Generare

  Quando apriamo gli occhi su questo mondo e cerchiamo di capire il ruolo che vi occupiamo, ci rendiamo subito conto di una cosa: innumerevoli generazioni di esseri umani ci hanno preceduto, e altre generazioni continueranno dopo di noi. La vita – e con essa la cultura, le conoscenze, l’esperienza – è stata trasmessa . A noi tocca vivere il pezzo di storia che ci è stato affidato. E a noi tocca anche “generare” in favore di chi ci seguirà.

  Generare fa subito pensare alla trasmissione della vita umana, ad una nuova nascita. Chi di voi si ricorda della nascita di un fratello, di una sorella, di un parente stretto più giovane di noi, avrà sicuramente anche il ricordo dell’aria di novità che si respira in una casa quando finalmente giunge l’“ultimo arrivato”: la gioia che causa in tutti un neonato, la curiosità di conoscerlo, la tenerezza di fronte a un bambino che si affaccia alla vita, la sorpresa per tutte le sue prime conquiste – dai vagiti ai primi passi. Nel frattempo cambiano le abitudini familiari, i neo-genitori modificano l’organizzazione del loro tempo, tutta la casa è messa sottosopra da questa nuova presenza, alla quale già ci lega un profondo affetto e che al tempo stesso… pare essere piombata chissà da dove. Già, da dove proviene una nuova vita?

  La trasmissione della vita, la generazione umana in particolare, continuano a essere un mistero. Lo sono non nel senso che ci siano oscuri i processi biologici e fisiologici che rendono possibile questa trasmissione, ma nel senso che la vita, in sé, sembra qualcosa che amministriamo ma non abbiamo progettato, né creato: in qualche modo, l’abbiamo ricevuta. Naturalmente sappiamo moltissimo della fisiologia del corpo umano e il fenomeno biologico della riproduzione è ben noto: eppure la notizia dell’arrivo di un bambino suscita sempre stupore, anche gratitudine, addirittura rispetto per qualcosa che ci coinvolge e dalla quale siamo come “attraversati”, ma allo stesso tempo supera la nostra piena comprensione. La nostra dignità di esseri umani, risiede anche nella capacità di partecipare in modo consapevole e responsabile alla trasmissione della vita attraverso le generazioni.

  L’esperienza della nascita, e con essa le esperienze della maternità e della paternità, ci fanno comprendere che la nostra esistenza è inseparabile da quella degli altri: so di essere stato generato da altri, da cui ho ricevuto la vita, e a mia volta posso essere origine di qualcosa e di qualcuno, di altre persone umane che potranno venire al mondo e proseguire il percorso storico della nostra specie. D’altra parte, nessuno può dare la vita da solo: la generatività umana implica che io possa trasmettere il dono della vita soltanto unendomi a qualcuno diverso da me, a qualcuno che è complementare rispetto a me. In questo senso, è la differenza che porta a generare, rivelando tutta la ricchezza della diversità.

  Durante la loro adolescenza, le ragazze e i ragazzi vivono delle trasformazioni che possono essere paragonate a una “seconda nascita”: è in questa età che si definisce e si specifica la propria personalità, il proprio carattere, si compiono le prime scelte e i primi passi verso la vita adulta, fatta di relazioni, amicizie, amori, impegni lavorativi, sociali, politici. Forse anche tu avrai avvertito in te il desiderio di “nascere” alla vita adulta, di diventare ciò che senti di volere o dover essere. Questo desiderio ti porterà a scoprire molte cose di te e della realtà in cui vivi, a fare esperienze diverse e ad acquistare una consapevolezza, un punto di vista unico e irripetibile, un bagaglio di competenze, conoscenze, idee. E potrai sentire il desiderio di trasmettere tutto ciò a qualcun altro: generando dei figli, ma anche dando avvio a iniziative, producendo opere, concependo idee che contribuiscano alla vita e al progresso della società.

  Capiamo allora che generare non significa semplicemente avere figli: certo, anche questo – e quanto è importante! – ma la generazione non coincide soltanto con la riproduzione: generare è un compito che ci è stato affidato per migliorare il mondo. Non a caso si dice “concepire un’idea” o “concepire un progetto”: l’ideazione, l’inventiva, la capacità di immaginare ciò che ancora non c’è, rivela una caratteristica dell’essere umano che possiamo chiamare creatività. È quello che ci spinge a dare forma a opere d’arte, a scrivere libri, a fondare imprese, a impegnarci per trasformare la società affinché – non avere paura di sembrare ingenuo se lo affermi – il mondo diventi migliore. Ma per chi?

  Per chi verrà dopo. Generare, in fondo, significa donare: far sì che altri proseguano sulla strada aperta da noi, anche senza di noi. Tutto ciò che amiamo – le cose che ci piacciono, i nostri affetti, le cause per cui lottiamo, la bellezza che ci fa palpitare – non va perduto se lo doniamo ad altri. La generatività viene e così a comporre una lacerazione, un profondo disagio che notiamo in noi: tutte le cose che amiamo sono destinate a scomparire, con la corruzione, con la dispersione e con la morte; ma al tempo stesso tutti abbiamo un desiderio di “immortalità”, vogliamo che le cose belle non terminassero mai, durassero per sempre, come le persone che amiamo, i progetti che ci impegnano, gli ideali per i quali viviamo. Generare vuol dire, in certo modo, “sfiorare” l’immortalità.

