tr. it. Sulla pluralità dei mondi, Quaderni di Ethos, Adriatica Editrice Salentina, Lecce 1978
Entretiens sur la pluralité des mondes, la veuve C. Blageart, Paris 1686
L'autore e l'opera
I Colloqui sulla pluralità dei mondi di Bernard le Bovier de Fontenelle (Rouen, 1657 – Parigi, 1757), pubblicata nel 1686 con il titolo di Entretiens sur la pluralité des mondes, è un’opera di particolare interesse, oltre ad essere la più nota e forse la più significativa del letterato e scienziato francese. L’autore, riconosciuto come uno dei più alti esempi dello spirito illuminista nascente, fervido e longevo scrittore, si distinse per la sua abilità e la sua capacità di appassionare un’ampia platea desiderosa di essere informata sugli sviluppi della scienza e della tecnica. Gli Entretiens possono considerarsi uno dei primi esempi di “divulgazione scientifica”, dato che si rivolgevano, come vedremo, ad un pubblico molto vasto e, cosa non usuale soprattutto per l’argomento scelto, anche femminile. Il breve testo è scorrevole e piacevole e, da vero best-seller tradotto in diverse lingue, è ancora oggi ristampato perché i suoi sono argomenti quanto mai attuali, dai viaggi spaziali, alla vita su altri mondi, ai meteoriti provenienti da Marte e altre idee scientifiche, allora come oggi definite “moderne”.
Il saggio presenta la nuova concezione copernicana di universo, infinito e dinamico – basata sulla nuova fisica di Cartesio e sui grandi sviluppi dell'astronomia dell'epoca – trattando principalmente della possibilità che altri pianeti del sistema solare siano abitati. Il libro è suddiviso in sei colloqui del filosofo con una non identificata marchesa, corrispondenti ai sei capitoli. Gli argomenti di discussione, che si susseguono in un fitto e vivace “botta e risposta” tra il maestro e l'allieva, sono: “Come la Terra è un pianeta che gira su se stesso e attorno al Sole”, “Come la Luna è una Terra abitata”, “Particolarità del mondo della Luna. Come altri pianeti sono abitati”, “Particolarità dei mondi di Venere, di Mercurio, di Giove e di Saturno”, “Come le stelle fisse sono altrettanti Soli, ognuno dei quali illumina un Mondo”, “Nuovi pensieri che confermano quelli dei colloqui precedenti. Ultime scoperte che sono state fatte nel cielo”. Fontenelle offre al lettore un vivido affresco dell’entusiasmo dell’epoca per la nuova visione dell’universo, come lo si evince, ad esempio, da questo breve episodio: una sera, passeggiando al chiaro di luna nel parco della dimora della signora, il filosofo chiede alla sua pronta interlocutrice: “Che cosa ne penserebbe se gli abitanti della Luna fossero in grado di navigare sulla superficie dell’aria e di là, spinti dalla curiosità di vederci, ci pescassero all'amo come pesci? Le piacerebbe?” “Perché no?”, rispose subito la marchesa, “Se fosse per me, mi butterei nelle loro reti di mia iniziativa, solo per avere il piacere di vedere quelli che mi hanno catturato”.
Il contesto storico e culturale
L’argomento scelto dallo scienziato a prima vista poteva, e anche oggi può, sembrare bizzarro – come l'autore stesso ammette –, ma in realtà s’inserisce perfettamente nel clima culturale e scientifico del tempo. Nell’illuminismo, scienza e filosofia sono strettamente associate e il rapido sviluppo della tecnica fornisce sempre nuovi spunti per un intenso e vivace dibattito sulla “potenza” della ragione umana e sulla rilevanza che assume il metodo scientifico, suscitando così una più ampia riflessione sull’uomo, sulla metafisica, sulla religione e, in particolare, sul ruolo da attribuire a Dio in questa visione “macrocosmica”. Nella rivoluzione concettuale e culturale del XVII secolo, lo sviluppo e i successi dell’astronomia hanno senz’altro un peso notevole, particolarmente in Francia. Nel 1610, la pubblicazione del Sidereus Nuncius di Galileo aveva suscitato interesse fra gli studiosi e allo stesso periodo risale l’incisione della più antica carta della Luna. Nel 1631, Gassendi osservava il passaggio di Mercurio sul disco del Sole, mentre al 1666 risale la fondazione dell'Accademia Reale delle Scienze. L’anno dopo veniva costruito l’Osservatorio Astronomico di Parigi, fondato da Colbert, diretto da Jean-Dominique Cassini, uno dei più grandi astronomi di ogni tempo, e costituito da Gassendi come centro di promozione e coordinamento degli studi di astronomia. Anche Christian Huygens, scopritore nel 1655 del primo satellite di Saturno, fu chiamato da Colbert a Parigi.
