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Lettera di Natale ai genitori dal carcere di Tegel

Dietrich Bonhoeffer
1943

Dietrich Bonhöffer (1906-1945), pastore protestante, sceglie di non lasciare la Germania durante la seconda guerra mondiale, per restare accanto ai suoi connazionali. Sospettato di cospirare contro la Gestapo, il 5 aprile del 1943 fu imprigionato nel carcere di Tegel a Berlino. Reca la data 17 dicembre 1943 la Lettera che Bonhöffer scrive dal carcere ai suoi genitori. Il testo ha il pregio di far emergere, sullo sfondo del tragico contesto in cui il  pastore si trova, ciò che davvero significa il Natale cristiano. Solitudine e sofferenza non tolgono gioia alla ricorrenza, afferma Bonhöffer, ma ne svelano il senso profondo a chi, trovandosi in situazioni diverse e più agevoli, rischia di perdere di vista cosa il Natale rappresenti per ogni essere umano. È una lettura commovente ed essenziale, che dice qualcosa di importante a tutti, credenti e non credenti; i sentimenti del suo autore sono infatti condivisi da chi, di fronte alle prove della vita, nutre la speranza che l'essere umano non sia solo, ma Dio possa venirgli davvero incontro.

   


   

Cari genitori,

non mi resta altro da fare che scrivervi già adesso una lettera per natale. Anche se non riesco a capacitarmi di come possano decidere di lasciarmi qui fino a dopo Natale, negli ultimi 8 mesi e mezzo ho imparato a considerare verosimile proprio l’inverosimile, e ad accettare con un sacrificium intellectus il verificarsi di quelle cose che non posso cambiare - d'altra parte, questo sacrificium non è proprio totale, e l'intellectus continua silenziosamente per la sua strada.

Soprattutto una cosa: non dovete pensare che io mi lasci abbattere da questo Natale in solitudine. Esso prenderà per sempre un suo posto particolare tra quei Natali, ciascuno con una fisionomia diversa, che ho festeggiato in Spagna, in America, in Inghilterra; negli anni che verranno voglio poter ripensare a questo giorno non con vergogna ma con un certo orgoglio. È l'unica cosa che nessuno può togliermi.

Ma il pensiero che a voi, a Maria, ai miei fratelli e agli amici non sarà risparmiato di sapermi in carcere per Natale, e che ciò getterà un'ombra sulle poche ore felici che vi sono rimaste in questo periodo, questo lo posso superare solo perché credo e so che voi non nutrirete pensieri diversi dai miei, che siamo concordi in questo atteggiamento davanti alla vicina festa di Natale; né può essere diversamente, perché tale atteggiamento fa parte dell'eredità spirituale che ho ricevuto da voi. Non c'è bisogno che vi dica quanto sia forte la nostalgia che provo per la libertà e per voi tutti. Ma voi ci avete preparato per decenni feste di Natale tanto meravigliose che il loro ricordo riconoscente è abbastanza forte da illuminare anche questo Natale buio. È in tempi come questi che si dimostra veramente che cosa significhi possedere un passato e una eredità interiore che non dipendono dal mutare dei tempi e degli eventi. La consapevolezza di essere sorretti da una tradizione spirituale che si estende nei secoli dà una salda sensazione di sicurezza davanti a qualsiasi transitoria difficoltà. Credo che chi sa di possedere siffatte riserve di forza non ha bisogno di vergognarsi nemmeno dei sentimenti più teneri, che peraltro a mio giudizio sono propri degli uomini migliori e più nobili, quando siano suscitati dal ricordo di un passato bello e ricco. Chi si tiene saldo a quei valori che mai nessun uomo può carpirgli non sarà sconfitto.

Guardando la cosa da un punto di vista cristiano, non può essere un problema particolare trascorrere un Natale nella cella di una prigione. Molti in questa casa celebreranno probabilmente un Natale più ricco di significato e più autentico di quanto non avvenga dove di questa festa non si conserva che il nome. Un prigioniero capisce meglio di chiunque altro che miseria, sofferenza, povertà, solitudine, mancanza d'aiuto e colpa hanno agli occhi di Dio un significato completamente diverso che nel giudizio degli uomini; che Dio si volge proprio verso coloro da cui gli uomini sono soliti distogliersi; che Cristo nacque in una stalla perché non aveva trovato posto nell'albergo; tutto questo per un prigioniero è veramente un lieto annuncio. Credendo questo, sa di essere inserito nella comunità dei cristiani che supera qualsiasi limite spaziale e temporale e le mura della prigione perdono la loro importanza.

Penserò molto a voi tutti, la notte santa; e vorrei che voi foste persuasi che anch'io trascorrerò dei bei momenti e non sarò abbattuto dalla tristezza. Per Maria sarà durissimo. Mi piacerebbe saperla da voi. Ma per lei sarà forse meglio restare a casa sua. Se si pensa a ciò che di orribile negli ultimi tempi è capitato a tante persone a Berlino, ci si rende conto di quante siano le cose per le quali dobbiamo ancora provare gratitudine. Sarà dappertutto un Natale molto silenzioso, e i bambini in futuro ci ripenseranno a lungo. Ma forse proprio per questo qualcuno si accorgerà per la prima volta di che cosa sia in realtà il Natale. Salutatemi molto i miei fratelli, i bambini e tutti gli amici. Dio ci protegga tutti.

Con grande gratitudine e amore vi saluta
il vostro Dietrich

    


D. Bonhoeffer, Resistenza e resa. Lettere e scritti dal carcere, San Paolo Edizioni, Milano 2015, pp. 259-261