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Costituzione pastorale Gaudium et spes (nn. 19-22; 33-39; 57-62)

Concilio Vaticano II
7 dicembre 1965

Forme e radici dell'ateismo - L'ateismo sistematico - L'atteggiamento della Chiesa di fronte all'ateismo - Cristo, l'uomo nuovo - L'attività umana nell'universo ed il suo valore - La legittima autonomia delle realtà terrene - L'attività umana sfigurata dal peccato, redenta ed elevata dal mistero pasquale di Cristo - La fede, il Vangelo e la cultura - Le diverse forme di cultura - I diritti di ogni uomo alla cultura - Necessità di una cultura integrale e sua armonia con l'insegnamento cristiano.

Dalla Parte I, cap. I: La dignità della persona umana (nn. 19-22)

19. Forme e radici dell’ateismo. La ragione più alta della dignità dell'uomo consiste nella sua vocazione alla comunione con Dio. Fin dal suo nascere l'uomo è invitato al dialogo con Dio: non esiste, infatti, se non perché, creato per amore da Dio, da lui sempre per amore è conservato, né vive pienamente secondo verità se non lo riconosce liberamente e se non si affida al suo Creatore. Molti nostri contemporanei, tuttavia, non percepiscono affatto o esplicitamente rigettano questo intimo e vitale legame con Dio, così che l'ateismo va annoverato fra le cose più gravi del nostro tempo, e va esaminato con diligenza ancor maggiore.

Con il termine di «ateismo» vengono designati fenomeni assai diversi tra loro. Alcuni negano esplicitamente Dio; altri ritengono che l'uomo non possa dir niente di lui; altri poi prendono in esame il problema relativo a Dio con un metodo tale per cui il problema sembra privo di senso. Molti, oltrepassando indebitamente i confini delle scienze positive, o pretendono di spiegare tutto solo da questo punto di vista scientifico, oppure al contrario non ammettono ormai più alcuna verità assoluta. Alcuni tanto esaltano l'uomo, che la fede in Dio ne risulta quasi snervata, inclini come sono, così pare, ad affermare l'uomo più che a negare Dio. Altri si rappresentano Dio in modo tale che quella rappresentazione che essi rifiutano, in nessun modo è il Dio del vangelo. Altri nemmeno si pongono il problema di Dio, in quanto non sembrano sentire alcuna inquietudine religiosa né riescono e capire perché dovrebbero interessarsi di religione. L'ateismo inoltre ha origine non di rado o dalla protesta violenta contro il male del mondo, o dall'aver attribuito indebitamente i caratteri propri dell'assoluto a qualche valore umano, così che questo prende il posto di Dio. Perfino la civiltà moderna, non per se stessa ma in quanto troppo irretita nella realtà terrena, può rendere spesso più difficile l'accesso a Dio.

Senza dubbio coloro che volontariamente cercano di tenere lontano Dio dal proprio cuore e di evitare i problemi religiosi, non seguendo l'imperativo della loro coscienza, non sono esenti da colpa; tuttavia in questo campo anche i credenti spesso hanno una certa responsabilità. Infatti, l'ateismo considerato nella sua interezza non è qualcosa di originario, bensì deriva da cause diverse, e tra queste va annoverata anche una reazione critica contro le religioni e, in alcune regioni, proprio anzitutto contro la religione cristiana. Per questo nella genesi dell'ateismo possono contribuire non poco i credenti, in quanto per aver trascurato di educare la propria fede, o per una presentazione fallace della dottrina, o anche per i difetti della propria vita religiosa, morale e sociale, si deve dire piuttosto che nascondono e non che manifestano il genuino volto di Dio e della religione.

20. L’ateismo sistematico. L'ateismo moderno si presenta spesso anche in forma sistematica, secondo cui, oltre altre cause, l'aspirazione dell'autonomia dell'uomo viene spinta così avanti da fare difficoltà nei riguardi di qualunque dipendenza da Dio. Quelli che professano tale ateismo pretendono che la libertà consista nel fatto che l'uomo sia fine a se stesso, unico artefice e demiurgo della propria storia; cosa che non può comporsi, così essi pensano, con il riconoscimento di un Signore, autore e fine di tutte le cose, o che almeno rende semplicemente superflua tale affermazione. Può favorire una tale dottrina quel senso di potenza che l'odierno progresso tecnico immette nell'uomo.

Tra le forme dell'ateismo moderno non va trascurata quella che si aspetta la liberazione dell'uomo soprattutto dalla sua liberazione economica e sociale. Si pretende che la religione sia di ostacolo, per natura sua, a tale liberazione, in quanto, elevando la speranza dell'uomo verso una vita futura e fallace, la distoglie dall'edificazione della città terrena. Perciò i fautori di tale dottrina, quando arrivano a prendere in mano il governo, combattono con violenza la religione, e diffondono l'ateismo anche ricorrendo agli strumenti di pressione, di cui dispone il pubblico potere, specialmente nel campo dell'educazione dei giovani.

21. Atteggiamento della Chiesa di fronte all’ateismo. La Chiesa, fedele ai suoi doveri verso Dio e verso gli uomini, non può fare a meno di riprovare, come ha fatto in passato, con tutta fermezza e con dolore tali perniciose dottrine e azioni che contrastano con la ragione e con l'esperienza comune degli uomini e che degradano l'uomo dalla sua innata grandezza.

