Il sacro. Sull’irrazionale nell’idea del divino e il suo rapporto con il razionale

R. Otto, Über das Irrationale in der Idee des Göttlichen und sein Verhältnis zum Rationalen, L. Klotz, Gotha 1917.

Trad. it. Il sacro. Sull’irrazionale nell’idea del divino e il suo rapporto con il razionale, a cura di A.N. Terrin, Morcelliana, Brescia 2011.

 

L’autore

Pubblicato nel 1917, il saggio di Rudolf Otto (1869-1937) rappresenta uno dei testi fondamentali di quell’ambito di ricerca complesso e problematico che è la filosofia della religione. La complessità della riflessione filosofica sulla religione proviene dalla molteplicità dei saperi coinvolti nell’indagine intorno al fenomeno in questione (storia delle religioni, antropologia, etnologia ecc.), mentre la problematicità del suo statuto deriva dalla distinzione – non garantita una volta per tutte ma sempre in discussione – rispetto alla teologia da un lato e alla metafisica dall’altro. In questo ordine di problemi si colloca il lavoro di Otto, il quale fonda l’autonomia della sua filosofia della religione sull’indipendenza e inderivabilità del suo oggetto, il ‘sacro’ che dà il titolo al saggio.

Professore di teologia sistematica presso l’Università di Gottinga e in seguito a Breslavia e a Marburgo, Otto trova i suoi punti di riferimento teorici nella teologia di Friedrich Schleiermacher (di cui cura un’edizione delle Reden nel 1899) e nella filosofia Jakob Fries e di Immanuel Kant (si veda a tal proposito Otto 1909). La concezione del sacro come «categoria a priori» (Otto 1917, cap. XIX) si pone così in polemica con ogni forma di riduzionismo, sociologico o naturalistico, che voglia ricondurre il fenomeno religioso ad altre manifestazioni tipiche della vita umana. In questo modo, il carattere primitivo e intimamente irrazionale del sacro pone la questione filosofica di una precedenza dell’esperienza rispetto alla sua espressione e articolazione linguistica: in questo ordine di problemi si riscontra un elemento di prossimità tra la riflessione di Otto e la fenomenologia di Edmund Husserl, il quale lesse il saggio e ne discusse con l’autore[1].

Il sacro, così come i successivi lavori di Otto, tra cui La mistica dell’Oriente e dell’Occidente (1926) e Die Gnadenreligion Indiens und das Christentum (1930), hanno influenzato profondamente la riflessione filosofica e in particolare quella “fenomenologia della religione” che nei lavori di Mircea Eliade (1949) e Gerardus van der Leeuw (1933) trova due tra le sue più significative espressioni. L’eco della riflessione di Otto si avverte ancora nell’opera di René Girard, in cui le indagini sul meccanismo vittimario, sul desiderio mimetico e sulla figura del capro espiatorio (1978; 1982) mettono in luce l’originario intreccio di violenza e sacro (1972), coppia concettuale che manifesta una duplicità di aspetti in parte affine a quella indicata da Otto con i termini di mysterium tremendum e fascinans.

 

Temi dell’opera

L’indagine inizia con l’individuazione della categoria di sacro, da subito distinta rispetto alla categoria morale di bene. Contro la “moralizzazione del divino”, che vorrebbe ridurre il fenomeno religioso a considerazioni razionali di ordine etico, l’autore insiste sull’eccedenza e sull’irrazionalità dell’esperienza religiosa, proponendo di utilizzare il termine numinoso, impiegato per «indicare il sacro meno il suo momento etico e […] soprattutto meno il momento razionale» (Otto 1917, trad. it. p. 31). Ciò significa che all’interno del sacro trovano spazio aspetti razionali e irrazionali ma che questi ultimi risultano essere primari, non riducibili e non derivabili da altri principi.

Il numinoso viene scoperto in un particolare stato d’animo che non può essere definito concettualmente ma solo suscitato ed evocato: con le parole di Schleiermacher, Otto indica questo primo momento del numinoso come «sentimento di dipendenza» o «sentimento creaturale» (ivi, cap. III). Ma tale sentimento è in verità solamente un riflesso soggettivo dell’oggetto numinoso, appreso nel sentimento stesso come realtà esteriore che suscita timore. Il numinoso mostra così un profilo duplice: esso è tanto mysterium tremendum (ivi, cap. IV), realtà incontrollabile e maestà soverchiante che conduce l’uomo a un atteggiamento di umiltà, quanto fascinans (ivi, cap. VI), polo di attrazione che seduce provocando esaltazione e desiderio.

