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Fede, ragione, religione: cosa ha detto Benedetto XVI a Ratisbona

Dicembre 2006
Gualberto Gismondi
Professore emerito di Teologia fondamentale

L’enorme scalpore mediatico e ideologico, suscitato attorno alla lezione magistrale di Benedetto XVI ai professori dell’Università di Regensburg, ha impedito la comprensione dei suoi reali contenuti e la riflessione sui suoi profondi significati. Ciò è un’ulteriore conferma dell’urgenza di una cultura, un umanesimo e un’etica dell’attività scientifica. Vogliamo qui richiamare l’attenzione su alcuni suoi elementi di particolare importanza. L’articolata proposta del Papa, infatti, coinvolge tutti i saperi e livelli: epistemologia, filosofia, metafisica, teologia, etica, religione ecc. Non rilevandoli, se ne perdono significati e finalità. Un primo punto è l’indicazione dell’intima coerenza dell’universo della ragione, che supera l’attuale incomunicabilità di saperi e specializzazioni. Tale coerenza consente ed esige il dialogo transdisciplinare fra pensiero scientifico, epistemologico, filosofico, metafisico, teologico etico e religioso ormai improrogabile. Anche se le specializzazioni impediscono sovente la comunicazione, gli operatori scientifici, i filosofi e i teologi operano nell’insieme di un’unica ragione e condividono le responsabilità dei suoi usi corretti. La teologia è essenziale all’universo scientifico, perché s’interroga sulla ragionevolezza della fede e sulle sue correlazioni con la ragione comune.

Anche di fronte allo scetticismo più radicale, interrogarsi su Dio per mezzo della ragione permane ragionevole e necessario. Per il pensiero cristiano, questa convinzione è stata sempre basilare, perché fra pensiero greco, inteso nel senso migliore, e fondamento biblico della fede in Dio, si è realizzata una profonda concordanza. Ciò non fu a caso. Il processo iniziato nel roveto ardente, dal nome misterioso di Dio: “Io sono”, raggiunse nuova maturità nell’esilio. Nell’epoca ellenistica, nonostante i forti contrasti esterni, la fede biblica incontrò interiormente la parte migliore del pensiero greco. La tarda letteratura sapienziale presenta contatti vicendevoli. A sua volta, la versione greca “Settanta” non fu una semplice traduzione dal testo ebraico, ma un passo importante per la storia della Rivelazione, la nascita e diffusione del cristianesimo e un più profondo incontro fra fede e ragione. Esso, valorizzando anche il patrimonio di Roma, fu il fondamento dell’Europa ed ebbe importanza decisiva per la storia delle religioni e quella universale. Nella fede della Chiesa agì sempre la convinzione che tra Dio e noi, fra il suo eterno Spirito creatore e la nostra ragione creata vi è vera analogia. Dio si è veramente mostrato come Logos pieno di amore in nostro favore, facendo concordare culto cristiano, Verbo eterno e ragione umana (cfr. Rm 12,1). Soltanto nel tardo medioevo, alcune tendenze teologiche avversarono la sintesi fra spirito greco e cristiano.

All’inizio dell’era moderna, l’idea di deellenizzazione si oppose alla convinzione che il patrimonio greco, criticamente purificato, sia parte integrante della fede cristiana. Papa Ratzinger ne analizza tre momenti distinti ma dalle analoghe motivazioni. Nel XVI secolo, la Riforma giudicò la fede condizionata dalla filosofia e ne cercò la forma primordiale, priva di metafisica. Kant, ancorando la fede alla ragion pratica, le negò ogni accesso al tutto della realtà. Nei secoli XIX-XX, Harnack e la teologia liberale, volendo accordare il cristianesimo alla ragione moderna, videro Gesù solo come portatore di un messaggio morale umanitario. La critica espressa dalla ragione pratica voleva rendere scientifica la teologia e farla accettare nelle università germaniche. La già grave autolimitazione della ragione derivante dalle critiche kantiane fu ancor più radicalizzata dalle scienze naturali. Il concetto moderno della ragione fu una sintesi di cartesianismo (platonismo) ed empirismo, a prima vista  convalidata dai successi tecnici. Nel concetto moderno di natura, l’elemento platonico è il presupposto della struttura matematica della materia, come sua razionalità intrinseca, che consente di comprenderla e usarla efficacemente. Matematica ed empiria unite insieme formano la scienza e la scientificità. Verità e falsità si accertano solo con i controlli sperimentali.

