Signore e Signori,
Come potrei esprimere i miei sentimenti in questo incontro eccezionale, a Hiroshima, con gli illustri rappresentanti della scienza, della cultura e dell’educazione superiore? Prima di tutto vorrei dirvi che mi sento molto onorato di essere in mezzo a un gruppo di uomini e donne così altamente qualificati, che consacrano le loro energie alla ricerca, alla riflessione intellettuale e all’insegnamento. Vi ringrazio sinceramente per la vostra accoglienza cordiale e benevola.
Mi piace rivolgere un saluto particolare ai rappresentanti dell’Università delle Nazioni Unite qui presenti con il loro Rettore, signor Soedjatmoko, i vice Rettori, i membri del Consiglio, e i principali collaboratori dell’Università. La vostra istituzione, che secondo i suoi statuti è legata all’Organizzazione delle Nazioni Unite e all’UNESCO è una creazione del tutto originale, fondata per promuovere i nobili scopi delle Nazioni Unite nei settori della ricerca, della formazione superiore e della diffusione della conoscenza, essa fu fondata deliberatamente come una istituzione globale e mondiale. Il mio predecessore Paolo VI e io stesso, in più di una occasione, abbiamo manifestato la nostra stima per questa nobile impresa e le nostre speranze per il suo futuro. Essa cerca di mettere la scienza e la ricerca al servizio dei grandi ideali umanitari della pace, dello sviluppo, del miglioramento delle risorse alimentari, dell’uso corretto delle risorse naturali e della cooperazione fra le nazioni.
Signore e Signori, siamo riuniti oggi qui a Hiroshima: e vorrei farvi sapere quanto sono profondamente convinto che ci è offerta un’occasione storica per riflettere insieme sulla responsabilità della scienza e della tecnologia in questo nostro tempo segnato, com’è, da tante speranze e da tante angosce. A Hiroshima, i fatti parlano da sé, e in maniera drammatica, indimenticabile e unica. Di fronte a una tragedia indimenticabile, che tocca tutti noi in quanto esseri umani, come potremmo mancare di esprimere i nostri sentimenti di fratellanza e la nostra profonda solidarietà per le terribili ferite inflitte a quelle città del Giappone che portano il nome di Hiroshima e di Nagasaki?
Queste ferite hanno colpito tutta la famiglia umana. Hiroshima e Nagasaki: pochi avvenimenti nella storia hanno avuto le stesse conseguenze sulla coscienza dell’uomo. I rappresentanti del mondo della scienza non furono i meno colpiti dalla crisi morale causata nel mondo dall’esplosione della prima bomba atomica. La mente umana fece, in realtà, una scoperta terribile. Noi ci rendemmo conto con orrore che l’energia nucleare sarebbe stata, da allora in poi, disponibile come arma di devastazione; e di fatto allora apprendemmo che questo terribile strumento era stato usato, per la prima volta, a scopi militari. E allora nacque la domanda che non ci abbandonerà più: Sarà quest’arma, perfezionata e moltiplicata oltre misura, usata domani? E, in caso affermativo, non distruggerebbe probabilmente la famiglia umana, i suoi membri e tutte le conquiste della civiltà?
Signore e Signori, voi che dedicate la vostra vita alle scienze moderne, voi per primi siete in grado di valutare i disastri che una guerra nucleare potrebbe infliggere alla famiglia umana. Io so che, fin dall’esplosione della prima bomba atomica, molti di voi si sono ansiosamente preoccupati della responsabilità della scienza moderna e della tecnologia che è frutto di quella scienza. In numerosi Paesi, associazioni di studiosi e di ricercatori esprimono l’ansia del mondo scientifico di fronte a un uso irresponsabile della scienza, che troppo spesso arreca gravi danni all’equilibrio della natura, o trascina con sé la rovina e l’oppressione dell’uomo sull’uomo. Si pensi, in primo luogo, alla fisica, alla chimica, alla biologia e alla genetica; giustamente voi ne condannate le applicazioni o gli esperimenti che arrecano detrimento all’umanità. Ma si hanno in comportamento umano, quando vengono utilizzate per manipolare le persone, per soffocare le intelligenze, le anime, la dignità e la libertà. La critica alla scienza e alla tecnologia qualche volta è così severa che si avvicina a una condanna della scienza stessa. Al contrario, la scienza e la tecnologia sono un prodotto meraviglioso della creatività umana che è un dono di Dio, dal momento che ci hanno fornito possibilità meravigliose, di cui beneficiamo con animo grato. Ma noi sappiamo che questo potenziale non è neutro: esso può essere usato sia per il progresso dell’uomo, sia per la sua degradazione. Come voi, anch’io sono vissuto in questo tempo, che chiamerei il “tempo del dopo-Hiroshima”, e condivido le vostre ansietà. Oggi mi sento ispirato a dirvi questo: certamente è giunto il momento per la nostra società, e specialmente per il mondo della scienza, di rendersi conto che il futuro dell’umanità dipende, come mai prima d’ora, dalle nostre comuni scelte morali.
