In un’epoca in cui scienza e filosofia tendono sempre più a frammentare il loro sapere, caratterizzato dalla crescente diffusione di campi di ricerca specialistici spesso incapaci di dialogare tra loro, la figura di Hermann Weyl appare particolarmente rilevante. Le sue ricerche sono una testimonianza viva di come la nostra comprensione scientifica della realtà sia parte di un progetto più ampio di ricerca della verità, dove rigore scientifico e riflessione filosofica possono incontrarsi per illuminare le questioni più fondamentali della realtà. Nato nel 1885 in Germania, in una piccola cittadina vicino ad Amburgo, in un'epoca segnata da sconvolgimenti epocali e da un fervore intellettuale senza precedenti, Hermann Weyl emerse come una delle figure più caratteristiche del panorama scientifico e filosofico del primo Novecento. Inizia il suo percorso accademico nel 1904 iscrivendosi alla facoltà di Monaco, ma decide presto di trasferirsi a Göttingen, uno degli ambienti accademici più stimolanti in Europa, un crocevia di idee che avrebbero contribuito a plasmare gran parte della fisica e della matematica moderna. Qui entra in contatto con alcune delle menti più brillanti di sempre, come Felix Klein, Hermann Minkowski e David Hilbert. Weyl ci ricorda quel periodo come uno dei più luminosi della sua carriera, in cui Hilbert e Minkowski apparivano come autentici eroi, immersi in un vivace clima intellettuale sotto la prestigiosa guida di Felix Klein. Sarà proprio in questo clima intellettuale - e sotto l'attenta guida di David Hilbert - che andrà a discutere la sua tesi di dottorato in matematica, iniziando da lì a breve un intenso percorso di pubblicazioni e contributi scientifici di primissimo rilievo. Con i suoi lavori contribuì in modo significativo alla nascita della moderna geometria differenziale e della moderna fisica teorica. I suoi studi sul concetto matematico di varietà, di invarianza di gauge e di simmetria sono soltanto alcuni degli importantissimi contributi con cui Weyl segnerà la storia della scienza del primo Novecento.
I suoi studi però non rimasero mai confinati nel campo delle ricerche propriamente scientifiche, ma abbracciarono sempre un più vasto campo del sapere, dalla storia della matematica alla speculazione filosofica. In un orizzonte speculativo segnato dall'emergere di nuove teorie fisiche - come la nascita della meccanica quantistica e le rivoluzionarie teorie di Einstein - e dall'avanzare di ricerche fondazionali in matematica destinate a cambiarne la natura, Hermann Weyl cercò sempre di coniugare il rigore matematico con una più ampia riflessione filosofica ed epistemologica, intrecciando i propri contributi scientifici all'interno di un più ampio orizzonte culturale. Non fu certamente l'unico intellettuale a coniugare ricerca scientifica e filosofica, ma la sua riflessione si distanzia in modo significativo dai suoi contemporanei per il suo interesse - con così popolare tra i suoi contemporanei - per la speculazione filosofica e fondazionale intrapresa da Edmund Husserl con la sua idea di fenomenologia. Un ruolo cruciale nella vita personale e intellettuale di Weyl fu giocato dalla sua futura moglie, Helene Joseph. Helene non fu soltanto una fedele compagna di vita fin dal 1913, ma una vera interlocutrice intellettuale. Proveniente da una famiglia benestante e colta, Helene sviluppò una rete di contatti con alcune delle principali figure intellettuali europee del tempo. Tra queste possiamo ricordare la fitta corrispondenza con lo scrittore ed intellettuale Arnold Zwieg e la sua importante amicizia con il filosofo spagnolo José Ortega y Gasset, del quale tradusse diverse sue opere filosofiche in tedesco. Tuttavia, la figura filosofica che forse più influenzò Helene e, di riflesso suo marito Hermann, fu certamente Edmund Husserl. Helene fu talmente colpita da questa prospettiva filosofica che decise di cambiare università e nel 1911, dopo aver iniziato i suoi studi in storia e filologia tedesca all'università di Rostock, decise di trasferirsi a Göttingen per studiare matematica e filosofia sotto la direzione del fondatore della fenomenologia. Helene giocò un ruolo fondamentale nel favorire l’incontro tra le ricerche fisico-matematiche di Hermann e le indagini fenomenologiche di Husserl e da quel momento la fenomenologia diventò per Weyl la via regia per affrontare i problemi epistemologici più rilevanti che emergevano nella fisica teorica e nella matematica, sollevando interrogativi sui loro fondamenti e sulla loro stessa natura.
Hermann Weyl fu quindi un intellettuale di primo piano nel panorama scientifico e filosofico di inizio '900, ma ciò che lo rende una figura del tutto singolare sono le sue ricerche scientifiche. I suoi studi, infatti, riflettono con una certa ostinazione un singolare tentativo di sviluppare un sapere fisico-matematico che potesse inquadrarsi nel più ampio orizzonte dell'ambiziosa speculazione fondazionale aperta dalla fenomenologia di Husserl. Capita spesso che Husserl venga ricordato per il suo celebre lavoro Krisis, ma non sempre si colloca nel giusto senso quest'opera. La critica husserliana alla ragion scientifica e ai suoi limiti non va certamente intesa come una critica alla ragione o alla scienza in quanto tale, ma ambisce fin dall'inizio a donare al sapere scientifico e razionale quella fondatezza e autenticità che una scienza, intesa almeno nel suo senso originario di epistème, ricerca fin dalle origini. In questa cornice teoretica vanno quindi collocati gli sforzi di Weyl ed un singolare esempio è dato dai suoi lavori sul concetto matematico di continuo. Nel suo celebre lavoro Das Kontinuum, Weyl esplora criticamente le diverse concettualizzazioni matematiche del continuo, sia temporale sia spaziale. Non tutti i concetti matematici, secondo Weyl, rendono giustizia alla natura fenomenica del continuo di cui facciamo esperienza. Weyl ritiene fondamentale partire da un'analisi fenomenologica di questa esperienza e da lì sviluppare i concetti matematici che riescano a cogliere ed esprimere al meglio le strutture categoriali che l'analisi fenomenologica ha portato alla luce.
