Cari membri della Pontificia Accademia delle Scienze,
è per me un grande piacere salutarvi in occasione della vostra Assemblea plenaria, e porgo un saluto particolarmente cordiale a quanti fra voi sono nuovi membri. Quest'anno concentrate il dibattito e la riflessione su "I valori culturali della scienza". Questo tema vi permette di prendere in considerazione gli sviluppi scientifici nel loro rapporto con altri aspetti generali dell'esperienza umana.
Infatti, anche prima di parlare dei valori culturali della scienza, potremmo affermare che la scienza stessa è un valore per la conoscenza e per la comunità umane. È infatti grazie alla scienza che oggi possediamo una comprensione più ampia del posto occupato dall'uomo nell'universo, delle connessioni fra la storia umana e la storia del cosmo, della coesione strutturale e della simmetria degli elementi di cui la materia è composta, della notevole complessità e, al contempo, del coordinamento sorprendente dei processi vitali stessi. È grazie alla scienza che siamo in grado di apprezzare ancor di più ciò che un membro di questa Accademia ha definito "la meraviglia di essere uomo": è il titolo che John Eccles, Premio Nobel per la Neurofisiologia e membro della Pontificia Accademia delle Scienze, ha dato al suo libro sul cervello e sulla mente dell'uomo (J.C. Eccles, D. N. Robinson, The Wonder of Being Human: Our Brain and Our Mind; Free Press, New York, 1984).
Questa conoscenza rappresenta un valore profondo e straordinario per tutta la famiglia umana e ha anche un significato incommensurabile per le discipline della Filosofia e della Teologia, mentre proseguono lungo il cammino dell'intellectus quaerens fidem e della fides quarens intellectum e aspirano a una comprensione sempre più completa della ricchezza del sapere umano e della rivelazione biblica. Se oggi la Filosofia e la Teologia comprendono meglio che in passato cosa significa essere un essere umano nel mondo, lo devono in gran parte alla scienza, perché quest'ultima ci ha mostrato quanto numerose e complesse siano le opere della creazione e quanto similmente sia infinito il cosmo. La meraviglia assoluta che ha ispirato le prime riflessioni filosofiche sulla natura non scema di fronte a nuove scoperte scientifiche. Al contrario, aumenta con l'acquisizione di una nuova nozione. La specie capace di "stupore creaturale" viene trasformata nel momento in cui la nostra comprensione della verità e della realtà diviene più ampia, mentre siamo condotti ad una ricerca sempre più in profondità dell'esperienza e dell'esistenza umane.
Tuttavia, il valore culturale e umano della scienza è visibile anche nel suo progresso dal livello di ricerca e di riflessione a quello dell'attuazione pratica. Infatti, il Signore Gesù ha ammonito i suoi seguaci: "a chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto" (Lc 12, 48). Gli scienziati, quindi, proprio perché "sanno di più", sono chiamati a "servire di più". Poiché la libertà di cui godono nella ricerca dà loro accesso al sapere specializzato, hanno la responsabilità di utilizzare quest'ultimo saggiamente per il bene di tutta la famiglia umana. Non mi riferisco solo ai pericoli impliciti in una scienza priva di un'etica saldamente radicata nella natura della persona umana e nel rispetto per l'ambiente, temi che ho affrontato molte volte in passato (cfr Discorsi alla Pontificia Accademia delle Scienze, 28 ottobre 1994, 27 ottobre 1998 e 12 marzo 1999; Discorso alla Pontificia Accademia per la Vita, 24 febbraio 1998).
Penso anche ai benefici enormi che la scienza può apportare ai popoli del mondo attraverso la ricerca di base e le applicazioni tecnologiche. La comunità scientifica, proteggendo la sua legittima autonomia dalle pressioni economiche e politiche, non cedendo alle forze del consenso o al desiderio di profitto, impegnandosi in una ricerca generosa volta alla verità e al bene comune, può aiutare i popoli del mondo e servirli in modi non accessibili ad altre strutture.
All'inizio di questo nuovo secolo, gli scienziati devono chiedersi se non possono fare di più a questo proposito. In un mondo sempre più globalizzato, non possono forse fare di più per aumentare i livelli di istruzione e migliorare le condizioni di salute, per studiare strategie per una distribuzione più equa delle risorse, per facilitare la libera circolazione dell'informazione e l'accesso di tutti a quel sapere che migliora la qualità della vita, elevandone il livello? Non possono forse far udire la propria voce più chiaramente e con maggiore autorità per la pace nel mondo? So che possono farlo e so che potete farlo anche voi, cari membri della Pontificia Accademia delle Scienze! Mentre vi apprestate a celebrare il quarto centenario dell'Accademia il prossimo anno, trasmettete queste sollecitudini e queste aspirazioni alle agenzie internazionali che lavorano con l'ausilio del vostro operato, portatele ai vostri colleghi, portatele nei luoghi nei quali vi impegnate nella ricerca e insegnate. In tal modo, la scienza contribuirà a unire menti e cuori, promuovendo il dialogo non solo fra singoli ricercatori in diverse parti del mondo, ma anche fra nazioni e culture, offrendo un contributo inestimabile alla pace e all'armonia fra i popoli.
Nel rinnovarvi i miei ferventi auspici per il successo della vostra opera in questi giorni, elevo la mia voce al Signore del cielo e della terra, pregando affinché la vostra attività sia sempre più uno strumento di verità e di amore nel mondo. Su di voi, sulle vostre famiglie e sui vostri colleghi invoco di cuore l'abbondanza della grazia e delle benedizioni divine.