Platone, Timeo, a cura di Francesco Fronterotta, Biblioteca Universale Rizzoli, Milano 2003.
Platone, Tutti gli scritti, a cura di Giovanni Reale, Bompiani, Milano 2000.
Struttura e contenuto dell’opera
Il Timeo – o Περί φύσεως (Perì physeos) – è un dialogo di Platone della tarda maturità, dedicato in particolare al tema della natura e alla cosmologia: qui l’autore illustra la generazione del cosmo.
I personaggi del dialogo sono Socrate, Timeo di Locri, Crizia ed Ermocrate. Socrate, come è noto, è il protagonista di quasi tutti i dialoghi di Platone, che fu suo discepolo; la filosofia di Platone, infatti, prende le mosse dal pensiero socratico e dal suo metodo d’indagine ma, soprattutto, per il giovane allievo fu determinante la personalità del maestro e la vicenda della sua condanna a morte, in seguito alla quale Platone fu indotto a rinunciare alla politica per dedicarsi completamente alla filosofia. Timeo di Locri è un personaggio su cui si hanno poche informazioni certe e nel testo è descritto come un grande filosofo, matematico e astronomo, nonché politico della Magna Grecia[1], mentre la storiografia lo ha considerato un pitagorico, autore del trattato De anima mundi et natura. Crizia è il famoso politico aristocratico ateniese, capo dei Trenta tiranni e vicino alla scuola sofista della polis; Ermocrate, infine, è il generale siracusano di cui ci dà notizia anche lo storico Tucidide[2].
Dopo il prologo, il Timeo è costituito da tre sezioni principali: nella prima parte (29d-47e) è affrontato il tema cosmologico e cosmogonico; nella seconda parte (47e-69a) è indagato il principio materiale del cosmo e la generazione degli elementi naturali; la terza parte (69a-92c) ha come oggetto la natura dell’uomo, la sua fisiologia e la sua patologia. La nostra breve analisi del Timeo verterà in modo speciale sulla prima e sulla seconda sezione dell’opera, al fine di ricostruire i tratti generali della cosmologia prearistotelica e del processo di generazione del cosmo, così come emerge dalla presentazione di Platone. A questo scopo, vale la pena di riprendere – in modo del tutto sommario e mai esaustivo – il discorso ontologico già esposto dall’autore e la sua dottrina delle Idee, fondamento della trattazione cosmologica.
La teoria delle Idee e la formazione del cosmo
Muovendo dall’indagine sulle varie tipologie di causa e dalla ricerca della causa prima del mondo sensibile, nel Fedone Platone introduce le Idee[3] (εἶδος – eidos): queste sono l’oggetto specifico del pensiero umano, ciò che può essere colto dal pensiero nella sua purezza. Esse sono la vera realtà, esistono in sé e per sé, sono perfette e assolutamente pure, poiché trascendono gli enti sensibili e non ammettono alcun elemento che sia loro estraneo. Vengono altresì definite come il principio, l’essenza, la forma universale e la qualità primigenia immateriale. Pertanto, le Idee assolvono al ruolo ontologico di causa dell’essere e dell’esser-così di tutte le cose, di criterio di giudizio della realtà sensibile e di fondamento ontologico della realtà sensibile medesima. Esse sono l’essere in senso pieno, ossia l’essere che realmente è, in contrapposizione a quello in divenire.
Le Idee sono unitarie e non corporee – se lo fossero si ricadrebbe nelle contraddizioni naturaliste – e, in quanto tali, sono immutabili, perché se fossero soggette al movimento – e quindi al mutamento – cambierebbe lo stesso criterio di giudizio della realtà e si ritornerebbe al relativismo protagoreo. Platone, inoltre, separa drasticamente la realtà soprasensibile da quella sensibile, sicché le Idee sono contraddistinte dalla “separazione” (χωρισμός – chorismós), che garantisce loro l’incorruttibilità[4].
