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La scomparsa di un Maestro e di un Padre

Gennaio 2023
Giuseppe Tanzella-Nitti
Ordinario di Teologia Fondamentale, Pontificia Università della Santa Croce

Joseph Ratzinger, Benedetto XVI (2005-2013) ha concluso la sua vita terrena, nell’ultimo giorno del 2022. Era una notizia che attendevamo e alla quale ci stavamo tutti preparando.                   

Non mi riferisco solo alla richiesta di preghiere per l’aggravarsi del suo stato di salute, comunicataci da Francesco mercoledì scorso.

Penso soprattutto ai quasi dieci anni nei quali, gradatamente uscito di scena, si era lentamente immerso nel Signore portando sulle sue spalle e nel suo cuore la Chiesa della quale era stato Padre comune dal 19 aprile 2005 fino al giorno delle sue dimissioni, il 28 febbraio 2013. Quella Chiesa ferita, che tanto ha fatto e fa parlare di sé; ma anche quella Chiesa nascosta, di cui nessuno parla, fatta di tanti credenti che spendono la loro vita al servizio dei fratelli, per amore di Gesù Cristo. Già ritirato nel monastero Mater Ecclesiae, interrogato in diverse occasioni su come egli vedesse la crescente secolarizzazione del mondo occidentale, mondo nel quale Gesù di Nazaret era ormai diventato uno sconosciuto o un personaggio lontano, Joseph Ratzinger rispondeva immaginando un rifiorire della fede grazie a tante piccole comunità coerenti di fedeli, disperse in tutto il mondo, adesso quasi invisibili, ma chiamate dalla storia a mantenere viva la loro fiamma quando tutto, come l’impero romano ai tempi di Agostino di Ippona, sarebbe probabilmente crollato. Raccolto nel suo luogo di meditazione e di preghiera, Ratzinger portava nel suo cuore le sofferenze di una Chiesa ferita – papa Francesco direbbe malata – ma anche le speranze di una Chiesa capace di rinascere e di rifiorire, perché testimone di fronte al mondo di Cristo Risorto e fondata sulla roccia della Sua Parola.

Joseph Ratzinger è stato un maestro, come pochi nel Novecento, forse il più grande. Il suo contributo alla teologia, almeno in termini di scritti, riflessioni e profondità di interventi, non ha paragoni. La sua capacità di dialogo con il mondo intellettuale, con politici e con filosofi, ma anche con artisti e musicisti, credenti e non credenti lo colloca al livello di Giovanni Paolo II. A questo Pontefice la storia lo chiamò a succedere. Un mandato imprevisto, come si evince dalla sua vita personale nei mesi che precedettero la sua elezione; un sacrificio accettato e fatto proprio per amore della Chiesa, forse immaginando cosa gli sarebbe costato. Un pontificato segnato da molteplici difficoltà, critiche mirate, anche tradimenti. Il titolo a tutta pagina con cui Il Manifesto salutava la sua elezione, sentenziando semplicemente “Pastore tedesco”, sarebbe presto diventato il modo in cui un’opinione pubblica costruita avrebbe visto quest’uomo, ben diversamente da come egli era invece conosciuto da chi lo aveva frequentato, aveva lavorato con lui, lo aveva ascoltato nei suoi giudizi. Commentare in tal senso gli 8 anni del suo pontificato è cosa che lasciamo volentieri agli storici e agli analisti. Come lasciamo a loro l’esame delle circostanze che accompagnarono, talvolta in modo drammatico, non pochi dei suoi interventi da docente oltre che da papa, dal travisamento del suo discorso a Ratisbona (2006) al rifiuto di farlo parlare all’Università La Sapienza di Roma (2008). 

