Lasciata la cattedra parigina, Bonaventura si ritira in meditazione sul monte Verna, per intraprendere un itinerario contemplativo che lo conduca fino a Dio. Prima tappa di questo percorso è la contemplazione delle creature. Bonaventura mostra al lettore i gradi dell'ascesa a Dio, gradi che l'uomo può conoscere e percorrere tramite la preghiera. Il mondo sensibile come uno specchio e come un libro attraverso il quale si giunge a Dio: «Colui, dunque, che non è illuminato dagli splendori innumerevoli delle creature, è cieco; colui che non si scuote per le tante voci, è sordo; colui che per tutte queste meraviglie non loda Dio, è muto; colui che da tanti segni non si innalza al primo principio è stolto»
1. Beato l'uomo che ha riposto in te il suo sostegno e che dalla valle di lagrime, in cui lo hai posto, ha deciso di ascendere verso di te [Sal 83, 6]. Poiché la beatitudine non è che il godimento del Sommo Bene, e il Sommo Bene è sopra di noi, nessuno può giungere alla beatitudine se non trascende se stesso, non con il corpo, ma con lo spirito. Ma non possiamo elevarci sopra di noi se non a causa di una virtù superiore. Qualunque siano le disposizioni interiori, queste a nulla valgono senza l'aiuto della grazia divina. Ma questa è concessa solo a coloro che la chiedono con tutto il cuore, con umiltà e devozione, e cioè a coloro che in questa valle di lagrime si rivolgono a Dio con preghiera fervente. È questa il principio e la sorgente della nostra elevazione.
Per questo Dionigi, nella sua Teologia mistica , volendoci istruire sui rapimenti dell'anima, premette a ogni altra cosa la preghiera. Preghiamo dunque, e diciamo al Signore Dio nostro: Conducimi, o Signore, nella tua via e i camminerò nella tua verità. Si rallegri il mio cuore nel temere il tuo nome [Sal 85, 11].
2. Così pregando, siamo illuminati nel conoscere i gradi dell'ascesa a Dio. Infatti, poiché nella condizione del nostro stato attuale la stessa totalità delle cose è scala per salire a Dio, e fra gli esseri creati, alcuni hanno rapporto a Dio di vestigio, altri di immagine, alcuni sono corporei, altri spirituali, alcuni temporali, altri immortali, e quindi alcuni fuori di noi, altri in noi; perché sia possibile pervenire alla considerazione del primo principio, spiritualissimo, eterno e sopra di noi, è necessario che prima consideriamo gli oggetti corporei, temporali e fuori di noi, nei quali è il vestigio e l'orma di Dio, e questo significa incamminarsi per la via di Dio; è necessario poi rientrare in noi stessi, perché la nostra mente è immagine di Dio, immortale, spirituale e dentro di noi, il che ci conduce nella verità di Dio; infine occorre elevarci a ciò che è eterno, spiritualissimo e sopra di noi, aprendoci al primo principio, il che reca letizia nella conoscenza di Dio e omaggio alla sua maestà.
3. Questo è dunque il viaggio dei tre giorni nella solitudine: questa è la triplice illuminazione di un sol giorno: la prima è come il tramonto, la seconda come il mattino, la terza come il mezzogiorno; a questa allude la triplice esistenza delle cose, cioè nella materia, nell'intelligenza creta e nell'arte eterna, per cui fu detto: sia fatto, fece, fu fatto [Gn 1, 3]; a questo si riferisce la triplice sostanza in Cristo: il corpo, l'anima e la divinità, che è la nostra scala per ascendere a Dio.
4. Secondo questa triplice elevazione, l'anima ha tre visioni principali. L'una si riferisce alle cose esteriori, e si chiama animalità o sensibilità; l'altra ha per oggetto lo spirito, rivolto in sé e a sé; la terza ha per oggetto la mente, che si eleva spiritualmente sopra di sé. – tre indirizzi che devono disporre l'uomo a elevarsi a Dio, perché l'ami con tutta la mente, con tutto il cuore, con tutta l'anima [Mc 12, 30], nel che consiste la perfetta fedeltà alla Legge e insieme tutta la sapienza cristiana.