Si sforza però di scoprire le ragioni della negazione di Dio che si nascondono nella mente degli atei e, consapevole della gravità delle questioni suscitate dall'ateismo e mossa da carità verso tutti gli uomini, ritiene che esse debbano meritare un esame più serio e più profondo.

La Chiesa crede che il riconoscimento di Dio non si oppone in alcun modo alla dignità dell'uomo, dato che questa dignità trova proprio in Dio il suo fondamento e la sua perfezione: l'uomo riceve da Dio creatore le doti di intelligenza e di libertà ed è costituito libero nella società, ma soprattutto egli è chiamato a comunicare con Dio stesso in qualità di figlio e a partecipare alla sua stessa felicità. Inoltre essa insegna che la speranza escatologica non diminuisce l'importanza degli impegni terreni, ma anzi dà nuovi motivi a sostegno della attuazione di essi. Al contrario, invece, se manca il fondamento divino e la speranza della vita eterna, la dignità umana viene lesa in maniera assai grave, come si costata spesso al giorno d'oggi, e gli enigmi della vita e della morte, della colpa e del dolore rimangono senza soluzione, tanto che non di rado gli uomini sprofondano nella disperazione.

E intanto ciascun uomo rimane a se stesso un problema insoluto, confusamente percepito. Nessuno, infatti, può sfuggire del tutto all'interrogativo sopra ricordato in certi momenti della sua vita, e particolarmente negli avvenimenti di maggior rilievo. A questo problema soltanto Dio dà una risposta piena e certa, lui che chiama l'uomo a pensieri più alti e a ricerche più umili.

Il rimedio all'ateismo lo si deve attendere sia dalla esposizione conveniente della dottrina della Chiesa, sia da tutta la vita di essa e dei suoi membri. La Chiesa infatti ha il compito di rendere presenti e quasi visibili Dio Padre e il Figlio suo incarnato, rinnovando se stessa e purificandosi senza posa sotto la guida dello Spirito santo. Ciò si otterrà anzitutto con la testimonianze di una fede viva e matura, vale a dire opportunamente educata alla capacità di guardare in faccia con lucidità alle difficoltà per superarle. Di una fede simile hanno dato e danno testimonianza sublime moltissimi martiri. Questa fede deve manifestare la sua fecondità, col penetrare l'intera vita dei credenti, anche quella profana, col muoverli alla giustizia e all'amore specialmente verso i bisognosi. A rivelare la presenza di Dio contribuisce, infine, moltissimo la carità fraterna dei fedeli, che unanimi nello spirito lavorano insieme per la fede del vangelo e si mostrano quale segno di unità.

La Chiesa, poi, pur respingendo in maniera assoluta l'ateismo, tuttavia riconosce sinceramente che tutti gli uomini, credenti e non credenti, debbano contribuire alla retta edificazione di questo mondo, entro il quale si trovano a vivere insieme: il che non può avvenire certamente senza un sincero e prudente dialogo. Essa pertanto deplora la discriminazione tra credenti e non credenti che alcune autorità civili ingiustamente introducono, non volendo riconoscere i diritti fondamentali della persona umana. Rivendica, poi, in favore dei credenti una effettiva libertà, perché sia loro consentito di edificare in questo mondo anche il tempio di Dio. Gli atei, poi, essa li invita cortesemente a volere prendere in considerazione il vangelo di Cristo con animo aperto.

La Chiesa sa perfettamente che il suo messaggio è in armonia con le aspirazioni più segrete del cuore umano, quando difende la causa della dignità della vocazione umana, e così ridona la speranza a quanti disperano ormai di un destino più alto. Il suo messaggio non toglie alcunché all'uomo, infonde invece luce, vita e libertà per il suo progresso, e all'infuori di esso, niente può soddisfare il cuore dell'uomo: «Ci hai fatto per te, o Signore, e il nostro cuore è senza pace finché non riposa in te».

22. Cristo, l’uomo nuovo. In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo. Adamo, infatti, il primo uomo, era figura di quello futuro e cioè di Cristo Signore. Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente l'uomo all'uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione. Nessuna meraviglia, quindi, che tutte le verità su esposte trovino in lui la loro sorgente e tocchino il loro vertice.

Egli è «l'immagine dell'invisibile Dio» (Col 1,15). Egli è l'uomo perfetto, che ha restituito ai figli d'Adamo la somiglianza con Dio, resa deforme già subito agli inizi a causa del peccato. Poiché in lui la natura umana è stata assunta, senza per questo venire annientata, per ciò stesso essa è stata anche in noi innalzata a una dignità sublime. Con l'incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo a ogni uomo. Ha lavorato con mani d'uomo, ha pensato con mente d'uomo, ha agito con volontà d'uomo, ha amato con cuore d'uomo. Nascendo da Maria vergine, egli si è fatto veramente uno di noi, in tutto simile a noi fuorché nel peccato.