Nel passato, era possibile distruggere un villaggio, una città, una regione, anche un Paese. Ora è tutto il pianeta che è minacciato. Questo fatto dovrebbe finalmente costringere ciascuno ad affrontare una considerazione morale fondamentale: d’ora in poi, è soltanto attraverso una scelta consapevole e una deliberata politica che l’umanità può sopravvivere. La scelta morale e politica davanti alla quale ci troviamo è quella di mettere ogni risorsa dell’intelligenza, della scienza e della cultura a servizio della pace e della costruzione di una nuova società, una società che riesca ad eliminare le cause delle guerre fratricide ricercando generosamente il progresso totale di ogni individuo e di tutta l’umanità. Certo, gli individui e le società sono sempre esposti alle passioni della cupidigia e dell’odio; ma, per quanto sta a noi, tentiamo efficacemente di correggere le situazioni sociali e le strutture che sono causa di ingiustizia e di conflitto. Noi costruiremo la pace costruendo un mondo più umano. Alla luce di questa speranza il mondo scientifico, culturale e universitario ha una parte eminente da svolgere. La pace è uno dei successi più nobili della cultura, e per questo merita tutta la nostra energia intellettuale e spirituale.
Come studiosi e ricercatori, voi rappresentate una comunità internazionale, con un compito che può risultare decisivo per l’avvenire dell’umanità. Ma a una condizione: che voi riusciate a difendere e a servire la vera cultura dell’uomo come un prezioso patrimonio. Il vostro compito è elevato, quando voi lavorate per la crescita dell’uomo nel suo essere e non solamente nel suo possedere o nel suo sapere o nel suo potere. Ho cercato di esprimere questo aspetto fondamentale della nostra civiltà in un discorso che ho pronunziato all’UNESCO il 2 giugno 1980: “La cultura è un modo specifico dell’“esistere” e dell’“essere” dell’uomo... La cultura è ciò per cui l’uomo in quanto uomo diventa più uomo, “è” di più, accede di più all’“essere”. È qui anche che si fonda la distinzione capitale fra ciò che l’uomo è e ciò che egli ha, fra l’essere e l’avere... Tutto l’“avere” dell’uomo non è importante per la cultura, non è un fattore creativo della cultura se non nella misura in cui l’uomo con la mediazione del suo “avere” può nello stesso tempo “essere” più pienamente come uomo in tutte le dimensioni della sua esistenza, in tutto ciò che caratterizza la sua umanità” (Giovanni Paolo II, Insegnamenti di Giovanni Paolo II, III, 1 [1980] 1639-1640). Questo concetto di cultura si basa su una visione totale dell’uomo, corpo e spirito, persona e comunità, un essere razionale ed elevato dall’amore: “Sì! l’avvenire dell’uomo dipende dalla cultura! Sì, la pace del mondo dipende dal primato dello Spirito! Sì, l’avvenire pacifico dell’umanità dipende dall’amore! (Giovanni Paolo II, Insegnamenti di Giovanni Paolo II, III, 1 [1980] 1655). Veramente, il nostro avvenire, la nostra stessa sopravvivenza sono legati all’immagine che ci faremo dell’uomo.