5. E poiché ciascuna delle predette visioni si duplica, dal momento che possiamo considerare Dio, alfa e omega [Ap 1, 8], in ciascuno dei suddetti modi come per mezzo di uno specchio o come dentro a uno specchio, e ciascun grado può essere considerato o in se stesso o in rapporto ad altri, ne consegue che diventano sei i tre gradi principali dell'ascesa, in corrispondenza ai sei giorni durante i quali Dio creò il mondo e nel settimo si riposò; e così l'uomo, il microcosmo, attraverso i sei gradi delle illuminazioni progressive, viene condotto in maniera ordinata alla quiete della contemplazione. – A questa ascesa alludevano i sei gradini per i quali si saliva al trono di Salomone [cf. 1Re 10, 19]; sei ali avevano i Serafini che vide Isaia [cf. Is 6, 2]; dopo sei giorni Dio chiamòMosé dalla caligine [Es 24, 16], e Cristo dopo sei giorni , come attesta Matteo, condusse i discepoli sul monte, ove si trasfigurò davanti ai loro occhi [Mt 17, 1].
6. In corrispondenza a questi sei gradi di ascesa a Dio, sei sono le potenze dell'anima, per mezzo delle quali dalle cose inferiori ci eleviamo alle superiori, dalle esterne alle interne, dalle temporali alle eterne, e cioè senso, immaginazione, ragione, intelletto, intelligenza, apice della mente o sinderesi. Queste potenze, insite in noi per dono della natura, deformate dalla colpa, riformate dalla grazia, devono essere purificate dalla giustizia, esercitate per mezzo della scienza, e perfezionate per mezzo della sapienza.
7. Secondo l'originario ordine di natura, l'uomo fu creato capace di fruire la pace della contemplazione, e per questo fu collocato da Dio nel paradiso delle delizie [Gn 2, 15]. Ma essendosi allontanato dalla vera luce e rivolto ai beni mutevoli, per propria colpa ha incurvato le spalle proprie e, con il peccato originale, di tutto il genere umano, ferendo la natura umana con l'ignoranza della mente e la concupiscenza della carne; l'uomo infatti, accecato e ripiegato verso la terra, siede nelle tenebre, incapace di vedere la luce del cielo, a meno che la grazia e la giustizia non lo soccorrano contro la concupiscenza, e la scienza e la sapienza contro l'ignoranza. Il che avviene attraverso la mediazione di Gesù Cristo, divenuto sapienza, giustizia, santificazione e redenzione per noi [1 Cor 1, 30]. Egli infatti, essendo la virtù e la sapienza [Cf. 1 Cor 1, 24] di Dio, Verbo incarnato, pieno di grazia e di verità [Gv 1, 14], ha effuso su di noi grazia e verità, e cioè la grazia della carità, la quale, partendo da un cuore puro , da una coscienza retta e da una fede non finta [1 Tm 1, 5], rettifica l'anima nel suo triplice rapporto, di cui si è detto [n. 4]; ci ha offerto la scienza della verità con le tre forme della teologia – simbolica, letterale e mistica – affinché con la simbolica usiamo rettamente le cose sensibili, con la letterale ci serviamo rettamente delle cose intelligibili, con la mistica siamo trasportati nella sfera sovrarazionale dell'estasi.
