L'origine della materia e il principio di tutto

Il testo proposto è tratto dal De hominis opificio (379) di Gregorio di Nissa (335 ca - 395 ca). L'opera rappresenta il primo trattato sistematico di antropologia della letteratura cristiana antica. Il Padre Cappadocio affronta il problema antropologico partendo dalla teologia della creazione del mondo, alla luce della Sacra Scrittura, confrontandosi con le convinzioni di coloro che pongono la materia coeterna a Dio. Il tema della volontà divina come principio di tutto, si riflette sulla questione dell'origine della materia. «Ma noi crediamo che tutte le cose vengano da Dio, ascoltando la Scrittura che lo dice. Quanto al come non osiamo ricercare ciò che è al di sopra delle nostre possibilità di ragionamento. Crediamo che tutte Ie cose siano possibili alla potenza divina: portare ciò che non è all'essere e dare a ciò che è le qualità secondo quanto appaia conveniente».

23. Se qualcuno ora, considerando il movimento del cosmo dispiegato secondo un certo ordine attraverso il quale si vede la distensione temporale, ritenga di non poter ammettere I'arresto delle cose in movimento, costui evidentemente non crederà che da principio sono stati creati da Dio il cielo e la terra. Colui che riconosce il principio del movimento del tutto non dubita intorno alla fine; colui che non ammette la fine non ammette nemmeno il principio; ma come noi pensiamo che i secoli sono stati fondati dalla Parola di Dio, credendo, come dice, I'Apostolo, che le cose visibili vengano da quelle che non si mostrano, con la  stessa fede crediamo alla Parola di Dio che ci predice I'arresto necessario degli esseri. La questione sul come è necessario toglierla dalla nostra curiosità; e infatti anche qui riceviamo per fede che il mondo che si vede ha la sua perfezione nelle cose che non si sono manifestate e noi tralasciamo la ricerca delle cose che non possiamo comprendere.

Intorno a molte cose il discorso ci porta ad essere in difficoltà e presenta non pochi motivi di equivoco relativamente alle cose credute; agli amanti delle controversie sarebbe possibile, secondo un concatenamento logico partendo da un buon ragionamento tentare di sovvertire la fede non credendo vero il discorso che la Sacra Scrittura pronuncia confermando la genesi di tutti gli esseri.

Coloro che si appoggiano al discorso contrario si sforzano di stabilire che la natura è coeterna con Dio servendosi di questi argomenti per la loro opinione: mentre Dio è semplice per natura, senza materia, senza qualità, senza misura, senza composizione, essendo alieno da ogni figura di determinazione, tutta la materia si definisce, invece, in un ordine di distensione e non sfugge alle percezioni sensibili ed è conosciuta nel colore, nella figura, nel peso, nella quantità e nella misura e nelle rimanenti attribuzioni delle quali nessuna è possibile pensare nella natura divina. Come si può immaginare che la materia derivi dall'essere immateriale e da ciò che non ha distensione la natura che si distende? Se si crede che queste cose derivino da Dio è chiaro che la materia essendo in lui già contenuta in una maniera ineffabile, è giunta alla nascita. Ma se la materia è in Lui, come è senza materia Colui che ha la materia in sé? Allo stesso modo tutte le altre cose attraverso le quali Ia materia si caratterizza; se in Dio c'è Ia quantità, come Dio può essere senza quantità? Come sarà senza parti e senza composizione? Così il ragionamento, costringe o ad essere Dio necessariamente materiale, traendosi da Lui la materia, o se qualcuno contrasti ciò, è necessario che Egli prenda dal di fuori la materia del tutto. Se dunque Ia materia era fuori di Dio, è necessario ci fosse qualche altra cosa oltre Dio da pensare insieme con  Lui e che sussista secondo una logica di eternità e senza origine.

Così insieme si costituiscono due principi senza generazione e senza origini: quello che opera come artefice e quello che ha bisogno di questa attività scientifica. E se qualcuno da questa necessità ritenesse che al Demiurgo di tutto sia stata aggiunta Ia materia eterna, quale approvazione nelle proprie opinioni troverebbe il Manicheo che pone contro la natura buona una causa materiale non generata.

Ma noi crediamo che tutte le cose vengano da Dio, ascoltando la Scrittura che lo dice. Quanto al come non osiamo ricercare ciò che è al di sopra delle nostre possibilità di ragionamento. Crediamo che tutte Ie cose siano possibili alla potenza divina: portare ciò che non è all'essere e dare a ciò che è le qualità secondo quanto appaia conveniente.

Dunque è conseguente secondo logica che come pensiamo sia sufficiente per gli esseri la potenza della volontà divina per passare dal non essere all'esistenza, così riferendo alla stessa potenza anche la restaurazione delle cose che già sono, per nulla porteremo la fede fuori della verisimiglianza. E così forse sarebbe possibile con qualche abilità nel trovare ragioni persuadere coloro che portano sottili obiezioni intorno alla materia perché non sembri che abbiamo  abbandonato il discorso  senza dare giudizio.

24. Non appare fuori delle cose che si trovano ad essere secondo logica la concezione della materia che afferma che essa ha consistenza originata dall'essere intelligibile e privo di materia: troveremo infatti che tutta Ia materia è costituita da alcune qualità, delle quali se venisse  spogliata in nessun modo potrebbe essere abbracciata con il discorso.

Ma ciascuna specie di qualità con la ragione si può separare dal substrato. Ora la ragione è una attività intellegibile e non corporea. Così, proposto alla nostra considerazione un animale o una pianta o qualche altro essere abbia costituzione materiale, molte cose di quel soggetto pensiamo per divisione nella mente, ma il discorso su di esse non è misto in ragione dell'essere considerato insieme. Altro, infatti, è il discorso sul colore e altro sul peso o ancora sulla quantità e sulla qualità propria del tatto. La malleabilità e il doppio spessore e le altre qualità non si accordano insieme nel discorso né tra loro, né con il corpo. Ciascuna di esse in ragione di ciò che è ha la propria definizione ermeneutica che non ha niente in comune con le altre qualità che consideriamo nel substrato. Se, dunque, il colore è un oggetto intelligibile, lo è anche la resistenza, la quantità e lo sono tutte le proprietà di tal fatta: ciascuna di esse, se è tolta dal substrato, si dissolve. Sarebbe logico ritenere che il concorso di queste qualità, delle quali I'assenza troviamo essere causa della dissoluzione del corpo, generi la natura materiale.

Come non vi è corpo che non sia fornito di colore, forma, resistenza, distensione, peso e delle altre rimanenti qualità (ciascuna delle quali non è corpo,  ma si trova ad essere altro dal corpo, secondo il carattere particolare), così, per contrario, dovunque concorrano le cose dette si opera I'esistenza del corpo.

Ma se la cognizione di queste proprietà è intelligibile e se la Divinità è anch'essa per natura sostanza intelligibile non è inverosimile che dalla natura  incorporea possano sussistere questi principi intelligibili per la genesi dei corpi, la natura intelligibile  facendo scaturire forze spirituali e I'incontro tra loro portando alla nascita la natura materiale.

Ma tutte queste cose si considerino per noi come questione secondaria. Dobbiamo portare il discorso sulla fede dalla quale abbiamo ricevuto che il tutto trae la sua origine dal non  essere e che ancora,  dovrà essere trasformato in altro stato. Essendo stati istruiti di ciò dalla Scrittura, non dubitiamo.

 

Gregorio di Nissa, L'uomo, tr. it. di Bruno Salmona, Città Nuova, Roma 1982, pp. 99-102.