Tommaso d’Aquino e la scienza contemporanea hanno qualcosa da dirsi? La domanda è stata posta a circa duecento studiosi di tutto il mondo nel corso dell’XI Congresso Tomistico Internazionale, riunito dal 19 al 24 settembre a Roma presso l’Angelicum (se ne svolge in media uno ogni dieci anni), intitolato “Le risorse della tradizione tomista nel contesto attuale”. A prima vista, instaurare un dialogo fra un autore del XIII secolo e i risultati della scienza odierna pare un’impresa destinata all’insuccesso. Il tempo che ci separa dagli scritti dell’Aquinate sembra troppo lungo, e la sua visione della natura troppo distante dalla nostra, per ritenere che la sua opera possa ancora illuminare la nostra conoscenza del mondo fisico. Basti pensare che otto secoli fa san Tommaso non conosceva la dimensione evolutiva del cosmo e della vita, non era al corrente della sintesi nucleare che produce l’energia delle stelle, non immaginava quanto lunghi fossero stati i tempi dell’evoluzione biologica sul nostro pianeta, né sospettava le diverse morfologie del genere Homo che hanno preceduto la nostra specie Sapiens. Nel XIII secolo all’Università di Parigi non si parlava di telescopi spaziali, di acceleratori di particelle o di onde gravitazionali, non si conosceva cosa fosse il DNA né l’azione dei neuroni a specchio.
Eppure, Tommaso continua ad attrarre anche oggi molti uomini di scienza. La precisione metodologica e il rigore espositivo delle sue argomentazioni, la sua fiducia nella ragione e l’importanza che egli tributa alla dimostrazione logica lo rendono assai vicino agli scienziati, che sono pensatori in controtendenza rispetto alle varie forme di pensiero debole oggi dominanti. Se diamo uno sguardo alle pubblicazioni filosofiche e teologiche negli ultimi anni, non mancano libri e articoli su riviste specializzate i cui titoli accostano il nome di san Tommaso ad alcune importanti questioni scientifiche oggi dibattute. Il genetista e filosofo della scienza Gerard Verschuuren ha pubblicato nel 2016 un’opera di review intitolata Aquinas and Modern Science (Angelico Press, Kettering), finalizzata a suscitare l’interesse per Tommaso in coloro che si occupano di ricerca scientifica. Denis Edwards, Mariusz Tabaczek e Michael Dodds, quest’ultimo autore del volume Unlocking divine action. Contemporary science & Thomas Aquinas (CUA, Washington DC 2012), hanno affrontato il delicato tema dell’azione divina sulla natura alla luce della filosofia tomista. Espliciti collegamenti con il pensiero di san Tommaso sono anche presenti in un libro di Edward Feser dal titolo provocante, Aristotle’s Revenge. The Metaphysical Foundations of Physical and Biological Sciences (2019). In Italia, Alberto Strumia e il suo gruppo hanno esplorato il contributo di Tommaso alle scienze naturali e alla logica-matematica occupandosi della dottrina dell’analogia e del problema dei fondamenti (F. Bertelè, A. Salucci, A. Olmi, A. Strumia, Scienza, analogia, astrazione. Tommaso d’Aquino e le scienze della complessità, Il Poligrafo, Padova 1999; A. Strumia, Il problema dei fondamenti. Un'avventurosa navigazione dagli insiemi agli enti passando per Gödel e Tommaso d'Aquino, Cantagalli, Siena 2009). Fra gli articoli pubblicati sulle riviste negli ultimi anni troviamo titoli quali: The Possibility of an Artificial Living Being in the Light of the Philosophy of St. Thomas Aquinas (J.E. Carreño, 2017); Saint Thomas Aquinas and Evolution (S. Clifford, 2012); Dominican Darwinism. Evolution in Thomist Philosophy after Darwin (E.T. Oakes. 2013); Contemporary philosophy of mind meets thomistic philosophical anthropology (F. Freddoso, 2015), e molti altri ancora. In sostanza, non pochi autori continuano a scegliere la prospettiva tomista quando devono affrontare complessi problemi interdisciplinari. Qui nasce, appunto, la domanda: qual è il motivo di questa attualità? Proviamo a suggerire alcune ragioni.