Il nostro futuro su questo pianeta, esposto com’è al rischio dell’annientamento nucleare, dipende da un solo fattore: l’umanità deve attuare un rivolgimento morale. Nell’attuale momento storico ci deve essere una mobilitazione generale di tutti gli uomini e donne di buona volontà. L’umanità è chiamata a fare un ulteriore passo in avanti, un passo verso la civiltà e la saggezza. Una mancanza di civiltà, una ignoranza dei veri valori dell’uomo, portano il rischio della distruzione dell’umanità. Dobbiamo diventare più saggi. Il Papa Paolo VI nella sua enciclica Populorum Progressio (n. 20), ha ribadito molte volte il bisogno urgente di far ricorso ai saggi per la guida della nuova società nel suo sviluppo. In particolare, egli ha detto che “se il perseguimento dello sviluppo richiede un numero sempre più grande di tecnici, esige ancor di più degli uomini di pensiero capaci di riflessione profonda, votati alla ricerca di un umanesimo nuovo, che permetta all’uomo moderno di ritrovare se stesso, assumendo i valori superiori d’amore, d’amicizia, di preghiera e di contemplazione”.
Ma soprattutto, in questo Paese del Giappone, rinomato per la sua creatività, insieme culturale e tecnologica, un Paese con tanti uomini di scienza, studiosi, scrittori, pensatori religiosi, mi permetto di lanciare uno specialissimo appello. Desidero rivolgermi agli uomini e alle donne di pensiero del Giappone, e attraverso loro agli uomini e alle donne di pensiero di tutto il mondo, per incoraggiarli a perseguire ancora più efficacemente il compito della ricostruzione sociale e morale, che il nostro mondo si aspetta tanto ardentemente. Lavorate insieme per difendere e promuovere, in mezzo a tutto il popolo della vostra nazione e del mondo, l’idea di un mondo giusto, un mondo fatto a misura d’uomo, un mondo che renda capaci gli esseri umani di sfruttare le loro capacità, un mondo che li aiuti nei loro bisogni materiali, morali e spirituali.
Uomini e donne dediti alla ricerca e alla cultura: il vostro lavoro assume un’importanza del tutto nuova in questa era segnata dallo sviluppo della scienza e della tecnologia. Quale successo per il nostro tempo, quale forza intellettuale e morale, quale responsabilità verso la società e l’umanità! Saremo capaci di unirci nel mettere questa eredità scientifica e culturale a servizio del vero progresso dell’umanità, per la costruzione di un mondo di giustizia e di dignità per tutti? Il compito è enorme; qualcuno potrebbe definirlo utopistico. Ma come potremmo non incoraggiare la fiducia dell’uomo moderno, contro tutte le tentazioni del fatalismo, della passività paralizzante e dell’abbattimento morale? Noi dobbiamo dire all’uomo di oggi: non dubitare, il tuo futuro e nelle tue mani. La costruzione di una umanità più giusta o di una comunità internazionale più unita non è un sogno o un ideale vano. È un imperativo morale, un dovere sacro, che il genio intellettuale e spirituale dell’uomo può affrontare mediante una nuova mobilitazione dei talenti e delle energie di ognuno e sfruttando tutte le risorse tecniche e culturali dell’uomo.
I popoli del nostro tempo possiedono, in primo luogo, straordinarie risorse scientifiche e tecnologiche. Noi siamo convinti che queste risorse potrebbero essere usate con molta più efficacia per lo sviluppo e la crescita dei popoli; guardiamo ai progressi dell’agricoltura, della biologia, della medicina, degli strumenti della comunicazione sociale applicati all’educazione, poi ci sono le scienze sociali ed economiche, e la scienza della pianificazione, tutte possono unirsi sulla via di un processo di industrializzazione e di urbanizzazione più umano ed efficace, e per promuovere nuovi modelli di cooperazione internazionale. Se tutte le nazioni ricche del mondo lo volessero, esse potrebbero raccogliere insieme un impressionante numero di specialisti per i compiti dello sviluppo. Tutto questo presuppone ovviamente alcune scelte politiche e, più profondamente ancora, opinioni morali. Si avvicina il momento in cui si dovranno ridefinire le priorità. Secondo alcune stime, per esempio, circa la metà dei ricercatori nel mondo sono impegnati per scopi militari. È morale che la famiglia umana continui ancora in questa direzione?
E c’è ancora il problema delle risorse economiche necessarie per dare un impulso decisivo all’avanzamento integrale della famiglia umana.