Agnello innocente, col suo sangue sparso liberamente ci ha meritato la vita, e in lui Dio ci ha riconciliati con se stesso e tra noi e ci ha strappati dalla schiavitù del diavolo e del peccato; così che ognuno di noi può dire con l'apostolo: il Figlio di Dio «ha amato me e ha sacrificato se stesso per me» (Gal 2,20). Soffrendo per noi non solo ci ha dato l'esempio perché seguiamo le sue orme, ma ci ha anche aperta la strada; mentre noi la percorriamo, la vita e la morte vengono santificate e acquistano nuovo significato.

Il cristiano, poi, reso conforme all'immagine del Figlio che è il primogenito tra molti fratelli, riceve «le primizie dello Spirito» (Rm 8,23), per cui diventa capace di adempiere la legge nuova dell'amore. In virtù di questo Spirito, che è la «caparra della eredità» (Ef 1,14), tutto l'uomo viene interiormente rifatto, fino al traguardo della «redenzione del corpo» (Rm 8,23): «Se in voi dimora lo Spirito di colui che resuscitò Gesù da morte, egli che ha risuscitato Gesù Cristo da morte darà vita anche ai vostri corpi mortali, a motivo del suo Spirito che abita in voi» (Rm 8,11). Il cristiano certamente è assillato dalla necessità e dal dovere di combattere contro il male attraverso molte tribolazioni, e di subire la morte; ma associato al mistero pasquale e assimilato alla morte di Cristo, andrà incontro alla risurrezione confortato dalla speranza.

E ciò non vale solamente per i cristiani ma anche per tutti gli uomini di buona volontà, nel cui cuore lavora invisibilmente la grazia. Cristo, infatti, è morto per tutti e la vocazione ultima dell'uomo è effettivamente una sola, quella divina, perciò dobbiamo ritenere che lo Spirito santo dia a tutti la possibilità di venire a contatto, nel modo che Dio conosce, col mistero pasquale.

Tale e così grande è il mistero dell'uomo, che chiaro si rivela agli occhi dei credenti, attraverso la rivelazione cristiana. Per Cristo e in Cristo riceve luce quell'enigma del dolore e della morte, che al di fuori del suo vangelo ci opprime. Cristo è risorto, distruggendo la morte con la sua morte, e ci ha donato la vita, affinché, figli nel Figlio, esclamiamo nello Spirito: Abba, Padre!.

Dal cap. III: L’attività umana nell’universo (nn. 33-39)

33. Posizione del problema. Col suo lavoro e col suo ingegno l'uomo ha cercato sempre di sviluppare la propria vita; oggi, poi, specialmente con l'aiuto della scienza e della tecnica, ha dilatato e continuamente dilata il suo dominio su quasi tutta intera la natura e, con l'aiuto soprattutto degli accresciuti mezzi di molte forme di scambio tra le nazioni, la famiglia umana a poco a poco è venuta a riconoscersi e a costituirsi come una comunità unitaria nel mondo intero. Ne deriva che molti beni, che un tempo l'uomo si aspettava dalle forze superiori, oggi ormai se li procura con la sua iniziativa e con le sue forze.

Di fronte a questo immenso sforzo, che ormai pervade tutto il genere umano, molti interrogativi sorgono tra gli uomini. Qual è il senso e il valore dell'attività umana? Come vanno usate queste realtà? A quale scopo tendono gli sforzi sia individuali che collettivi? La Chiesa, che custodisce il deposito della parola di Dio, da cui vengono attinti i principi per l'ordine morale e religioso, anche se non ha sempre pronta la soluzione per ogni singola questione, desidera unire la luce della rivelazione alla competenza di tutti, allo scopo di illuminare la strada sulla quale si è messa da poco l'umanità.

34. Il valore dell’attività umana. Per i credenti una cosa è certa: l'attività umana individuale e collettiva, ossia quell'ingente sforzo col quale gli uomini nel corso dei secoli cercano di migliorare le proprie condizioni di vita, considerato in se stesso, corrisponde al disegno di Dio. L'uomo, infatti, creato a immagine di Dio, ha ricevuto il comando di sottomettere a sé la terra con tutto quanto essa contiene, e di governare il mondo nella giustizia e nella santità, e così pure di riportare a Dio se stesso e l'universo intero, riconoscendo in lui il Creatore di tutte le cose; in modo che, nella subordinazione di tutte le realtà all'uomo, sia glorificato il nome di Dio su tutta la terra.

Ciò vale anche per gli ordinari lavori quotidiani. Gli uomini e le donne, infatti, che per procurare il sostentamento per sé e per la famiglia esercitano il proprio lavoro così da prestare anche conveniente servizio alla società, possono a buon diritto ritenere che con il loro lavoro essi prolungano l'opera del Creatore, si rendono utili ai propri fratelli, e donano un contributo personale alla realizzazione del piano provvidenziale di Dio nella storia.

I cristiani, dunque, non si sognano nemmeno di contrapporre i prodotti dell'ingegno e della potenza dell'uomo alla potenza di Dio, quasi che la creatura razionale sia rivale del Creatore; al contrario piuttosto, essi sono persuasi che le vittorie dell'umanità sono segno della grandezza di Dio e frutto del suo ineffabile disegno. E quanto più cresce la potenza degli uomini, tanto più si estende e si allarga la loro responsabilità sia individuale che collettiva. Da ciò si vede come il messaggio cristiano, lungi dal distogliere gli uomini dal compito di edificare il mondo, lungi dall'incitarli a disinteressarsi del bene dei propri simili, li impegna piuttosto a tutto ciò con un obbligo ancora più stringente.

