Cosa ci svela una collezione privata? Il caso della biblioteca di Charles Darwin.

Anna Pelliccia
Dottore in “Scienza del libro e della scrittura” presso l’Università per Stranieri di Perugia, laureata in Filosofia presso l’Università degli Studi di Perugia, Attualmente docente di storia e filosofia.

 

Quando per la prima volta si entra nella casa di un conoscente, un vicino di casa o anche solo una persona sconosciuta che per qualche particolare motivo ha esteso l’invito, la curiosità di scoprire più a fondo la sua personalità e il suo modo di vivere la quotidianità si traduce in una ricerca dei dettagli, posando lo sguardo sui minimi particolari dell’ingresso di casa, su come gli oggetti sono in grado di accogliere e di raccontare una storia. Mentre si percorrono i primi passi, la vista quasi sempre si posa sui libri – pochi o molti, vecchi o nuovi - appoggiati su mensole, mobili, tavoli in legno o in vetro, impilati in terra o in bilico tra scaffali stracolmi, isolati tra soprammobili e vasi di fiori o posti intenzionalmente in bella vista affinché il visitatore possa leggere il titolo. I libri: lo sguardo, appena si entra in una nuova casa, percorre subito le loro tracce, alla ricerca di indizi che possano aiutare il visitatore a scoprire l’anima della casa, gli interessi, i pensieri e le passioni di chi vi abita. Non vi è mai capitato? A me spesso: è, in definitiva, un modo silenzioso e imprevedibile per farsi un’idea generale del padrone di casa senza fare troppe domande, senza disturbare, anticipando possibili temi di conversazione e cercando di evitarne altri. Ogni volta che si acquista un libro, un volume, un’opera, si lascia un’impronta di sé, si aggiunge un tassello alla propria personalità, si offre un indizio in più al visitatore di casa curioso di scoprire la personalità di chi vi risiede.

Quando la mente passa in rassegna gli studiosi più rilevanti degli ultimi secoli, spesso ci si sofferma sulle scrivanie piene di fogli come quella del fisico Albert Einstein, sugli scaffali disordinati ricolmi di libri, come quelli dello psicologo Jean Piaget, o sulle biblioteche private estremamente ordinate, come quella di Sigmund Freud. Se tutti noi siamo curiosi di scoprire quali letture sta facendo in questo momento il nostro vicino di casa o quali libri ha letto negli ultimi anni che hanno cambiato in parte o del tutto la sua personalità, di fronte ai grandi scienziati o umanisti della storia la curiosità si spinge agli eccessi, perché rovistare tra le loro biblioteche private vuol dire spesso rintracciare le origini di un pensiero, di un’ipotesi, di una teoria.

A partire dal 2006, un gruppo di studiosi ha cercato, con successo, di ricostruire la biblioteca privata di una delle figure più discusse del XIX secolo, il padre della teoria della selezione naturale, lo scienziato inglese Charles Darwin. Grafomane e meticoloso collezionista, naturalista di ampie vedute ed intellettualmente vivace, tanto tranquillo quanto schivo, complesso e poliedrico, uno dei padri della biologia moderna, Charles Darwin è stato uno dei pochi scienziati che ha lasciato ai posteri numerosi taccuini e manoscritti attraverso i quali ancora oggi gli storici della scienza cercano di capire sempre più in profondità il lungo cammino fatto di incontri, esperimenti, libri e letture che ha condotto il naturalista alla formulazione di una delle teorie scientifiche fondamentali per la biologia, il sapere scientifico e umanistico in generale.

Entrare a Down House (la casa-laboratorio dove Darwin ha vissuto dal 1842 fino alla morte, avvenuta nel 1882) e studiare i testi della biblioteca privata, immergersi negli archivi della Cambridge University, esaminare le note a margine dei testi letti da Darwin, significa dunque entrare nei meccanismi della sua mente, comprenderne gli sviluppi, gli interessi, le attese e i momenti di scoperta.

