La strada che porta alla realtà

The road to reality, Jonathan Cape, London 2004


R. Penrose (classe 1931) è un fisico teorico britannico di fama mondiale, professore emerito all’Università di Oxford.  Particolarmente attivo nel settore della fisica-matematica, soprattutto in cosmologia, ha dato contributi fondamentali in diversi campi della fisica e della matematica, ricevendo insieme a S. Hawking il premio Wolf per la fisica nel 1988. Uno dei risultati più celebri di Penrose è la scoperta (o invenzione?) della cosiddetta tassellatura di Penrose formata da due tasselli differenti capaci di ricoprire l’intero piano in modo aperiodico. Tale struttura si è rivelata determinante nello studio della struttura atomica in connessione con i cosiddetti quasi cristalli. Penrose è stato allievo di Dennis Sciama, uno dei maggiori cosmologi del Novecento, al quale il libro che qui presentiamo è dedicato.

   

 

Un libro controcorrente

I temi che riguardano la struttura della realtà e le leggi fondamentali dell’universo, come riportato nel sottotitolo del testo, sono molto comuni nella divulgazione scientifica, e ad essi sono stati  dedicati molti libri di successo, spesso ad opera di illustri scienziati. Il testo di Penrose si distingue tuttavia per molti aspetti rendendolo quasi unico nel suo genere.

Un primo elemento caratterizzante  è la sua mole: circa 1200 pagine, che lo rendono più simile ad una monografia specializzata che ad un testo rivolto al grande pubblico. Inoltre, la gran parte delle sue pagine risultano dense di simboli e formule matematiche, contravvenendo al consueto adagio editoriale secondo il quale ogni formula matematica presente in un libro non faccia altro che ridurre  notevolmente il numero di lettori e conseguenti vendite.  Conscio della problematica, nella prefazione l’autore precisa: «Ho riflettuto seriamente su tale questione e sono arrivato alla conclusione che ciò che devo dire non può essere ragionevolmente comunicato senza un certo impiego di notazioni matematiche e senza esplorare autentici concetti matematici. La nostra comprensione dei principi che sono alla base del comportamento del mondo fisico dipende veramente da un certo apprezzamento della matematica» (p. VII). [1] E questo tipo di controtendenza nonriguarda soltanto le più o meno opportune strategie editoriali quanto il tema più profondo del mutuo rapporto tra noi, il mondo e la matematica, nonché  la qualità ed efficacia della comunicazione scientifica. Le prime pagine del testo chiariscono bene quella che sarà La strada che porta alla realtà percorsa attraverso le pagine di questo libro, per l’appunto una strada, in un certo senso obbligata, lastricata di matematica:«L’argomento principale di questo libro è davvero la relazione tra matematica e fisica e il modo in cui l’interazione tra queste due discipline influenza gli stimoli che stanno alla base delle nostre ricerche per una migliore teoria dell’universo» (p. XII).  Una relazione purtroppo non sempre celebrata e anzi talvolta sottostimata o nascosta, influenzata da un certo positivismo che in fondo ha dominato la visione della scienza per tutto il XX secolo, e fino ad oggi.  

Un altro elemento inconsueto e degno di nota è la trasparenza e onestà intellettuale che caratterizza l’esposizione dell’autore, nel segno di una concezione viva ed autentica del metodo scientifico che si alimenta anche, e soprattutto, di problemi aperti e controversie. Come lo stesso Penrose afferma nella prefazione: «Potrete tuttavia ottenere qualcosa dai miei punti di vista, che probabilmente sono diversi (e talvolta molto diversi) da quelli consueti su un certo numero di temi. […] In molti di questi temi, senza dubbio troverete diversi punti sui quali non sarte d’accordo con me. Ma le controversie hanno un ruolo importante nello sviluppo della scienza: non ho quindi alcun rammarico nel presentare, come farò, opinioni che possono essere ritenute parzialmente in disaccordo con alcune delle tendenze dominanti della moderna fisica teorica. […] Anche se, in alcune sezioni, presenterò opinioni che possono essere considerate discutibili, mi sono preoccupato di mostrare al lettore quando mi prendo effettivamente questa libertà» (pp. XII-XIII).

Un ultimo elemento di azzardo lo troviamo in conclusione della prefazione: «E considerando la comprensibilità del contenuto e il fatto che siamo ormai entrati nei primi anni del terzo millennio, il testo è appropriato per l’uso didattico come introduzione alla fisica moderna» (p. XIII).

