George Cuvier visse da protagonista il grande sviluppo della paleontologia e della zoologia a cavallo tra Settecento e Ottocento, così come le vicende politiche nella Francia napoleonica e della Restaurazione. Nato il 23 agosto 1769 a Montbeliard, allora parte del Ducato di Württemberg, ricevette un’educazione di chiara impronta protestante, che avrà un ruolo importante nella sua vita intellettuale. Dopo gli studi di zoologia a Stoccarda, i suoi scritti furono letti e apprezzati da Henri-Alexandre Tessier, e per suo tramite, da Etienne Geoffroy-St. Hilaire, all’epoca già affermato professore Museo di Storia Naturale di Parigi. Nel 1795 Cuvier fu chiamato a collaborare al Museo, recentemente fondato nel contesto delle spinte culturali legate alla Rivoluzione francese. Fra i due studiosi nacquero inizialmente un’amicizia e un sodalizio intellettuale che sfociarono tuttavia in un’aspra disputa, di cui Cuvier è generalmente considerato il vincitore. Certamente, una delle abilità che permisero a Cuvier un notevole successo scientifico fu la sua abilità nel muoversi nel delicato ambiente politico francese, prima napoleonico e poi borbonico. Questa abilità e i suoi meriti scientifici lo porteranno a diventare membro dell’Accademia delle Scienze (1796) e poi del Collège de France (1800). Dal 1802 fino alla sua morte, avvenuta nel 1832, Cuvier occupa la cattedra di Anatomia comparata presso il Museo di Storia Naturale.
Presso il Museo di Storia Naturale, Cuvier si dedicò ampiamente alla tassonomia. Una delle principali scoperte zoologiche di Cuvier fu il principio di correlazione delle parti. Secondo Cuvier, non è possibile immaginare l’esistenza delle parti degli animali in modo indipendente l’una dall’altra. Affinché possano coesistere nel singolo animale, le parti devono essere coordinate l’una all’altra. Tuttavia, l’idea di coordinamento e reciproco adattamento non è limitata da Cuvier all’ambito delle relazioni interne all’animale, ma coinvolge anche le sue relazioni con l’ambiente circostante: la sopravvivenza non è infatti legata solo alla coerenza della struttura e dell’organizzazione anatomica, ma anche alla capacità di inserirsi felicemente in un determinato ambiente. Queste due dimensioni di coordinamento, delle parti fra loro e dell’insieme delle parti con l’ambiente, conducono Cuvier alla formulazione del principio delle condizioni di esistenza, ritenuto da Cuvier centrale per lo sviluppo della scienza biologica: “La storia naturale ha a disposizione, tuttavia, un altro principio razionale che le è proprio, e che impiega a proprio vantaggio in svariate occasioni: il principio delle condizioni di esistenza, comunemente detto delle cause finali. Come nulla può esistere se non riunisce le condizioni che rendono possibile la sua esistenza, le differenti parti di ciascun essere devono coordinarsi in modo da rendere possibile l’esistenza dell’essere complessivo, non solamente in se stesso, ma nei suoi rapporti con ciò che lo circonda; e l’analisi di queste condizioni conduce spesso a leggi generali, altrettanto saldamente dimostrate di quelle che derivano dal calcolo o dall’esperienza”. [1]
Questa interpretazione dell’anatomia animale è strettamente correlata all’anti-evoluzionismo e al catastrofismo di Cuvier. Poiché le parti di ogni vivente si trovano in tale perfetta corrispondenza, interna ed esterna, la modifica, per quanto graduale, di una di esse risulterebbe inevitabilmente fatale per l’organismo. In altre parole, la strettissima relazione tra condizioni ambientali e forme dei viventi rende impensabile l’evoluzione. Inoltre, Cuvier era fortemente scettico riguardo all’idea di cambiamento graduale anche per via delle sue osservazioni sui fossili, dalle quali non appariva alcun segno di modifica lenta. La testimonianza fossile indicava invece la presenza di salti netti. L’opposizione di Cuvier all’evoluzionismo non era in alcun modo un’affermazione dell’immutabilità del mondo naturale. Proprio l’attenta osservazione della documentazione fossile e stratigrafica testimoniava a Cuvier il carattere mutevole della natura. Il cambiamento era però discreto e brusco piuttosto che continuo e graduale. Cuvier si era infatti convinto, a partire dalle proprie osservazioni stratigrafiche, dell’esistenza di periodi nella storia geologica della Terra in cui diverse specie animali si erano estinte massicciamente e in tempo relativamente breve. Coerentemente con il principio delle condizioni di esistenza, rapidi e radicali cambiamenti dell’ambiente terrestre – le catastrofi – non potevano che causare un altrettanto rapido e radicale mutamento nella fauna abitante sul pianeta.