In primo luogo, il pensiero di Tommaso d’Aquino è capace di evidenziare, forse meglio di altri autori, le premesse filosofiche della conoscenza scientifica. Sono premesse che il metodo scientifico impiega in modo implicito, senza necessità di esplicitarle, sulle quali Tommaso sa far luce: la conoscenza empirica deve partire da una filosofia della natura e, ancora più in profondità, da un’ontologia; perché gli enti materiali siano suscettibili di indagine scientifica occorre dare per presupposto che essi siano e siano qualcosa di specifico, cioè partecipino dell’essere e posseggano una specifica natura. A Tommaso si deve inoltre una formulazione efficace della dottrina dell’analogia, che è la base implicita del perché la scienza possa lavorare con dei modelli e trarne risultati applicabili alla realtà. La dottrina tomista della causalità, poi, pone bene in luce il ruolo delle cause formali e finali, che operano sul piano filosofico, distinguendole da quelle efficienti, che operano soprattutto sul piano empirico e quantitativo; egli, inoltre, ricorre con successo all’articolazione fra causa prima e cause seconde quanto affronta il problema dell’agire di Dio sulla realtà naturale. Tommaso, ancora, parla della creazione soprattutto come una relazione, dirimendo questioni spesso suscitate nel rapporto fra cosmologia, filosofia e teologia. In ambito antropologico, l’Aquinate aveva anticipato l’embodiment delle emozioni e delle attività cognitive, mostrando come esso non rimpiazzava la necessità di un soggetto unificante che trascendesse la materialità del corpo, perché sede di identità e di intenzionalità.
In secondo luogo, Tommaso ha insistito a lungo sull’unità della verità, profondamente persuaso che omne verum, a quocumque dicatur, a Spiritu Sancto est – tutto ciò che è vero, chiunque sia a dirlo, proviene dallo Spirito Santo – un’affermazione che, pur nella sua semplicità, spalancava la porta all’integrazione dei saperi, al dialogo fra le diverse discipline, all’impiego dei risultati delle scienze in teologia. Oltre, evidentemente, a spezzare una lancia in favore del realismo conoscitivo, oltre ogni idealismo e convenzionalismo. Le virtù che san Tommaso, seguendo Aristotele, associa al lavoro intellettuale, come ad esempio l’acribia, sono le stesse alla base del lavoro scientifico come lo pratichiamo oggi. Qualcuno ha detto che se san Tommaso fosse vissuto ai nostri tempi, avrebbe fatto il filosofo analitico. Ritengo questa osservazione vera ma incompleta, perché la sua prospettiva è anche metafisica; essa, però, mette in luce la sua sintonia con le scienze, essendo la filosofia analitica quella che, attraverso la logica formale, dialoga oggi più facilmente con il pensiero scientifico.
Guardando lo sviluppo delle conoscenze scientifiche odierne, ci si rende presto conto che la rilevanza di san Tommaso è in fondo quella di aver indicato una direzione di marcia, una strada che va seguita (e in parte tracciata) anche dopo di lui. La dottrina della causalità, per fare solo un esempio, incontra oggi sfide nuove, come la non-località in meccanica quantistica, i fenomeni olistici e la complessità; Tommaso ha sviluppato poco il dialogo con le life sciences, non avendo commentato le opere di Aristotele che parlano di biologia e di zoologia; lo studio dell’azione divina sulla natura deve oggi tener conto di una nostra più profonda conoscenza circa la struttura della materia e della radiazione; la prospettiva ecologica, oggi essenziale, riceve da Tommaso una minore attenzione, sebbene il suo pensiero contenga elementi assai utili per affrontarla e svilupparla.
Ritengo che la sfida più importante che un pensiero di ispirazione tomista incontri oggi nel dialogo con le scienze, ancor prima che il rapido progresso dei risultati scientifici sia rappresentata dalla necessità di formare giovani studiosi che conoscano in profondità le opere dell’Angelico e sappiano applicarle nel lavoro interdisciplinare. Occorre continuare il lavoro che Tommaso non ha fatto, perché la sua non era la nostra epoca; occorre in sostanza lavorare come avrebbe fatto lui, se fosse vissuto ai nostri giorni. Penso che le ragioni che hanno determinato il successo di Tommaso d’Aquino nell’impostare nella sua epoca i rapporti fra fede e ragione mantengano inalterato il loro valore e possano orientare i rapporti fra scienza e fede anche in futuro, nonostante il rapido procedere delle conoscenze scientifiche. Il tomismo è in fondo e prima di tutto un metodo. Un metodo che può continuare ancora ad ispirare il lavoro che la filosofia e la teologia del XXI secolo sono senza dubbio chiamate a svolgere nei riguardi delle scienze.