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Giovanni Paolo II su scienza e religione: una riflessione ricca di gratitudine

Robert J. Russel
Fondatore e Direttore del Center for Theology and The Natural Sciences, Berkeley (CA)

Il papato di Giovanni Paolo II è davvero degno di nota per molte ragioni. È mio privilegio avere l'opportunità di riflettere brevemente e ricordare un elemento fondamentale della sua eredità: la sua guida da pioniere nel condurre il mondo scientifico e la Chiesa verso un periodo nuovo di reciproche interazioni creative e rispettose, il cui slancio e visione continuano a guidarci anche oggi.

Anche se ci sono stati dei precedenti ai quali accennerò in seguito, il punto cruciale di partenza per questo nuovo modello di interazione iniziò nell'autunno del 1987 quando il Papa, attraverso la Segreteria di Stato del Vaticano, volle far convocare un Convegno Internazionale di ricerca da tenersi presso la Specola Vaticana a Castel Gandolfo, sotto la guida del suo Direttore George V. Coyne, S.J.. Lo scopo del Convegno era di esplorare un nuovo livello di dialogo e comprensione reciproca tra scienziati, filosofi e teologi, che avrebbe dovuto sostituire la prospettiva di reciproco sospetto che tendeva a diffondersi all’interno della Chiesa, e anche tra la comunità accademica, almeno fino al Concilio Vaticano II. La pubblicazione degli atti del Convegno fu l'occasione per un "Messaggio" di Giovanni Paolo II che segnò una svolta sul tema dei rapporti fra scienza e fede. Questo messaggio fornì la visione intellettuale necessaria per aiutare a creare un nuovo dialogo, stimolando, con tale visione, l'autorità ecclesiastica affinché si desse origine ad una nuova serie di convegni di ricerca e a pubblicazioni dedicate a teologia e scienza. [1]

Vi sono stati, come ho sopra citato, alcuni precedenti prima del Convegno del 1987 e del corrispondente Messaggio di Giovanni Paolo II. Infatti, quando era ancora arcivescovo di Cracovia, l'uomo che sarebbe poi divenuto il primo Papa polacco, era sempre stato profondamente affascinato da importanti questioni, non solo su religione e politica, ma anche su cosmologia, filosofia e metafisica. Poi, come Pontefice, nel 1983, Giovanni Paolo II si adoperò per superare i lunghi effetti della disgraziata condanna a Galileo Galilei. In un messaggio per commemorare il 350° anniversario della pubblicazione dell'opera di Galileo Dialogo sui massimi sistemi, Il Papa indicò che attraverso uno “studio umile e assiduo” la Chiesa avrebbe potuto cominciare a “separare ciò che è essenziale alla fede dai sistemi scientifici propri di una determinata epoca…”. Nel 1984 venne diffuso un comunicato dal Vaticano, il quale ammetteva che “i responsabili della Chiesa avevano sbagliato nel condannare Galileo”. [2] Ma secondo questo Papa c'era ancora molto da fare, molto di più. Non solo dovevano essere messi in discussione vecchi concetti ormai obsoleti; non era accettabile una tregua puramente sterile, una strategia dei "due mondi separati". Le scoperte delle scienze naturali, piuttosto, avevano bisogno di essere affrontate in modo chiaro e creativo, comprese e interpretate in maniera filosofica e teologica.

Ci sono infatti rivoluzionarie scoperte nelle scienze biologiche e nelle discutibili tecnologie che ne derivano, che sollevano questioni critiche nella filosofia, nella teologia della natura, in antropologia filosofica e teologica, nonché in materia di etica e di teologia morale. Il convegno del 1987 confluì, tuttavia, verso le scienze fisiche, che costituiscono spesso uno sfondo muto, ma anche molto temibile per le scienze biologiche e psicologiche, e sulle quali i teologi erano stati relativamente in silenzio per troppo tempo. Le impressionanti scoperte della nostra epoca — le rivoluzioni nella nostra concezione dello spazio, del tempo, della materia e della causalità, e il panorama della natura che vanno dal misterioso mondo dell'atomo fino ai problemi dell'origine e del lontano futuro dell'universo nel suo insieme — potrebbero essere assunte, in modo prudente e giudizioso, entro l'orizzonte teologico e poi essere discusse in modo responsabile dal punto di vista teologico? E qual è il ruolo più produttivo per la filosofia nella mediazione della nuova interazione tra scienza e fede?