Anche le scienze umane (storia, filosofia, psicologia, sociologia ecc.) tentarono di sottomettersi a questi canoni, evidenziando ulteriormente il riduzionismo o riduttivismo della scienza e della ragione. Tale riduzionismo, totalmente infondato e discutibile, ha fatto apparire ascientifico o prescientifico il problema di Dio, inflitto pesantissime riduzioni all’uomo, non lasciato spazio agli interrogativi specificamente umani (chi sono, da dove vengo, dove vado, ecc.), etici e religiosi. Religione ed etica, segregate nell’ambito del puro soggettivo e della mera discrezionalità personale, non costruiscono più la comunità. Se ethos e religione non riguardano più la ragione, in esse esplodono le peggiori patologie, mentre i tentativi di costruire un’etica partendo dall’evoluzione, la psicologia o la sociologia si rivelano del tutto insufficienti. Attualmente la deellenizzazione sostiene che la prima inculturazione della fede, compiuta dalla Chiesa antica, non dovrebbe vincolare le culture e si dovrebbe ritornare agli inizi. Benedetto XVI giudica tale tesi non semplicemente sbagliata, ma “grossolana e imprecisa”. Dimentica, infatti, che l’incontro fra fede biblica e parte migliore del pensiero greco fu profondo e vicendevole fin dall’Antico Testamento e decisivo per il rapporto fra fede e ragione. Egli riconosce che in esso vi sono anche elementi non integrabili in tutte le culture, mentre le decisioni di fondo, riguardanti il rapporto fra fede e ricerca della ragione umana, sono parte della fede e conformi alla sua natura.

Criticando la ragione moderna a partire dal suo stesso interno non si vuole tornare indietro o rifiutare le valide acquisizioni moderne, come i progressi in campo umano e le aperture di nuove possibilità. Si vuole,invece, sottolineare che tra i suoi aspetti più validi vi è  proprio l’ethos della scienza come volontà di obbedire alla verità. Esso è un elemento essenziale dello spirito cristiano ed esige di allargare decisamente il concetto moderno di ragione e i suoi usi. Non si possono più sottovalutare, infatti, le gravi minacce prodotte dagli attuali sviluppi tecnoscientifici. Si potranno controllare solo superando l’attuale autolimitarsi della ragione, alle pure verifiche sperimentali. All’autentica ragione è necessario un profondo dialogo con la fede e la religione, che la riporti alla sua originaria ampiezza. In questo dialogo fra scienze, religioni e culture la teologia, in quanto interrogativo sulla ragione della fede, ha un compito insostituibile: aiutare il mondo occidentale a liberarsi dal dogmatismo che solo ragione e filosofie positiviste siano universali. Escludendo il divino e l’autentico umano dall’universalità della ragione compiono un’aggressione intollerabile alle convinzioni più intime delle culture profondamente religiose di tutto il mondo. Una ragione sorda al divino, che giudica la religione una sottocultura, è incapace di dialogare. L’attuale pensiero deve valorizzare l’importante interrogativo che la stessa scienza solleva, ma che ne supera i metodi e le logiche.

Tale interrogativo nasce dal presupposto ineliminabile che la struttura della materia è razionale e che fra il nostro spirito e le strutture razionali operanti nella natura vi è corrispondenza. La scienza si basa totalmente su di esso, ma le sue ragioni sono indagabili solo da filosofia e teologia, operanti su altri livelli, con differenti modalità di riflessione critica. Per esse, anche le grandi esperienze e convinzioni delle tradizioni religiose dell’umanità, specialmente della fede cristiana, sono fonti di conoscenza e di ascolto. Il loro rifiuto (riduzionismo) è inconcepibile. Benedetto XVI ci ha ricordato che da molto tempo l’occidente è culturalmente e umanamente impoverito dal suo rifiuto e avversione agli interrogativi fondamentali della ragione. Riaprirsi a tutta la loro ampiezza e profondità gli è essenziale. Su questo “tutto”, infatti, si giocano il dialogo fra culture e religioni e la pace nel mondo.