Galileo e Darwin: come sono visti dai banchi di scuola?

Andrea Porcarelli
Università di Padova, Pedagogia generale e sociale; Direttore scientifico del Portale di bioetica (www.portaledibioetica.it)

Le ricorrenze centenarie possono limitarsi ad una vuota retorica celebrativa, ma possono anche essere un’occasione per rilanciare studi e interessi, talvolta sopiti e bisognosi di qualche ragione per trovare attenzione e risorse. I grandi scienziati che celebriamo quest’anno, Galileo e Darwin, non hanno bisogno di ricorrenze per essere ricordati, soprattutto se prendiamo come osservatorio i banchi di scuola: tutti i libri dedicano ampio spazio al valore “epocale” dei loro studi ed ogni volta che si vanno a toccare i “programmi ministeriali” (ora Indicazioni nazionali o Indicazioni per il curricolo) subito l’occhio degli osservatori corre alle parti loro dedicate, per vedere come sono “trattati” o se vengano “bistrattati”. Non è di molto tempo fa il dibattito (condotto con toni aspramente polemici) sulla presunta “esclusione” della teoria evoluzionista darwiniana dalle Indicazioni nazionali per la scuola secondaria di primo grado, a suo tempo motivata sul piano pedagogico con l’idea che il tempo per lo studio di “modelli” e “teorie” in modo critico non sarebbe quello della scuola media, ma della scuola superiore. Argomentazioni che non furono nemmeno discusse, tanto il caso si prestava all’accensione di un dibattito ideologico; fu comunque istituita una commissione (presieduta da Rita Levi Montalcini), la quale predispose un documento che riaffermava la centralità scientifica dell’evoluzionismo darwiniano e la necessità di studiarlo a scuola. I programmi furono modificati, ma le polemiche non si sono spente, il che testimonia la difficoltà ad affrontare queste tematiche in modo sereno.

L’ottica che vogliamo tenere in questa sede è molto diversa: cercheremo di leggere la questione in chiave pedagogica e, più precisamente, in ordine alle modalità con cui le figure di Galileo e Darwin entrano, di fatto, nell’immaginario culturale dei giovani che frequentano le nostre scuole, che sono — di conseguenza — chiamate a svolgere il ruolo di chi possa facilitare l’acquisizione di una coscienza critica. Chi scrive ha insegnato per molti anni nelle scuole superiori e, tra presentazioni fatte dai libri di testo e domande poste dagli allievi, si è fatto un’idea di quello che potremmo chiamare “immaginario culturale concreto”, ovvero le modalità con cui i grandi temi legati alle due grandi figure di cui ci stiamo occupando sono presenti sotto forma di mentalità ingiudicata o pregiudizio ricorrente. Proviamo a indicare in modo schematico i principali punti di attenzione che emergono da tale immaginario:

• una lettura post-illuministica del “Caso Galileo”, visto come “campione” di un pensiero scientifico che si vuole immaginare necessariamente “laico” contro i residui di un oscurantismo che ancora getterebbe sull’età moderna le tetre ombre dei “secoli bui” del Medioevo ...

• una lettura post-positivista del metodo galileiano, visto non come una “riduzione” di tipo metodologico dell’orizzonte di ciò che viene sottoposto a verifica sperimentale, ma nel senso epistemologicamente “riduzionista” per cui si ritiene programmaticamente esclusa ogni lettura della realtà che non riposi sul rassicurante terreno della scienza sperimentale;

• una lettura dell’evoluzionismo darwiniano in termini “metafisici”, più simile alla versione che ne troviamo nei testi di Monod, ed — in quanto tale — una radicale opposizione tra evoluzione e creazione come chiavi di lettura complessive dell’Universo;

• una lettura della descrizione dell’evoluzione biologica in termini materialisti, come se la descrizione dei dinamismi evolutivi eventualmente ricostruibili anche con prove scientifiche comportasse automaticamente l’esclusione della possibilità di pensare, per esempio, a un’anima spirituale, alla comparsa dell’uomo come fattore di “discontinuità” pur nella continuità di un dinamismo biologico, all’uomo come soggetto di una storia di salvezza quale descritta dai documenti della Rivelazione ebraico-cristiana, ecc.

