alle neuroscienze. Tra la fine del XIX e l’inizio del XX prende avvio la psicologia sperimentale; poi, una volta identificati la natura e il funzionamento dei neuroni, con la capacità di riconoscerne in modo empirico l’attività e i collegamenti mediante forme di imaging cerebrale, prendono corpo, soprattutto dalla metà del XX secolo, le moderne neuroscienze. Con questo termine si indica oggi l’insieme delle discipline che studiano la biologia della mente e del comportamento umano, analizzando gli aspetti morfologici e funzionali del sistema nervoso come l’attenzione, la sensazione, la percezione, il sonno, la memoria, l’apprendimento, le emozioni, ecc.

Dalle neuroscienze abbiamo appreso di recente che le tracce nervose che fissano i ricordi non rimangono lì inerti e fisse, ma vengono sistemate e riorganizzate di continuo. Per conservare i ricordi della mente in maniera efficace sembra necessario modellarli e rimodellarli in continuazione. Non sappiamo molto sui processi di memorizzazione, ma certamente emozioni e ripetizioni sono due elementi chiave. L’emozione è ciò che distingue la memoria umana da quella artificiale, ciò che rende la nostra memoria selettiva e non casuale, che la caratterizza rispetto agli archivi digitali che memorizzano tutto ma non hanno mai un batticuore. Ciò che ci rimane in testa, che sia un libro o una persona, è lì perché ci ha emozionato, perché nella gerarchia emotiva della nostra mente quel ricordo valeva la pena mantenerlo. Le emozioni sono anche il mezzo di cui si serve la natura per valutare le esperienze della vita e per assicuraci la sopravvivenza. La gioia richiama l’attenzione su situazioni utili, mentre la paura e il disgusto ci mettono in guardia dai pericoli. In questo modo i ricordi, collegati dalla memoria alle emozioni, ci guidano nelle decisioni, spingendoci a ripetere situazioni positive e facendocene evitare altre che potrebbero costituire per noi una minaccia. Un altro elemento importante nei processi di memorizzazione è la ripetizione. Imparare significa ripetere: se degli stimoli rilevanti si susseguono, le sinapsi delle loro memorie si rafforzano continuamente, diventando più efficienti.

Dobbiamo ad alcuni importanti esperimenti progettati dai neuroscienziati la recente scoperta dei cosiddetti “neuroni a specchio”. All’inizio degli anni Novanta del secolo scorso, mediante l’impiego di elettrodi intracellulari i ricercatori registravano nelle scimmie l’attività di alcuni neuroni localizzati in una delle aree che controllano i movimenti, l’area “premotoria”. Ci si aspettava che questi neuroni si attivassero selettivamente quando la scimmia decideva di eseguire un movimento. I ricercatori furono molto sorpresi quando videro i neuroni attivarsi mentre la scimmia guardava uno di loro prendere del cibo, anche se essa non stava eseguendo nessun movimento visibile. Le sorprese furono due: la prima nasceva dal fatto che un neurone motorio si attivava per un’azione eseguita da un altro individuo; la seconda fu che lo stesso neurone si attivava quando la scimmia eseguiva lo stesso gesto. In altri termini, c’erano dei neuroni che si attivavano sia quando la scimmia compiva un’azione sia quando osservava lo sperimentatore compiere la medesima azione. Per questo queste cellule vennero chiamate neuroni specchio. Si dimostrò presto che questi meccanismi, oltre che nelle scimmie, erano presenti anche nell’uomo. Con questa scoperta gli scienziati capirono che la visione dell’agire altrui non provoca, semplicemente e passivamente, una ricostruzione pittorica di quell’azione da parte del cervello dell’osservatore; vedere un’azione significa anche simularla nel proprio sistema motorio, ripeterla nel proprio cervello. In seguito si scoprì una cosa ancora più straordinaria, e cioè che questo meccanismo “a specchio” si attiva non solo per l’osservazione di un movimento ma anche davanti a emozioni e sensazioni provate dall’altro, indipendentemente dalla loro natura reale o fittizia. Ciò vuol dire che quando noi osserviamo, nella vita reale o nella finzione di un film o di un’opera teatrale, qualcuno che si emoziona, piange o è felice, attiviamo una parte degli stessi circuiti neurali che lui sta attivando per provare quelle stesse emozioni e sensazioni. In pratica, viviamo quelle emozioni come se le provassimo noi stessi, attivando circuiti cerebrali in parte identici.

Il termine mente è comunemente usato per descrivere l’insieme delle funzioni cognitive del cervello, quali il pensiero, l’intuizione, la ragione, la memoria, la volontà, e tante altre. Anche il termine psiche fa riferimento alla mente nel suo complesso. Il pensiero è l’attività della mente, in un certo senso è la mente operativa, un processo che si esplica nella formazione delle idee, dei concetti, della coscienza, dell’immaginazione, dei desideri, della critica, del giudizio, e di ogni raffigurazione del mondo. Non sempre il pensiero è cosciente, potendo agire anche in modo inconscio. Coscienza è lo stato di consapevolezza raggiunto dall’attività della mente, cioè quel momento di presenza alla mente della realtà oggettiva, di percezione di unità ciò che è nell’intelletto.