Oltre a questi due aspetti, che si bilanciano in un’armonia di contrasti (ivi, cap. VIII), Otto individua altri “momenti” del numinoso nel portentoso (ivi, cap. VII) e nell’augustum (ivi, cap. IX):        

«Il fascinans […] indicherebbe ciò che nel numen ha valore soggettivo, ossia beatificante per me. L’augustum invece denoterebbe l’aspetto di valore oggettivo, che va rispettato in quanto tale» (ivi, p. 91). L’oggettività del numinoso non è tuttavia comprensibile in termini concettuali, razionali, ma può essere fissata in maniera «ideogrammatica» (ivi, cap. X), attraverso simboli concettuali che non tentino di definire il sacro – impresa di per sé impossibile – quanto di descrivere le sue manifestazioni, suscitandone indirettamente la comprensione e favorendone l’esperienza.

L’autore si sofferma quindi sull’esperienza del numinoso così come si presenta nell’Antico Testamento (ivi, cap. XII), nel Nuovo Testamento (ivi, cap. XIII) e nella elaborazione, teologica e personale, di Martin Lutero (ivi, cap. XIV), mettendo in luce come in seguito alla razionalizzazione della scolastica luterana il momento del tremendum, ancora presente e vivo nell’esperienza del riformatore tedesco, finisca gradualmente per eclissarsi. In questo modo «il “sacro” diventa buono» (ivi, p. 152) e il momento razionale – inscindibile dalla sua controparte irrazionale – viene equivocamente inteso come tratto essenziale dell’esperienza religiosa.

Al contrario, per Otto il sacro costituisce una categoria a priori (ivi, cap. XVI), «indipendente da qualsiasi percezione» (ivi, p. 153), per quanto stimolato dalle diverse esperienze effettive. Il sacro può dunque essere esperito solo nella misura in cui nello spirito umano vi è una disposizione, un’attitudine che, a livelli culturali elevati, diventa impulso religioso. Si determina così una graduale comparsa del sacro nella storia (ivi, cap. XVII) attraverso una pluralità di fenomeni (come la credenza nei morti, la credenza nell’anima, la magia, i miti, il feticismo e il totemismo) che precedono la religione, nella quale il numinoso viene colto nella sua dimensione più propria.

Sulla scorta di un confronto con il concetto kantiano di giudizio estetico (ivi, cap. XVIII), Otto sottolinea come anche il sentimento del numinoso «ascrive un predicato all’oggetto […] che non si riceve dall’esperienza sensibile […] ma che invece gli si attribuisce spontaneamente» (ivi, p. 174). Ciò significa che, nonostante la sua natura irrazionale, il sacro può essere compreso attraverso il sentimento, sebbene non posso diventare oggetto di una comprensione intellettuale. Le idee razionali di giustizia, bontà, assolutezza della divinità non fanno altro che “schematizzare” (in senso kantiano) i momenti del tremendum, del fascinans e del mirum, vale a dire gli aspetti propriamente irrazionali nei quali il sacro si manifesta: «E a proposito di questa chiara corrispondenza tra i due momenti si può dire un’altra cosa: la nostra capacità di comprensione abbraccia soltanto il relativo. L’assoluto, contrapposto al relativo, lo possiamo pensare, ma non fino in fondo» (ivi, p. 181).

La religione deve mantenere vivi al contempo gli aspetti razionali e irrazionali del sacro, evitando di privilegiare in maniera esclusiva gli uni o gli altri:

«Una religione si preserva dal ridursi a razionalismo mantenendo vivi e vigili i suoi elementi irrazionali, come d’altra parte si preserva dal cadere o dal chiudersi nel fanatismo o nel misticismo arricchendosi di momenti razionali; solo così si rende capace di essere una religione qualitativamente elevata, culturalmente affinata ed umanamente universale». (ivi, p. 182)

In questa prospettiva, secondo Otto il cristianesimo conserva al suo interno un salutare equilibrio tra l’istanza razionale e quella irrazionale, presentando rispetto alle altre religioni un carattere di singolarità: «Che ambedue i momenti siano presenti e stiano in una sana e compiuta armonia è un criterio in base al quale si può giudicare la superiorità di una religione, un criterio squisitamente religioso. Anche secondo tale criterio il cristianesimo appare assolutamente superiore rispetto alle altre religioni sorelle della terra» (ibid.).