  Inoltre, partecipare noi stessi agli altri non diminuisce noi stessi, piuttosto ci arricchisce. I beni relazionali, quelli che trasmettiamo attraverso le nostre relazioni, tra cui generare, non terminano, diversamente dai beni di consumo, che invece si esauriscono. Insegnare una lingua, educare a una virtù, generare cultura, trasmettere la vita, condividere amore, non impoverisce chi lo fa. Non così i beni semplicemente materiali, di consumo, appunto, come una buona torta, che divisa in tante parti uguali, sparisce. Non l’affetto con cui è stata preparata e la maestria che essa esprime, che perdurano invece anche quando la torta finisce.

  Chi genera, tuttavia, deve anche amare la libertà di chi verrà dopo di noi, lasciandoli liberi di proseguire sulla strada che abbiamo aperto senza obbligarli a ripetere esattamente ciò che le generazioni precedenti hanno fatto. Nessuno vorrebbe mai essere la fotocopia di qualcun altro, ma una persona autonoma, che sa decidere e operare con la sua testa. Questo passaggio di contenuti vivi ed esperienze da una generazione a un’altra si chiama tradizione: forse questa parola ti fa venire in mente gli addobbi per qualche festa di cui non capiamo più il significato, o qualche strana usanza antica che non parla più alla sensibilità di oggi. Nulla di tutto questo: se mi hai seguito fin qui, avrai capito che la tradizione non è la noiosa consegna di un messaggio prefabbricato, di un oggetto inerte o addirittura di un peso morto, ma la tradizione è trasmissione di qualcosa di vivo, che nel passaggio continua a svilupparsi e ad animare colui che lo riceve.

  Generare vuol dire dunque muovere un passo verso il futuro, essendo anche disposti ad attendere che il seme gettato porti frutto. I nove mesi della gravidanza, le notti insonni dei genitori di un bambino ancora piccolo, la pazienza degli educatori che attendono i progressi dei loro allievi, gli sforzi di tutti coloro che si impegnano per la buona riuscita di una iniziativa… ogni forma di generatività prevede un elemento di sofferenza, piccola o grande, ripagata dalla gioia di veder sbocciare ciò per cui si dà la vita. Questo può significare anche dover accettare incomprensioni e delusioni senza perdere la speranza, ma continuando con passione e fiducia trasmettere quanto abbiamo ricevuto a nostra volta: la vita, le esperienze, le idee. Nutrire gli altri, facendo spazio a chi viene dopo e accettando anche di cedere il nostro posto in questo mondo per amore.

  Quando parliamo di generare, stiamo anche parlando di Dio. La Rivelazione cristiana ci parla infatti di un Dio Uno e Trino che, in sé stesso, è Vita e comunione d’amore tra tre Persone. Secondo relazioni che trascendono la storia e le nostre parole, il Padre genera il Figlio, e dal Padre e dal Figlio procede lo Spirito Santo. È un po’ come se la generazione fosse all’origine e nel fondamento di tutte le cose. Del Figlio, la fede della Chiesa cattolica afferma “generato, non creato, della stessa sostanza del Padre”. Mentre il mondo è creato dal nulla, perché non è Dio, il Figlio è generato dal Padre come Dio da Dio. La vita – sulla terra, nella storia, nell’universo – è il riflesso misterioso di questa vita generativa, eterna e trascendente, che è Dio stesso. Ma c’è ancora qualcosa: i credenti sanno di essere stati “generati da Dio”, come recita il prologo del Vangelo di san Giovanni: «A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati» (Gv 1,12-13). In un dialogo notturno con Gesù di Nazaret,il colto giudeo Nicodemo scopre con sorpresa di dover “nascere dall’alto” ed essere rigenerato per una vita nuova (cf. Gv 3,1-8). Questa nuova generazione permette una partecipazione alla vita di Dio come figli nel Figlio, prendendo parte, nella storia, a quella relazione paterno-filiale da sempre presente in Dio. Il Figlio, inviato dal Padre nel mondo per Amore, ha dato origine con la sua vita e con i suoi insegnamenti, con la sua morte e la sua risurrezione, ad una grande storia di generazione. Dal mistero pasquale di Gesù di Nazaret, Figlio di Dio fatto uomo, è nata quella discendenza annunciata da Dio un giorno ad Abramo, estesa quanto le stelle del cielo e la sabbia del mare. Ogni essere umano, di ogni popolo e cultura, senza eccezione alcuna, è raggiunto dal sacrificio redentore di Gesù, morto per i nostri peccati e risorto dai morti. E con la loro vita i cristiani hanno generato opere che restano e testimoniano questa storia di fecondità: ospedali e università, cura per i più deboli e bisognosi, arte e musica, letteratura e filosofia, servizio alla vita e difesa dell’ambiente. Basilio di Cesarea e Francesco d’Assisi, Domenico di Guzman e Tommaso d’Aquino,Teresa d’Avila e Teresina di Lisieux, John Henry Newman ed Edith Stein, Federico Ozanam e Madre Teresa di Calcutta, Chiara Lubich e Josemaría Escrivá, sono uomini e donne che hanno generato innumerevoli figli e figlie, in Cristo. E che continueranno a generare negli anni che verranno…