Agli albori dell’evoluzione sulla terra non c’era traccia alcuna di coscienza o di libero arbitrio; prevalevano l’istinto e la lotta per la sopravvivenza. Poi, pian piano, l’acquisizione nel nostro cervello di sempre maggiori capacità e funzioni portò l’Homo sapiens a poter prevedere le conseguenze future delle proprie azioni, ad avere un primo barlume di coscienza. Perché, fino a un certo punto dell’evoluzione, le operazioni automatiche e silenti del cervello erano sufficienti per la vita, e solo più tardi è balzata prepotentemente fuori la coscienza e con essa il concetto di libero arbitrio? Cos’è successo perché con l’Homo sapiens la mente cominciasse riflettere su se stessa? Cos’è esattamente la coscienza e che cosa significa? Di cos’è fatta e com’è generata dal cervello? Che relazione c’è tra l’io, la coscienza e gli atomi e le molecole che compongono il cervello, ma che domani se ne saranno andati per essere sostituiti da altri?

La coscienza è l’espressione massima dell’attività del nostro cervello e ci appare molto difficile che sia soltanto il risultato di una serie di eventi casuali. Ma che cos’è esattamente la coscienza? Su questo quesito scienziati e filosofi dibattono da tempo pur sapendo che essa è la cosa più difficile da definire, la caratteristica più misteriosa dell’uomo. Su di essa possiamo dire tante cose: è la capacità di ognuno di noi di percepire e di sperimentare il mondo che ci circonda, di sentircele parte; è la soggettività, il libero arbitrio il centro di comando, della mente; è l’esigenza profonda di capire noi stessi; è la maturazione della consapevolezza di sé, con l’insieme di tutto il bagaglio di cose accumulate nel tempo, diversa dal bambino all’adolescente all’uomo adulto. Alla coscienza è legata la visione morale del mondo. La coscienza è un’attività della mente e implica il pensiero; se non pensi non sei cosciente. Ma ciò non implica che pensiero e coscienza si identifichino, perché non sempre il pensiero è cosciente. Forse di tutti i misteri dell’universo, questo e quello che nessuno riuscirà a risolvere con i soli mezzi che la scienza ci mette a disposizione.

Il nostro cervello è un capolavoro sconcertante e noi siamo fortunati ad appartenere a una generazione che ha gli strumenti tecnici e la preparazione culturale per studiarlo. È la cosa di gran lunga più bella che si sia scoperta nell’universo. Ciò che sappiamo del cervello e della mente è ancora una minima parte del tutto. Questa grandiosa impresa della scienza e della ricerca è ancora all’inizio e ci darà, nel futuro, altre scoperte, ancora più straordinarie. Ma già quanto noi conosciamo ci riempie di stupore e di meraviglia. Anche se non è il tutto, è sufficiente a farci assaporare la bellezza dell’alba e del tramonto, a farci stupire per la straordinarietà del dono della vita, anche se poi verrà ancora la notte.

     

    

Il testo qui proposto è un adattamento di alcuni capitoli del volume di G. Maira, Il cervello è più grande del cielo, Solferino, Milano 2019.

© 2019 RCS MediaGroup S.p.A., Milano

 

Tracce di lavoro: 

Laboratorio interdisciplinare: Il cervello è un oggetto di studio del tutto particolare: il suo funzionamento può essere studiato dal punto di vista della chimica e della biologia ma interpella anche la psicologia, la filosofia e non è estraneo neanche allo studio delle scienze sociali. I docenti di diverse discipline organizzino un confronto su questo tema da diverse prospettive.

Discutiamone insieme: Da diversi decenni gli sviluppi della chirurgia hanno reso possibile il trapianto di organi da un donatore a un altro individuo ricevente. Ma, chiediamoci, è possibile (ed è lecito) immaginare un trapianto di cervello? Il docente mostri agli studenti il video Cervelli sintetici e identità personale e guidi una discussione comune in aula.

Approfondisci e rifletti: Lo studente faccia una ricerca sul significato dei vocaboli ‘mente’ e ‘cervello’ facendo uso di dizionari di riconosciuta autorevolezza (anche disponibili on line).  Alla luce delle definizioni trovate, cerchi di cogliere la differenza e l’irriducibilità dell’uno all’altro.

Per approfondire

Gianfranco Basti, Mind-Body Relationship

Paul O’Callaghan, Soul

voci tratte da DISF e INTERS
Opere influenti: 
Antonio R. Damasio, L’errore di Cartesio. Emozione, ragione e cervello umano (1994), a cura di Anna Pelliccia
Andrew Newberg, Eugene D’Aquili, Dio nel cervello. La prova biologica della fede (2002), a cura di Andrea Vaccaro
Indicazioni bibliografiche: 

Bibliografie tematiche:

Rapporto mente-corpo e neuroscienze

Altri documenti: 
Testimonial: