La tecnica, in passato era considerata, nella semantica abituale, l’arte di produrre o confezionare manufatti. Dopo la rivoluzione galileiana, la tecnica è stata considerata la custode, attenta, precisa, garantista circa la validità degli asserti scientifici. L’attuale crisi riguardante la universalità e la veridicità delle scienze della natura ha consentito alla tecnica di essere autonoma, indipendente, programmando perfino il futuro dell’umanità. Questo suo nuovo ruolo nella società e nella cultura ha giustificato il cambiamento del sostantivo tecnica con quello più complesso e composito di tecnologia.
I dati statistici segnalano una crescita esponenziale della tecnologia, e ciò ha indotto molti osservatori ad etichettare il presente come “epoca tecnologica”. Tutto ciò non appare esagerato poiché l’attuale modo di vivere, di pensare, di organizzare i rapporti interpersonali, di coltivare i saperi si ispira ai paradigmi della tecnica (Marchesini, 2002). Il pensiero tecnologico non solo è il risolutore di attuali difficoltà ambientali o personali a livello del vissuto quotidiano, ma elabora progetti olistici per realizzare un futuro di lunga vita, di benessere economico, di pace sociale e di felicità collettiva. La tecnica evidenzia alcuni caratteri che ne spiegano la sua capacità di penetrazione in tutti i campi delle attività e della vita quotidiana dell’uomo; di questi, alcuni sono determinati e sono qui di seguito ricordati.
La tecnica è autonoma, si qualifica come entità primaria e in quanto sistema unifica i vari settori (Ellul, 2001). Nella sua autonomia, essa manifesta un apparente carattere di neutralità; cioè, le sue manifestazioni si propongono come progettualità indipendenti dalla morale, dalla religione, dai valori umani, dai sistemi sociali, etc.
La tecnica è totalitaria, è avvolgente, è adiuvante, è persuasiva poiché promette benessere, lunga vita e felicità. Passo dopo passo, mediante una cooptazione sub-liminare, la tecnica ci rende prigionieri di un ambiente artificiale dal quale è difficile uscire.
La tecnica è ambigua poiché, per ogni soluzione di un problema, ne introduce un altro, e provoca conseguenze imprevedibili nel breve e nel lungo periodo (Ellul, 2001).
La tecnica si autopotenzia e si autoespande poiché riesce a trovare in ogni innovazione il punto di aggancio per nuove modifiche, e possibilità.
La tecnica come sistema aperto si avvale di ogni ente naturale o struttura artificiale per potenziarsi, per correlarsi, per mostrare di se stessa un volto nuovo, sempre nuovo.
La tecnica, attualmente, è un potente motore dell’economia; la supremazia dei mercati in competizione si può raggiungere solo mediante invenzioni di nuovi strumentari, di nuove tecniche atte a soddisfare il bisogno incoercibile di consumare tutto ciò che è sorprendente, ed è di moda.
Questo stato di cose fornisce una spiegazione convincente di come la scienza sia al servizio della tecnica. Il prossimo futuro, dominato da una tecnologia realizzata e compiuta sarà totalmente libero da miserie fisiche e morali, sarà possibile l’immortalità e si perverrà finalmente alla salvezza dell’umanità (Kevin, 2010). Tutto ciò viene esposto come realizzabile poiché il programma dei tecnocrati non solo è orientato a liberare le energie imprigionate nella natura e nell’uomo, ma è finalizzato a trasformare gli ecosistemi naturali e in modo specifico di rimodellare l’essere umano (Brian, 2009). Secondo tale visione culturale, l’uomo attuale è “antiquato” ed è necessario costruire un nuovo essere, fornito di polimorfe sensibilità, di alte possibilità intellettive, e di una vita a termine indeterminato (Teti, 2011).
Questi scenari futuribili e per certi caratteri fantatecnologici hanno la loro piattaforma di supporto nelle tecniche di manipolazioni genetiche nell’uso delle nanotecnologie, nei condizionamenti neuronali, nelle simbiosi uomo-macchina, nella progettazione di umanoidi e di macchine con elevata intelligenza, con emozioni e sensibilità potenziate e perfino con abbozzi di autocoscienza. Gli sviluppi della tecnologia si estendono all’ambiente e programmando di costruire ecosistemi artificiali aventi un’efficienza maggiore di quelli naturali.
La fiducia nella tecnologia pervade tutti gli strati della società e tale stato d’animo è conseguente sia ai servizi già resi nel migliorare le condizioni di vita sia alle aspettative di rinnovamento e a fattori culturali convergenti. Questi fattori sono poco evidenti, sono come un fiume carsico non segnalato dai media, o sono esposti in modo slegato e frammentario ma nel loro insieme strutturano l’alveo nel quale cresce e si giustifica la ideologia tecnologica. Essi nel loro insieme formano un sistema “che è interattivo, interrelazionale, aperto, autonomo, e in continua crescita espansiva. Alcuni, tra quelli più incisivi possono essere qui richiamati al fine di punteggiare i contorni dell’ideologia dominante: il ridimensionamento del grado di verità raggiungibile dalle scienze della natura, la filosofia ridotta a metodologia gnoseologica, la svalutazione dell’intelletto, l’affermarsi del pensiero estetico potenziato da una subentrante visione magica dell’universo, la preminenza della volontà del fare su quella del conoscereUna concezione funzionalista della natura con negazione di ogni forma o modello di ontologia di supporto, il senso di onnipotenza dell’uomo nel voler trasformare la natura e rimodellare se stesso; il fascino di nuove, sorprendenti tecnologie, l’azione propagandistica dei media, i notevoli interessi industriali per potenziare in modo continuo il mercato.
In questi ultimi anni sono stati pubblicati diversi studi riguardanti la filosofia, l’antropologia e la sociologia della tecnologia; con essi si vuol mettere in evidenza il ruolo della tecnologia nella storia contemporanea nonché lo spessore culturale e il fondamento di questa corrente di pensiero. Esso ha le sue radici nella ragione astratta dell’Illuminismo ed è cresciuto seguendo il sapere naturalistico: tutto è natura, solo natura, fatta di cose, di eventi quantizzabili ed utilizzabili. La realtà è fenomenica, mutevole ed è sospinta dalla forza primordiale della evoluzione. La tecnologia stessa, nel suo inarrestabile progresso, si considera facente parte di tale forza naturale; essa nelle sue attuali ed ardite auto-interpretazioni si pone come una manifestazione di questo evolvente progresso a limiti indefiniti. Non è un prodotto della mente umana, è indipendente dalla volontà umana, ha i suoi ritmi di crescita e impone all’uomo i suoi modelli di esistenza. Viene così disegnato un futuro da incubo in cui l’ambiente è artificiale e i caratteri dell’uomo (biologici, psicologici, spirituali) sono stati sostituiti con altri non prevedibili e solo propagandati.
Questo scenario ha indotto molti saggisti e filosofi di parlare di una epoca post-umana, epoca rivoluzionata dalle fondamenta. Il punto focale di queste brevi considerazioni è se schierarsi tra coloro che ritengono essere la tecnologia la risoluzione di tutti i mali oppure tra quelli che paventano la dominanza tecnologica quale causa di un disastro planetario. Con l’ausilio di alcune riflessioni è possibile intuire una terza possibilità secondo la quale il mondo rimarrà “naturale” e l’uomo conserverà i propri caratteri di essere singolare e misterioso.
I contenuti di tali considerazioni sono molteplici ed alcuni di essi possono essere qui di seguito sintetizzati.
La tecnologia non è una forza primordiale, inarrestabile, evolutiva della natura; essa è un insieme di prodotti elaborati dalla mente creativa dell’uomo. Infatti, essa, pur nelle sue rumorose e sorprendenti attuazioni porta in se l’impronta della dimensione umana ed è l’espressione delle esigenze pratiche dell’umanità.
L’ambizione di sostituire gli ecosistemi naturali con altrettanti sistemi artificiali in nome di una maggiore efficienza non tiene conto della complessità ed ampiezza dei sistemi a livello planetario. Basta un terremoto o uno tsunami per cancellare le opere costruite dall’uomo in una regione.
