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Pensare la tecnica. Un secolo di ricomprensione

Michela Nacci

Laterza,
Bari 2000
pp. 344
Anno di edizione originale: 2000
ISBN: 8842059730

Si tratta di un saggio attraente, rivolto ad un pubblico ampio. Michela Nacci, docente di Storia delle dottrine politiche all’Università dell’Aquila, si pone in questo testo l’obbiettivo di spiegare come è stata percepita e interpretata la tecnica dagli intellettuali del Novecento. Nella prefazione del libro, Gianni Vattimo afferma che «il problema della tecnica non è un problema tra gli altri, sia pure importante, delle riflessioni del Novecento, ma è il tema dominante, per lo più esplicito ma presente anche là dove non appare, di tutta la riflessione e della cultura del secolo». L’A. si sofferma sui maggiori filosofi e scrittori che l'hanno tematizzata o comunque ne hanno discusso, da Spengler ad Heidegger, da Hannah Arendt a Mumford, da Wells a Orwell, da Horkheimer ad Adorno e a Lyotard: vengono indagati la sociologia del primo Novecento e la fantascienza, la cultura della crisi, la grande narrativa e le utopie negative. Facendo propria la tesi di Heidegger che «l’essenza della tecnica non sia qualcosa di tecnico», gli intellettuali del Novecento vi hanno cercato un’essenza. Ma la tesi dell’A. è che «salvo poche eccezioni, la filosofia ha interpretato la tecnica in modo distorto, deformato: ne ha fatto il demiurgo onnipotente che può tutto in ogni situazione». Michela Nacci sostiene, con argomenti spesso convincenti, che gli intellettuali del Novecento «non hanno capito la tecnica», e che sopra di essa hanno creato una gran quantità di equivoci e fraintendimenti. Un tema centrale è poi il rapporto fra tecnica e politica: da un lato infatti la tecnica è stata considerata strettamente connessa all'idea di democrazia, dall'altra è stata vista come l'incarnazione di un totalitarismo aggiornato con i tempi