Furono queste ed altre le domande di enorme importanza che il Papa fece adesso confluire nel suo Messaggio. [3] Il Messaggio è la prima importante dichiarazione papale, in quasi quattro decenni, specificamente incentrata sul rapporto sostanziale e costruttivo tra la teologia e la scienza. In esso, egli invita i teologi a prendere la scienza con estrema serietà, di interpretarla attraverso la lente della filosofia e di integrarne i risultati nei propri programmi teologici, partendo da Tommaso d'Aquino come parametro di riferimento per il loro lavoro. Il Papa chiede un nuovo movimento verso “l’unione nel rispetto della reciproca integrità” tra la Chiesa e le comunità scientifiche, un movimento che può superare la frammentazione tra chi ricerca la verità nel profondo dell'esperienza umana e della storia, e coloro che cercano la verità nei misteri della natura. Si tratta di un’unità che, pur sempre inafferrabile e al di là della nostra portata, ci invita da ora in poi, ad uno scambio vicendevole e ad un reciproco apprendimento. Si tratta di un legame basato non su un'affermazione, ma su un’apertura, non sul dominio e sull’autorità, ma sull’umiltà e il rispetto reciproco. La sua chiamata “all’unione nel rispetto della reciproca integrità” comporta un'integrazione della diversità, che porterà una maggiore soddisfazione per ciascuna parte del dialogo. Ma una tale unità non è una sintesi o una semplice identità. Né è la creazione di una nuova disciplina. È invece la ricerca di un "terreno comune", il quale rispetta i limiti e le competenze di ciascun ambito disciplinare. È di fondamentale importanza che ogni parte possieda i propri fondamenti, procedure, interpretazioni e conclusioni. Né la scienza, né la teologia possono essere vicendevolmente una la premessa necessaria per l'altra. Il Papa cita il movimento ecumenico cristiano e il dialogo interreligioso tra le religioni del mondo come segni di apertura e trae incoraggiamento da questo per l'apertura che chiede tra teologi e scienziati.

Invece che appellarsi ad una strategia ad hoc per l'introduzione di scoperte scientifiche nell'orizzonte intellettuale della Chiesa, il Papa vuole collocare questo processo all’interno di un opportuno metodo teologico. Questo metodo — fides quaerens intellectum (la fede che cerca di comprendere) — richiede che le teorie scientifiche dimostrate vengano incorporate in teologia impiegandole per illuminare alcuni contenuti della fede cristiana. [4] Egli aggiunge due precauzioni in via preliminare, che la Chiesa dovrebbe seguire quando si impegna da parte sua in questo dialogo. In primo luogo essa deve limitarsi ad assumere solo a quelle teorie scientifiche che sono ben fondate. In secondo luogo la Chiesa non dovrebbe cercare di giudicare la verità delle scoperte della scienza.

In una dichiarazione veramente rivoluzionaria, Giovanni Paolo II afferma che entrambe le parti possono trarre beneficio da un tale dialogo! Ascoltate le sue importanti parole:

“La scienza può purificare la religione dall'errore e dalla superstizione; la religione può purificare la scienza dall'idolatria e dai falsi assoluti. Ciascuna può aiutare l'altra ad entrare in un mondo più ampio, un mondo in cui possono prosperare entrambe...“ [5]

In realtà, tale dialogo è di fatto inevitabile. Come il Papa sottolinea, l'isolamento tra la Chiesa e la comunità scientifica non è un'opzione reale.

“I cristiani non potranno non assimilare le idee prevalenti riguardanti il mondo, idee che oggi vengono influenzate profondamente dalla scienza. Il solo problema è se essi lo faranno con senso critico o senza riflettervi, con profondità ed equilibrio oppure con la superficialità che avvilisce il Vangelo e ci fa vergognare di fronte alla storia. Gli scienziati, come tutti gli esseri umani, dovranno prendere decisioni su ciò che in definitiva dà senso e valore alla loro vita e al loro lavoro; faranno questo bene o male, con quella profondità di riflessione che si acquista con l'aiuto della sapienza teologica, o con una sconsiderata assolutizzazione delle loro conquiste al di là dei loro giusti e ragionevoli limiti…” [6]

In somma, un’interazione collaborativa aiuterà ciascuna delle due parti a capire i rispettivi limiti “in modo che la teologia non sconfini in una pseudoscienza e la scienza non diventi inconsciamente teologia.” Ed è attraverso la nostra conoscenza vicendevole, acquisita dal processo di dialogo e di interazione, che ciascuna parte può diventare più autenticamente se stessa. “Abbiamo ambedue bisogno di essere quello che dobbiamo essere, quello che siamo stati chiamati ad essere”.