Come accennato, se la matematica non è poi così indispensabile, trattandosi di una merce difficile da vendere, la prima e più forte tentazione è quella di ridurla quanto più possibile o farla sparire del tutto dai libri, compresi quelli ad uso didattico, e dall’insegnamento. Questa purtroppo è la tendenza generale in questo inizio di terzo millennio. Ci sarebbe da augurarsi che questo libro possa contribuire a rivitalizzare il ruolo della matematica nella scienza, nell’insegnamento e nella cultura in generale.

 

Matematica e realtà

La matematica riveste un ruolo fondamentale nella scienza moderna. Ma nell’immaginario collettivo, anche tra scienziati e insegnanti, è molto diffusa una concezione piuttosto utilitaristica e strumentale che ne ridimensiona o talvolta ne nega lo status di scientificità vera e propria. La matematica è spesso considerata solo come un linguaggio tra tanti altri, magari comodo ma non indispensabile. Una specie di cassetta degli attrezzi che lo scienziato utilizza secondo necessità. In linea di principio se ne potrebbe anche fare a meno e la utilizziamo nella fisica ad esempio al mero scopo di formularne precisamente le leggi e rendere l’indagine scientifica più efficace, come una sorta di compressione algoritmica. Oppure allo scopo di collegare le previsioni teoriche con i dati empirici rendendole quantitative. In questa ottica la matematica non sarebbe una scienza ma soltanto un efficace strumento al servizio delle altre scienze.

La strada indicata da Penrose punta invece in una direzione contraria. Per portare alla realtà questa strada non può prescindere dalla matematica. Anzi, in un certo senso è essa stessa fatta di matematica. «La matematica per un matematico (almeno per la maggior parte, per quanto ne so) non è soltanto un’attività culturale che noi stessi abbiamo creato, ma ha una sua vita e gran parte di essa si trova in stupefacente armonia con l’universo fisico. Non possiamo comprendere profondamente le leggi che reggono il mondo fisico senza entrare nel mondo della matematica. È per questo motivo che ho dedicato i primi 16 capitoli di questo libro a una descrizione di idee matematiche» (p. XI). «La chiave per comprendere la Natura si trovava infatti in una matematica irrefutabile: la percezione di questo fatto fu forse la prima grande conquista della scienza» (p. 9).

Ma se la natura è in qualche modo interconnessa con la matematica e  quest’ultima ha un’esistenza reale (in un mondo di stampo platonico secondo Penrose), oggettiva e  indipendente dall’uomo, si pone con forza il problema di chiarire le connessioni tra tre mondi (e tre misteri, come recita il paragrafo 1.4). Questi tre mondi sono il mondo fisico, quello mentale e quello matematico platonico. Nell’esposizione preferita dall’autore, comprendente i suoi pregiudizi, da cui mette in guardia il lettore nei confronti di inevitabili preconcetti o elaborazioni opinabili nell’affrontare tematiche così profonde e vaste, parte del mondo matematico abbraccia l’intero mondo fisico (primo mistero) mentre parte di quello fisico abbraccia il mondo mentale (secondo mistero) mentre infine parte del mondo mentale abbraccia l’intero mondo matematico (terzo mistero). «In questo modo l’intero mondo fisico sembra essere governato da leggi matematiche. [...] Secondo questo punto di vista, tutte le cose nell’universo fisico sono davvero governate, in modo dettagliato e preciso, da principi matematici. [...] Molti si sentono a disagio con asserzioni del genere, e devo confessare che io stesso provo questa sensazione . Tuttavia, sono pregiudizialmente favorevole a questa natura generale, poiché non si vede come possa essere tracciato un confine che separi le azioni fisiche sotto controllo matematico da quelle che potrebbero esserne al di fuori» (pp. 18-19).