L’autore si sofferma infine sul concetto di divinazione (ivi, capp. XX e XXI), vale a dire sulla facoltà di sentire e riconoscere il sacro, chiedendosi se sia possibile per l’uomo contemporaneo fare esperienza del sacro in Cristo (ivi, cap. XXII). Il quesito ha una precisa connotazione storica: «quello che noi oggi siamo convinti di aver capito di Cristo e del cristianesimo coincide davvero fino in fondo con quello che Cristo voleva effettivamente significare e compiere e con quello che percepì la comunità primitiva?» (ivi, p. 200). La risposta di Otto, incentrata sul concetto di salvezza, è affermativa, dal momento che «la religione di Gesù non si trasforma gradualmente in una religione di redenzione; lo è invece per natura» (ivi, p. 201). L’esperienza del sacro che il Cristianesimo contemporaneo può proporre è dunque non di tipo “dimostrativo” ma “contemplativo”, si basa cioè su un “guardare” a Cristo e sul riconoscere in lui i tratti del divino. Per questo Otto può concludere – in un modo che non ha mancato di suscitare la critica di “religionismo” – che «se esiste un Dio e se ha voluto rivelarsi, non poteva farlo che in questo modo» (ivi, p. 205), vale a dire nella croce di Cristo, «monogramma dell’eterno mistero» (ivi, p. 208).

 Il piano teologico si salda dunque a quello propriamente filosofico, ribadito alla fine del saggio (ivi, cap. XXIII) tramite un ulteriore riferimento al sacro come categoria a priori: l’esperienza del sacro, nella sua irriducibilità, costituisce un dato antropologico fondamentale, non per questo riducendosi a un fatto naturale o a un patrimonio di idee innate poiché «le conoscenze a priori non sono quelle che ha chiunque ragioni (che sarebbero “innate”), ma quelle che chiunque può avere» (ivi, p. 212). Lo spirito è dunque una «disposizione generica», condivisa potenzialmente da tutti gli uomini, capaci di un riconoscimento del sacro che non è ancora però divinazione; quest’ultima è invece una prerogativa del «profeta», a sua volta situato a un livello inferiore rispetto a colui che possiede lo spirito in pienezza: «Costui è più che profeta. È il Figlio» (ivi, p. 213).

 

Razionale e irrazionale

Il sacro, come si è detto, contempla una duplicità di aspetti, razionali e irrazionali. Nel cap. X Otto si sofferma sul significato del termine irrazionale, specificandone il campo di applicazione:

 

«Per “irrazionale” non intendiamo né una sorda ottusità, né ciò che non è ancora soggetto alla ratio, o nella vita istintiva o negli ingranaggi del mondo si oppone ostinatamente ai processi di razionalizzazione. […] Assumiamo come “razionale” nell’idea del divino ciò che di essa rientra nell’area chiara e comprensibile della nostra capacità intellettiva, nell’ambito dei concetti familiari e definibili. E riteniamo che attorno a questa zona di chiarezza concettuale si trovi una sfera misteriosa e oscura, che non si sottrae al nostro sentimento, ma al nostro pensiero astratto, e che per questo chiamiamo “irrazionale”». (ivi, pp. 97-98)

 

Bisogna notare come l’irrazionale non si rapporti al razionale come «l’empirico di fronte alla ratio» o come «il conosciuto a posteriori di fronte al dimostrabile a priori»: entrambi gli aspetti del sacro sono infatti a priori, poiché non provengono dall’esperienza esterna ma da essa, al più, vengono risvegliati. In particolare, l’irrazionale è ciò che nell’esperienza del sacro risulta accessibile solamente al sentimento, rimanendo non concettualizzabile. In questo riconoscimento del carattere indicibile del contenuto e delle modalità dell’«oggetto beatificante» va riconosciuto l’orientamento realista della riflessione di Otto, il quale intende mantenere il numinoso nella sua autonomia e irriducibilità fenomenologica.