Guardando indietro una ventina di anni dopo la pubblicazione del suo Messaggio, sono stupito e grato, ancora una volta per la visione di Giovanni Paolo II contenuta in quel documento. Sono anche commosso dai risultati che sono stati prodotti, vedendo come la ricerca interdisciplinare, determinata dalla straordinaria visione di Giovanni Paolo II e dal suo incoraggiamento, continui il suo progresso in avanti. Su richiesta del Papa, la Specola Vaticana, sotto la guida instancabile di Gorge Coyne, in collaborazione con il Center for Theology and the Natural Sciences di Berkeley, co-sponsorizzò una serie di cinque congressi internazionali di ricerca su scienza e teologia, impiegando come base i risultati e le conclusioni del Convegno del 1987. Dai primi anni ‘90 fino alla metà del 2000 una cinquantina di studiosi parteciparono alla produzione di una serie di quasi novanta saggi pubblicati in cinque volumi. [7] Gli argomenti scientifici comprendevano: meccanica quantistica, caos e complessità, biologia evolutiva e molecolare, le neuroscienze, la cosmologia quantistica e le leggi della natura. Il tema generale teologico della serie è stato Scientific perspectives on divine action. La serie si concluse con una conferenza per valutare i risultati e offrire una serie di indicazioni per la futura ricerca. [8]Da allora, è stato pubblicato il primo volume di una nuova serie: Physics and Cosmology: Scientific Perspectives on the Problem of Natural Evil (2007).

A partire da quanto fatto, verso quale direzione ci muoviamo adesso, 23 anni dopo che Giovanni Paolo II ci lanciò in questo nuovo mondo di reciproca scoperta? Per citare il Papa ancora una volta,

“Ciò che è importante, come abbiamo già sottolineato, è che il dialogo deve continuare e progredire in profondità e in ampiezza. In questo processo dobbiamo superare ogni tendenza regressiva che porti verso forme di riduzionismo unilaterale, di paura e di autoisolamento. Ciò che è assolutamente importante è che ciascuna disciplina continui ad arricchire, nutrire e provocare l'altra ad essere più pienamente ciò che deve essere e a contribuire alla nostra visione di ciò che siamo e di dove stiamo andando”. [9]

Con l'aiuto di Dio, questa visione ci guiderà e ci incoraggerà, come ricerca comune di una più profonda comprensione la quale, attraverso lo studio costante di colleghi in tutto il mondo, continua ed è ora passata nelle mani delle generazioni future.

 

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[1] Il Messaggio è contenuto nella pubblicazione della conferenza, Physics, Philosophy and Theology: A Common Quest for Understanding, Robert John Russell, William R. Stoeger, S. J., and George V. Coyne, S. J., eds. (Vatican City State: Vatican Observatory, 1988). È disponibile online all'indirizzo: http://www.disf.org/Documentazione/05-4-880601-Coyne.asp

[2] Origins, NC Documentary Service 16 (1986), 122. Cfr. anche The Galileo Affair: A Meeting of Faith and Science, eds. G. B. Coyne, M. Heller, and J. Zycinski (Vatican: Specola Vaticana, 1985).

[3] Per un'eccellente analisi di questo documento alla luce di altri quattro documenti importanti di Giovanni Paolo II, si veda il contributo di Gorge Coyne in questo medesimo speciale, intitolato “Giovanni Paolo II ed il rapporto fra scienze naturali e fede cristiana: i 5 discorsi che hanno aperto la strada”, on line su questo Portale.

[4] Insieme con la sua esplicita citazione di fides quaerens intellectum io credo che ci siano sfumature implicite, qui, nel modo con cui il Papa conduce due dei temi centrali del Concilio Vaticano II — “aggiornamento” and ressourcement — verso una fruttuosa interazione, che riflette sia la profonda importanza della tradizione della Chiesa, il "deposito della fede", e l'impegno della Chiesa, iniziato dagli anni ‘60, per una nuova apertura al mondo e una valutazione attenta dei "segni dei tempi ". Questi temi, ovviamente, erano particolarmente presenti nella Costituzione pastorale, Gaudium et Spes, a cui il Papa aveva contribuito.

[5] In Physics, Philosophy and Theology, 1988, op. cit., M13.

[6] Ibidem.

[7] Sintesi di tutti i capitoli della serie di cinque volumi sono disponibili online all'indirizzo: http://www.ctns.org/books.html

[8] Scientific Perspectives on Divine Action: Twenty Years of Challenge and Progress, Robert John Russell, Nancey Murphy, and William R. Stoeger, S. J., eds (Vatican Observatory Foundation, University of Notre Dame Press, 2007). Una presentazione del volume è on line in questo Portale.

[9] In Physics, Philosophy and Theology , 1988, op. cit., M7.

© 2011 DISF, Documentazione Interdisciplinare di Scienza e Fede, e Robert J. Russell,

tr. it. di Francesa Benincasa