Il primo tema ripropone la questione della matematizzazione della realtà fisica. Evidentemente la fisica nasce in modo sostanziale come scienza matematizzata ma la questione se il mondo sia matematico, e in che misura, resta problematica. La modellizzazione matematica, pur nella sua intrinseca necessità, si scontra con limiti di tipo teorico e applicativo. Tali questioni emergono anche nella presentazione di Penrose ad esempio in relazione allo sviluppo della meccanica quantistica,  la cui formulazione ha permesso di mettere ordine nelle osservazioni empiriche del mondo microscopico con un’efficacia impressionante, ma che resta piuttosto insoddisfacente dal punto di vista della coerenza logico-matematica. In maniera quasi speculare invece, le cosiddette teorie di stringa, considerate talvolta le più promettenti per descrivere meccanica quantistica e gravitazione in un quadro comune unitario, si sono perlopiù sviluppate guidate dalla coerenza e bellezza della soggiacente teoria  matematica, stentando però notevolmente a trovare  un controllo sperimentale e un fondamento empirico sufficiente a distinguerla da una mera, seppur intrigante, speculazione.

Nel secondo mistero invece tutte le facoltà mentali rientrerebbero nell’ambito fisico. «Questo è proprio un pregiudizio perché non possiamo esserne completamente sicuri, ma d’altro canto è vero che non abbiamo alcuna ragionevole prova scientifica dell’esistenza di “menti” senza alcuna base fisica» (p. 19). Anche se resta un profondo mistero il modo in cui materiale fisico adeguatamente organizzato (cervello umano) possa in qualche modo far apparire come per magia la facoltà mentale della consapevolezza.  Cosa che secondo Penrose sarebbe in linea di principio alla fine possibile, ma richiederebbe comunque  una comprensione più vasta e approfondita della fisica rispetto allo stato attuale. «A mio parere, esiste una scarsa probabilità di arrivare a una profonda comprensione della natura della mente senza ampliare prima la conoscenza delle basi stesse della realtà fisica» (p. 21).

Lo schema preferito da Penrose inoltre pone tutta la matematica alla portata della ragione umana. L’autore concede che i suoi pregiudizi potrebbero non essere condivisi , in tutto o in parte, ma anche versioni debitamente corrette del suo schema non rimuoverebbero tali misteri. Così «restano un profondo enigma le ragioni per cui al mondo dovrebbero applicarsi leggi matematiche con tale fenomenale precisione. Inoltre, non sono soltanto la precisione ma anche la sottile sofisticazione e la bellezza matematica di queste riuscite teorie a essere profondamente misteriose. In effetti la spinta principale di questo libro ha a che fare con il primo di questi misteri: la notevole relazione tra la matematica e il reale comportamento del mondo fisico. Non si può apprezzare adeguatamente lo straordinario potere della scienza moderna senza qualche conoscenza di queste idee matematiche» (p. 21).

Dissentire, in tutto o in parte, dalla proposta di Penrose sicuramente non elimina i misteri descritti ma piuttosto chiama in causa la dose di riduzionismo che siamo disposti ad accogliere nella descrizione della realtà.  Forse sarebbe un mistero ancora più misterioso quello di come tutta la realtà, comprendente anche la coscienza dell’essere umano, sia totalmente riconducibile alla fisica e  alla matematica. La storia della scienza, ad esempio in relazione al riduzionismo e alla questione dell’indecidibilità in matematica, nonché la difficoltà di individuare modelli matematici affidabili e costitutivi nelle altre scienze (economia, biologia, medicina, ecc.) rispetto a quanto accade in fisica, mostrano i limiti dell’approccio riduzionista. Certo è possibile che non si sia ancora trovata la (o una) matematica giusta, ma forse occorrerebbe includere, e accettare, nella nostra descrizione della realtà il fatto che la possibilità di descrivere il mondo sulla base di pochi principi fondamentali è un grande traguardo e un obiettivo imprescindibile, ma forse irraggiungibile nella sua interezza, restando probabilmente solo un ideale e un’utile ipotesi di lavoro.  

Del resto, lo schema ciclico presentato da Penrose illustra il paradosso di come ogni mondo possa includere il mondo successivo, allo scopo di «dimostrare la presenza di un mistero, perfino più profondo, che trascende quelli che ho mostrato prima. Vi può essere un senso in cui i tre mondi non siano affatto separati, ma riflettano soltanto, individualmente, aspetti di una verità più profonda del mondo nella sua totalità, verità di cui attualmente abbiamo scarse cognizioni» (pp. 22-23).

 

Dove si trova la strada verso la realtà?