La tesi della non centralità della Terra nell’universo e nel sistema solare, e dunque anche dell’uomo, suo dominatore, aveva portato ad un ampliamento dei confini dell’universo e aveva investito tutta la cultura europea, nelle sue implicazioni filosofiche, etiche e politiche, portando entusiasmo ed esaltazione, ma anche un senso di sgomento e di stupore. La riflessione sull'infinità del cosmo e la pluralità dei mondi era inoltre un argomento oggetto di discussione già dai primi anni del ’500, con le opere di Cusano, Giordano Bruno, Digges, Lower, Barton e Gilbert, per giungere ad opere più note, quali la “Apologia pro Galileo” di Campanella, la “Cosmografia” di Godwin, la “Selenografia” di Hevelius, “Les Etats et Empires de la Luna” di Cyrano de Bergerac, la “Description of a new World” di M. Cavendish, il “Systeme du Monde” di Gadroys, la “Physique” di Rohault, il “Messager Celeste” di N. De Blégny e, soprattutto, la “Astronomia Physica” di Du Hamel. Nel 1638 era stato pubblicato inoltre il saggio di Y. Wilkins “The Discovery of a New World” (tradotto in francese come Le monde dans la Lune), opera che Fontenelle aveva sicuramente conosciuto. È questa dunque l’atmosfera in cui l’allora ventottenne scienziato francese, sensibile e acutissimo nel percepire i rivolgimenti dell’epoca in cui viveva, scrisse i “Colloqui”, potendo già contare su amicizie e conoscenze con astronomi, matematici e chimici tra i più noti del suo paese; la sua conoscenza scientifica è inoltre solida, fondata su Cartesio, in particolare sui Principi e sulla Diottrica, e sulle scoperte di Huygens e Cassini, elementi sui quali è basata la struttura della sua opera. Il contenuto del saggio è espressione della nascita e del primo sviluppo dell’astronomia osservativa e sperimentale e dei progressi della fisica del XVII secolo, tanto che lo storico della scienza G. Canguilhem sosteneva che «Fontenelle conosce molto bene i progressi della scienza e i suoi problemi [...] è vero che rarissime volte egli s’impegna personalmente nella ricerca [...] ma quando egli scrive di scienza lo fa da scienziato che assimila, sviluppa e criticamente divulga le più sorprendenti conquiste della scienza del suo tempo» (citato nella prefazione di Salvatore Borgia all’edizione italiana del 1969).