La natura ha una sua specifica struttura, è regolata da proprie leggi, è ordinata secondo sistemi finalizzati alla propria conservazione e alla propria crescita. Non è che pensabile che l’uomo si debba porre nei riguardi della natura solo secondo criteri utilitaristici. La natura è Kosmos e attraverso le letture di tale ente è possibile interpretare la volontà di Dio; essa non può essere considerata solo un serbatoio di cose e di energie da saccheggiare e dissipare, ma è indispensabile non solo prendere cura, rispettandola ma anche descriverla con animo colmo di “meraviglia” (Ghisalberti, 2010). Per capire la natura è indispensabile far riferimento all’elemento immateriale che plasma ed imbriglia la molteplicità delle cose, finalizzandole. E’ necessario, oggi più che di ieri, essere edotti non solo su i paradigmi delle scienze della natura ma anche su i principi della filosofia della natura.
La specie umana non è una tra le tante; essa esprime esseri dotati di una dimensione spirituale. L’uomo non può essere disegnato solamente con i canoni della biologia; in quanto persona, egli è unità di corpo e di anima e la sua esistenza si attua alla luce della trascendenza (Basti, 1995). Questa concezione antropologica definisce l’uomo un essere sussistente, soggetto di amore e libertà, culmine insuperabile della creazione, unico ente ad immagine e somiglianza di Dio (Sanna, 2005). Egli è caratterizzato da una propria identità, ha un proprio fine, vive una propria religiosità, ha capacità intellettiva aperta all’universale, all’intero, all’eterno, al vero, al bene (Guardini, 2000). Il cuore dell’uomo non potrà mai rinunciare a se stesso, riducendosi alla sola dimensione tecnologica, non potrà mai rompere l’insopprimibile dialogo con Dio, e non è in suo potere snaturare la propria anima destinata all’immortalità. Se tutto ciò è vero, non basteranno le lusinghe di una tecnologia avanzata, non serviranno le seduzioni di un benessere artificiale, non incanteranno promesse irrealizzabili per spingere l’uomo a tradire se stesso. Queste brevi considerazioni consentono di ritenere che l’epoca tecnologica passerà trasportata dal fiume del tempo, sarà ricordata, esaminata così come le altre epoche della storia dell’umanità, intanto, l’uomo, sempre uguale a se stesso, quale figlio di Dio, continuerà il suo cammino, quale portatore di valori e costruttore di storia.
Numerosi cultori di tali complesse problematiche fanno appello all’unità del sapere; mediante questo percorso culturale è possibile sia superare le differenze ideologiche sia coinvolgere le persone in modo integrale. È necessario ribadire che tutto è collegato e che tutte le conoscenze sono tra loro correlate e ciascuna offre un contributo indispensabile ed irrinunciabile. È indispensabile superare la frammentarietà dei saperi, aprirsi a una nuova razionalità aperta alla ricerca del vero e del bene, non in senso funzionale o strumentale, ma nella piena dimensione ontologica (Mantovani, 2008).
Questi studi rischiamo di rimanere marginali, e superflui se non si ha la consapevolezza che il nodo centrale da risolvere è la “questione antropologica”.
È necessario che tutti abbiano la convinzione che l’uomo non è soltanto un essere biologico, bensì un essere storico, culturale, elaboratore di simboli, fornito di capacità intenzionali e che tutti i suoi atti, proprio tutti, sono sempre scelte tra il bene e il male.
Bibliografia
BASTI, G., Filosofia dell’uomo, Edizioni Studio Domenicano, Bologna 1995.
BRIAN, A., La natura della tecnologia. Che cosa è e come evolve, Codice edizioni, Torino 2009.
ELLUL, J., Il sistema Tecnico. La gabbia delle società contemporanee, Jaca Book, Milano 2001.
GHISALBERTI, A. (a cura di), Mondo ,Uomo, Dio. Le ragioni della metafisica nel dibattito filosofico contemporaneo, Vita e Pensiero, Milano 2010.
GUARDINI, R., Mondo e persona, Morcelliana, Brescia 2000.
KEVIN, K., Quello che vuole la tecnologia, Codice edizioni, Torino 2010.
MANTOVANI, M., AMERISE, M. (a cura di), Fede, Cultura e Scienza, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2008.
MARCHESINI, R., Post-human. Verso nuovi modelli di esistenza, Bollati Boringhieri, Torino 2002
SANNA, I. (a cura di), La sfida del post-umano. Verso nuovi modelli di esistenza?, Studium, Roma 2005
TETI, A., PsychoTech. Il punto di non ritorno. La tecnologia che controlla la mente, Springer Italia, Milano 2011.