Il brano di seguito è stato scritto da Pavel Florenskij nel 1925-26 su proposta della direzione del Dizionario enciclopedico dell'Istituto bibliografico russo Granat. Considerata la difficoltà di redigere una sintesi adeguata del pensiero di Florenskij fu chiesto all'autore di proporre la voce su se stesso, che venne pubblicata in forma ridotta e parzialmente rimaneggiata (cfr. Enciklopediceskij sloval Russkogo bibliograficeskogo instituta Granat, vol. 44, col. I43-44, Moskva I9277). Il testo, completato e corretto su un manoscritto presente nell'Archivio di padre Pavel Florenskij, è stato pubblicato in SCT , vol. I, pp. 37•43; La presente traduzione si riferisce a quest'ultima edizione.
Nasce il 9 gennaio 1882 nella cittadina di Evlach (governatorato di Elizavetpol'), dove il padre lavora alla costruzione della ferrovia Transcaucasica. Trascorre l'infanzia a Tbilisi e soprattutto a Batumi. Frequenta il liceo classico di Tbilisi e si diploma nel 1900. Compie i suoi studi presso il Dipartimento di matematica della facoltà di Matematica e Fisica dell'Università di Mosca. Si laurea nel 1904, specializzandosi in matematica pura, presso la cui cattedra viene invitato a collaborare. L'argomento della tesi (da lui stesso proposto) per l'ottenimento del titolo di «Candidato» è Le particolarità delle curve piane come luoghi di violazione della discontinuità, studio che si proponeva come parte di un'opera di carattere filosofico più generale: La discontinuità come elemento della concezione del mondo. All'Università Florenskij si trova a lavorare in un'atmosfera impregnata dalle idee sulla teoria delle funzioni della variabile reale e dalla personalità di N. V. Bugaev, e sotto i benevoli auspici di N. E. Zukovskij. In concomitanza con gli studi di matematica e fisica egli si dedica anche a quelli di filosofia presso la facoltà di Storia e Filologia, dove è allievo di S. N. Trubeckoj e L. M. Lopatin.
Nel 1904 si iscrive all'Accademia di teologia di Mosca, stabilendosi definitivamente nel sobborgo di Sergiev Posad. Pur senza trascurare gli studi di carattere matematico, all'Accademia egli si dedica a materie che gli sono indispensabili per l'elaborazione di una concezione del mondo ad ampio spettro: filosofia, filologia, archeologia e storia delle religioni. Mentre ancora frequenta il quarto anno viene scelto per reggere la cattedra di storia della filosofia, che occupa dall'autunno del 1908 in qualità di docente ad interim e dal 1911 di professore straordinario, discutendo per il titolo di «magister» la tesi 0 duchovnoj istine (Sulla verità spirituale).
Le sue lezioni e i suoi seminari sono dedicati principalmente a questioni di storia della concezione del mondo. Parallelamente agli studi filosofici, Florenskij si dedica allo studio e- occasionalmente- all'insegnamento della matematica e della fisica. Nel 1911 viene consacrato sacerdote, ma senza obblighi pastorali. Dal 1911 al 1917 dirige la rivista dell'Accademia, II messaggero teologico, alla quale cerca di conferire un taglio storico e sulla quale pubblica una serie di interventi intesi a far luce sulla storia della concezione del mondo e delle scuole di pensiero del XVIII e XIX secolo. Dal 1917 Florenskij tiene lezioni di fisica e matematica presso l'Istituto di pedagogia di Sergiev Posad, elaborando corsi per una metodologia della geometria, per la compilazione di un'enciclopedia matematica ecc. Allo stesso tempo, in veste di collaboratore della Sezione musei, viene elaborando una metodologia per l'analisi estetica e la descrizione delle opere di arte antica, per la quale attinge elementi dalla tecnica e dalla geometria. Frutto di detti studi e una serie di relazioni e inventari pubblicati solo in parte.