35. Norme dell’attività umana. L'attività umana, invero, come deriva dall'uomo, così è ordinata all'uomo. L'uomo, infatti, quando lavora, non soltanto modifica le cose e la società, ma anche perfeziona se stesso. Apprende molte cose, sviluppa le sue facoltà, è portato a uscire da sé e a superarsi. Tale sviluppo, se è ben compreso, vale più delle ricchezze esteriori che si possono accumulare. L'uomo vale più per quello che è che per quello che ha. Parimenti tutto ciò che gli uomini compiono allo scopo di conseguire una maggiore giustizia, una più estesa fraternità e un ordine più umano nei rapporti sociali, ha più valore dei progressi in campo tecnico. Questi, infatti, possono formare, per così dire, la materia alla promozione umana, ma da soli non valgono in nessun modo ad effettuarla.

Pertanto questa è la norma della attività umana: che secondo il disegno di Dio e la sua volontà essa corrisponda al vero bene della umanità, e permetta all'uomo singolo o posto entro la società di coltivare e di attuare la sua integrale vocazione.

36. La legittima autonomia delle realtà terrene. Molti nostri contemporanei, però, sembrano temere che, se si fanno troppo stretti i legami tra attività umana e religione, venga impedita l'autonomia degli uomini, delle società, delle scienze.

Se per autonomia delle realtà terrene intendiamo che le cose create e le stesse società hanno leggi e valori propri, che l'uomo gradatamente deve scoprire, usare e ordinare, allora si tratta di una esigenza legittima, che non solo è postulata dagli uomini del nostro tempo, ma anche è conforme al volere del Creatore. Infatti è dalla stessa loro condizione di creature che le cose tutte ricevono la loro propria consistenza, verità, bontà, le loro leggi proprie e il loro ordine; e tutto ciò l'uomo è tenuto a rispettare, riconoscendo le esigenze di metodo proprie di ogni singola scienza o arte. Perciò la ricerca metodica di ogni disciplina, se procede in maniera veramente scientifica e secondo le norme morali non sarà mai in reale contrasto con la fede, perché le realtà profane e le realtà della fede hanno origine dal medesimo Dio. Anzi, chi si sforza con umiltà e con perseveranza di scandagliare i segreti della realtà, anche senza che egli se ne avverta viene come condotto dalla mano di Dio, il quale, mantenendo in esistenza tutte le cose, fa che siano quello che sono. A questo punto, ci sia concesso di deplorare certi atteggiamenti mentali, che talvolta non mancano nemmeno tra i cristiani, derivati dal non avere sufficientemente percepito la legittima autonomia della scienza, e che, suscitando contese e controversie, trascinarono molti spiriti a tal punto da ritenere che scienza e fede si oppongano tra loro.

Se invece con l'espressione «autonomia delle realtà temporali» si intende che le cose create non dipendono da Dio, che l'uomo può adoperarle senza riferirle al Creatore, allora tutti quelli che credono in Dio avvertono quanto false siano tali opinioni. La creatura, infatti, senza il Creatore svanisce. Del resto tutti coloro che credono, a qualunque religione appartengano, hanno sempre inteso la voce e la manifestazione di lui nel linguaggio delle creature. Anzi, l'oblio di Dio priva di luce la creatura stessa.

37. L’attività umana corrotta dal peccato. La Sacra Scrittura, però, con cui è d'accordo l'esperienza di secoli, insegna agli uomini che il progresso umano, che pure è un grande bene dell'uomo, porta con sé una grande tentazione: infatti, sconvolto l'ordine dei valori e mescolando il male col bene, gli individui e i gruppi guardano solamente alle cose proprie, non a quelle degli altri; e così il mondo cessa di essere il campo di una genuina fraternità, mentre invece l'aumento della potenza umana minaccia di distruggere ormai lo stesso genere umano.

Tutta intera la storia umana è infatti pervasa da una lotta tremenda contro le potenze delle tenebre; lotta cominciata fin dall'origine del mondo, che durerà, come dice il Signore, fino all'ultimo giorno. Inserito in questa battaglia, l'uomo deve combattere senza soste per poter restare unito al bene, né può conseguire la sua interiore unità se non a prezzo di grandi fatiche, con l'aiuto della grazia di Dio.

Per questo la Chiesa di Cristo, fidandosi del piano provvidenziale del Creatore, mentre riconosce che il progresso umano può servire alla vera felicità degli uomini, non può tuttavia fare a meno di far risuonare il detto dell'apostolo: «Non vogliate adattarvi allo stile di questo mondo» (Rm 12,2), e cioè a quello spirito di vanità e di malizia, che stravolge in strumento di peccato l'operosità umana, ordinata al servizio di Dio e dell'uomo.

Se dunque ci si chiede come può essere vinta tale miserevole situazione, i cristiani per risposta affermano che tutte le attività umane, che son messe in pericolo quotidianamente dalla superbia e dall'amore disordinato di se stessi, devono venir purificate e rese perfette per mezzo della croce e della risurrezione di Cristo. Redento, infatti, da Cristo e diventato nuova creatura nello Spirito santo, l'uomo può e deve amare anche le cose che Dio ha creato. Da Dio le riceve, e le guarda e le onora come se al presente uscissero dalle mani di Dio. Di esse ringrazia il Benefattore e, usando e godendo delle creature in povertà e libertà di spirito, viene introdotto nel vero possesso del mondo, quasi al tempo stesso niente abbia e tutto possegga: «Tutto, infatti, è vostro: ma voi siete di Cristo, Cristo di Dio» (1Cor 3,22-23).