Per tutte queste ragioni, per diciotto anni un gruppo di studiosi, attraverso indagini minuziose, ricerche e scoperte, rinvenimenti e recuperi, ha ricostruito la biblioteca di Charles Darwin che si sta rivelando una delle biblioteche scientifiche private più estese e importanti del XIX secolo. In occasione del Darwin Day, il 12 febbraio 2024, è stato pubblicato il catalogo online di tutte le opere dello scienziato, presenti sugli scaffali disseminati nella sua casa di campagna a Down House. Il catalogo consta di 300 pagine e descrive in dettaglio e in modo auspicabilmente completo la biblioteca personale del naturalista inglese. Il catalogo si presenta come una fonte interattiva che unisce migliaia di riferimenti frammentari digitalizzati con circa 10000 collegamenti a copie elettroniche delle opere. Nel catalogo dunque sono presenti libri, articoli, opuscoli e riviste. La collezione digitale, disponibile su Darwin Online, comprende 7400 titoli per un totale di circa 13000 volumi rivelando la molteplicità di interessi, l’eclettismo, la poliedricità dello scienziato inglese. Gli argomenti spaziano da temi prettamente scientifici (zoologia, botanica, paleontologia, chimica, ornitologia, geologia, embriologia, microscopia, medicina), a temi quali la storia, l’archeologia, la logica, la filosofia, la psicologia, la religione, la poesia, la letteratura. Nel 2019 è apparsa all’asta la copia appartenuta alla famiglia Darwin del romanzo di Elisabeth Gaskell (frequentatrice della famiglia Darwin) del 1880, dal titolo Mogli e figlie. Una nota del testo riporta: “Questo libro era uno dei preferiti di Charles Darwin e l’ultimo libro ad essergli letto ad alta voce”. Molte sono le opere presenti di autori italiani tra cui Carlo Goldoni, Alessandro Manzoni (nella biblioteca è presente una copia in italiano de I Promessi Sposi), Federico Delpino, Paolo Mantegazza, Ettore Mengozzi, Luigi Paolucci, Gennaro Portanova, Rossellini Massimina, Augusto Tamburini, Augusto Tebaldi, Tito Vignoli, per citare i più autorevoli. Nella biblioteca sono inoltre presenti numerosi dizionari (italiano-inglese, inglese-tedesco, inglese-spagnolo, inglese-greco, greco-latino, indiano), testi in varie lingue (inglese, tedesco, francese, italiano, latini, greco, spagnolo, olandese, svedese, danese, ebraico, portoghese) e dai contenuti più disparati e bizzarri (un articolo sulle cavie epilettiche, sulla cavalletta del Colorado o sull’anatomia di un pollo a quattro zampe).

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Lo studio di Darwin a Down House nel 1882
Lo studio di Darwin a Down House nel 1882

L’ampiezza degli argomenti e la vasta gamma di opere, articoli e frammenti, rivela non solo l’eclettismo di Darwin (di cui si è precedentemente accennato), ma anche l’enorme intreccio di relazioni che il naturalista teneva con il resto della comunità scientifica mondiale; mostrano una figura di studioso tutt’altro che isolata - come sottolinea lo storico della scienza e uno dei massimo studiosi di Charles Darwin, John Van Whye) - ma inserita pienamente nei dibattiti a lui contemporanei riguardanti soprattutto (ma non solo) argomenti di studio affini ai suoi. Dopo la morte di Emma Darwin (moglie dello scienziato inglese), avvenuta nel 1896, il figlio Francis donò la maggior parte dei libri, degli opuscoli e delle riviste scientifiche alla Botany School di Cambridge. Gran parte della collezione fu trasferita nella casa di Darwin, Down House nel 1929, quando divenne un museo pubblico. Negli anni successivi molti materiali furono trasportati alla Biblioteca dell’Università di Cambridge. Dopo la pubblicazione di una Handlist nel 1960, l’intero contenuto delle carte e volumi privati di Darwin rimase accessibile solo a pochi studiosi che dovevano trascorrere il tempo a consultare il catalogo cartaceo nella Sala di Lettura dei Manoscritti presso la Biblioteca dell’Università di Cambridge. Un catalogo è stato successivamente redatto da Nick Gill negli anni 2000 e reso accessibile online dopo l’attuazione del progetto Darwin Online. Per molti anni gli studiosi hanno fatto riferimento alla biblioteca di Darwin come contente 1480 libri; la somma del numero di volumi contenuti nelle due collezioni principali: quella dell’Università di Cambridge e quella presente a Down House. Con la ricostruzione fatta dagli studiosi e da qualche mese resa nota e accessibile al pubblico, sappiamo che i 1480 volumi rappresentavano solo il 15% dei titoli presenti nella biblioteca di Darwin. Il lavoro che ha appassionato per quasi venti anni gli studiosi è stato certosino e caratterizzato da notevole pazienza. Molte opere sono state rese note da proprietari di collezioni private in varie parti del mondo, altre sono state rinvenute in aste.

Una delle poche certezze è che oggi, più che mai, la biblioteca di Darwin rappresenta uno strumento di ricerca, una collezione viva che racconta non solo l’impronta dell’orizzonte culturale nel quale lo scienziato ha interagito con gli altri studiosi, ma anche il progetto scientifico presente nella mente del naturalista.

La biblioteca come crocevia di incontri e di scambi potrà dunque fornire agli studiosi che d’ora in avanti si cimenteranno negli studi darwiniani, nuove direttrici di ricerca per esplorare gli sviluppi dei pensieri del naturalista relativi ad argomenti scientifici ma anche filosofici, religiosi e culturali in generale. Buono studio!