La concezione del mondo
Florenskij assunse a scopo della propria vita l'apertura di nuove vie per una futura e globale visione del mondo. In questo senso può essere definito un filosofo. In netto contrasto con i procedimenti e i fini del pensiero filosofico coevo, però, egli prende le distanze dalle costruzioni astratte e dalla trattazione esaustiva dei problemi secondo schemi precostituiti. In tal senso egli va considerato un ricercatore. Per lui le prospettive più ampie sono sempre collegate all'analisi concreta e coerentemente impostata di aspetti singoli, se non specialistici. Di conseguenza, la concezione del mondo che egli elabora si delinea per contrappunto a partire da alcuni temi tenuti saldamente insieme da una peculiare dialettica e non si presta perciò a essere riassunta e sistematizzata. Essa ha una struttura di carattere organico, non logico, dove le singole formulazioni non possono essere estrapolate dal materiale concreto. Il filo conduttore delle concezioni storico-culturali di Florenskij è la negazione della cultura quale processo unitario nel tempo e nello spazio, con la conseguente negazione dell'evoluzione e dell'idea di progresso della cultura stessa. Per quel che concerne la vita delle singole culture, Florenskij sviluppa l'idea della loro dipendenza da due diverse tipologie in ritmico alternarsi: la cultura medievale e quella rinascimentale. La prima si distingue per organicità, oggettività, concretezza, autoreferenzialità; la seconda per frammentarietà, soggettivismo, astrattezza e superficialità. E' opinione di Florenskij che la cultura rinascimentale europea abbia cessato di esistere agli albori del XX secolo, e che sin dai primi anni del Novecento in ogni orientamento culturale si possano osservare i germogli di un nuovo tipo di cultura.
Florenskij considera la propria concezione del mondo conforme ai dettami stilistici del XIV-XV secolo del Medioevo russo, ma prevede e auspica altre strutture che meglio si confacciano a un più profondo ritorno al Medioevo. A legge fondamentale del mondo Florenskij elegge il secondo principio della termodinamica, la legge dell'entropia, che egli accoglie in senso lato quale legge del Caos in ogni luogo del creato. A questa dinamica del mondo si contrappone il Logos, o principio dell'ectropia . La cultura e la lotta consapevole contro l'appiattimento generale; la cultura e il distacco quale resistenza al processo di livellamento dell’universo, è l’accrescersi della diversità di potenziale in ogni campo che assurge a condizione di vita, è la contrapposizione all’omologazione, sinonimo di morte.
Ogni cultura è un sistema finalizzato e saldo di mezzi atti alla realizzazione e al disvelamento di un valore adottato come fondamentale e assoluto, e dunque fatto assurgere a oggetto di fede.
I primi riflessi di questa fede nelle funzioni imprescindibili dell'uomo determinano i punti di vista sui settori inerenti a dette funzioni, ossia sulla realtà oggettiva nella sua interazione con l'uomo. Tali punti di vista sono, sì, categorie, ma non categorie astratte, bensì concrete (si veda la cabala); la loro manifestazione pratica e il culto. La cultura, come risulta chiaro anche dall'etimologia, è un derivato del culto, ossia un ordinamento del mondo secondo le categorie del culto. La fede determina il culto e il culto la concezione del mondo, da cui deriva la cultura.
Al monismo etico naturalistico del dualismo metafisico Florenskij contrappone il dualismo etico del monismo metafisico; da cui deriva la lotta con le emanazioni del manicheismo, dello gnosticismo, del bogomilismo ecc. che compenetrano la società tutta.
Analoghe sono le posizioni di Florenskij anche quanto alla teoria della conoscenza. All'illuminismo, al soggettivismo e allo psicologismo egli contrappone il realismo quale convincimento nella realtà transoggettiva dell'essere: l'essere si apre alla conoscenza senza mediazioni di sorta. La percezione non è soggettiva, ma soggettuale, ossia pertiene al soggetto nonostante non sia immanente a esso. In altri termini, nella conoscenza si esprimono l'autentica espansione del soggetto e l'autentica unione della sua energia (nell'accezione trecentesca del termine) con l'energia della realtà conoscibile. D'altro canto, però, in contrapposizione a un unico sistema autoconchiuso e universalmente accolto o auspicato (come volevano il pensiero francese e ancor più tedesco), Florenskij - più vicino al pensiero anglo-americano e ancor più a quello orientale - ritiene che ogni sistema sia correlato in modo non logico, ma teleologico, e vede in queste frammentarietà e contraddittorietà logiche l'inevitabile conseguenza del processo stesso della conoscenza, che ai livelli inferiori crea modelli e schemi e a quelli superiori simboli. Quella del linguaggio dei simboli è una delle questioni fondamentali della teoria della conoscenza.