La particolareggiata panoramica della fisica moderna offertaci da Penrose ha l’indubbio pregio di fornire una visione critica e realistica della scienza e dei suoi metodi, utile a ridimensionare i proclami di “teorie del tutto” o di “fine della fisica” così comuni nella comunicazione della scienza attuale. Sebbene il cammino scientifico dell’umanità costituisca qualcosa di prodigioso, la strada verso la realtà è ancora molto lunga, anzi, forse sempre più lunga. Nell’ottica di Penrose il superamento delle molte difficoltà e incompatibilità presenti nella fisica contemporanea richiederà probabilmente la necessità di perseguire idee radicalmente nuove e di spostare  punti di vista e prospettive rispetto allo stato attuale dell’arte, piuttosto che una mera rimodulazione delle attuali teorie.  L’esempio paradigmatico in tal senso secondo Penrose è costituito dalla teoria della relatività di Einstein. L’approccio di Einstein riconsidera totalmente il ruolo e il significato fisico di spazio e tempo che assumono una natura e un ruolo nuovi rispetto all’approccio della meccanica classica newtoniana. Sebbene la meccanica di Newton si possa considerare inclusa nella relatività come caso limite per basse velocità, anche nel considerare elementi classici come la massa ad esempio,  la relatività è senz’altro tutt’altra cosa, e in un certo senso essa trascende la meccanica classica spostandosi su un differente e più generale piano concettuale. Qualcosa del genere nell’opinione di Penrose dovrebbe accadere per la meccanica quantistica e le attuali teorie di unificazione (o grande unificazione) che dovrebbero risultare, nella migliore delle ipotesi, come casi limite particolari di una più generale e sconosciuta nuova teoria.  La profonda unità del pensiero matematico emersa negli ultimi secoli lascia ben sperare a tal riguardo. La ricerca di questa nuova teoria richiederà forse di inventare (o scoprire) concetti matematici nuovi, come è stato il caso del calcolo differenziale e integrale nel seicento per lo sviluppo della meccanica classica, oppure l’inaspettato e da certi punti di vista quasi miracoloso utilizzo di teorie e concetti matematici sviluppati in modo indipendente e talvolta puramente interno alla matematica stessa, come è stato ad esempio per il calcolo tensoriale e la geometria differenziale nella relatività generale, o anche i numeri complessi e gli spazi di Hilbert nella meccanica quantistica.

Pertanto, quel che è certo è che tale strada è intimamente connessa con la matematica: «siamo sicuramente molto distanti da una simile teoria ed è argomento di discussione se qualcosa rassomigliante a una “teoria del tutto” potrà mai essere trovato. Sia come sia, è sicuramente vero che tanto più profondamente scandagliamo i segreti della Natura, tanto più profondamente siamo spinti nel mondo platonico delle idee matematiche mentre cerchiamo di capire. Perché avviene ciò? Al momento, possiamo ritenerlo solo un mistero» (pp. 1028-1029). Addentrarsi in questo mistero ci riporta a (ri-)considerare la natura della “realtà” e della matematica. Quest’ultima diventa sia una guida, sebbene si possa correre il rischio di finire fuori strada su percorsi troppo speculativi (come nella forse eccessiva enfasi del ruolo rivestito dalle simmetrie nella meccanica quantistica e/o nella teoria delle stringhe), sia la struttura portante della strada che la scienza ci invita a percorrere. Forse questa realtà pensata matematicamente è più astratta ed evanescente di quanto si pensi. Il libro si apre proprio ripercorrendo le consuete inibizioni che molte persone manifestano nei confronti di concetti matematici, come quello “elementare” di frazione (che così elementare alla fine non è). Se cerchiamo di impadronirci del concetto e di guardarlo in profondità si apre un orizzonte vastissimo: cosa sono “veramente” i numeri? Cosa sono le operazioni algebriche? Perché si può “semplificare” una frazione? Certamente pensare una frazione come “classe di equivalenza in un insieme quoziente” rende il concetto di “frazione” meno familiare,  ma forse a consolidare la percezione asettica e severa della matematica c’è proprio il fatto che tutti i retroterra di fondamento e significato di questa scienza restano nascosti e sconosciuti ai più.  Senz’altro, più che a rincorrere risposte definitive, nell’ambito scientifico la matematica ci aiuta soprattutto a porci nuovi interrogativi poiché, come il testo da ultimo conclude, «la risposta a domande profonde suscita domande ancora più profonde» (p. 1043).


 

 

[1] I numeri di pagina citati qui sono quelli dell’ed. Rizzoli Mondolibri, Milano 2005

Luca Granieri
docente di matematica nei licei