Creatura a immagine di Dio
108 Il messaggio fondamentale della Sacra Scrittura annuncia che la persona umana è creatura di Dio (cfr. Sal 139,14-18) e individua l'elemento che la caratterizza e contraddistingue nel suo essere ad immagine di Dio: « Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò » (Gen 1,27). Dio pone la creatura umana al centro e al vertice del creato: all'uomo (in ebraico « adam »), plasmato con la terra (« adamah »), Dio soffia nelle narici l'alito della vita (cfr. Gen 2,7). Pertanto, « essendo ad immagine di Dio, l'individuo umano ha la dignità di persona; non è soltanto qualche cosa, ma qualcuno. È capace di conoscersi, di possedersi, di liberamente donarsi e di entrare in comunione con altre persone; è chiamato, per grazia, ad un'alleanza con il suo Creatore, a dargli una risposta di fede e di amore che nessun altro può dare in sua sostituzione ».
109 La somiglianza con Dio mette in luce che l'essenza e l'esistenza dell'uomo sono costitutivamente relazionate a Dio nel modo più profondo. È una relazione che esiste per se stessa, non arriva, quindi, in un secondo tempo e non si aggiunge dall'esterno. Tutta la vita dell'uomo è una domanda e una ricerca di Dio. Questa relazione con Dio può essere ignorata oppure dimenticata o rimossa, ma non può mai essere eliminata. Fra tutte le creature del mondo visibile, infatti, soltanto l'uomo è « “capace” di Dio » («homo est Dei capax»). La persona umana è un essere personale creato da Dio per la relazione con Lui, che soltanto nella relazione può vivere ed esprimersi e che tende naturalmente a Lui.
110 La relazione tra Dio e l'uomo si riflette nella dimensione relazionale e sociale della natura umana. L'uomo, infatti, non è un essere solitario, bensì « per sua intima natura è un essere sociale, e non può vivere né esplicare le sue doti senza relazioni con gli altri». A questo riguardo risulta significativo il fatto che Dio ha creato l'essere umano come uomo e donna (cfr. Gen 1,27): « Quanto mai eloquente è l'insoddisfazione di cui è preda la vita dell'uomo nell'Eden fin quando il suo unico riferimento rimane il mondo vegetale e animale (cfr. Gen 2,20). Solo l'apparizione della donna, di un essere cioè che è carne dalla sua carne e osso dalle sue ossa (cfr. Gen 2,23), e in cui ugualmente vive lo spirito di Dio Creatore, può soddisfare l'esigenza di dialogo inter-personale che è così vitale per l'esistenza umana. Nell'altro, uomo o donna, si riflette Dio stesso, approdo definitivo e appagante di ogni persona ».
111 L'uomo e la donna hanno la stessa dignità e sono di eguale valore, non solo perché ambedue, nella loro diversità, sono immagine di Dio, ma ancor più profondamente perché è immagine di Dio il dinamismo di reciprocità che anima il noi della coppia umana. Nel rapporto di comunione reciproca, uomo e donna realizzano profondamente se stessi, ritrovandosi come persone attraverso il dono sincero di sé. Il loro patto di unione è presentato nella Sacra Scrittura come un'immagine del Patto di Dio con gli uomini (cfr. Os 1-3; Is 54; Ef 5,21-33) e, al tempo stesso, come un servizio alla vita. La coppia umana può partecipare, infatti, alla creatività di Dio: « Dio li benedisse e disse loro: “Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra” » (Gen 1,28).
112 L'uomo e la donna sono in relazione con gli altri innanzi tutto come affidatari della loro vita: « Domanderò conto della vita dell'uomo all'uomo, a ognuno di suo fratello » (Gen 9,5), ribadisce Dio a Noè dopo il diluvio. In questa prospettiva, la relazione con Dio esige che si consideri la vita dell'uomo sacra e inviolabile. Il quinto comandamento: « Non uccidere! » (Es 20,13; Dt 5,17) ha valore perché Dio solo è Signore della vita e della morte. Il rispetto dovuto all'inviolabilità e all'integrità della vita fisica ha il suo vertice nel comandamento positivo: « Amerai il tuo prossimo come te stesso » (Lv 19,18), con cui Gesù Cristo obbliga a farsi carico del prossimo (cfr. Mt 22,37-40; Mc 12,29-31; Lc 10,27-28).
