1. «Ma Dio l’ha risuscitato». 2. «Tutto quello che Gesù fece e insegnò». 3. Fatti accaduti in realtà. 4. Fatti attestati anche dagli avversari. 5. «Ciò che udite e vedete». 6. «Da lui usciva una forza che sanava tutti». 7. L’anti-miracolo della morte e il miracolo della resurrezione.
1. Il giorno della Pentecoste, dopo aver ricevuto la luce e la potenza dello Spirito Santo, Pietro rende una franca e coraggiosa testimonianza a Cristo crocifisso e risorto: «Uomini di Israele, ascoltate queste parole: Gesù di Nazaret, uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni, voi l'avete inchiodato sulla croce.. e l'avete ucciso. Ma Dio l'ha risuscitato, sciogliendolo dalle angosce della morte» (At 2,22-24).
In questa testimonianza è racchiusa una sintesi dell'intera attività messianica di Gesù di Nazaret, che Dio ha accreditato «per mezzo di miracoli, prodigi e segni». Essa costituisce anche un abbozzo della prima catechesi cristiana, che ci offre lo stesso capo del collegio degli apostoli, Pietro.
2. Dopo circa duemila anni il presente successore di Pietro, nello svolgimento delle sue catechesi su Gesù Cristo, deve ora affrontare il contenuto di quella prima catechesi apostolica svolta nel giorno stesso della Pentecoste. Finora abbiamo parlato del Figlio dell'uomo, che col suo insegnamento faceva conoscere di essere vero Dio Figlio, di essere con il Padre «una cosa sola» (cf. Gv 10,30). La sua parola era accompagnata da «miracoli, prodigi e segni». Questi fatti accompagnavano le parole non solo seguendole per confermare la loro autenticità, ma spesso le precedevano, come ci lasciano intendere gli Atti degli apostoli quando parlano «di tutto quello che Gesù fece e insegnò dal principio» (At 1,1).
Erano quelle stesse opere e particolarmente i «prodigi e segni» a testimoniare che «il regno di Dio era vicino» (cf. Mc 1,15), era cioè entrato con Gesù nella storia terrena dell'uomo e premeva per entrare in ogni spirito umano. Nello stesso tempo testimoniavano che colui che le compiva era veramente il Figlio di Dio. Ecco perché occorre legare le presenti catechesi sui miracoli, segni di Cristo con quelle precedenti, concernenti la sua divina figliolanza.
3. Prima di procedere gradualmente nell'analisi del significato di questi «prodigi e segni» (come li ha definiti in modo molto specifico san Pietro nel giorno della Pentecoste), occorre constatare che essi (prodigi e segni) appartengono sicuramente al contenuto integrale dei Vangeli come testimonianze su Cristo, che provengono da testimoni oculari. Non è affatto possibile escludere i miracoli dal testo e dal contesto evangelico. L'analisi non solo del testo ma anche del contesto parla a favore del loro carattere «storico», attesta che essi sono dei fatti accaduti in realtà, e veramente operati da Cristo. Chi vi si accosta con onestà intellettuale e perizia scientifica, non può sbarazzarsene con qualche parola come di pure invenzioni posteriori.
4. A questo proposito è bene osservare che tali fatti sono non solo attestati e narrati dagli apostoli e dai discepoli di Gesù, ma vengono confermati in molti casi dai suoi avversari. Ad esempio, è ben significativo che questi ultimi non negassero i miracoli compiuti da Gesù, ma pretendessero piuttosto di attribuirli alla potenza del «demonio». Dicevano infatti: «Costui è posseduto da Beelzebul e scaccia i demoni per mezzo del principe dei demoni» (Mc 3,22; cf. anche Mt 8,32; 12,24; Lc 11,14-15). Ed è nota la risposta di Gesù a questa obiezione, della quale dimostra l'intima contraddittorietà. «Se Satana si ribella contro se stesso ed è diviso, non può resistere, ma sta per finire» (Mc 3,26). Ma ciò che più conta in questo momento per noi è il fatto che anche gli avversari di Gesù non possono negare i suoi «miracoli, prodigi e segni» come realtà, come «fatti» veramente accaduti.
Eloquente è anche la circostanza che gli avversari osservavano Gesù per vedere se guariva in giorno di sabato e per poterlo così accusare di violazione della Legge dell'Antico Testamento. Così è stato, per esempio, nel caso dell'uomo che aveva una mano inaridita (cf. Mc 3,1-2).
5. Va pure presa in considerazione la risposta data a Gesù, non più ai suoi avversari, ma questa volta ai messaggeri di Giovanni Battista, da lui mandati a domandargli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attendere un altro?» (Mt 11,3). Allora Gesù risponde: «Andate e riferite a Giovanni ciò che voi udite e vedete: i ciechi recuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti; i sordi riacquistano l'udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona novella» (Mt 11,4-5).
Gesù nella risposta si richiama alla profezia di Isaia sul futuro Messia (cf. Is 35,5-6), che senza dubbio poteva essere intesa nel senso di un rinnovamento e di una guarigione spirituale di Israele e dell'umanità, ma che nel contesto evangelico in cui viene messa in bocca a Gesù, indica dei fatti comunemente conosciuti e che i discepoli del Battista possono riferirgli come segni della messianicità diCristo.
6. Tutti gli evangelisti mostrano i fatti a cui accenna Pietro nella Pentecoste: «Miracoli, prodigi, segni» (At 2,22). I Sinottici narrano molti singoli avvenimenti, ma a volte usano anche delle formule generalizzanti. Così, per esempio, nel Vangelo di Marco (1,34): «Guarì molti che erano afflitti da varie malattie e scacciò molti demoni». Similmente Matteo (4,23): «Curando ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo»; e Luca (6,19): «Da lui usciva una forza che sanava tutti». Sono espressioni che lasciano intendere il grande numero di miracoli compiuti da Gesù. Nel Vangelo di Giovanni non troviamo simili forme, ma piuttosto la descrizione particolareggiata di sette avvenimenti che l'evangelista chiama «segni» (e non miracoli). Con tale espressione egli vuole indicare ciò che è più essenziale in quei fatti: la dimostrazione dell'azione di Dio in persona, presente in Cristo, mentre la parola «miracolo» indica piuttosto l'aspetto «straordinario» che quegli avvenimenti hanno agli occhi di coloro che li hanno visti o che ne sentono parlare. Tuttavia anche Giovanni, prima di concludere il suo Vangelo, ci tiene a dire che «molti altri segni fece Gesù in presenza dei suoi discepoli, ma non sono stati scritti in questo libro» (Gv 20,30). E porta la ragione della scelta da lui operata: «Questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome» (Gv 20,31). A questo mirano sia i Sinottici sia il quarto Vangelo: mostrare attraverso i miracoli la verità del Figlio di Dio e portare alla fede che è principio di salvezza.
7. Del resto quando l'apostolo Pietro, il giorno della Pentecoste, rende testimonianza all'intera missione di Gesù di Nazaret accreditata da Dio per mezzo di «miracoli, prodigi e segni», non può fare a meno di ricordare che lo stesso Gesù è stato crocifisso e risuscitato (At 2,22-24). Indica così l'avvenimento pasquale nel quale è stato offerto il segno più completo dell'azione salvifica e redentrice di Dio nella storia dell'umanità. In questo segno è racchiuso, si potrebbe dire, l'«anti-miracolo» della morte in croce e il «miracolo» della risurrezione (miracolo dei miracoli) che si fondono in un solo mistero, perché in esso l'uomo possa leggere fino in fondo l'autorivelazione di Dio in Gesù Cristo e aderendovi con la fede entrare nella via della salvezza.