38. L’attività umana elevata a perfezione dal mistero pasquale. Il Verbo di Dio, per mezzo del quale tutto è stato creato, fattosi carne lui stesso, e venuto ad abitare sulla terra degli uomini, entrò nella storia del mondo come l'uomo perfetto, assumendo questa e ricapitolandola in sé. Egli ci rivela «che Dio è carità» (1Gv 4,8), e insieme ci insegna che la legge fondamentale della umana perfezione, e perciò anche della trasformazione del mondo, è il nuovo comandamento della carità. Coloro, pertanto, che credono alla carità divina, sono da lui resi certi, che è aperta a tutti gli uomini la strada della carità e che gli sforzi intesi a realizzare la fraternità universale non sono vani. Così pure egli ammonisce a non camminare sulla strada della carità solamente nelle grandi cose, bensì e soprattutto nelle circostanze ordinarie della vita. Sopportando la morte per noi tutti peccatori, egli ci insegna col suo esempio che è necessario anche portare la croce; quella che dalla carne e dal mondo viene messa sulle spalle di quanti cercano la pace e la giustizia. Con la sua risurrezione costituito Signore, egli, il Cristo cui è stato dato ogni potere in cielo e in terra, tuttora opera nel cuore degli uomini con la virtù del suo Spirito, non solo suscitando il desiderio del mondo futuro, ma per ciò stesso anche ispirando, purificando e fortificando quei generosi propositi con i quali la famiglia degli uomini cerca di rendere più umana la propria vita e di sottomettere a questo fine tutta la terra. Ma i doni dello Spirito sono vari: alcuni li chiama a dare testimonianza manifesta della dimora celeste col desiderio di essa, contribuendo così a mantenerlo vivo nell'umanità; altri li chiama a consacrarsi al servizio degli uomini sulla terra, così da preparare attraverso tale loro ministero la materia per il regno dei cieli. In tutti, però, opera una liberazione, in quanto nel rinnegamento dell'egoismo e coll'assumere nella vita umana tutte le forze terrene, essi si proiettano nel futuro, quando l'umanità stessa diventerà oblazione accetta a Dio.

 Un pegno di questa speranza e un viatico per il cammino il Signore lo ha lasciato ai suoi in quel sacramento della fede nel quale degli elementi naturali coltivati dall'uomo vengono tramutati nel corpo e nel sangue glorioso di lui, come banchetto di comunione fraterna e pregustazione del convito del cielo.

39. Terra nuova e cielo nuovo. Ignoriamo il tempo in cui avranno fine la terra e l'umanità, e non sappiamo il modo con cui sarà trasformato l'universo. Passa certamente l'aspetto di questo mondo, deformato dal peccato. Sappiamo, però, dalla rivelazione che Dio prepara una nuova abitazione e una terra nuova, in cui abita la giustizia, e la cui felicità sazierà sovrabbondantemente tutti i desideri di pace che salgono nel cuore degli uomini. Allora, vinta la morte, i figli di Dio saranno risuscitati in Cristo, e ciò che fu seminato nella debolezza e nella corruzione rivestirà l'incorruzione; e restando la carità con i suoi frutti, sarà liberata dalla schiavitù della vanità tutta quella realtà, che Dio ha creato appunto per l'uomo.

Certo, siamo avvertiti che niente giova all'uomo se guadagna il mondo intero ma perde se stesso. Tuttavia l'attesa di una terra nuova non deve indebolire, bensì piuttosto stimolare la sollecitudine nel lavoro relativo alla terra presente, dove cresce quel corpo dell'umanità nuova che già riesce a offrire una certa prefigurazione che adombra il mondo nuovo. Pertanto, benché si debba accuratamente distinguere il progresso terreno dallo sviluppo del regno di Cristo, tuttavia, nella misura in cui può contribuire a meglio ordinare l'umana società, tale progresso è di grande importanza per il regno di Dio.

E infatti, i beni, quali la dignità dell'uomo, la fraternità e la libertà, e cioè tutti i buoni frutti della natura e della nostra operosità, dopo che li avremo diffusi sulla terra nello Spirito del Signore e secondo il suo precetto, li ritroveremo poi di nuovo, ma purificati da ogni macchia, ma illuminati e trasfigurati, allorquando il Cristo rimetterà al Padre il regno eterno e universale: «che è regno di verità e di vita, regno di santità e di grazia, regno di giustizia, di amore e di pace» (Prefazio della Festa di Cristo Re). Qui sulla terra il regno è già presente, in mistero; ma con la venuta del Signore, giungerà a perfezione.

Dalla Parte II, cap. II: La promozione della cultura (nn. 57-62)

57. Fede e cultura. I cristiani, in cammino verso la città celeste, devono ricercare e gustare le cose di lassù: questo tuttavia non diminuisce, ma anzi aumenta l'importanza del loro dovere di collaborare con tutti gli uomini per la costruzione di un mondo più umano. E in verità il mistero della fede cristiana offre loro eccellenti stimoli e aiuti per assolvere con maggiore impegno questo compito e specialmente per scoprire il pieno significato di quest'opera, mediante la quale la cultura umana acquisti il suo posto privilegiato nella vocazione integrale dell'uomo.