113 Con questa particolare vocazione alla vita, l'uomo e la donna si trovano di fronte anche a tutte le altre creature. Essi possono e devono sottoporle al loro servizio e goderne, ma la loro signoria sul mondo richiede l'esercizio della responsabilità, non è una libertà di sfruttamento arbitrario ed egoistico. Tutta la creazione, infatti, ha il valore di «cosa buona» (cfr. Gen 1, 4.10.12.18.21.25) davanti allo sguardo di Dio, che ne è l'autore. L'uomo deve scoprirne e rispettarne il valore: è questa una sfida meravigliosa alla sua intelligenza, la quale lo deve innalzare come un'ala verso la contemplazione della verità di tutte le creature, ossia di ciò che Dio vede di buono in esse. Il Libro della Genesi insegna, infatti, che il dominio dell'uomo sul mondo consiste nel dare un nome alle cose (cfr. Gen 2,19-20): con la denominazione l'uomo deve riconoscere le cose per quello che sono e stabilire verso ciascuna di esse un rapporto di responsabilità.
114 L'uomo è in relazione anche con se stesso e può riflettere su se stesso. La Sacra Scrittura parla a questo riguardo del cuore dell'uomo. Il cuore designa appunto l'interiorità spirituale dell'uomo, ossia quanto lo distingue da ogni altra creatura: Dio «ha fatto bella ogni cosa a suo tempo, ma egli ha messo la nozione dell'eternità nel loro cuore, senza però che gli uomini possano capire l'opera compiuta da Dio dal principio alla fine» (Qo 3,11). Il cuore indica, in definitiva, le facoltà spirituali proprie dell'uomo, sue prerogative in quanto creato ad immagine del suo Creatore: la ragione, il discernimento del bene e del male, la volontà libera. Quando ascolta l'aspirazione profonda del suo cuore, ogni uomo non può non fare propria la parola di verità espressa da sant'Agostino: «Tu ci hai fatti per te, o Signore, e il nostro cuore è inquieto sino a quando non riposa in Te».
Valore e limiti della libertà
135 L'uomo può volgersi al bene soltanto nella libertà, che Dio gli ha dato come segno altissimo della Sua immagine: «Dio ha voluto lasciare l'uomo in balia del suo proprio volere (cfr. Sir 15,14), perché cercasse spontaneamente il suo Creatore ed aderendo a lui pervenisse liberamente alla piena e beata perfezione. Perciò la dignità dell'uomo richiede che egli agisca secondo una scelta consapevole e libera, cioè mosso e indotto personalmente dal di dentro, e non per un cieco impulso interno o per mera coazione esterna».
L'uomo giustamente apprezza la libertà e con passione la cerca: giustamente vuole, e deve, formare e guidare, di sua libera iniziativa, la sua vita personale e sociale, assumendosene personalmente la responsabilità. La libertà, infatti, non solo permette all'uomo di mutare convenientemente lo stato di cose a lui esterno, ma determina la crescita del suo essere persona, mediante scelte conformi al vero bene: in tal modo, l'uomo genera se stesso, è padre del proprio essere, costruisce l'ordine sociale.
136 La libertà non è in opposizione alla dipendenza creaturale dell'uomo da Dio. La Rivelazione insegna che il potere di determinare il bene e il male non appartiene all'uomo, ma a Dio solo (cfr. Gen 2,16-17): « L'uomo è certamente libero, dal momento che può comprendere ed accogliere i comandi di Dio. Ed è in possesso di una libertà quanto mai ampia, perché può mangiare “di tutti gli alberi del giardino”. Ma questa libertà non è illimitata: deve arrestarsi di fronte all'“albero della conoscenza del bene e del male”, essendo chiamata ad accettare la legge morale che Dio dà all'uomo. In realtà, proprio in questa accettazione la libertà dell'uomo trova la sua vera e piena realizzazione».