Anche in questo campo dobbiamo fare delle scelte. Possiamo restare passivi davanti all’affermazione che l’umanità spende immensamente di più per gli armamenti che per lo sviluppo, e quando veniamo a sapere che l’equipaggiamento di un soldato costa molte volte di più dell’educazione di un fanciullo?
La scienza e la tecnologia sono sempre state parte della cultura dell’uomo, ma oggi assistiamo alla rapida crescita di una tecnologia che sembra aver distrutto il suo equilibrio con le dimensioni della cultura intervenendo come un elemento di divisione. Questo è il grande problema che la società moderna deve risolvere. La scienza e la tecnologia sono i fattori più dinamici dello sviluppo della società odierna, ma i loro limiti intrinseci non le rendono capaci, da sole, di provvedere una forza che garantisca l’unità della cultura. Come può allora una cultura assumere in se la scienza e la tecnologia, con tutto il loro dinamismo, senza perdere la propria identità?
Vi sono tre tentazioni da evitare a questo riguardo. La prima è la tentazione di perseguire lo sviluppo tecnologico come fine a se stesso, un tipo di sviluppo che ha per sua unica norma quella della sua stessa crescita e affermazione, quasi realtà autonoma fra la natura e la realtà propriamente umana, e che impone all’uomo l’inevitabile realizzazione delle sue sempre nuove possibilità, come se si dovesse far sempre ciò che è tecnicamente possibile. La seconda tentazione è quella di asservire lo sviluppo tecnologico all’utilità economica in conformità con la logica del profitto o dell’espansione economica senza fine, creando così vantaggi per alcuni e lasciando altri nella povertà, senza preoccuparsi del vero bene comune dell’umanità, facendo della tecnologia uno strumento al servizio dell’ideologia dell’“avere”. In terzo luogo, c’è anche la tentazione di asservire lo sviluppo tecnologico alla acquisizione, o al mantenimento del potere come accade quando lo si usa per scopi militari, e dovunque si manipolano i popoli per poterli dominare.
Come uomini e donne dediti alla cultura, voi godete di una immensa credibilità morale perché intervenite in tutti i centri decisionali, sia privati sia pubblici, che sono capaci di influire sulle politiche dell’avvenire. Usando tutti i mezzi onesti ed efficaci, assicuratevi che prevalga una visione totale dell’uomo e una generosa idea della cultura. Formulate argomentazioni che convincano, in maniera che ognuno sia portato a comprendere che la pace e la sopravvivenza della razza umana è d’ora in poi legata indissolubilmente al progresso, allo sviluppo e alla dignità di tutti. Voi avrete successo nel vostro compito se insisterete con convinzione sul concetto che “la scienza e la tecnologia trovano la loro giustificazione nel servizio che esse rendono all’uomo e all’umanità”; e che la scienza razionale deve collegarsi con una serie di campi della conoscenza largamente aperti ai valori spirituali. Sollecito vivamente gli uomini di scienza, i centri di ricerca e le università a studiare più a fondo i problemi etici della società tecnologica, un argomento che già sta impegnando l’attenzione di un buon numero di moderni pensatori. È un problema strettamente connesso con quello della giusta partecipazione alle risorse, all’uso di tecniche per scopi pacifici, allo sviluppo delle nazioni.
La costruzione di un nuovo ordine sociale presuppone, oltre e al di sopra delle essenziali capacità tecnologiche, una elevata ispirazione, una motivazione coraggiosa, una fede nel futuro dell’uomo, nella sua dignità, nel suo destino. È al cuore e allo spirito dell’uomo che si deve arrivare, oltre le divisioni provocate da interessi individuali, da egoismi e da ideologie. In una parola, si deve amare l’uomo per se stesso. Questo è il valore supremo che intendono promuovere tutti gli umanisti sinceri, i pensatori generosi e tutte le grandi religioni. L’amore per l’uomo in quanto tale è al centro del messaggio di Gesù Cristo e della sua Chiesa: questo rapporto è indissolubile. Nel mio discorso all’UNESCO, ho ribadito con forza il legame fondamentale fra il Vangelo e l’uomo nella sua stessa umanità: “Questo legame è in effetti creatore di cultura nel suo fondamento stesso... Bisogna affermare l’uomo per se stesso... Ancor più, bisogna amare l’uomo perché è uomo, bisogna rivendicare l’amore per l’uomo in ragione della dignità particolare che egli possiede. L’insieme delle affermazioni concernenti l’uomo appartiene alla sostanza stessa del messaggio di Cristo e della missione della Chiesa” (Giovanni Paolo II, Insegnamenti di Giovanni Paolo II, III, 1 [1980] 1643).