La struttura dell'intelletto conoscitivo va oltre la logica e di conseguenza include la contraddizione fondamentale delle due componenti che gli sono costitutivamente proprie; chiamarlo essere e significate, pausa e movimento, finitezza e infinitezza, legge d'identità (intendendo il principio d'identità, di contraddizione e del terzo escluso) e legge di ragione sufficiente è all'incirca la stessa cosa. E poiché l'intelletto non può agire senza la presenza congiunta di entrambe le sue componenti, ogni suo atto è sostanzialmente antinomico, così come tutte le sue strutture si reggono solamente sulla forza di principi contrastanti che si escludono a vicenda. La verità irrefutabile è quella in cui un'asserzione quanto mai ferma va di pari passo con una negazione che lo è altrettanto; si tratta dunque di una contraddizione estrema e irrefutabile, poiché ha in sé la sua estrema negazione e, di conseguenza, ogni possibile obiezione non potrà che essere più debole della negazione in essa implicita. L'oggetto corrispondente a quest'ultima antinomia è, evidentemente, la vera realtà è la verità reale. Tale oggetto, origine dell'essere e del significate, è percepito attraverso l'esperienza.
La concezione del mondo di Florenskij si è formata in gran parte sul terreno della matematica ed è compenetrata dei suoi principi, sebbene non ne utilizzi il linguaggio. Per questa ragione Florenskij ritiene che l'essenziale per la conoscenza del mondo sia la logicità come rapporto funzionale, inteso, tuttavia, nell'accezione della teoria delle funzioni e dell'aritmologia. Nel mondo regnano la discontinuità quanto alle correlazioni e la discretezza quanto alla realtà. Ciò che risulta inaccettabile per il positivismo e il kantismo in quanto distruzione della continuità, è invece logico e corrisponde a funzioni discontinue, polivalenti, stratificate, prive di derivate ecc. D 'altro canto la discretezza della realtà conduce all'affermazione della forma o dell'idea (in senso platonico-aristotelico) come unità che è «prima delle sue parti» e che le determina con il suo essere, ma che non è da esse composta. Ne deriva l'interesse per le equazioni integrali e le funzioni delle linee, delle superfici ecc.; oltre che, d'altro canto, l'indirizzo pitagorico e l'aspirazione a comprendere il numero come forma. In relazione alle idee sulla stratificazione della realtà e sull'inaccessibilità reciproca dei singoli strati (la trascendenza convenzionale) c'è in Florenskij l'aspirazione a fornire un modello oggettivo dell'immaginario.
Quanto allo spazio e al tempo, Florenskij professa un atomismo originale. La lotta con la concezione kantiana dello spazio e la coscienza della convenzionalità e dell'insufficiente flessibilità degli spazi proiettivi non euclidei convogliarono l'interesse di Florenskij verso gli spazi non proiettivi e la topologia. Proprio in questo campo si forma in misura significativa la sua estetica (vedi la serie di lezioni sull'analisi della spazialità nell'arte figurativa tenute ai Laboratori superiori d'Arte).
Florenskij vede nella matematica il primo e indispensabile presupposto della concezione del mondo, ma è proprio nell’autoreferenzialità della matematica che egli individua la causa della sua sterilità culturale: gli impulsi che spingono alla matematica vanno attinti - da un lato - dalla concezione del mondo, e dall'altro da uno studio sperimentale del mondo e della tecnica. Gli studi di Florenskij sono diretti in entrambe le direzioni, con l'elettrotecnica (e in special modo i campi elettrici e i loro ambienti materiali) a fungere da oggetto alla tecnica. Lo studio dei campi si ricollega in senso lato a questioni di geometria, di filosofia della natura e di estetica, mentre lo studio dei materiali è connesso all'istologia dei materiali quale campo di applicazione delle teorie degli insiemi e delle funzioni.
E', infine, opportuno ricordare i suoi studi sulla lingua: negando la logicità astratta del pensiero, Florenskij ne scorge il valore nella sua manifestazione concreta, in quanto rivelazione della personalità. Da questo deriva il suo interesse per l'analisi stilistica delle opere dell'ingegno. Inoltre, negando il pensiero muto, Florenskij vede nello studio della parola lo strumento principale per la penetrazione nel pensiero altrui e per la formulazione del proprio. Da ciò derivano i suoi studi di etimologia e semasiologia.
P. A. Florenskij, (a cura di N. Valentini e A. Gorelov) Il simbolo e la forma. Scritti di filosofia della scienza, Bollati Boringhieri, Torino 2007, pp. 3-10