137 Il retto esercizio della libertà personale esige precise condizioni di ordine economico, sociale, giuridico, politico e culturale che « troppo spesso sono misconosciute e violate. ...situazioni di accecamento e di ingiustizia gravano sulla vita morale ed inducono tanto i forti quanto i deboli nella tentazione di peccare contro la carità. Allontanandosi dalla legge morale, l'uomo attenta alla propria libertà, si fa schiavo di se stesso, spezza la fraternità coi suoi simili e si ribella contro la volontà divina ». La liberazione dalle ingiustizie promuove la libertà e la dignità umana: tuttavia « occorre, anzitutto, fare appello alle capacità spirituali e morali della persona e all'esigenza permanente della conversione interiore, se si vogliono ottenere cambiamenti economici e sociali che siano veramente a servizio dell'uomo».
La socialità umana
149 La persona è costitutivamente un essere sociale, perché così l'ha voluta Dio che l'ha creata. La natura dell'uomo si manifesta, infatti, come natura di un essere che risponde ai propri bisogni sulla base di una soggettività relazionale, ossia alla maniera di un essere libero e responsabile, il quale riconosce la necessità di integrarsi e di collaborare con i propri simili ed è capace di comunione con loro nell'ordine della conoscenza e dell'amore: « Una società è un insieme di persone legate in modo organico da un principio di unità che supera ognuna di loro. Assemblea insieme visibile e spirituale, una società dura nel tempo: è erede del passato e prepara l'avvenire ».
Occorre pertanto sottolineare che la vita comunitaria è una caratteristica naturale che distingue l'uomo dal resto delle creature terrene. L'agire sociale porta su di sé un particolare segno dell'uomo e dell'umanità, quello di una persona operante in una comunità di persone: questo segno determina la sua qualifica interiore e costituisce, in un certo senso, la stessa sua natura. Tale caratteristica relazionale acquista, alla luce della fede, un senso più profondo e stabile. Fatta a immagine e somiglianza di Dio (cfr. Gen 1,26), e costituita nell'universo visibile per vivere in società (cfr. Gen 2,20.23) e dominare la terra (cfr. Gen 1,26.28-30), la persona umana è perciò sin dall'inizio chiamata alla vita sociale: «Dio non ha creato l'uomo come un “essere solitario”, ma lo ha voluto come un “essere sociale”. La vita sociale non è, dunque, estrinseca all'uomo: egli non può crescere né realizzare la sua vocazione se non in relazione con gli altri».
150 La socialità umana non sfocia automaticamente verso la comunione delle persone, verso il dono di sé. A causa della superbia e dell'egoismo, l'uomo scopre in se stesso germi di asocialità, di chiusura individualistica e di sopraffazione dell'altro. Ogni società, degna di tal nome, può ritenersi nella verità quando ogni suo membro, grazie alla propria capacità di conoscere il bene, lo persegue per sé e per gli altri. È per amore del proprio e dell'altrui bene che ci si unisce in gruppi stabili, aventi come fine il raggiungimento di un bene comune. Anche le varie società devono entrare in relazioni di solidarietà, di comunicazione e di collaborazione, a servizio dell'uomo e del bene comune.
151 La socialità umana non è uniforme, ma assume molteplici espressioni. Il bene comune dipende, infatti, da un sano pluralismo sociale. Le molteplici società sono chiamate a costituire un tessuto unitario ed armonico, al cui interno sia possibile ad ognuna conservare e sviluppare la propria fisionomia e autonomia. Alcune società, come la famiglia, la comunità civile e la comunità religiosa sono più immediatamente rispondenti all'intima natura dell'uomo, altre procedono piuttosto dalla libera volontà: « Al fine di favorire la partecipazione del maggior numero possibile di persone alla vita sociale, si deve incoraggiare la creazione di associazioni e di istituzioni “a scopi economici, culturali, sociali, sportivi, ricreativi, professionali, politici, tanto all'interno delle comunità politiche, quanto sul piano mondiale”. Tale “socializzazione”esprime parimenti la tendenza naturale che spinge gli esseri umani ad associarsi, al fine di conseguire obiettivi che superano le capacità individuali. Essa sviluppa le doti della persona, in particolare, il suo spirito di iniziativa e il suo senso di responsabilità. Concorre a tutelare i suoi diritti ».
Pontificio Consiglio della Giustizia e Pace, Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, nn. 108-114, 135-137, 149-151