L'uomo infatti, quando coltiva la terra col lavoro delle sue braccia o con l'aiuto della tecnica, affinché essa produca frutto e diventi una dimora degna dell'universale famiglia umana, e quando partecipa consapevolmente alla vita dei gruppi sociali, attua il disegno di Dio, manifestato all'inizio dei tempi, di assoggettare la terra e di perfezionare la creazione, e coltiva se stesso; nello stesso tempo mette in pratica il grande comandamento di Cristo di prodigarsi al servizio dei fratelli.

L'uomo inoltre, applicandosi allo studio delle varie discipline quali la filosofia, la storia, la matematica, le scienze naturali, e occupandosi di arte, può contribuire moltissimo ad elevare la umana famiglia a più alti concetti del vero, del bene e del bello e ad un giudizio di universale valore: in tal modo questa sarà più vivamente illuminata da quella mirabile sapienza, che dall'eternità era con Dio, disponendo con lui ogni cosa, ricreandosi nell'orbe terrestre e trovando le sue delizie nello stare con i figli degli uomini.

Per ciò stesso lo spirito umano, più libero dalla schiavitù delle cose, può innalzarsi più speditamente al culto ed alla contemplazione del Creatore. Anzi sotto l'impulso della grazia, si dispone a riconoscere il Verbo di Dio, che prima di farsi carne per tutto salvare e ricapitolare in se stesso, già era nel mondo come «luce vera che illumina ogni uomo» (Gv 1,9).

Certo, l'odierno progresso delle scienze e della tecnica, che in forza del loro metodo non possono penetrare nelle intime ragioni delle cose, può favorire un certo fenomenismo e agnosticismo, quando il metodo di investigazione di cui fanno uso queste scienze, viene innalzato a torto a norma suprema di ricerca della verità totale. Anzi, vi è il pericolo che l'uomo, troppo fidandosi delle odierne scoperte, pensi di bastare a se stesso e più non cerchi cose più alte.

Questi fatti deplorevoli però non scaturiscono necessariamente dalla odierna cultura, né debbono indurci nella tentazione di non riconoscere i suoi valori positivi. Fra questi si annoverano: lo studio delle scienze e la rigorosa fedeltà al vero nella indagine scientifica, la necessità di collaborare con gli altri nei gruppi tecnici specializzati, il senso della solidarietà internazionale, la coscienza sempre più viva della responsabilità degli esperti nell'aiutare e anzi proteggere gli uomini, la volontà di rendere più felici le condizioni di vita per tutti, specialmente per coloro che soffrono per la privazione della responsabilità personale o per la povertà culturale. Tutto questo può in qualche modo essere una preparazione a ricevere l'annunzio del vangelo; preparazione che può essere informata dalla divina carità di colui che è venuto a salvare il mondo.

58. I molteplici rapporti fra il Vangelo e la cultura. Fra il messaggio della salvezza e la cultura umana esistono molteplici rapporti. Dio infatti, rivelandosi al suo popolo, fino alla piena manifestazione di sé nel Figlio incarnato, ha parlato secondo il tipo di cultura proprio delle diverse epoche storiche.

Parimenti la Chiesa, vivendo nel corso dei secoli in condizioni diverse, si è servita delle differenti culture, per diffondere e spiegare il messaggio cristiano nella sua predicazione a tutte le genti, per studiarlo ed approfondirlo, per meglio esprimerlo nella vita liturgica e nella vita della multiforme comunità dei fedeli.

Ma, nello stesso tempo, inviata a tutti i popoli di qualsiasi tempo e di qualsiasi luogo, la Chiesa non si lega in modo esclusivo e indissolubile a nessuna stirpe o nazione, a nessun particolare modo di vivere, a nessuna consuetudine antica o recente. Fedele alla propria tradizione e nello stesso tempo cosciente della sua missione universale, è in grado di entrare in comunione con le diverse forme di cultura; tale comunione arricchisce tanto la Chiesa stessa quanto le varie culture.

La buona novella di Cristo rinnova continuamente la vita e la cultura dell'uomo decaduto, combatte e rimuove gli errori e i mali, derivanti dalla sempre minacciosa seduzione del peccato. Continuamente purifica ed eleva la moralità dei popoli. Con la ricchezza soprannaturale feconda come dall'interno, fortifica, completa e restaura in Cristo le qualità dello spirito e le doti di ciascun popolo. In tal modo la Chiesa, compiendo la sua missione, già con questo stesso fatto stimola e dà il suo contributo alla cultura umana e civile e, mediante la sua azione, anche liturgica, educa l'uomo alla libertà interiore.

59. Armonizzazione dei diversi aspetti della cultura. Per i motivi suddetti la Chiesa ricorda a tutti che la cultura deve mirare alla perfezione integrale della persona umana, al bene della comunità e di tutta la società umana. Perciò è necessario coltivare lo spirito in modo che si sviluppino le facoltà dell'ammirazione, dell'intuizione, della contemplazione, e si diventi capaci di formarsi un giudizio personale, di coltivare il senso religioso, morale e sociale.