Il demiurgo: intelletto e tecnico del mondo sensibile
Per salvaguardare il chorismós delle Idee – che, pur essendone causa ultima, non producono in modo diretto il mondo sensibile – nella prima sezione del Timeo è introdotta la figura del demiurgo (δημιουργός – artefice), divinità dotata di bontà assoluta, il quale plasma una materia preesistente ( chora) che, essendo priva di qualsiasi forma, è in grado di accoglierle tutte. Il cosmo, infatti, è generato ma è incorruttibile, in quanto generato dalla divinità, e poiché è generato deve avere una causa, ovvero un padre di cui questo cosmo è figlio. La causa efficiente (il produttore) del cosmo è il demiurgo, e le forme con cui egli modella la materia sono le Idee.
Costui è al contempo intelletto divino e tecnico che agisce sul mondo sensibile. In senso letterale, in effetti, il termine demiurgós ha due accezioni, giacché indica la funzione regolatrice del magistrato e l’attività produttrice dell’artigiano. Così, il demiurgo platonico è un tecnico che usa la propria arte per forgiare e modellare la materia informe; allo stesso tempo, questo dio secondo opera come un legislatore, imprimendo un ordine divino al mondo sensibile secondo i criteri che apprende dal mondo soprasensibile delle Idee. Lo strumento (causa strumentale) dell’azione demiurgica sono gli enti matematici (numeri e figure geometriche), poiché consentono la mediazione tra l’intelligibile e il sensibile.
In estrema sintesi, il demiurgo compie due azioni fondamentali: contempla le Idee, tenendo lo sguardo sempre fisso su di esse, e (ri)produce il mondo sensibile, servendosi delle Idee come modello e riproponendo nella materia le forme delle Idee medesime. Pertanto, in quanto nous il demiurgo contempla l’essere che è sempre, e tuttavia, a differenza del Dio biblico, non crea il mondo ex nihilo, ma conferisce una forma e un ordine intelligibili a una materia preesistente. Egli, infatti, è un’intelligenza ordinatrice, non creatrice, che introduce l’ordine universale matematico e geometrico nel disordine cosmico originario, sempre volgendo lo sguardo alla perfezione delle Idee. In quanto artefice divino, dunque, il demiurgo dà forma e inizio al cosmo, dal momento che le Idee da sole non sarebbero in grado di intervenire sul sostrato materiale caotico. In tal modo il demiurgo, che in quanto nous si rivolge alle Idee e in quanto artefice si rivolge al sostrato materiale, è punto di raccordo tra la causa formale e la causa materiale ed è mediatore ontologico tra il mondo soprasensibile e il mondo sensibile, pur rimanendo diverso e separato da entrambi questi ambiti. Grazie alla sua arte tecnica riproduce l’immagine ideale nella materia, portando così a compimento la partecipazione tra il mondo sensibile e le Idee.
La materia originaria sulla quale agisce il demiurgo è la chora (χώρα). Essa è eterna, non muta e non si trasforma, non è ancora costituita dai quattro elementi (terra, aria, acqua, fuoco) e, soprattutto, è priva di qualunque determinazione: per questo motivo è capace di accoglierle tutte. La chora, difatti, è il sostrato materiale che riceve in se stesso le forme di tutti gli enti sensibili; perciò non può possedere una figura determinata, che le renderebbe impossibile fare proprie tutte le altre forme che esistono.
Essa, sebbene sia pura materia informe, partecipa in qualche modo dell’intelligibile perché accoglie in sé le “imitazioni”, ovvero le copie delle Idee, fornendo loro il sostrato materiale. Così le forme considerate nel Timeo sono copie della vera realtà, poiché le Idee lasciano impronta di sé nella materia, che partecipa del mondo ideale pur senza giungere all’unione tra il mondo sensibile e quello soprasensibile.
Oltre a “chora”, la terminologia più comune usata per indicare il principio materiale della tradizione platonica è: hypodochè (ὑποδοχή – ricettacolo), tithéne (τιθήνη – nutrice), ekmagheion (ἐκμαγεῖον – matrice), meter (μήτηρ – madre). Rispetto a quest’ultimo significato, si noti che per Platone nella generazione del cosmo la materia ha il ruolo di “madre”, il demiurgo di “padre” e il cosmo di “figlio”.
L’anima del mondo e le sue funzioni
Affermando l’analogia tra macrocosmo e microcosmo, Platone intende l’universo come un essere vivente, pertanto lo descrive costituito da un corpo – che il demiurgo plasma dal caos degli elementi mescolati nella materia informe – e da un’anima – l’anima del mondo, un principio intelligente e ordinatore, anch’esso opera del demiurgo.