Tutti quelli che desiderano veramente la difesa e il progresso dell’uomo debbono perciò amare l’uomo per se stesso; e per questo è essenziale fare affidamento sui valori dello spirito, che, soli sono capaci di trasformare i cuori e gli atteggiamenti profondamente radicati. Tutti noi che portiamo nei cuori il tesoro di una fede religiosa dobbiamo prendere parte nel comune lavoro per lo sviluppo dell’uomo, e dobbiamo farlo con chiarezza di vedute e con coraggio. Tutti i cristiani, tutti quelli che riconoscono Dio, tutte le famiglie spirituali debbono essere invitati a unirsi in uno sforzo comune per incoraggiare, spiritualmente e culturalmente, tutti quegli uomini e donne che si dedicano alla crescita totale dell’uomo.
In questo Paese, non si può fare a meno di ricordare le grandi tradizioni spirituali e religiose dell’Asia, tradizioni che hanno tanto arricchito l’eredità universale dell’uomo. Né si potrebbe trascurare di augurare un dialogo più intenso e una collaborazione efficace tra coloro che credono nella vocazione spirituale dell’uomo, nella sua ricerca dell’Assoluto, della giustizia, della fratellanza, e, come ci esprimiamo noi nella nostra fede, nella sua sete di redenzione e di immortalità. La scienza razionale e la conoscenza religiosa dell’uomo hanno bisogno di collegarsi insieme. Voi che vi dedicate alle scienze non siete forse invitati a studiare il legame che è necessario stabilire fra la conoscenza scientifica e tecnologica, e la conoscenza morale dell’uomo? Conoscenza e virtù furono coltivate insieme dagli antichi, in oriente come in occidente. Anche oggi, lo so bene, molti studiosi, anche se non tutti professano una religione particolare, sono alla ricerca di un’integrazione fra la loro scienza e il loro desiderio di servire l’uomo nella sua interezza. Essi costruiscono una grande famiglia spirituale, mediante la loro onestà intellettuale, il loro interesse per ciò che è vero, la loro autodisciplina in quanto studiosi, e la loro obiettività e rispetto davanti al mistero dell’universo. Tutti quelli che generosamente applicano le loro conoscenze al progresso dei popoli e tutti quelli che hanno fede nella vocazione spirituale dell’uomo sono invitati a svolgere un compito comune: costituire una vera scienza per lo sviluppo integrale dell’uomo.
In una parola, credo che la nostra generazione si trova ad affrontare una grande sfida morale, che consiste nell’armonizzare i valori della scienza e i valori della coscienza. Parlando all’UNESCO il 2 giugno 1980, ho lanciato un appello che propongo di nuovo a voi oggi: “All’uomo che ha preso coscienza della situazione... una convinzione s’impone, che è allo stesso tempo un imperativo morale: bisogna mobilitare le coscienze! Bisogna aumentare gli sforzi delle coscienze umane nella misura della tensione fra il bene e il male alla quale sono sottoposti gli uomini alla fine del XX secolo. Bisogna convincersi della priorità dell’etica sulla tecnica, del primato della persona sulle cose, della superiorità dello spirito sulla materia (cf. Giovanni Paolo II, Redemptor Hominis, 16). La causa dell’uomo sarà servita se la scienza si allea alla coscienza. L’uomo di scienza aiuterà veramente l’umanità se conserverà “l senso della trascendenza dell’uomo sul mondo e di Dio sull’uomo” (Giovanni Paolo II, Discorso alla Accademia Pontificia delle Scienze 10 novembre (1979): Insegnamenti di Giovanni Paolo II, II, 2 [1979] 1109)” (Giovanni Paolo II, Discorso all’UNESCO, 2 giugno (1980): Insegnamenti di Giovanni Paolo II, III, 1 [1980] 1653-1654).
Signore e Signori, sta a voi raccogliere questa nobile sfida.