Infatti la cultura, scaturendo dalla natura ragionevole e sociale dell'uomo, ha un incessante bisogno della giusta libertà per svilupparsi e le si deve riconoscere la legittima possibilità di esercizio autonomo secondo i propri principi. A ragione dunque essa esige rispetto e gode di una certa inviolabilità, salvi evidentemente i diritti della persona e della comunità, sia particolare sia universale, entro i limiti del bene comune.

Il sacro concilio, richiamando ciò che insegnò il concilio Vaticano I, dichiara che «esistono due ordini di conoscenza» distinti, cioè quello della fede e quello della ragione, e che la Chiesa non vieta che «le arti e le discipline umane [...] si servano, nell'ambito proprio a ciascuna, dei propri principi e di un proprio metodo»; perciò, «riconoscendo questa giusta libertà», la Chiesa afferma la legittima autonomia della cultura e specialmente delle scienze.

Tutto questo esige pure che l'uomo, nel rispetto dell'ordine morale e della comune utilità, possa liberamente investigare il vero, manifestare e diffondere la sua opinione, e coltivare qualsiasi arte; esige, infine, che sia informato secondo verità degli eventi di carattere pubblico.

È compito dei pubblici poteri non determinare il carattere proprio delle forme di cultura, ma assicurare le condizioni e i sussidi atti a promuovere la vita culturale fra tutti, anche fra le minoranze di una nazione. Perciò bisogna innanzitutto insistere che la cultura, stornata dal proprio fine, non sia costretta a servire il potere politico o il potere economico.

60. Riconoscimento del diritto di ciascuno alla cultura. Poiché si offre ora la possibilità di liberare moltissimi uomini dalla miseria dell'ignoranza, è compito sommamente confacente al nostro tempo, specialmente per i cristiani, lavorare indefessamente perché tanto in campo economico quanto in campo politico, tanto sul piano nazionale quanto sul piano internazionale, si affermino i principi fondamentali, mediante i quali sia riconosciuto e attuato dovunque il diritto di tutti a una cultura umana e civile conforme alla dignità della persona, senza distinzione di stirpe, di sesso, di nazione, di religione o di condizione sociale. Perciò è necessario procurare a tutti una sufficiente abbondanza di beni culturali, specialmente di quelli che costituiscono la così detta cultura di base, affinché moltissimi, per causa dell'analfabetismo e della privazione di un'attività responsabile, non siano impediti di dare una collaborazione veramente umana al bene comune.

Occorre perciò fare ogni sforzo affinché quelli che ne sono capaci possano ascendere agli studi superiori; e proprio in tale maniera che, per quanto è possibile, essi possano occuparsi nell'umana società di quelle funzioni, di quei compiti e servizi che sono compatibili con le loro attitudini naturali e con le competenze acquisite. Così ognuno e i gruppi sociali di ciascun popolo saranno in grado di raggiungere il pieno sviluppo della loro vita culturale, in conformità con le doti e tradizioni loro proprie.

Bisogna inoltre fare di tutto perché ciascuno prenda coscienza tanto del diritto alla cultura quanto del dovere di coltivarsi e di aiutare gli altri. Vi sono talora condizioni di vita e di lavoro che impediscono negli uomini lo sforzo culturale e perciò distruggono in essi l'interesse per la cultura. Questo vale in modo speciale per i contadini e gli operai, ai quali bisogna assicurare condizioni di lavoro tali che non impediscano ma promuovano la loro vita culturale. Le donne lavorano già in quasi tutti i settori della vita; conviene ora che esse siano in grado di svolgere pienamente i loro compiti secondo l'indole ad esse propria. Sarà dovere di tutti far sì che la partecipazione propria e necessaria delle donne alla vita culturale sia riconosciuta e promossa.

61. L'educazione dell'uomo a una cultura integrale. Oggi vi è più difficoltà di un tempo nel ridurre a sintesi le varie discipline del sapere e le arti. Mentre infatti aumenta il volume e la diversità degli elementi che costituiscono la cultura, diminuisce nello stesso tempo la capacità per i singoli uomini di percepirli e di armonizzarli organicamente, cosicché l'immagine dell'“uomo universale” diviene sempre più evanescente. Tuttavia ogni uomo ha il dovere di tener fermo il concetto della persona umana integrale, in cui eccellono i valori della intelligenza, della volontà, della coscienza e della fraternità, che sono fondati tutti in Dio creatore e sono stati mirabilmente sanati ed elevati in Cristo

La famiglia anzitutto è come la madre e la nutrice di questa educazione; in essa i figli, vivendo in una atmosfera d'amore, apprendono più facilmente il retto ordine delle cose, mentre collaudate forme culturali vengono come naturalmente trasfuse nell'animo dell'adolescente che si sviluppa.

