Cristianesimo e civiltà occidentale

In questo brano Dawson affronta il tema del rapporto fra una religione, quella cristiana, e la civiltà all’interno della quale si è sviluppata, poiché sono due aspetti fortemente interconnessi e ricchi di interazioni e scambi reciproci. Tuttavia, nonostante questa capacità di influenzarsi a vicenda, sono spesso studiati separatamente dagli storici. Ciò dipende da una varietà di motivi, tra cui la grande quantità di fonti e informazioni di cui disponiamo per studiare la storia di quella che Dawson definisce civiltà occidentale, specialmente se confrontata con lo studio della storia di civiltà più antiche o distanti. Ma soprattutto, la grande specializzazione nelle discipline accademiche ha reso più complesso lo studio delle influenze reciproche fra l’ambito religioso e numerosi aspetti della vita sociale, economica e culturale della civiltà occidentale.

Il Cristianesimo costituisce la civiltà alla quale noi tutti in qualche modo apparteniamo. Perciò ci è impossibile considerarla allo stesso modo delle civiltà antiche, che noi possiamo scorgere solo attraverso il medium opaco dell'archeologia: o allo stesso modo delle civiltà del mondo non-europeo che ci sforziamo di comprendere dal di fuori e da lontano. Questo implica una differenza nella qualità del nostro giudizio, differenza che può essere paragonata a quella che esiste tra la scienza dell'astronomo riguardo a un pianeta e la conoscenza del geografo rispetto alla terra su cui viviamo. Per lo studio della civiltà occidentale non solo disponiamo di una riserva di materiali molto più abbondante di qualsiasi altra, ma di essa abbiamo anche una conoscenza più intima e più profonda. La civiltà occidentale è l'atmosfera nella quale respiriamo e la vita che viviamo. E il modo proprio di vita nostra e dei nostri antenati, e perciò la conosciamo non soltanto dai documenti e dai monumenti, ma anche attraverso la nostra esperienza personale.

Immaginiamo per un momento uno studio della religione che ignorasse o lasciasse da parte l'esperienza accumulata dal passato cristiano; che utilizzasse esclusivamente le testimonianze lontane e in parte incomprensibili, tratte dallo studio di tradizioni religiose estranee; che ricorresse alle nozioni astratte sulla natura della religione e le condizioni della conoscenza religiosa. Tale studio sarebbe destinato ad essere non solo incompleto, ma anche inconsistente e senza verità. Questo ci mostra la via da seguire nel considerare il problema dei rapporti tra la religione e la civiltà. Si tratta di una trama intricata e assai estesa di connessioni che uniscono la vita sociale alle credenze e ai valori spirituali, credenze e valori che sono riconosciuti dalla società come le norme supreme di vita e i modelli definitivi del comportamento individuale e sociale; perché questi rapporti possono essere studiati in modo concreto solo nella loro realtà storica totale. Le grandi religioni del mondo sono, per così dire, dei grossi fiumi di sacre tradizioni che scorrono attraverso i secoli e il mutevole paesaggio storico che essi irrigano e fertilizzano; ma d'ordinario non possiamo risalirli fino alla sorgente, che si perde nelle regioni inesplorate d'un lontano passato. Difatti, raramente è dato ritrovare una civiltà in cui l'evoluzione religiosa possa essere tracciata da un capo all'altro nella piena luce della storia.
Ma la storia della Cristianità è una straordinaria eccezione a questa regola. Conosciamo il quadro storico nel quale in principio sorse; possediamo le lettere dei fondatori delle Chiese alle prime comunità cristiane d'Europa e possiamo tracciare dettagliatamente gli stadi successivi attraverso i quali la nuova religione penetrò in Occidente. In seguito, e specialmente durante gli ultimi sedici secoli, la quantità dei documenti disponibili per lo studio è così considerevole che riesce impossibile alla capacità di una sola intelligenza afferrarli nella loro totalità. Per conseguenza lo studio della religione e della civiltà occidentale è difficile, ma difficile per un motivo contrario a quello che rende arduo lo studio delle religioni orientali antiche o preistoriche: ne sappiamo troppo piuttosto che troppo poco, e inoltre il vasto campo di studio deve essere diviso tra una quantità di scienze differenti, ciascuna delle quali è suddivisa in rami specializzati che a loro volta diventano un campo di studi autonomo.
Ma mentre questo processo di specializzazione è riuscito ad accrescere la nostra conoscenza in quasi tutti gli aspetti della storia, ha avuto un influsso deleterio sullo studio che ci occupa, poiché ha portato a separare e a dividere elementi che dobbiamo riunire. Da una parte lo storico scientifico ha concentrato le sue ricerche sulla critica delle fonti e dei documenti; dall'altra lo studioso del Cristianesimo si è consacrato alla storia dei dogmi e delle istituzioni ecclesiastiche. Il risultato è che abbiamo numerosi generi di studi ben differenti e assai progrediti: storia politica, storia costituzionale, storia economica da una parte; storia ecclesiastica, storia dei dogmi, storia della liturgia dall'altra. Però il soggetto vitale d'una reciprocità d'influsso tra la religione e la civiltà, e del potere fecondante di quest'influsso sulla vita della società occidentale, è stato lasciato da parte e quasi dimenticato, perché per sua natura non trova posto nello schema organizzato dalle discipline specializzate. Esso venne così abbandonato all'amatore e al letterato.
Frattanto fuori del mondo accademico si sono affermate nuove forze sociali che si servono della storia o d'una versione particolare della storia per fini sociali, come un mezzo per trasformare la vita e le azioni degli uomini. E l'apparizione di queste nuove ideologie politiche della storia ha mostrato che il progresso della specializzazione scientifica non ha in alcun modo diminuito nell'uomo il bisogno di una fede storica, d'una interpretazione della civiltà contemporanea in termini di evoluzione sociale e di fini spirituali, siano questi fini definiti in formule religiose o laiche. Questo conflitto di ideologie: la dottrina marxista del materialismo storico e il tentativo dei nuovi stati totalitari di creare miti storici come base psicologica dell'unità sociale, ci hanno fatto comprendere che la storia non consiste in una laboriosa accumulazione di fatti, ma che essa influisce direttamente sul destino della società.

[…] Soltanto nell'Europa occidentale l'intera trama della civiltà va cercata in una continua successione e avvicendamento di liberi movimenti spirituali; così che ogni secolo della storia occidentale mostra un cambiamento nell'equilibrio degli elementi culturali e l'apparizione di qualche nuova forza spirituale che crea nuove idee e istituzioni e produce un ulteriore movimento di trasformazione sociale.

     

C. Dawson, Il cristianesimo e la formazione della civiltà occidentale, BUR, Milano 1997 (ed. or. 1950), pp. 15-18, 27-28.