Nel caso del continuum temporale Weyl evidenzia come esso si presenti come un flusso continuo dotato di alcune strutture fondamentali. A questo riguardo però inizialmente deve ipotizzare che un certo “adesso” possa essere dato intuitivamente, consentendoci così di dissolvere il continuum temporale in una sequenza di “adesso”' isolati. Tra questi punti temporali sussistono delle relazioni espresse da concetti come “precedente”, “successivo” e “uguale”. In tal modo, Weyl tenta di sviluppare una formulazione matematica del continuum temporale, basata su questa struttura fondamentale, stabilendo un isomorfismo tra il dominio dei punti temporali e quello dei numeri reali. Tuttavia, conclude che tale approccio, non soddisfa pienamente l’analisi fenomenologica del continuum temporale, che è un continuo non riducibile ad “adesso” isolati. Per questa ragione in seguito Weyl rivedrà il suo approccio al continuo in un'importante serie di lavori sulla topologia combinatoria. Questo nuovo approccio matematico cercava di ripensare la continuità, non più basandosi sull'idea di una scomposizione del continuum in punti isolati, ma concentrandosi sull'analisi husserliana di “intero estensivo” in cui ogni divisione del continuum genera frazioni che riflettono la stessa natura dell'intero di cui sono parte. Questo processo di divisione può proseguire all'infinito e una matematica del continuo deve fondarsi sul rapporto tra l'intero e le sue parti e sul suo continuo processo di divisibilità. Weyl propone quindi un nuovo approccio e, nel caso del continuum spaziale, intraprende una lunga serie di ricerche volte a sviluppare una matematica in grado di esprimere questo infinito processo di divisibilità dell'intero in frazioni sempre più piccole. Il concetto di punto diventa allora un'idea limite, nel senso husserliano di Grenzidee, ossia non più un concetto che esprime un dato di cui facciamo esperienza, ma si rivela come un'idea regolatrice di quella molteplicità di fenomeni che caratterizzano il decorso continuo di un processo infinito di divisione dell'intero. Queste
ricerche riflettono il costante impegno di Weyl nel cercare una formulazione matematica che esprima adeguatamente le strutture messe in luce da un'analisi fenomenologica e che, seguendo la prospettiva husserliana, ponga le condizioni per un sapere scientifico apoditticamente fondato.
Queste ricerche vanno quindi comprese nello sfondo di questo sforzo teso a sviluppare una matematica, ed in generale un sapere razionale, che si possa dichiarare in ultima istanza sapere autentico. Tuttavia, questi sforzi dovettero scontrarsi con alcune difficoltà matematiche. Il problema di stabilire quali condizioni strutturali due processi di divisione dell'intero devono soddisfare affinché rappresentino lo stesso continuum sarà uno degli scogli più ostici da risolvere e a cui Weyl non riuscirà a dare una risposta. Possiamo inoltre trovare in altre direzioni di ricerca, come il concetto di connessione affine nel campo della geometria infinitesimale, analoghi tentativi da parte di Weyl nel cercare di sviluppare una matematica in grado di potersi inserire nell'orizzonte fondativo della fenomenologia. Anche in questi casi però, i problemi matematici porteranno Weyl a desistere. Più in generale, possiamo affermare, il progetto di una fenomenologia che riesca a realizzarsi come scienza rigorosa sarà destinato al fallimento. “La filosofia come scienza, come scienza seria, rigorosa, anzi apodittica - il sogno è finito”: con queste parole si esprime il fondatore della fenomenologia nell'estate del 1935 [4, p. 494]. Certamente queste parole vanno comprese nel loro senso e sono state spesso anche fraintese, ma evidenziano un punto fondamentale. Quell'anelito ad un sapere fondato che muoveva le ricerche di Hermann Weyl ed in generale il movimento fenomenologico vicino a Husserl si è andato via via spegnendo. Una generale tendenza del sapere scientifico ad accontentarsi di essere un buon modello predittivo della realtà e una generale disaffezione alla ricerca di una verità ultima da parte della filosofia contemporanea mostrano direi un sentire diffuso ai nostri giorni nei confronti del concetto di verità e sapere unitario.
La domanda che ora ci dobbiamo porre è se la rinuncia ad un'interrogazione radicale volta ad un sapere unitario sia una virtù o una mancanza. Sebbene il progesso scientifico sembri poter fare a meno di una riflessione sui propri fondamenti, forse il vero valore di queste ricerche non risiede tanto nel loro guadagno conoscitivo, quanto piuttosto nel mantenere vivo quell'anelito sapienziale che da sempre anima l'essere umano nel suo cammino verso la verità. Ecco allora che le ricerche fenomenologiche di Weyl possono essere una bussola per il nostro tempo, aiutandoci a mantenere viva la vocazione verso la ricerca di una Verità ultima, capace di illuminare il mistero dell'umano e della realtà che lo circonda.
Bibliografia essenziale
[1] H. Weyl, Das Kontinuum, Veit & Co, Leipzig 1918.
[2] H. Weyl, Philosophie der Mathematik Naturwissenschaft, Oldenbourg, Munchen 1927.
[3] E. Husserl, Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica, trad. it. Vincenzo Costa, Einaudi, Torino 2002.
[4] E. Husserl, La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale, il Saggiatore, Milano 2015.