Sono rimasto “a bocca aperta”. L’hai detto così, raccontando ai tuoi amici qualcosa che ti ha talmente sorpreso da lasciarti senza parole. Qualcosa di bello, di veramente bello. Inaspettato. È capitato anche a me. Capita a tutti. È più di un sentimento, non è solo stupore, non è solo gioia, paura o fremito; è qualcosa che ci mette in contatto con l’inaspettato, con qualcosa che ci viene incontro, apparentemente “da un altro mondo”, un mondo diverso da quello della nostra esperienza ordinaria o perfino della nostra immaginazione. “Una cosa così, non me l’immaginavo!”, abbiamo confidato. Per riconoscere la bellezza non c’è bisogno bisogno di definirla: sappiamo cos’è. Un po’ tutti lo sanno, sebbene con sfumature diverse a seconda della sensibilità e della storia di ciascuno.
L’esperienza della bellezza è una di quelle esperienze umane che ci fanno star bene; ma ci fanno anche pensare, riflettere. È bello stare in questo luogo. È bello stare con te. È bello vedere questo panorama. È bello che tu esista. È bello che io, che ciascuno di noi esista e abbia aperto gli occhi in questo mondo. Da dove proviene questo giudizio di “bellezza”, cosa lo fonda, perché lo sperimento? Avviciniamoci per gradi, ricordando, o forse scoprendo insieme, ciò che rende la bellezza tale.
La bellezza possiede un ruolo straordinario nella storia umana perché è proprio dalla bellezza, dallo stupore che essa provoca, che nasce la conoscenza. Se le cose non fossero belle, se non ci attraessero, nessuno si imbarcherebbe nella fatica che ogni conoscenza esige: osservare, cercare, studiare, capire… Su questo punto tutti gli esseri umani sono sempre stati d’accordo, da Platone fino ai ricercatori del CERN di Ginevra.
Vi sono anche altre considerazioni che entrano in ogni discorso sulla bellezza. Ci rendiamo subito conto che la bellezza è diversa dal “gusto” o dal “piacere”. La bellezza può generarli, certo, ma ci parla d’altro. La bellezza unifica, ci porta a voler condividere con altri la nostra esperienza, mentre il gusto e il piacere possono chiuderci nella nostra individualità. Gusto e piacere ci fanno guardare verso noi stessi, prima che agli altri. La bellezza apre sempre a qualcosa di grande, che ci supera, che va oltre noi stessi. È poi accaduto che, almeno qualche volta, ci siamo sentiti “ingannati” da ciò che, pensavamo, fosse bellezza. È qualcosa difficile da spiegare, ma tutti vogliamo distinguere la vera bellezza dalla falsa bellezza, che chiamiamo illusione, miraggio, sensazione passeggera. La bellezza ha bisogno di verità. Forse non capiamo sempre che rapporto debba esserci fra le due, ma capiamo bene che l’una ha bisogno dell’altra. Una verità che non sia anche bella non può essere verità, anche se potrebbe essere scomoda (una verità scomoda è ancora bella, mentre la menzogna certamente non lo è). Una bellezza che non fosse vera, lo capiamo tutti, non potrebbe mai essere davvero bellezza.
Dicevamo che la bellezza è diversa dal gusto personale, perché ha qualcosa di universale, che unifica. Eppure tutti sono d’accordo sul fatto che esista un “gusto per la bellezza”. Quest’espressione vuol dire che, per riconoscere la bellezza, occorre a volte “educare i nostri sensi”, ed educare noi stessi a riconoscerla. Chi non ha mai ascoltato musica classica non potrà capirne la bellezza, che certamente possiede; chi non ha approfondito lo stile e il ricco simbolismo di un pittore, non potrà apprezzare la bellezza delle sue opere. Non è sempre così, ma per alcuni tipi di bellezza accade: è necessario sviluppare una certa sensibilità, senza della quale ciò che è bello passerà inosservato, o correrà il rischio di essere sottovalutato, perfino disprezzato. Questo ci dice che la bellezza, spesso, presenta dei “canoni”, cioè delle forme, delle regole: una volta conosciute, esse ci aprono un mondo e ci fanno “gustare” la bellezza dell’arte, della musica, della letteratura, ma anche della struttura del mondo fisico, come accade con la matematica e le leggi della natura. Conosciuti e apprezzati, i canoni estetici divengono subito comunicabili, riconoscibili, fonte di dialogo e di comunione con gli altri. Educare alla bellezza è un atto di amore, perché apre gli occhi all’invisibile, fa vedere cose che altri, senza questo aiuto, non potrebbero mai vedere.
Tra i tanti modi con cui ci accostiamo alla bellezza lascia che ne menzioni due, sicuramente quelli che maggiormente catturano la nostra attenzione: la bellezza della natura e la bellezza del corpo umano. In entrambi i casi si tratta di una bellezza “che fa pensare”, suscita domande, apre a qualcosa che sembra trascenderci. Perché la natura è così bella? Perché anche il fiore più ordinario o l’insetto più minuto ci stupiscono tanto? Perché staremmo per ore a guardare le cime innevate dei monti durante una gita o il cielo stellato di notte, quando abbiamo la fortuna di osservarlo? Come la bellezza, anche la natura “rimanda la di là di se stessa”, sembra venirci incontro, trascenderci. Ci dice che la bellezza è qualcosa di più grande di noi stessi, non la possiamo dominare mai del tutto, non ci appartiene. Però, purtroppo, possiamo perderla. La bellezza può ritrarsi da noi, quando non custodiamo la natura e la danneggiamo. Possiamo sfigurare la bellezza di un quadro, alterarlo, imbrattarlo: abbiamo rovinato qualcosa che non era nostro, qualcosa che dovevamo contemplare e non manipolare.
Anche il corpo umano ci parla di una bellezza che non ci appartiene, una bellezza che possiamo ricevere solo come dono gratuito. La bellezza del corpo umano muove alla gratitudine, non al suo possesso; deve suscitare pensieri di rispetto, non di strumentalizzazione. Anche in questo caso, soltanto chi è “educato” a questa bellezza può distinguere ciò che onora l’altro e ciò che, invece, lo umilia. La bellezza del corpo umano trasporta, lega, innamora: come il volto della persona amata, come l’abbraccio che ti conforta, come le carezze di una madre. Non sarà che anche il corpo umano, come la natura, è così bello perché rimanda al di là di sé stesso, è segno di una trascendenza, è immagine di Qualcuno? Come vedi, la bellezza, quella vera, suscita domande. Ce lo eravamo detti. La bellezza apre al mistero. La bellezza può farti parlare di Dio.
Infine, c’è ancora un aspetto della bellezza di cui vorrei parlarti. La bellezza è gioia di vivere: è bello esistere, esserci, essere in comunione con gli altri. La frase “la vita è bella” dice assai di più di quanto non sembri. Al di là delle delusioni più feroci, dei dolori più lancinanti, delle depressioni più amare, c’è una bellezza profondissima presente nel dono della vita e nel modo in cui condividiamo questo dono con gli altri. È bello condividere, sostenere, gioire, ridere. È bello comunicare ed essere in comunione. Magari, perché anche la comunione e l’amore sono immagine di Qualcuno?