8. Chiunque vuole elevarsi a Dio, è necessario che, evitando la colpa che deforma la natura, eserciti le facoltà sopra richiamate, per ottenere la grazia che riforma, attraverso la preghiera; la giustizia che purifica, attraverso la rettitudine nella vita consociata; la scienza che illumina, attraverso la meditazione; la sapienza che perfeziona, attraverso la contemplazione. Come nessuno perviene alla sapienza senza la grazia, la giustizia e la scienza, così nessuno giunge alla contemplazione se non tramite la meditazione penetrante, la vita santa e la preghiera ardente. Poiché, dunque, la grazia è il fondamento della rettitudine della volontà e della perspicacia dell'intelligenza, prima di tutto dobbiamo pregare, poi vivere santamente, infine applicarci alla considerazione della verità, e in questa considerazione gradatamente ascendere fino a pervenire al monte eccelso, alla Gerusalemme, ove si contempli il Dio sommo [Sal 83, 8].
9. Poiché, però, nella scala di Giacobbe prima si sale e poi si discende [cf. Gn 28, 12], collochiamo alla base il primo grado dell'elevazione, considerando questo mondo sensibile come uno specchio, attraverso cui perveniamo a Dio, sommo creatore, in modo da essere i veri ebrei che dall'Egitto vanno alla terra promessa ai padri [cf. Es 13, 3-4], i veri cristiani che con Cristo passanoda questo mondo al Padre [Gv 13, 1], e siamo infine i veri amanti della sapienza, che chiama e dice: Venite a me voi tutti che mi desiderate e saziatevi dei miei frutti [Sir 24, 26]. Infatti, dalla grandezza e dalla bellezza delle creature si può conoscere il loro Creatore [Sap 13, 5].
10. La somma potenza del Creatore, la sua sapienza e la sua bontà risplendono nelle cose create, secondo il triplice modo con cui i sensi corporei lo rivelano al senso interno. In effetti, il senso corporeo serve all'intelletto, sia che questi ragioni, creda o contempli. Quando contempla, l'intelletto considera l'esistenza attuale delle cose; quando crede, considera il loro corso abituale; quando ragiona, considera la loro eccellenza potenziale.
11. Allorché contempla considerando le cose in se stesse, l'intelletto scorge in esse peso, numero e misura [cf. Sap 11, 21]; il peso riguardo al luogo cui tendono, il numero per cui si distinguono, la misura per cui sono mutuamente delimitate. E così scorge in esse il loro modo di essere, la loro bellezza il loro ordine, nonché la loro sostanza, la loro potenza, la loro operazione. Da tutto ciò, come da impronta, può elevarsi alla conoscenza della potenza, della sapienza e dell'immensa bontà del Creatore.
12. Allorché considera questo mondo con l'occhio della fede, l'intelletto si sofferma sulla sua origine, sul suo corso, e sul suo termine. Con la fede, infatti, crediamo che il mondo ha avuto origine dal Verbo della vita [Eb 11, 3]; per fede riteniamo che si sono succedute e svolte nel corso dei tempi tre tipi di leggi: della natura, della Scrittura e della Grazia; per fede accettiamo che questo mondo avrà termine con il giudizio universale: intravedendo così nell'origine del mondo la provvidenza, nel suo termine la giustizia del sommo principio.
13. Allorché scruta questo mondo con il ragionamento, l'intelletto s'avvede che alcuni esseri esistono soltanto, altri esistono e vivono, altri ancora esistono, vivono e discernono; e che i primi sono esseri inferiori, i secondi intermedi, i terzi superiori. – Scopre altresì che alcuni sono soltanto corporei, altri in parte corporei, in parte spirituali; da ciò inferisce l'esistenza di esseri puramente spirituali, più perfetti e più degni dei precedenti. – Inoltre scorge che alcuni sono mutevoli e corruttibili, come i corpi terrestri, altri mutevoli e incorruttibili, come i corpi celesti; da ciò inferisce nuovamente l'esistenza di esseri immutevoli e incorruttibili come gli esseri sopracelesti.
Da queste cose visibili l'intelletto si eleva a considerare la potenza, la sapienza, la bontà di Dio, essere vivente e intelligente, puro spirito, incorruttibile e immutabile.