Così, dopo aver illustrato la produzione del corpo del mondo, nel Timeo è narrata la complessa generazione dell’anima del mondo. Benché Platone proceda secondo quest’ordine di esposizione, il demiurgo produce prima l’anima del mondo e dopo il cosmo fisico, affinché essa, precedente a quest’ultimo, possa essergli superiore e possa governarlo. L’anima del mondo assolve, allo stesso tempo, a due funzioni principali: quella motrice, essendo causa di movimento, e quella conoscitiva, essendo anche causa di conoscenza.
Riguardo alla prima osservazione, è manifesto che l’universo si muove in modo regolare e che anche gli enti sensibili godono di movimento. Dal momento che il cosmo esaurisce sul piano sensibile la totalità di ciò che esiste, esso deve avere in sé anche il principio del proprio moto, e tale principio è necessariamente un’anima, perché soltanto l’anima è capace di imprimere il movimento a se stessa e agli altri enti. Segue la constatazione che tutto ciò che si muove da sé è un vivente, poiché possiede un’anima, secondo la relazione classica movimento-vita-anima. L’anima del mondo, dunque, conferisce e mantiene i movimenti regolari degli astri e quelli irregolari degli enti terrestri.
Per quanto concerne il secondo assunto (l’affermazione dell’anima del mondo quale causa di conoscenza), nel Sofista[5] è presentata la relazione movimento-vita-anima-intelligenza, che completa l’analisi precedente: ogni ente in movimento è un vivente, perciò è dotato di un’anima, in cui ha sede l’intelligenza. Questa relazione è attestata anche nel Timeo e il cosmo, in quanto vivente, è un essere intelligente, cioè dotato di capacità conoscitiva.
L’anima del mondo, proprio come il demiurgo, ha una posizione mediatrice tra l’intelligibile e il sensibile, poiché non è una realtà corporea, ma neanche un’Idea. Essa ha una natura intermedia tra questi due opposti e il suo scopo è mantenere nel mondo materiale quell’ordine divino che il demiurgo ha impresso durante la sua azione generatrice. Questi, infatti, dopo l’azione produttrice che gli compete, si ritira, lasciando all’anima del mondo il compito di gestire l’ordine, il movimento e l’intelligenza del cosmo e di garantirgli il permanere della bellezza che egli ha impresso nella materia originaria.
Relazione tra gli enti intelligibili e gli enti sensibili
In ultima analisi, come si evince dalla riflessione sul demiurgo e sull’anima del mondo, nel Timeo Platone affronta il problema della relazione tra i due piani della realtà, quello ideale dell’essere e quello sensibile del divenire, tra loro ontologicamente diversi e inconciliabili. Come abbiamo visto, le Idee sono pure essenze intelligibili, trascendenti e separate rispetto al mondo sensibile, che sussistono in modo autonomo e non necessitano di alcun rapporto con la materia. La realtà sensibile, al contrario, esiste grazie a quella intelligibile, che ne sta a fondamento. Gli enti materiali sono caratterizzati dalla molteplicità e dal mutamento, e sono quindi segnati da un’originaria imperfezione. Tuttavia, essi sono copie o imitazioni della perfezione dei modelli ideali, che vengono riprodotti in modo imperfetto nella chora.
Sulla materia amorfa e indeterminata agisce, infatti, il demiurgo, conferendo ordine e razionalità alla struttura del cosmo e permettendo la partecipazione tra i due livelli ontologici: il dio platonico – e in seconda battuta anche l’anima del mondo – si pone come intermediario tra l’intelligibile e il sensibile. Pertanto, grazie alla mediazione del demiurgo e dell’anima del mondo, nella chora si realizza e permane l’“incontro” tra i due piani del reale, i quali restano sempre autonomi e mai si mescolano tra loro. Così, la molteplicità degli enti sensibili partecipa alla realtà ideale non in modo diretto, ma il demiurgo plasma una copia delle Idee eterne e solo il loro simulacro è assunto nella materia, mentre le Idee restano incorrotte e separate. Poiché soltanto le “immagini” delle Idee si uniscono alla materia, resta preservata la distinzione ontologica tra il mondo sensibile – materiale, molteplice e diveniente – e il mondo ideale – eterno e sempre identico a se stesso. Dal momento che l’azione del demiurgo ha luogo nella chora, il piano divino delle Idee resta incorrotto e inaccessibile alla materia, che a sua volta rimane estranea alla sfera intelligibile, entrando in relazione unicamente con le copie imperfette del modello perfetto; su questo secondo piano dell’essere agisce l’anima del mondo, che mantiene armonico e ordinato il mondo del divenire.