Per la medesima educazione nelle società odierne vi sono opportunità, derivanti specialmente dall'accresciuta diffusione del libro, dai nuovi strumenti di comunicazione culturale e sociale, che possono favorire la cultura universale. La diminuzione più o meno generalizzata del tempo di lavoro fa aumentare di giorno in giorno le facilitazioni per molti uomini. Il tempo libero sia a ragione impiegato per distendere lo spirito, per fortificare la salute dell'anima e del corpo, mediante attività e studi di libera scelta, mediante viaggi in altri paesi (turismo), con i quali si affina lo spirito dell'uomo e gli uomini si arricchiscono con la reciproca conoscenza, anche mediante esercizi e manifestazioni sportive, che giovano a mantenere l'equilibrio dello spirito anche nella comunità e offrono un aiuto per stabilire fraterne relazioni fra gli uomini di tutte le condizioni, di nazioni o di stirpi diverse. I cristiani collaborino dunque affinché le manifestazioni e attività culturali collettive, proprie della nostra epoca, siano impregnate di spirito umano e cristiano.

Tuttavia tutte queste facilitazioni non sono in grado di compiere l'integrale formazione culturale dell'uomo, se nello stesso tempo si trascura di interrogarsi profondamente sul significato della cultura e della scienza nei riguardi della persona umana.

62. Accordo fra cultura umana e insegnamento cristiano. Sebbene la Chiesa abbia grandemente contribuito al progresso della cultura, l'esperienza dimostra tuttavia che, per ragioni contingenti, l'accordo fra la cultura e la formazione cristiana non si realizza sempre senza difficoltà.

Queste difficoltà non necessariamente sono di danno alla fede; possono, anzi, stimolare lo spirito ad una più accurata e profonda intelligenza della fede. Infatti gli studi recenti e le nuove scoperte delle scienze, della storia e della filosofia, suscitano nuovi problemi che comportano conseguenze anche per la vita pratica ed esigono anche dai teologi nuove indagini. I teologi sono inoltre invitati, nel rispetto dei metodi e delle esigenze proprie della scienza teologica, a sempre ricercare modi più adatti di comunicare la dottrina cristiana agli uomini della loro epoca, perché altro è il deposito o le verità della fede, altro è il modo con cui vengono enunziate, rimanendo pur sempre lo stesso il significato e il senso profondo. Nella cura pastorale si conoscano sufficientemente e si faccia uso non soltanto dei principi della teologia, ma anche delle scoperte delle scienze profane, in primo luogo della psicologia e della sociologia, cosicché anche i fedeli siano condotti a una più pura e più matura vita di fede.

A modo loro, anche la letteratura e le arti sono di grande importanza per la vita della Chiesa. Esse si sforzano infatti di conoscere l'indole propria dell'uomo, i suoi problemi e la sua esperienza nello sforzo di conoscere e perfezionare se stesso e il mondo; si preoccupano di scoprire la sua situazione nella storia e nell'universo, di illustrare le sue miserie e le sue gioie, i suoi bisogni e le sue capacità, e di prospettare una migliore condizione dell'uomo. Così sono in grado di elevare la vita umana, espressa in molteplici forme, secondo i tempi e i luoghi.

Bisogna perciò impegnarsi affinché i cultori di quelle arti si sentano riconosciuti dalla Chiesa nella loro attività, e godendo di un'ordinata libertà, stabiliscano più facili rapporti con la comunità cristiana. Siano riconosciute dalla Chiesa anche le nuove tendenze artistiche adatte ai nostri tempi secondo l'indole delle diverse nazioni e regioni. Siano ammesse negli edifici del culto, quando, con un linguaggio adeguato e conforme alle esigenze liturgiche, innalzano lo spirito a Dio.

Così la conoscenza di Dio viene meglio manifestata e la predicazione evangelica si rende più trasparente all'intelligenza degli uomini e appare come connaturata con le loro condizioni.

I fedeli dunque vivano in strettissima unione con gli uomini del loro tempo, e si sforzino di penetrare perfettamente il loro modo di pensare e di sentire, di cui la cultura è espressione. Sappiano armonizzare la conoscenza delle nuove scienze, delle nuove dottrine e delle più recenti scoperte con la morale e il pensiero cristiani, affinché la pratica della religione e l'onestà procedano in essi di pari passo con la conoscenza scientifica e con il continuo progresso della tecnica, in modo che siano in grado di giudicare e interpretare tutte le cose con senso integralmente cristiano.

Coloro che si applicano alle scienze teologiche nei seminari e nelle università, cerchino di collaborare con gli uomini che eccellono nelle altre scienze, mettendo in comune le loro forze e opinioni. La ricerca teologica, mentre prosegue nella conoscenza profonda della verità rivelata, non trascuri il contatto con il proprio tempo, per poter aiutare gli uomini competenti nei vari settori del sapere ad una più piena conoscenza della fede. Questa collaborazione gioverà grandemente alla formazione dei sacri ministri, che potranno presentare ai nostri contemporanei la dottrina della Chiesa intorno a Dio, all'uomo e al mondo in maniera più adatta, così che quella parola sia da loro accettata ancor più volentieri. E` anzi desiderabile che molti laici acquistino una conveniente formazione nelle scienze sacre e che non pochi tra loro coltivino questi studi e li approfondiscano con mezzi scientifici adeguati. Ma affinché siano in grado di esercitare il loro compito sia riconosciuta ai fedeli sia ecclesiastici che laici la giusta libertà di ricercare, di pensare, di manifestare con umiltà e coraggio la propria opinione nel campo in cui sono competenti.

Fonte del testo digitale: sito ufficiale della Santa Sede. N.B.: non vengono riportate le note documentali in calce