I suoi contributi in ambito filosofico e teologico si collocano su un piano e in un contesto assai lontani dal rumore di fondo dei media e dai giudizi di un’opinione pubblica volubile e poco documentata. Il suo appello ad “allargare i confini della razionalità”, la passione con cui ha promosso la ricerca della verità in tutti gli ambiti del sapere, la sua rivalutazione della legge morale naturale, il suo desiderio di un’esegesi biblica che nutrisse la fede e non la ostacolasse, la sua visione della tradizione come luogo del progresso della Chiesa lungo la storia, ma anche il suo amore alla liturgia, la sua sensibilità per l’arte sacra e la musica sacra, comprese come elementi irrinunciabili della lex orandi, lex credendi, sono tutti temi di una docenza universitaria e poi di un magistero ecclesiale che rappresenta ormai un’eredità preziosa. Eredità consegnata, che non ci sarà più tolta. Eredità non solo per la Chiesa, ma anche per l’Accademia e per il mondo. Espressione di una carità intellettuale senza della quale non c’è progresso umano, neanche per chi resta indietro ed è scartato. Le pagine liturgiche dell’Avvento che ci hanno introdotto al tempo di Natale ci proponevano spesso l’immagine del Vangelo annunziato ai poveri. Essi sono i primi evangelizzati, i primi ai quali insegnare, i primi da promuovere, da rialzare. In questo, i pontificati di Benedetto XVI e di Francesco hanno molto più in comune di quanto possa sembrare. Ambedue ci hanno insegnato e ci insegnano che il pane della vita e il pane della sapienza va spezzato con tutti, perché deve nutrire tutti: vita e sapienza sono la stessa persona, la persona di Gesù.

Il messaggio che ci giunge dagli ultimi anni di Joseph Ratzinger, dopo le dimissioni dal suo pontificato, è un messaggio prezioso. La Chiesa e l’umanità vanno sostenute anche con il sacrificio e con la preghiera, non di rado con il nascondimento, con il silenzio. Interventi assai misurati quelli che giungevano dalle mura del monastero Mater Ecclesiae, finalizzati a chiarire equivoci, a puntualizzare circostanze, sempre consegnati per amore della verità. L’augurio di un Anno che si chiude, e che vede inaspettatamente sovrapporsi la data della scomparsa di chi per 8 anni era stato Vescovo di Roma, può tramutarsi nell’augurio a saper amare, con Joseph Ratzinger, la profondità, la ricerca della verità, il silenzio della preghiera. Se tutti riconosciamo nella libertà il bene più prezioso da custodire e da trasmettere, senza del quale non potremmo nemmeno amare, con la sua vita Joseph Ratzinger - Benedetto XVI ci ha ricordato, seguendo le parole di Gesù di Nazaret, che solo la verità può farci liberi.

   

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Riportiamo qui un estratto del testamento spirituale di Joseph Ratzinger - Benedetto XVI, redatto il 29 agosto 2006 e diffuso dalla Sala Stampa Vaticana, con alcuni passaggi assai significativi per il lavoro che ispira il Portale disf.org

    

dalla Sala Stampa della Santa Sede

Bollettino 0966, del 31.12.2022

    

Il mio testamento spirituale 

Se in quest’ora tarda della mia vita guardo indietro ai decenni che ho percorso, per prima cosa vedo quante ragioni abbia per ringraziare. Ringrazio prima di ogni altro Dio stesso, il dispensatore di ogni buon dono, che mi ha donato la vita e mi ha guidato attraverso vari momenti di confusione; rialzandomi sempre ogni volta che incominciavo a scivolare e donandomi sempre di nuovo la luce del suo volto. Retrospettivamente vedo e capisco che anche i tratti bui e faticosi di questo cammino sono stati per la mia salvezza e che proprio in essi Egli mi ha guidato bene. 

[…]

Ho vissuto le trasformazioni delle scienze naturali sin da tempi lontani e ho potuto constatare come, al contrario, siano svanite apparenti certezze contro la fede, dimostrandosi essere non scienza, ma interpretazioni filosofiche solo apparentemente spettanti alla scienza; così come, d’altronde, è nel dialogo con le scienze naturali che anche la fede ha imparato a comprendere meglio il limite della portata delle sue affermazioni, e dunque la sua specificità. Sono ormai sessant’anni che accompagno il cammino della Teologia, in particolare delle Scienze bibliche, e con il susseguirsi delle diverse generazioni ho visto crollare tesi che sembravano incrollabili, dimostrandosi essere semplici ipotesi: la generazione liberale (Harnack, Jülicher ecc.), la generazione esistenzialista (Bultmann ecc.), la generazione marxista. Ho visto e vedo come dal groviglio delle ipotesi sia emersa ed emerga nuovamente la ragionevolezza della fede. Gesù Cristo è veramente la via, la verità e la vita — e la Chiesa, con tutte le sue insufficienze, è veramente il Suo corpo. 

Infine, chiedo umilmente: pregate per me, così che il Signore, nonostante tutti i miei peccati e insufficienze, mi accolga nelle dimore eterne. A tutti quelli che mi sono affidati, giorno per giorno va di cuore la mia preghiera. 

   

Benedictus PP XVI (originale in tedesco)