Il sacro va dunque inteso come una «categoria a priori» (cap. XIX) e la sua conoscenza non riguarda tanto un credere quanto un riconoscere: «Ma questo è il segno di tutte le conoscenze a priori: esse, infatti, emergono con la certezza della propria intuizione immediata della verità di un’affermazione, quando questa sia espressa con chiarezza e compresa» (ivi, p. 178). Per questo motivo l’aspetto irrazionale del sacro non va semplicemente constatato ma richiede una «appropriata definizione ideogrammatica» (ivi, p. 98), vale a dire la creazione di una dottrina che, lavorando con simboli concettuali, arrivi a fissarne i momenti costitutivi: «Non si tratta di razionalizzare l’irrazionale, cosa impossibile, ma di descriverlo, di determinalo nei suoi momenti, e di contrapporsi così, mediante teorie “sane” e consolidate, all’“irrazionalismo” di voci arbitrarie ed esaltate» (ivi, p. 99).

L’aspetto irrazionale non comporta dunque un esito irrazionalista della riflessione[2], pur non implicando un’estinzione del mistero a vantaggio degli aspetti razionali della religione. In questa doppia istanza di illustrazione del sacro e al contempo di non riduzione dell’irrazionale al razionale sta la sfida e la ragion d’essere stessa della fenomenologia della religione, cui il saggio indica per primo la strada da seguire.

 

Bibliografia

Bancalari, S. (2007) Rudolf Otto e le due fenomenologie della religione, «Archivio di filosofia», LXXV, 1-2, pp. 169-182.

Eliade, M. (1949) Traité d'histoire des religions, Payot, Paris (trad. it. Trattato di storia delle religioni, Einaudi, Torino 1954).

Girard, R. (1972) La violence et le sacré, Bernard Grasset, Paris (trad. it. La violenza e il sacro, Adelphi, Milano 1980).

Girard, R. (1978) Des choses cachées depuis la fondation du monde, Bernard Grasset, Paris (trad. it. Delle cose nascoste fin dalla fondazione del mondo, Adelphi, Milano 1983).

Girard, R. (1982) Le bouc émissaire, Bernard Grasset, Paris (trad. it. Il capro espiatorio, Adelphi, Milano 1987).

Leeuw, van der, G. (1933) Phänomenologie der Religion, Mohr, Tübingen (trad. it. Fenomenologia della religione, Bollati Boringhieri, Torino  2017).

Otto, R. (1909) Kantisch-Fries´sche Religionsphilosophie und ihre Anwendung auf die Theologie : zur Einleitung in die Glaubenslehre für Studenten der Theologie, Philipps-Universität Marburg.

Otto, R. (1917) Über das Irrationale in der Idee des Göttlichen und sein Verhältnis zum Rationalen, L. Klotz, Gotha (trad. it. Il sacro. Sull’irrazionale nell’idea del divino e il suo rapporto con il razionale, a cura di A.N. Terrin, Morcelliana, Brescia 2011).

Otto, R.(1926) West-Östliche Mystik. Vergleich und Unterscheidung zur Wesensdeutung, L. Klotz, Gotha (trad. It. La mistica dell’Oriente e dell’Occidente, Marietti, Genova 1985).

Otto, R.(1930) Die Gnadenreligion Indiens und das Christentum, L. Klotz, Gotha.

Terrin, A.N. (2011) Introduzione a R. Otto, Il sacro. Sull’irrazionale nell’idea del divino e il suo rapporto con il razionale, Morcelliana, Brescia 2011.

 



[1] Riguardo alla valutazione di Husserl in merito al lavoro di Otto e per un confronto tra la fenomenologia husserliana e l’indagine sul sacro, si vedano Bancalari 2007 e Terrin 2011.

[2] La distinzione tra irrazionale e irrazionalismo rappresenta in realtà un’aggiunta successiva: Otto infatti si vede «costretto a temperare l’enfasi e ad inserire, a partire dal 1926, un capitolo interamente dedicato ad una presa di distanza da un’interpretazione irrazionalistica del proprio pensiero» (Bancalari, 2007, p. 171).

Stefano Oliva
Professore Associato di Estetica, Università Niccolò Cusano, Roma; Coordinatore DISF Educational