Tra racconto fantastico e riflessione filosofico-religiosa
L’opera di Fontenelle non è un’opera “fantascientifica” o una favola surreale e senza alcuna rilevanza; oltre ad essere scientificamente corretta e aggiornata, contiene ed esprime anche una visione filosofico-religiosa, che l’autore-divulgatore voleva trasmettere a un pubblico il più vasto possibile, attraverso un tipo di trattazione che fosse accessibile a tutti. Per questo motivo, gli Entretiens dell’autore vengono svolti con una dama immaginaria, con l’intento di insegnarle “cose di cui non ha mai sentito parlare” ma che, con la giusta applicazione, ella sarà senz’altro in grado di comprendere, perché “non si tratta di penetrare con profonda meditazione una cosa per se stessa oscura o spiegata oscuramente, ma soltanto non leggere senza rappresentarsi chiaramente ciò che si legge” dal momento che, precisa poco dopo Fontenelle, «non ho preteso fare un sistema campato in aria e senza alcun fondamento, ho fatto ricorso a veri ragionamenti di fisica e ne ho usati tanti quanti ne è stato necessario»(p. 69). Il filosofo illuminista si rivolge ad una donna certamente con lo scopo di raccogliere più consenso, ma soprattutto per incoraggiare le signore a coltivare gli studi, dimostrando in questo modo che una trattazione chiara e logicamente fondata anche su tematiche sconosciute può essere razionalmente compresa anche da chi, non solo non ha un’educazione sull’argomento specifico, ma è normalmente dedita a tutt’altro genere di occupazioni. Nella breve prefazione, l’autore spiega inoltre che, seppur ci siano nel testo digressioni inserite per renderlo meno arido e «il vero e il falso siano qui mescolati e non facilmente distinguibili”, non ha però immaginato sui mondi possibili alcuna cosa che “fosse assolutamente impossibile e chimerica» (p. 70). Anzi, come abbiamo visto, Fontenelle è un forte e fedele sostenitore della fisica cartesiana, che l’illuminismo riteneva consentisse ai filosofi moderni di formulare una visione chiara e scientificamente corretta dell’universo, abbandonando così le “fantasie” precedenti. L’autore si sente pertanto in dovere di rassicurare i suoi lettori sul contenuto del saggio: «coloro i quali leggeranno questo libro che hanno qualche conoscenza della fisica, che non ho affatto preteso di istruirli, ma soltanto di divertirli presentando loro in un modo più piacevole e più leggero ciò che sanno già più seriamente e avverto coloro per i quali queste materie sono nuove, che ho creduto di poterli istruire e divertire nello stesso tempo. Entrambi andrebbero contro la mia intenzione: i primi se vi cercassero dell’utilità e i secondi se non vi cercassero che il divertimento» (p. 68).
I Colloqui sulla pluralità dei mondi lambiscono anche questioni che si allontanano dal contenuto scientifico per lasciare il posto alle digressioni filosofiche e religiose. Nelle risposte di questo genere alla sua interlocutrice, il punto di vista dello scienziato tende sempre ad affermare l’impossibilità della ragione umana a rispondere a tutte le domande che non comprende. Ma qual era la visione religiosa dell’illuminista Fontenelle e che possiamo desumere dalla lettura dei “Colloqui”? Brillante studente presso il Collège de Bourbon dei gesuiti di Rouen (Normandia), membro dell’Académie Francaise, nel 1697 divenne segretario a vita dell’Académie des Sciences e pubblicò “L’Historie de l’Academie Royale des Sciences”. Fontenelle era pertanto riconosciuto come un’autorità ufficiale nelle materie scientifiche, nonché membro anche della Royal Society di Londra, dell’Accademia di Berlino e degli Arcadi di Roma. Nella prefazione al saggio, lo scienziato si pone esplicitamente il problema di rispondere «alle persone scrupolose, le quali potranno credere che c’è un certo pericolo, riguardo alla religione, a immaginare abitanti oltre la Terra». La tesi di Fontenelle è che, pensando gli abitanti della Luna o di pianeti di altri sistemi solari, non dobbiamo pensare a «degli uomini fatti come noi», altrimenti cadremmo in difficoltà. Infatti, prosegue l’autore, «la posterità di Adamo non ha potuto diffondersi fin sulla Luna, né fondare colonie in quel luogo. […] Ora sarebbe imbarazzante per la teologia se esistessero degli uomini che non discendessero da lui». Fontenelle pone sulla Luna «abitanti che non sono per niente uomini». Ma di che cosa si tratta allora? La risposta dell’autore è immediata e non lascia spazio a discussioni: «Non li ho visti, non è per averli visti che ne parlo. E non pensate – aggiunge l’autore – che sia una scusa di cui mi servo per eludere la vostra obiezione, quella di dire che non ci sono uomini sulla Luna: voi vedete che è impossibile che ve ne siano secondo l’idea che della diversità infinita che la natura deve aver messo nelle sue opere» (p. 71). Questo è quanto ci viene detto dall’autore direttamente sulla questione degli esseri extraterrestri: non sono uomini, figli di Adamo, sono di un’altra specie non definita in alcun modo perché, non avendoli visti, non possiamo dirne ragionevolmente nulla, e per questo motivo tale questione non costituisce un problema né influisce sul contenuto dei “Colloqui”.