14. Questa considerazione si dilata alla settiforme condizione delle creature, che è una settiforme testimonianza della divina potenza, sapienza e bontà, se di tutte le cose si studia l'origine, la grandezza, la moltitudine, la bellezza, la pienezza, l'operazione e l'ordine. – L'origine delle cose, rapportata all'opera dei sei giorni dal triplice punto di vista della creazione, della distinzione e della bellezza, manifesta la potenza divina che ha prodotto tutte le cose dal nulla, la sua sapienza che le ha così ben distinte, la sua bontà che le ha così abbondantemente abbellite. – La grandezza, poi, delle cose, secondo le dimensione della lunghezza, larghezza e profondità; secondo l'eccellenza della virtù, che si estende in lunghezza, in larghezza e in profondità, come appare nella diffusione della luce; secondo l'efficacia dell'operazione, intima, continua e diffusa, come appare nell'azione del fuoco, ci manifesta chiaramente l'immensità della potenza, della sapienza e della bontà di Dio trino, il quale esiste nelle cose, ma da esse non circoscritto, per potenza, presenza ed essenza. – La moltitudine poi delle cose nella varietà dei generi, delle specie e degli individui in rapporto alla loro sostanza, forma o figura ed efficacia, che superano ogni umana valutazione, manifestamente allude e dimostra l'immensità in Dio dei tre predetti attributi. – La bellezza delle cose secondo la varietà delle luci, delle figure e dei colori nei corpi semplici, misti e organici, come nei corpi celesti e nei minerali, come nelle pietre e nei metalli, nelle piante e negli animali, depone chiaramente a favore dei tre predetti attributi. – La pienezza delle cose, secondo cui la materia è ricolma di forme a causa delle ragioni seminali, e la forma è ricca di attività potenziali, e la potenza è piena di effetti secondo l'esercizio della sua attività, conduce alla stessa conclusione. – L'operazione molteplice, o naturale, o artificiale o morale, ci mostra, con la sua ricchissima varietà, l'immensità di quella virtù, arte e bontà che è per tutte le cose «causa dell'essere, ragione d'intendere e ordine nell'agire» [Agostino, De civitate Dei , VIII, c. 4 (PL 41, 228)]. L'ordine, infine, delle cose, rispetto alla loro durata, alla loro posizione e al loro influsso, cioè rispetto al prima e al poi, al superiore e all'inferiore, al più nobile e al più ignobile, presente nel libro della natura, manifesta chiaramente il primato, l'eccellenza e la dignità dell'infinita potenza di Dio; l'ordine che si riscontra nelle leggi, nei precetti e nei giudizi della Sacra Scrittura rimanda chiaramente all'immensità della sapienza; l'ordine poi dei sacramenti divini, delle grazie e della ricompense nel corpo della Chiesa richiama l'immensità della bontà, sicché l'ordine ci conduce come per mano in maniera evidentissima al primo e sommo, potentissimo, sapientissimo e ottimo.
15. Colui, dunque, che non è illuminato dagli splendori innumerevoli delle creature, è cieco; colui che non si scuote per le tante voci, è sordo; colui che per tutte queste meraviglie non loda Dio, è muto; colui che da tanti segni non si innalza al primo principio è stolto. – Apri dunque gli occhi, tendi le orecchie dello spirito, sciogli le tue labbra, eccita il tuo cuore, perché tu veda, ascolti, lodi, ami e veneri, esalti e onori il tuo Dio in tutte le creature, perché non ti avvenga che tutto il mondo insorga contro di te. Poiché proprio per questo il mondo lotterà contro gli insensati [Sap 5, 21], mentre sarà motivo di gloria per gli intelligenti che col profeta potranno dire: Mi hai allietato, o Signore, con le tue creature, e nelle opere delle tue mani esulterò [Sal 91, 5]. Quanto mirabili sono le tue opere, o Signore! Tutto hai fatto con sapienza, e la terra è ripiena della tua ricchezza [Sal 103, 24].
Itinerario della mente in Dio, Città Nuova, Roma 2000, tr. it. di Silvana Martignoni e Orlando Todisco, pp. 43-51.