Può essere interessante a questo punto richiamare la disputa che oppose Cuvier e Geoffroy-St. Hilaire, che pure avevano inizialmente collaborato. Questa opposizione non è del tutto riconducibile a una diversa valutazione dell’evoluzionismo, sebbene questo sia un elemento da tenere presente. Il lato più interessante da considerare nell’opposizione tra Cuvier e Geoffroy-St. Hilaire è la differenza tra una concezione funzionalista della struttura dei viventi e una concezione formalista. Chiaramente formulata per la prima volta da Edward S. Russell, si tratta della differenza tra chi interpreta i viventi come frutto dell’adattamento a specifiche e contingenti condizioni di esistenza, e chi invece ritiene che le forme dei viventi siano espressioni di regole universali. Il principio delle condizioni di esistenza di Cuvier appartiene manifestamente alla tendenza funzionalista, rappresentandone una formulazione particolarmente chiara e decisa: le condizioni ambientali sono arbitre in ultima istanza della morfologia degli animali. Al contrario, Geoffroy, pur non rifiutando l’influenza dell’ambiente sulla struttura morfologica, postulava l’esistenza di unità tipologiche fondamentali non riconducibili alla dimensione funzionale; le modificazioni di queste tipologie fondamentali avrebbero poi dato luogo alla diversità delle forme viventi. Cuvier, nella celebre serie di dibattiti che lo opposero al collega, ebbe buon gioco nel dimostrare l’implausibilità dal punto di vista anatomico delle unità tipologiche proposte da Geoffroy. Per Cuvier, anche l’unità di tipo era da ricondurre a esigenze funzionali; semplicemente, le esigenze funzionali più fondamentali possono essere ricorrenti tra diverse specie. Le funzioni più generali sono quindi responsabili delle unità tipologiche, mentre le funzioni più specifiche spiegano la diversificazione all’interno di un tipo.
La dimensione religiosa gioca evidentemente un ruolo non trascurabile nella figura intellettuale di Cuvier. Da una parte, la fede di Cuvier in Dio quale creatore del mondo è indubbia. Anzitutto, non solo la sua educazione, ma anche la partecipazione di Cuvier alla creazione della prima parrocchia protestante a Parigi e alla fondazione della Societé Biblique de Paristestimoniano della sua fede attiva. Anche nei suoi scritti, Cuvier afferma esplicitamente la propria fede in un Dio creatore. La natura stessa per Cuvier non è altro che il frutto della creazione divina, e conseguentemente la ricerca del naturalista è volta a discernere le regole secondo cui la sapienza divina ha ordinato il mondo. In questo modo, Cuvier si ricollega alla tradizione di pensiero che vede nel mondo naturale un libro in cui leggere le tracce del Creatore. Da questo punto di vista Cuvier introduce una nuova versione della metafora del libro, parlando della natura come un dizionario. Questo dizionario, tuttavia, funziona per Cuvier in modo opposto rispetto a un normale dizionario: indagando la natura non partiamo dai nomi, bensì studiamo ciò che dei viventi ci si manifesta per scoprirne il nome, la classificazione e le proprietà essenziali.
D’altra parte, possiamo notare che caratteristica delle ricerche di Cuvier è il tentativo di tenere ben separate l’argomentazione scientifica dalla fede. Anzitutto, Cuvier distingueva le asserzioni metafisiche, incluse quelle teologiche, in due tipologie. La prima è formata da quelle convinzioni che possono ricevere una conferma empirica, che manca invece al secondo tipo, la metafisica speculativa. Solo il primo tipo di asserzioni metafisiche può, secondo Cuvier, influenzare il lavoro del ricercatore. Inoltre, nelle argomentazioni scientifiche la Bibbia non può essere usata in passi specifici, ma può fornire un orientamento generale. Per esempio, a partire dal principio delle condizioni di esistenza Cuvier può facilmente allargare la propria riflessione al versante più propriamente teologico, ammettendo che la corrispondenza tra l’organismo e l’ambiente in cui vive sia l’espressione del progetto divino sulla creazione. Dio, nell’atto della creazione, limita liberamente il proprio operato, creando solo alcune fra le forme viventi concepibili; alcune di esse, infatti, non sarebbero state rispondenti allo scopo prefissato da Dio. Il grado di autorità in campo naturalistico che Cuvier riconosceva alla Bibbia si rende evidente anche per quanto riguarda l’interpretazione di passi delle Scritture in apparente contraddizione con le scoperte scientifiche. In questi casi, Cuvier ritiene che sia la lettera della Bibbia a dover cedere il passo. Questa scelta è giustificata dall’esigenza di adattare il contenuto della Rivelazione alle effettive capacità di comprensione di coloro ai quali la Bibbia era destinata. Questa esigenza rende sufficientemente conto, per Cuvier, delle discrepanze tra il racconto biblico e ciò che la ricerca scientifica ha dimostrato. Per esempio, Cuvier non ritiene che si possa accettare come storica la testimonianza biblica del diluvio, in quanto non era compatibile con la datazione che emergeva dalla ricerca empirica.
[1] G. Cuvier, Le règne animal distribué d'après son organisation, Introduction, Paris 1817, pp. 8-9
Bibliografia
G. CUVIER, Leçons d'anatomie comparée(1800–1805)
G. CUVIER, Recherches sur les ossemens fossiles de quadrupèdes, où l'on rétablit les caractères de plusieurs espèces d'animaux que les révolutions du globe paroissent avoir détruites(4 volumes, 1812)
G. CUVIER, Le Règne animal distribué d'après son organisation, pour servir de base à l'histoire naturelle des animaux et d'introduction à l'anatomie comparée, 1817
E. S. RUSSELL, Form and Function: A Contribution to the History of Animal Morphology, Murray, London 1926
S.J. GOULD, The Structure of Evolutionary Theory, Belknap Press, Cambridge 2002
D. OUTRAM, Cuvier. Vocation, Science and Authority in Post-Revolutionary France, Manchester University Press, Manchester 1984
J. M. VAN DER MEER, “Reading Nature In the Light of Scripture. The Case of Georges Cuvier (1769-1832)”, K. van Berkel, A. Vanderjagt (ed.),The Book of Nature in Early Modern and Modern History, pp. 181-193, Peeters. Leuven 2006.