Il Timeo e le scienze moderne
Il Timeo ha esercitato un influsso importante sull’intera tradizione neoplatonica, coinvolgendo in modo notevole le scienze naturali. Il platonismo scientifico – che prende le mosse direttamente dal Timeo – è una posizione teoretica innatista che riguarda sia gli asserti che gli oggetti (oggetti astratti) matematici. Esso è “la tesi secondo cui i teoremi delle nostre teorie matematiche vertono su oggetti matematici che costituiscono un dominio che queste teorie descrivono”[6]. Pertanto, la scienza che si ispira al platonismo suppone vere le idee matematiche che fondano la realtà empirica e le considera prime rispetto al dato reale; prime sia in senso ontologico, sia in senso gnoseologico.
Tracciando una linea che va da Archimede, a Galilei[7] a Gödel, coinvolgendo peraltro tutto il dibattito sul platonismo matematico del XX secolo, è stata affermata una lettura neoplatonica delle scienze, in virtù della fede nell’esistenza degli enti matematici. È asserita, nondimeno, la tesi per la quale la realtà naturale si fonda su una struttura oggettiva data dai concetti matematico-geometrici. Tale prospettiva è già presente in nuce nel Timeo ed è alla base della descrizione matematica o matematizzata della struttura fisica del cosmo[8].
Anche rispetto al tema della materia, la posizione platonica trova riscontro nella fisica moderna. Abbiamo visto che la chora di Platone si caratterizza come principio di indeterminazione, sul quale il dio secondo imprime le forme pure per il tramite dei solidi regolari. La materia originaria, essendo altro rispetto alle Idee, è necessariamente segnata dal caos e, dunque, dal movimento, che non può ancora essere ordinato e dotato di misura, perché in tale caso la chora risulterebbe in se stessa determinata. Questa, allora, è mossa dalla mera potenza del movimento – potenza intrinseca alla materia stessa –, ovvero da quella capacità cinetica che resta tale fino all’azione demiurgica, che conferisce alla materia informe l’attualità di un movimento regolare[9].
La scienza contemporanea, e in special modo i suoi sviluppi quantistici, si confronta in maniera importante con il tema della materia. Infatti, per la fisica quantistica e relativistica l’indagine sulla materia diviene particolarmente problematica e coinvolge il dualismo onda-particella, laddove è stabilita l’equivalenza tra il concetto di materia e quello di energia, lasciando così insolute molte questioni significative che sono al centro dell’attuale dibattito scientifico. Da questo punto di vista, il Timeo è l’opera ante litteram nella quale è affrontato l’argomento della materia, che con Platone si declina sia in senso ontologico, che cosmologico, che fisico-matematico.
[1] Cfr. Platone, Timeo, 20a.
[2] Cfr. Tucidide, VI 72.
[3] Cfr. Platone, Fedone, 99a e ss.
[4] In generale, Platone sembra attribuire al mondo delle Idee caratteristiche simili (simili, ma non uguali) a quelle dell’essere parmenideo, e al mondo sensibile caratteristiche simili (ma non uguali) a quelle del divenire di Eraclito.
[5] Cfr. Platone, Sofista, 248e-249b.
[6] Cfr. A Sereni, Platonismo matematico e naturalismo, in R. Chiaradonna (ed.), Il platonismo e le scienze, Carocci, Roma, 2012, p. 217.
[7] Cfr. F. Minazzi, Galileo, il problema del platonismo e l'interpretazione di Koyré, in C. Vinti (ed.), Alexandre Koyré. L'avventura intellettuale, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1994, pp. 519-47
[8] Cfr. R. Chiaradonna (ed.), Il platonismo e le scienze, pp. 18 e ss.
[9] Cfr. ivi, p. 76.