La concezione di Dio e dell'universo
Dall’introduzione già citata di Salvatore Borgia, che si richiama anche ad altre opere dell’autore, comprendiamo come Fontenelle avesse una visione cartesiano-meccanicista di Dio come “Dio orologiaio” di un “universo orologio”. L’universo ha avuto bisogno solo di un impulso iniziale, e Dio agisce in esso attraverso le leggi naturali di cui Egli stesso è fondamento, senza quindi poterle stravolgere o cambiare a suo piacimento. L’universo è ordinato e intelligibile e l’uomo può per questo conoscerlo e arrivare in questo modo a riconoscere Dio come Primo Motore, garante di questo equilibrio. In questo modo la religione naturale si fondeva in accordo con la nuova scienza dei lumi, fiduciosa nella ragione. Alla luce di quanto appare in altre opere, Fontenelle mantiene quindi una posizione intermedia, attenta ad evitare derive radicali, senza addentrarsi in specifiche spiegazioni o giustificazioni filosofiche. In particolare, egli rifiuta di intervenire su questioni di metafisica che non possano essere oggetto dell’intelligenza e dello spirito critico dell’uomo perché «la religione fondandosi su un mistero e sulla rivelazione divina ha operato in questo senso, per cui egli ammette un Dio che sente stretto a sé il mondo e piuttosto lo sovrasta avvolto e nascosto nella sua fredda e impassibile funzione coordinatrice e la cui sola ombra il mondo sa accogliere» (p. 39).
La scienza viene dunque separata da presupposti metafisici e l’universo stesso è autonomo dall’arbitrio di Dio, che non ha un potere diretto su di esso, sul mondo e, in definitiva, sui suoi abitanti. L’uomo, a sua volta, non è in grado di cogliere l’essenza e il significato dell’azione divina, né Dio ha presente gli interessi degli uomini nel suo operare; la volontà divina è incomprensibile per la razionalità umana, in particolare è un vano sforzo quello di comprendere la creazione divina, ossia «capire come si possa far sorgere dal nulla un mondo che si colloqui fuori dalla sostanza divina» (p. 39). La scienza sola giunge dalla realtà dei fatti e dall’induzione a postulare l’esistenza – la necessità – di un “Dio” e di una saggezza divina, «visto che – secondo Fontenelle, spiega Borgia – ogni altra argomentazione è insufficiente a fornirci una definizione di Dio». Infatti, «se l’organizzazione presenta una disposizione che il meccanismo da solo non chiarisce, anche ammesso il caso che non è meno nemico di tale meccanismo (per Fontenelle, il caso equivale a ignoranza delle leggi) occorre constatare che la finalità è un’ordinazione e la causa di questo» (p. 39). L’idea di un Dio Creatore non viene dunque negata, ma posta razionalmente in dubbio dall’autore, che abilmente avanza l’incapacità e i limiti della ragione umana a cogliere l’atto creativo, lasciando al lettore il giudizio se ammetterlo o meno su queste basi.
Un merito di Fontenelle, al cui nome è stato dedicato nel 1989 un asteroide del sistema solare, è senz’altro quello di aver così inaugurato il genere letterario della “divulgazione scientifica”, affermando in particolare con la sua opera l’autonomia della scienza e il suo distinguersi dalle credenze che erano alla base della magia, degli oracoli e dalle false dottrine dell’epoca. Gli Entretiens sono inoltre un esempio del tentativo dell’epoca di elaborare una nuova sintesi fra la nuova scienza e la filosofia, proposta non più basata, però, sulla metafisica, ma su un piano logico-operazionale e su un concetto della dignità e della potenza dell’uomo, che diventerà tipico della civiltà moderna.