Non è difficile rendersi conto del fatto che un siffatto immaginario non è frutto di un’autonoma elaborazione da parte dei ragazzi, ma di un clima culturale che essi “respirano” in modo ricorrente. È il clima presente nelle trasmissioni televisive o negli articoli d’opinione, fino a luoghi di tam tam culturale meno autorevoli, ma non meno efficaci, come sono alcuni blog o siti “specializzati” nel produrre materiale di pronto consumo per studenti (molto gettonati per scaricare senza fatica ricerche e tesine), in cui i pregiudizi di un certo laicismo oggi dominante vengono volgarizzati e resi facilmente disponibili per un cash and carry che è funzionale solo al desiderio di dedicare poche energie ad approfondimenti, che pure possono essere sollecitati dagli insegnanti.

Non di rado tali chiavi di lettura vengono avallate da libri di testo che non disdegnano di compiacere alcuni dei pregiudizi culturali ricorrenti, anche perché in questo modo divengono più facilmente “adottabili” da parte di quei docenti maggiormente orientati in senso laicista, o addirittura da altri docenti che soggettivamente coltivano altre convinzioni, ma sono talvolta condizionati dall’idea che la lettura culturalmente più ricorrente e da tutti ripetuta sia anche la più “oggettiva”, e quindi la più adeguata all’ambiente scolastico.

Se pensiamo alla forza che può avere un tale immaginario culturale implicito, ci rendiamo conto sia di alcune delle domande che potrebbero rivolgerci i giovani, ma più ancora delle ragioni di tante “non-domande”: ciò che si dà per scontato, passa infatti al di sotto della soglia critica di una coscienza vigile e non viene nemmeno rimesso in discussione. Il vero problema, pertanto, non sarà quello di rispondere alle domande degli allievi, quanto piuttosto di suscitarle. Si tratta di un faticoso lavoro di ascesi della mente che possa condurli da uno sguardo superficiale verso uno sguardo sapienziale sull’uomo, sulla vita, sulla realtà. Tale percorso può essere immaginato come un vero e proprio “cammino”, un’appassionante escursione verso le più alte vette di una conoscenza matura e responsabile (ne ho proposto personalmente un atraccia in Cammini del conoscere, Giunti, Firenze 2008), in cui gli insegnanti iniziano il percorso cercando di snidare i principali pregiudizi sul significato culturale complessivo dell’opera di Galileo e Darwin. Con l’aiuto di alcuni strumenti di lavoro, che provvidenzialmente non mancheranno in questo anno “centenario”, si potranno poi guidare i ragazzi su percorsi di approfondimento seri e rigorosi, che li aiutino a recuperare il senso di umiltà che si dovrebbe legare all’esperienza dell’apprendimento, specialmente quando ci si misura con l’opera dei “grandi”. Oggi siamo spesso afflitti da una retorica della complessità che porta sovente a esiti di tipo relativista, ma in certe situazioni il richiamo ad una maggiore complessità o meglio profondità di idee e teorie può aiutare a superare i pregiudizi che derivano da letture troppo superficiali.

Le occasioni offerte da pubblicazioni, convegni, siti di alta divulgazione — come ad esempio quello dell’Università di Padova, dove Galileo operò come docente, nonché i numerosi speciali che il visitatore trova su questo Portale di Documentazione Interdisciplinare durante ogni mese dell’anno 2009 — possono concretamente tradursi in una serie di stimoli didattici, intesi anche come “visite guidate” a repertori di documentazione che non sempre i ragazzi sono in grado di fruire e valorizzare appieno da soli. Mettere i giovani in contatto con il fascino della scoperta scientifica, anzi — potremmo dire — con la logica della mente che porta ad essere attenti a ciò che può nascondere una conoscenza difficile da raggiungere, può essere il frutto auspicabile sul piano didattico. Il recupero di una “razionalità allargata”, di tipo sapienziale, passa oggi anche attraverso il recupero dell’umiltà della ragione che è propria dello scienziato autentico, sempre capace di meravigliarsi di fronte al mistero dell’Universo e — come diceva Aristotele — stimolato da tale meraviglia avventurarsi alla ricerca di risposte, anche con le metodologie più rigorose e raffinate. Di questo allargamento dei confini della mente hanno certamente bisogno i giovani d’oggi, ma è importante che ciascuno di loro lo percepisca anche come un proprio bisogno personale, mentre la tentazione di accontentarsi delle “vulgate” più superficiali è sempre in agguato: gli educatori autentici e gli insegnanti capaci sapranno vigilare e provvedere.